Cicloturisti! Una gita di mezza estate (Forra di Tremosine, Tignalga, Eremo di Montecastello)

Oggi 18 agosto è una giornata speciale. Ho lanciato l’idea di percorrere alcune delle più famose e suggestive strade del Garda bresciano. In quattro hanno risposto al mio invito. Carlo e Max che non hanno mai percorso molte di queste strade; Dario e Francesco che ne hanno una conoscenza più approfondita e recente. Nessuno di loro, però, è ancora passato dalla “hidden road”. Per una volta non sarò il fotografo di paesaggi, ma il Caronte di una gita che ha, già nel percorso, i presupposti per essere indimenticabile. Ore 6.30 parto alla volta di Salò dove mi incontrerò con il resto del gruppo, non senza aver prima immortalato l’ennesima alba.

Il ritrovo è alle ore sette del mattino al parcheggio di Barbarano. Arrivo puntuale, davanti a me vedo la sagoma di Dario che sta sganciando il pedale. Carlo, Max e Francesco sono arrivati in automobile per motivi logistici e di tempo, anche loro sono praticamente pronti. Tengo un piccolo “briefing” prima di partire, il mio amico Dario non conosce ancora lo spirito pazzo che alberga i Cicloturisti! Si parte, rigorosamente in fila indiana, nonostante l’ora mattutina siamo pur sempre su una statale, la 45bis gardesana occidentale. Poco meno di mezz’ora e siamo a Maderno, suggerisco di tenere la destra per percorrere l’intero lungolago ciclabile. A metà pista si trova il punto del promontorio da cui si ha una visione a 270° della quasi totalità del lago: a nord la scoscesa parete sopra Campione e Malcesine, a sud l’intero basso lago da Torri fino a Gardone Riviera passando per la penisola di Sirmione e la Rocca di Manerba.

Ripartiamo, terminato il lungolago, restiamo su vie interne che ci conducono direttamente alla chiesa di Toscolano alla fine del paese. Riprendiamo la gardesana, altri venti minuti e siamo a Villa di Gargnano, a mio avviso uno dei più graziosi porticcioli del lago, deviamo dalla statale per attraversarlo, usciti ci troviamo a Gargnano dove effettuiamo la prima vera sosta. C’è chi mangia qualcosa, chi fotografa, chi rassicura i familiari con sms, chi chiacchiera amabilmente, poi arriva il momento selfie e dopo alcuni tentativi a Dario viene la malsana idea di dirci “Fatene una voi quattro soli”.

Ecco riuscire l’istantanea più vanitosa che potessimo fare, manco fossimo “I fantastici 4”.

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Si riparte, ci infiliamo nella vecchia gardesana, che passa davanti a villa Feltrinelli, ex residenza del Duce. Qualcuno avanza dei dubbi, pensava che l’avessimo già incontrata prima, parte l’embolo dell’ignoranza a tutti. “Ma no, il Mog ti prende in giro ha fatto mettere il cartello lì sull’inferriata, ma è tutta una finta.” Francesco, quando si tratta di sfottò, è sicuramente il migliore tra noi. Nonostante tutto arriviamo alla sbarra che delimita la parte franosa, la attraversiamo e tramite una breve e panoramica salita saltiamo la prima lunga e pericolosa galleria di Gargnano. Ci fermiamo ancora per qualche scatto ed usufruire degli splendidi servizi igienici che madre natura ci ha donato.

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Si riparte, nuovamente sulla 45bis, due gallerie la prima suggestiva con rocce a vista, la seconda lunga ed in discesa ci portano al Prà de la Fam. Ivi giunti ci accoglie sua maestà il Peler in tutta la sua forza. Il lago già brulica di kite e windsurf, in questo che è considerato per antonomasia il paradiso della vela. Noi proseguiamo ad andatura cicloturistica, oltrepassiamo la lunghissima galleria di Campione e ci ritroviamo, finalmente, al bivio per la prima meta di giornata, la strada della Forra. Svoltiamo a sinistra e già la vista verso il basso lago è di quelle da brivido. Tengo a freno gli entusiasmi di Max, imponendogli come prima sosta fotografica il primo tornate. So che quello è in assoluto il punto migliore per scattare istantanee prima di entrare nell’orrido. Ci fermiamo, estraiamo tutti quanti il nostro cellulare e scattiamo, come fossimo cow-boy appena usciti da un saloon.

Si riparte, evitiamo la brutta (senza illuminazione!) galleria utilizzando, per l’ennesima volta, la vecchia strada che passa sul fianco della montagna. Negli ultimi anni ripetute frane ne hanno ridotto la carreggiata a meno di un metro in alcuni punti. Rientrati sulla via maestra, Dario e Francesco, che conoscono la strada, si avvantaggiano in salita. Io resto con Carlo e Max ad espletare le mie mansioni di Cicerone. Ad un tornate a destra abbandoniamo temporaneamente il lago per infilarci nella Forra. Meravigliosa come sempre (video 2’49”). Prima di entrare nell’abitato di Pieve ci ricompattiamo, suggerisco di tenere il rapporto agile e di seguirmi in fila indiana, entreremo nei vicoli e nei sottoportici più nascosti del borgo per giungere così direttamente nella piazzetta del belvedere, detta anche terrazza del brivido.

Nuova sosta fotografica, i canadair ci passano ripetutamente a pochi metri per scendere sul lago a rifornirsi d’acqua. Purtroppo due giorni or sono un fulmine ha acceso un focolaio nel bosco della valle di Bondo, il forte e caldo vento ha fatto divampare le fiamme che in poco tempo hanno devastato interi ettari di pineta, la situazione ora è in miglioramento, ma apprendiamo che forse il passaggio per passo Nota è chiuso.

Ripartiamo in direzione Vesio, perlomeno vedremo la valle di Bondo, migliaia di anni fa sede di un piccolo laghetto. Da Pieve a Vesio la strada è sempre in salita anche se non impegnativa, 4km e si è al bivio per Limone. Noi proseguiamo sulla nuova strada che conduce verso Bondo senza attraversare il centro del paese. Una rampa di cinquecento metri con pendenze tra 13% e 17%. Carlo non la digerisce e mi fa notare che l’attempato signore che era dietro di noi è salito dal paese su un clivo sicuramente più dolce. Io incasso. La strada è chiusa, ma se desiderassimo andare a passo Nota ci lascerebbero passare in quanto l’incendio è sull’altro lato del monte.

Dopo una rapida consultazione, decidiamo all’unanimità che sarebbe di cattivo gusto nei confronti di chi sta lavorando. Passo Nota next time! Ritorniamo a Pieve, un carabiniere ci ha confermato che da lì, passando per Pregasio e Sermerio si può riprendere la Tignalga e rientrare sul percorso originale. Sono 5,5km di salita che ci portano dai 420m della Pieve ai 640m dello scollinamento dopo l’abitato di Sermerio. Tutti con incantevoli panorami sul lago, sul monte Baldo, e sui borghi di Tremosine. Sembriamo un gregge di pecore sparpagliate in salita, qualcuno qualche decina di metri avanti ad altri, qualcuno a volte, persino, da solo, ma sempre a poca distanza gli uni dagli altri. Siamo così, Cicloturisti, ognuno fa quel che preferisce. Lungo questo pendio Carlo mi chiede di descrivergli meglio la salita che lo attenderà dopo, quella che risale verso Tignale, e che io, precedentemente, avevo definito “un po’ come Vallio”. Francesco non si lascia scappare l’occasione ed inizia il tormentone: “Carlo, poi, puoi mandarmi anche aff… ma perché vuoi farti del male da solo, sai già che ti dirà che è dura; vivi nella tua ignoranza”, ne nasce la solita chiacchiera da bar che durerà tutti e cinque i chilometri. Aggirato Sermerio ci troviamo di fronte la piana interna di Tremosine e la valle di San Michele. Una sosta ristoratrice al meraviglioso e fresco fontatone non ce la toglie nessuno. Intanto ammiriamo i panorami.

Ripartiti, scendiamo fino al ponticello sul torrente San Michele, ora inizia la salita, 2,5km la prima parte, la più dura con pendenza sempre sopra il 10% e con punta del 14%. Nuovamente Dario si avvantaggia (d’altronde in salita sembra un camoscio!) stavolta è Max che gli fa compagnia. Io e Francesco disquisiamo amabilmente delle nostre vacanze, lui in Olanda ed io a Monaco e Innsbruck; Carlo resta qualche metro indietro ascoltando e chiosando qua e là i nostri discorsi. Terminata la prima salita, una corta discesa, un breve strappo di cinquecento metri abbastanza intenso ed alcuni chilometri in falsopiano ci introducono al comune di Tignale. Siamo alcune decine di metri sopra a Prabione e nuovamente la vista del lago ci stupisce, il forte vento ha reso il cielo ancor più limpido e la visibilità è ampia. Arriviamo all’incrocio per l’Eremo di Montecastello, luogo con una bella vista sul lago. Dario e Max, ci stanno aspettando; in precedenza avevo lanciato l’amo: “Niente passo Nota, potremmo salire all’eremo e godere della fantastica vista da lì”.

Parlottiamo, com’è, come non è, sono 350m cementati con pendenza vicino al 20%, ne vale la pena… Carlo nuovamente chiosa: “Beh, io vi aspetto qua, il posto è bello, intanto mangio qualcosa”, Francesco reagisce: “Quanto tempo ci vuole ad arrivare in cima?” Io rispondo: “Cinque o sei minuti in bici, di più a piedi”, infine Francesco decide: “Allora si sale!” Partiamo alla spicciolata, dopo i primi 150m asfaltati con pendenza normale, parte il tratto cementato. All’inizio ancora 100m attorno al 16%, poi dopo il tornante un ‘drittone’ di 200m tutto tra il 19% e il 28%, mi alzo sui pedali, la bicicletta danza a destra e sinistra con cadenza lenta, io sbuffo come una locomotiva a vapore quasi per scandire il mio passo, dietro di me il ‘camoscio’ Dario non si fida a superarmi solo perché non l’ha mai percorsa, ma potrebbe passarmi avanti in qualsiasi momento, poco dietro Francesco, più indietro non sento e non riuscendomi a girare non so. Finisco il rettilineo quattro metri di tornate quasi piatto consentono un respiro profondo prima degli ultimi 100m sempre attorno al 18% (video). Arrivo! Subito dietro Dario, poi Francesco. Saliamo gli scalini ed entriamo nel giardino-sagrato basso della chiesa, posizioniamo le bici in fila sul parapetto in pietra e saliamo sul sagrato più alto, quello da cui si domina il lago. Inizia la gara di fotografia!

Arriva anche Max, gli ultimi metri ha scelto di farli a piedi per sicurezza, aveva paura di non sganciare il pedale in tempo in caso di fermata. Troppa prudenza! Entro in chiesa scatto un paio di fotografie, esco e scendo la scalinata, sta arrivando anche Carlo, alla fine è salito anche lui consumando le “tacchette” delle scarpe. Mi impone l’addebito del costo delle nuove che dovrà comprare. Spero che l’incommensurabile vista lo possa ripagare dello sforzo e dell’usura e che non dia seguito alla sua richiesta pecuniaria.

Max, nel frattempo, discorre amabilmente con una famiglia di turisti del nostro lago. Francesco, che ha il rientro forzato entro l’una, inizia un nuovo tormentone: “Max! ti presento io un’insegnante madrelingua, peraltro gn***a se hai bisogno di rinfrescare il tuo inglese, ora andiamo!” Finalmente IronMax scende e con lui la famigliola alla quale ci sentiamo in diritto di chiedere di scattare qualche fotografia a noi cinque davanti alle nostre biciclette.

Reminiscenze di gioventù, quando in televisione davano “La banda dei cinque”. Dopo questa lunga pausa, circa venti minuti, ripartiamo. La maggior parte del giro, ormai, è alle spalle, ora dobbiamo attraversare Tignale per scendere nuovamente a bordo lago e rientrare a Salò. Appena fuori dal borgo, lungo un ampio tornante a destra è posizionato il Belvedere, una terrazza quasi a picco sul lago posta all’altitudine di 500m circa. Breve sosta per consentire fotografie e selfie.

Le sorprese per i miei compagni di viaggio non sono ancora finite, manca all’appello la “hidden road”. Dopo aver raccomandato a tutti quanti di non sopravanzarmi in discesa, ripartiamo. Infatti a cinquecento metri dall’incrocio con la statale devio su una stradina laterale destra che risale per poco meno di un chilometro riportandoci su curvoni panoramici, questa è la vecchia strada che collegava Gargnano a Tignale e si innesta direttamente alla sbarra posta a fianco della prima galleria. Purtroppo, causa frana, questa strada è interrotta, la si può affrontare solo in bicicletta in quanto è stata liberata solo un sottile striscia di asfalto dove poter far scorrere le esili ruote di un velocipede; così facendo ci ritroviamo direttamente a Gargnano senza aver affrontato alcuna galleria e senza essere stati toccati dal traffico automobilistico. Il caldo di mezzogiorno ora si fa sentire ci sono più di 30°C ed il fresco delle pinete dell’alto Garda è già un ricordo. Ripassiamo di fronte a villa Feltrinelli ed il tormentone di Francesco riparte come una cambiale in scadenza. Entriamo in statale, ma, dopo soli tre chilometri la abbandoniamo alla rotonda di Bogliaco seguendo a destra per Roina. Ci intrufoliamo nella stradina interna che costeggia il campo da golf. In questo modo evitiamo altri cinque chilometri di gardesana, beneficiamo dell’ombra del piccolo bosco che costeggia il golf ed ammiriamo i graziosi borghi di Cecina e Pulciano. Unico inconveniente, aumentiamo il dislivello complessivo di altri 150m, cosa forse poco gradita a Carlo, il più stanco di tutti, che arranca un poco sull’ennesima corta rampa al 15% che conduce a Pulciano. Dopo l’ennesima discesa panoramica, rientriamo in statale questa volta definitivamente fino a Barbarano di Salò, in fondo sono solo sei chilometri. Siamo al parcheggio per Francesco e Carlo l’avventura odierna finisce qui, sono da poco passate le 13.00 quasi come da tabella di marcia.

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Io, Dario e Max proseguiamo insieme fino a Polpenazze, lì anche io sarò arrivato e loro rientreranno verso la città. Il caldo inizia ad essere insopportabile ed una volta attraversata la mia città natale, prima di affrontare le Zette, riempiamo le borracce alla fonte Tavina. Lungo le poco trafficate strade della Valtenesi con Dario tiriamo le somme del giro, alla fine i 2.000m di dislivello li ho passati ed anche i 100km, per l’esattezza 114km, il meteo è stato dalla nostra e ci ha consentito di beneficiare di visuali ampie e profonde sull’intero lago, raramente in piena estate si distingue così bene la penisola di Sirmione da Tignale e Gargnano. Grazie a tutti!

Starring:

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FRANCESCO: l’amico di sempre, mio testimone nuziale, colui che dall’età di sei anni mi sopporta, vale il viceversa, compagno di mille avventure prima nel basket poi in sella; carattere a volte scorbutico, ma sempre sincero: IRRIVERENTE

 

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DARIO: conosciuto per lavoro ormai quasi vent’anni fa, titolare insieme al fratello di un negozio bici/moto a Rezzato (se state per salire a San Gallo e avete problemi alla bici passate da lui ve li risolverà!) chiacchierando durante il lavoro scopriamo di avere molti interessi in comune, sempre gentile e rispettoso: GARBATO

 

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MASSIMO: (IRONMAX ormai StoneIronMax dopo che ha concluso lo StoneBrixiaMan) conosciuto solo un anno fa, da subito si è creata la giusta alchimia, persona affabile e generosa, fisicamente il più tosto di tutti: GRANITICO

 

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CARLO: conosciuto, quasi per caso, durante il Giro dei cinque colli bresciani più di una decina di anni fa. Al solito io chiacchieravo mentre salivo e nonostante questo ha deciso di essermi amico: DIPLOMATICO

 

 

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MARCO: (aka IL MOG) che poi sarei io. Beh se avete letto il blog già sapete molto di me altrimenti: cosa aspettate a leggere gli altri articoli?!?

 

 

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturistiforever!@ La Forra di Tremosine, la Tignalga, Eremo di Montecastello

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Videogallery: Video della forra (2’49”)

Video di Montecastello (3’08”)

Photogallery:

Monte Lesima e dintorni

Qualche settimana fa Rick e Macca hanno pedalato sugli appennini piacentini. Al ritorno Rick mi ha parlato del monte Lesima. Tempo zero ed ecco organizzato il giro per la conquista della vetta. Sabato 30 settembre sono le 6.30 del mattino quandPassoPeniceo partiamo in autovettura alla volta di Bobbio. Siamo io, Rick e Max. Alle 8.30 iniziamo a pedalare, non prima di un caffè ristoratore in centro a Bobbio. La strada si presenta subito in salita, prima attraverso dolci prati collinari e vigneti, poi addentrandosi nel bosco. Sono dodici chilometri circa, la pendenza non è mai estrema spesso tra 6% e 9%, tre corti falsopiani spezzano il ritmo della salita (video 36″). In poco più di un’ora siamo al passo, da cui si gode di una splendida visuale sul monte Alpe e la val Tidone. Siamo carichi e pronti per la prima carrellata di selfie.

Ripartiamo in direzione del Lesima, ci aspettano circa venti chilometri. I primi sette ci conducono, con panorami mozzafiato, all’inizio della corta salita (1km al 7%) del passo del Brallo, poi altri quattro chilometri ci fanno scendere fino alla sella di Brallo di Pergola a 950m, dove un quadrivio anima finalmente il paesaggio di qualche presenza umana.SbarraMonteLesima Proseguiamo diritti e rientriamo nel bosco attraverso una strada che si presenta subito con pendenza severa intorno a 10%. Per giungere a cima Colletta (1.490m) ci vogliono quasi cinque chilometri al 8% tutti in un bellissimo bosco di larici, abeti, pini, castagni, dalle mutevoli colorazioni gialle, arancio, rosse e verdi.

Da qui altri cinque chilometri in costa e siamo di fronte alla sbarra (video 2’20”). La strada che porta alla sommità del Lesima è proprietà dell’Enac, in auto solo gli addetti al radar possono salire; diverso il discorso per escursionisti e ciclisti. Scavalchiamo, la strada è già al 20% ed agganciare il pedale è impresa da equilibristi. Rick si mette parallelo alla sbarra e sfruttando i due metri e mezzo di carreggiata parte; Max rinuncia e si avvia al primo tornante distante poco meno di cento metri; io ci provo una, due, tre volte ma sono veramente impedito e salgo a piedi fino al tornante.MonteLesimaDaSbarra

Salgo con circospezione, ho letto sui blog che questi due chilometri sono letali. Il mio Xplova continua ad attivarsi per le riprese video segno che siamo sempre oltre il 15%; non che avessi bisogno di conferma; i quadricipiti me lo urlano, gli occhi vedono solo asfalto anche alzando lo sguardo. Sono spesso vicino al 20%, anche oltre sugli stretti tornanti successivi. Finalmente dopo 1,3km il tanto atteso falsopiano che coincide con l’immissione della strada sul crinale che conduce alla vetta. Quattrocento metri di respiro con uno strappo in centro al 10%. Infine l’ascesa finale, più simile alla pista di salto con gli sci che non ad una strada; centocinquanta metri diritti sul crinale, pendio scosceso a destra, pendio scosceso a sinistra. La guardo, un respiro profondo, mi alzo sui pedali e danzo.IMG-20170930-WA0055 Mi sono risparmiato fino a qui e adesso do tutto per salire come quelli veri (video 27″). Siamo in vetta 1.724m! Dopo qualche meritato respiro ci spostiamo alle spalle del radar per osservare il panorama verso sud. Il dinamico trio inizia ora lo scatto selfie e bothie selvaggio!

 

In vetta insieme a noi altri due ciclisti provenienti da Genova, stringiamo amicizia, Daniele, colui che è arrivato per primo ‘zompettando’ come un camoscio è affascinato dalla mia bicicletta. Scoprirò poi su Strava che è salito con il terzo miglior tempo di sempre :o) Si scende (video 3’03”), lentamente, è il momento di gustarci lo splendido paesaggio che in salita appariva annebbiato dalla fatica. Arrivati alla sbarra mangiamo qualcosa, Rick e Max indossano la mantellina e ci prepariamo per la lunga discesa verso Ottone. Splendida, sinuosa, divertente, incredibilmente ricca di paesaggi mutevoli, ma, al di sopra di tutto, senza nessuna automobile! In ventidue chilometri abbiamo incrociato solamente tre veicoli, da non crederci. Ritornati a fondo valle optiamo per il percorso corto, Max ha rotto un raggio della ruota anteriore, dopotutto la meta di giornata è stata conquistata. A Ponte Organasco ci fermiamo ad una trattoria a mangiare, sono le 12.45 ed abbiamo una discreta fame. Cosa Mangiare? Beh..nelle colline piacentine ci si abbuffa con ‘Pisarei e fasoi’!

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Dopo un’ora circa si riparte. Il triatleta Max con una certa convinzione afferma: “Una ventina di chilometri a fondo valle e siamo a Bobbio”. Non ha fatto i conti col Mog, io fare altri venti chilometri piatti, sia mai! Ribatto: “Caro Max ora si sale subito verso Pratolungo, vorrai mica fare la statale 45 nel traffico?”. Sorride, IronMax non teme nulla. In totale la salita misura 6,8km con pendenze dolci tranne qualche corto strappo vicino al 10%. Noi l’affrontiamo con la calma di chi ha fagioli e crostata nello stomaco.Pratolungo

Soprattutto Rick ha bisogno di più tempo per la digestione. Verrà apostrofato perché ad un bivio abbiamo dovuto aspettarlo; ironicamente gli diciamo che mancheremo il kom su Strava per questo motivo. Alla Pieve, punto più alto dell’erta, una graziosa chiesa ci attende. Noi puntuali fotografiamo e ci dilunghiamo.

Ripartiamo, inizia una leggera discesa, traffico sempre ai minimi termini. Dopo 4,5km il bivio a sinistra per Rossarola, minuscola frazione di Corte Brugnatella, per altri cinque chilometri la strada si mantiene in quota, poi all’altezza del disabitato borgo di Pietranera inizia la discesa. Giungo primo al paese fantasma e ne vengo rapito, il meteo dopo pranzo è peggiorato ed ora il grigiore di nuvoloni bassi e cupi intristisce ancor più questo luogo dominato dall’Oratorio di S.Anna, anch’esso fatiscente.

La picchiata verso Bobbio è spettacolare (video 1’56”), la strada dapprima crepata, rugosa e rovinata si trasforma in un manto di velluto appena asfaltato nell’ultimo chilometro che conduce alla città. Siamo a Bobbio, ma non è finita; meglio, ciclisticamente sì, ma turisticamente restano da percorrere le vie del centro (video 48″)per osservare la cattedrale di Santa Maria Assunta, l’abbazia di San Colombano ed infine una fugace escursione al ponte Gobbo meraviglia architettonica del VII secolo costruito su una preesistente opera.

Non ci resta che caricare le bici sull’auto ricordando la splendida giornata; poco meno di 100km con 2.650m di dislivello, l’arcigno monte Lesima conquistato, le meravigliose e tortuose valli dell’appennino e la fantastica mancanza di traffico ovunque.

Grazie Max e Rick!

MonteLesimaItinere

Dettagli tecnici su Strava: link

Videogallery:  PassoPenice(36″),  DalPeniceAlLesima(2’20”),  LesimaSalita(5’08”),  LesimaDiscesa(3’03”),  DiscesaABobbio(1’56”),  Bobbio(48″)Lesima100mtFinali

Photogallery:

Dosso dei Galli autunnale

Dopo la fantastica escursione di sabato scorso al Monte Lesima, mi è venuta un’insana voglia di salire agli ex-radar NATO del Dosso dei Galli (2.126mt.) in questa stagione autunnale per ammirarne i colori particolari. Sono le 5.45 di sabato 7 ottobre quando, insieme all’amico Rick, partiamo da casa, almeno per un’ora e mezza saremo al buio. Dopo il forte vento di ieri sera la temperatura è calata enormemente; partiti a 11°C già a Concesio siamo a 8°C. Il vento di termica soffia forte contro di noi e il freddo percepito è ancor più intenso. Procediamo convinti verso l’alta valle oltrepassando i paesi in successione: Villa Carcina, Sarezzo, Gardone Val Trompia, Marcheno (video 44″). Siamo già a 4°C, da qui iniziano i tratti senza illuminazione stradale e la luna piena insieme alle mie potenti luci anteriori ci guida verso Bovegno. Passato il borgo la luce del giorno inizia a rischiarare la valle, ora i gradi sono 2°C! Ci fermiamo un istante, Rick riposiziona i copri-scarpe e ripartiamo. Attraversiamo Collio e ci dirigiamo a San Colombano, da qui inizia la parte dura della salita, sono quasi 9km al 9% di pendenza media per arrivare al bivio appena sotto il passo Maniva  e altri 8,4km con media del 5,4%, ma estremamente incostanti con lunghe rampe tra il 10% ed il 12% per giungere al Dosso dei Galli.

Sono circa le otto, siamo già oltre San Colombano, pendenza attorno a 11% e suona il telefono di Rick. ‘Agnoli’ vuole sapere dove siamo, prima di recarsi al lavoro. Risposta eloquente: ‘Passato San Colombano! Neanche per venire a sciare al Maniva eravamo già qui a quest’ora!?!’. Ribatte la Cri: ‘Tutto bene, fa freddo?”. Rick: ‘Siamo in salita all’undici e ci sono 0°C!’. Proseguiamo lentamente, ma con costanza (video 45″). Non so quanti watt sto usando per mantenere la temperatura corporea nella norma, ma sono molti. In poco meno di un’ora siamo al bivio appena sotto il passo Maniva; abbiamo deciso di non fermarci per le fotografie lungo la salita per non raffreddarci ulteriormente. Le faremo al ritorno. Proseguiamo verso il Dosso dei Galli, finalmente il sole illumina i monti; purtroppo leggere velature ad est lo nascondono spesso impedendo al suo irraggiamento di riscaldarci un poco (video 1’35”). Arrivano le prime rampe al 12% ed anche il forte vento, siamo ormai costantemente vicini al crinale. Facciamo davvero fatica ad andare avanti; infatti alla difficoltà della pendenza si aggiungono energiche raffiche frontali che ci rallentano ulteriormente. La temperatura glaciale ed il vento, che penetra attraverso le nostre giacche, ci stanno raffreddando sempre di più, nonostante lo sforzo intenso che dovrebbe mantenerci caldi . Al tornante sopra il rifugio Bonardi guardo il  Pozzone, in una sola notte sotto zero l’acqua di superficie è già ghiacciata. Sulla seconda rampa oltre 10% di pendenza Rick perde qualche metro. Siamo tra il monte Dasdanino e il Dasdana,  si inizia a vedere il lago di Garda! L’orizzonte è così limpido che si distinguono perfettamente tutte le vette dell’appennino e la pianura padana è un orribile lago di inquinamento marroncino! Non ce la faccio mi devo fermare e scattare almeno due fotografie prima di giungere ai radar.

Rick mi ha superato, proseguiamo verso il Dosso dei Galli, ora alla nostra sinistra verso nord si distingue chiaramente il ghiacciaio del Bernina. Non mi fermo, troppo freddo. Finalmente la meta, il cancello davanti all’ultima corta rampa che porta alla ex base NATO. Purtroppo scopriamo che questo fine settimana la zona è interdetta a causa di una partita di softair, infatti il luogo brulica di uomini in assetto tattico pronti ad impallinarsi con proiettili di gomma. Pazienza, mangiamo un fruttino, mettiamo i guanti e ripartiamo. Io cerco di scendere al Maniva senza mai fermarmi per abbreviare il tempo al gelo (video 39″). Giungo primo, entro ed ordino due cioccolate calde con crostata. Entra anche Rick, iniziamo a spogliarci ed appoggiamo gli indumenti vicino al fuoco. Dopo quasi quattro ore di pedalata siamo madidi del sudore che la temperatura vicino allo zero ci ha ghiacciato addosso.

Con calma sorseggiamo la cioccolata bollente, ci scattiamo alcune fotografie, le inviamo a casa a testimonianza del freddo e ripercorriamo con orgoglio le ultime ore. Il tempo vola, quando ripartiamo, completamente rifocillati e riscaldati, è passata un’ora esatta! Ora prima di scendere chiedo a Rick di spostarci nel piazzale sul versante di Bagolino per scattare alcune istantanee.

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Si scende, la temperatura è risalita fino a 8°C ed io mi fermo più volte per fotografare tutto ciò che prima non avevo potuto e voluto catturare a causa del freddo (video 45″).

Passato San Colombano, inizia una lunga cronometro fino a Ponte Zanano, interrotta soltanto dalla svestizione della mantellina di Rick. Qui svoltiamo a destra in via Patrioti per abbandonare la ex statale e spostarci sulla riva ovest del fiume Mella. Attraversiamo le frazioni di Noboli, Cogozzo, Villa, Cailina senza più ritornare sulla trafficata strada della val Trompia. A San Vigilio ci infiliamo sulla ciclabile del Mella, una strada bianca ben tenuta che ci consente di arrivare in città costeggiando il fiume e senza traffico (video 18″). Alle soglie di Brescia il termometro del GPS supera finalmente i 20°C, gongolo sotto al sole che ormai splende alto nel cielo, ma per scaldarmi ci vorrà il successivo bagno bollente. Prima di lasciarci diamo un’occhiata ai dati del ciclo-computer, 121km e 2.181m di dislivello, temperatura media 6°C, più di tre ore consecutive vicino allo zero. Ricordiamo la partenza notturna, la risalita lungo tutta la valle sempre più stretta e tortuosa, i meravigliosi e gelidi scenari autunnali del Maniva e del Dosso dei Galli ed infine il tepore del rientro.

Che freddo, ma che emozioni!

Felice di averle condivise con Rick, da solo avrei abbandonato!

 

Descrizione dettagliata su Strava:Cicloturisti!@DossoDeiGalliAutunnale

Video: Valtrompia di notte,  Ciclabile del Mella,  Maniva salita,  Maniva discesa,  Dosso dei Galli salita,  Dosso dei Galli discesa

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Dalle Alpi alla Riviera (Campo Cecina, Lerici)

Sono le sei di sabato 8 aprile quando giro la chiave di accensione dell’automobile, oggi andiamo in trasferta. Io, Rick e Max abbiamo deciso di affrontare la salita di Campo Cecina sulle Alpi Apuane, ora che la primavera è finalmente arrivata. Passo a prenderli sotto le loro abitazioni. È la prima volta che io e Max ci troviamo ‘vis à vis’, conosciamo le nostre storie ciclistiche dai social e qualche informazione dall’amico comune Rick. Con Max c’è subito sintonia e le due ore di autostrada per arrivare ad Aulla passanoIMG-20170408-WA0079 rapidamente. Scarichiamo le biciclette e alle 9.10 siamo pronti per partire. La temperatura è attorno ai 13°C ed il sole inizia a riscaldare, io e Max optiamo per la giacca  Mossa. Sono leggermente influenzato e un po’ preoccupato per il giro. Dopo pochi chilometri lasciamo la statale svoltando a destra su una strada laterale che pare quasi un accesso carraio. Oggi il nostro Caronte è Rick che è sceso in perlustrazione l’estate scorsa ed ha creato quest’escursione. Entriamo nella campagna prima e nel bosco poi. La strada ci porta a Ponzanello, un abitato minuscolo arroccato su un crinale a metà della salita verso la località Foce.

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Le salite di questa zona sono sempre molto incostanti, subito un paio di corti strappetti a 11%, poi 3km con pendenze regolari tra 6% e 9%, poco prima di entrare nel borgo la strada si inasprisce con punte di 15% e una media Ponzanelloabbondantemente sopra il 10% per un chilometro, poi si prosegue a strappi fino alla vetta. Scolliniamo e proseguiamo sul crinale della montagna, da qui si dovrebbe vedere già il mare, ma la giornata è molto fosca e lo si intravede appena. Ora ci attendono una decina di chilometri su e giù per il crinale in attesa di arrivare al bivio per la nostra salita di giornata. Eccolo il cartello che indica Campo Cecina a sinistra. Svoltiamo e ci addentriamo nel bosco. Sin da subito ci rendiamo conto che Rick aveva pienamente ragione, sarà una bellissima scalata. Dieci chilometri scarsi di salita con pendenza media al 6%, molto regolari con alcuni tratti in falsopiano e mai sopra al 10%. L’ideale per godersi il panorama mentre si pedala. CampoCecinaLa caratteristica più originale, che notiamo fin da subito, è lo snodarsi della strada sul crinale dei monti spostandosi continuamente dal versante sud-ovest, soleggiato e tiepido, al versante nord-est, ombroso e fresco. Ne consegue che anche il panorama è talvolta sulle colline dell’entroterra, talaltra sulla foschia marina e sulle prime cave di marmo.

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Decidiamo di rimandare le fotografie a dopo. Dovremo, infatti, ridiscendere ancora da qui, in quanto, questa è una salita ‘cieca’. Procediamo uniti, parlottando, godendoci il paesaggio e la compagnia, proprio come dei veri cicloturisti. Da metà salita in su si inizia a vedere la montagna scavata dall’uomo per estrarre il marmo. Arrivati nel piazzale di Campo Cecina a 1.320mt ci sfoghiamo con ripetuti scatti all’immenso panorama e a noi stessi. Qui mi rendo conto che Max è ancor più preso dal raptus fotografico del sottoscritto. Povero Rick ne avrà da sopportare di soste tecniche con due pazzi come noi!

Ripartiamo e ci addentriamo verso il rifugio, un chilometro soltanto e siamo arrivati, tutto ancora chiuso, Max scatta innumerevoli fotografie agli oggetti in marmo che si trovano nel parco. Indossiamo l’antivento e partiamo per la discesa, durante la quale ci fermiamo spesso per immortalare il paesaggio e per prolungare la nostra visita a questo luogo assieme così meraviglioso e particolare. Ora Rick ha previsto di dirigerci verso Ameglia, borgo ligure arroccato sull’estuario del fiume Magra. Per farlo attraversiamo Fosdinovo, antica cittadina medioevale per secoli marchesato della famiglia dei Malaspina e successivamente annesso al ducato di Modena dal congresso di Vienna del 1815. Purtroppo il tempo è tiranno e dobbiamo accontentarci di fotografarlo da fuori le mura.

Finita la discesa ci inseriamo sulla statale Aurelia, ma solo per pochi chilometri. Svoltiamo a destra oltrepassiamo il fiume Magra e siamo diAmeglia fronte alla nostra seconda meta. La salita che porta ad Ameglia e successivamente prosegue fino a Montemarcello è anch’essa di modesta difficoltà circa 5km con pendenze mai sopra il 7%. Dopo poco più di due chilometri entriamo in Ameglia. Un cartello indica il centro e il punto panoramico a sinistra, ma solo per i pedoni. Lo seguiamo, ci ritroviamo in stretti viottoli che conducono alla piccola piazzetta in cui sorge la chiesa parrocchiale di San Vincenzo.

Da qui la vista verso le Alpi Apuane è eccezionale e l’alzarsi della foschia mattutina rende il tutto ancora più incantevole. Osserviamo il viottolo che sale a lunghi gradini passando sotto le case, ci guardiamo negli occhi e… Bici in spalla! Saliamo fino alla piazza della grande torre medioevale del XIII secolo. Siamo o no dei Cicloturisti!

Ci guardiamo e sorridiamo, vestiti e attrezzati per una granfondo ci comportiamo come dei turisti in bicicletta che vagano per le vie del centro. Finalmente usciamo da questo dedalo di vie e ci dirigiamo verso Montemarcello, frazione più alta del comune di Ameglia da cui si gode una ragguardevole vista sul mar Ligure. Sono le 14.20 quando entriamo nel borgo alla ricerca di una locanda dove rifocillarci. Ne troviamo una con un bel terrazzo, chiediamo se la cucina è ancora aperta e ci accomodiamo. Cosa mangiamo?

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Beh, dato il luogo, la scelta per tutti non può che essere ‘testaroli al pesto’. Ottimi, squisiti, li divoriamo, un caffè e via che si parte verso la più scontata delle destinazioni, Lerici. Già perché l’idea è proprio questa: dalle Alpi al mare. La temperatura si è decisamente alzata, il sole scalda; anch’io, passato il momento di difficoltà influenzale a Campo Cecina, mi sfilo i gambali e levo lo ‘scaldacollo’. Sarà l’effetto taumaturgico del mare!?! La dolce discesa che ci porta a Lerici è un’incanto, un susseguirsi di curve che consente di ammirare la costa ed i piccoli golfi sottostanti, il profumo della macchia mediterranea che si risveglia dopo l’inverno.

Inizia la discesa che ci porta in centro a Lerici ed il traffico automobilistico, sino ad ora quasi inesistente, si intensifica. Arriviamo sul lungomare proprio di fronte al porto, ci sediamo sui gradini e prendiamo il sole. L’aria è calda e profuma di salsedine, un anticipo dell’estate che verrà. Penso: stamattina ero a Brescia a 7°C e due ore fa a 1.320mt nelle Alpi Apuane, ora sono al sole di fronte al mare. Che giornata indimenticabile!

È il momento di ripartire, percorriamo tutto il lungomare, scattiamo le ultime istantanee di giornata e risaliamo verso Pugliola, da qui ci gettiamo a capofitto nella corta discesa verso Sarzana. Prendiamo la statale per il passo della Cisa che ci condurrà dritti ad Aulla. Sono gli ultimi venti chilometri e do fondo a tutte le mie energie. Con due triatleti al mio fianco questo può solo significare, cronometro a squadre, cambi regolari, pestare forte sui pedali. Alla fine Strava dirà 35km/h di media controvento in leggerissima salita. A fine giro con 2.000mt di dislivello nelle gambe, non è male. Resta il tempo per un’ultima volata sullo strappo che conduce alla nuova stazione ferroviaria di Aulla. Scopro così che il mio nuovo amico Max è un vero ‘competitivo’, bene così! Cicloturisti competitivi, questo è quello che ci piace essere. Arrivati all’autovettura un ultimo selfie a memoria della splendida giornata passata insieme (le facce scanzonate lo dimostrano!).

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Sono 108km per 2.180mt di dislivello, nulla di speciale dal punto di vista sportivo, incredibilmente ricco in quanto a luoghi e paesaggi, ma  soprattutto con una nuova amicizia.

Grazie Max e Rick!

P.s: Grazie a Max e Rick per le fotografie, le mie sono andate quasi tutte bruciate sulla mia scheda SD 😦

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@CampoCecina,Lerici

Planimetria:

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Photogallery:

Maratona dles Dolomites 2017 (#mdd31)

(English version #mdd31 – click here)

Domenica 2 luglio sono le 6.05 quando entro nella mia griglia, la terza di quattro, il piazzale è già ricolmo di ciclisti, la partenza è fissata per le 6.30, ma ogni anno che passa, pur arrivando prima, sono sempre più in fondo. Quest’anno il meteo non è stato clemente, copiose piogge hanno raffrescato la montagna durante tutta le settimana; mentre scendo a La Villa leggo 6°C. In mezzo ai tremila atleti del piazzale il mio gps sale fino a 8°C; siamo quasi tutti vestiti come fosse inverno pieno, mai mi era capitato di vedere così tanti gambali e giubbini.mdd31006 Alle 6.30 puntuale lo scoppio del cannone portato in cielo dall’elicottero. Il patron della Maratona Michil Costa, come tutti gli anni, anticipa il gruppo sul suo velocipede. Noi dobbiamo aspettare ancora un poco prima di iniziare a pedalare. Finalmente alle 6.44 passo sotto all’arco della partenza, premo il tasto start del mio ciclo computer ed inizio la mia sedicesima Mdd. Ancora infreddolito dalla mezz’ora passata fermo ad aspettare seguo il lungo serpentone che si sposta verso Corvara per attaccare il primo Campolongo. Lo speaker annuncia che i primi stanno già per scollinare baciati da un timido sole che sta cercando di farsi spazio tra le plumbee nubi. I meteorologi danno tempo in miglioramento durante il mattino con ampie schiarite e temperature rigide. Proseguo fiducioso, in effetti anch’io, verso la fine del Campolongo, benificio di qualche raggio solare. Scollino, mangio un fruttino, inizio la discesa, arrivo ad Arabba ed è nuovamente salita. Passo Pordoi mi aspetta, salita sempre regolare con pendenze mai proibitive, dopo qualche chilometro vedo una maglia Cicloturisti davanti a me. È Carlo, partito in seconda griglia, lo raggiungo e rompo il religioso silenzio dei maratoneti; a quest’ora dell’alba, con 8°C, in salita c’è ben poca gente che ha voglia di chiacchere. Parliamo un poco, mi conferma che farà il corto, ha freddo, strano penso io, Carlo non è un freddoloso solitamente! Lo saluto e proseguo con il mio passo. Mentre salgo il cielo ritorna ad incupirsi, gli sprazzi di azzurro scompaiono nuovamente. Al passo inizia a gocciolare, poco poco, ma piove; scendo con circospezione, sia per non scivolare, sia per il freddo. Fine discesa e subito si scala il passo Sella. Il primo chilometro, quello dove si trova il ristoro è forse il più freddo di tutta la Mdd, cerco di prendere quota il prima possibile per poter uscire dall’ombra delle vette, in effetti alcuni sprazzi di sole danno la sensazione di qualche grado in più. Purtroppo niente da fare in cima al passo Sella la situazione non cambia;

nuvole a 360°, Marmolada grigia e vento gelido da nord; inizio la corta discesa, qua e là nuovamente gocciola e l’asfalto è umido. Alle 9.15 inizio la salita del passo Gardena, la più facile, in breve giungo a pian de Gralba, luogo del ristoro più fornito della Mdd, non mi fermo, ma passo oltre, zigzagando tra le bici. Percorro il falsopiano in discesa a velocità sostenuta, l’aria è sempre gelida. Scalo anche gli ultimi due chilometri ed alle 9.45 sono sulla sommità, guardo a sinistra verso il Valparola, nuvole; guardo a destra verso Campolongo e Giau, nuvole.

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Ovunque nuvole stazionano attorno ai 3.000mt, lasciando libere le vette delle Dolomiti, ma di fatto impedendo al sole di illuminarle e donare loro la caratteristica colorazione rosea. Arrivo a Corvara all’appuntamento con la famiglia attorno alle 10.00. La decisione ormai è presa, anche quest’anno farò solo il medio, senza la vista delle splendide Dolomiti e con il gelo che mi raffredda ad ogni discesa non sono abbastanza motivato, soprattutto, non mi sto divertendo. Marina, intirizzita, mi chiede: “Ma come fate a non avere freddo?”. Rispondo: “Certo non fa caldo, ma sono vestito ‘giusto’, comunque faccio il medio!”. In effetti la mia maglia manica lunga ‘Mossa’ sta funzionando egregiamente (vedi Inversione termica, skyline e promesse mantenute) riparto senza aver lasciato nulla di quello che avevo addosso alla partenza, d’altro canto la temperatura non è mai salita sopra i 10°C fino ad ora! Il secondo Campolongo è sempre un momento di verifica della condizione della gamba, provo a spingere un poco e risponde bene, ne vien fuori il mio secondo miglior tempo di sempre. Scendo nuovamente ad Arabba, mi infilo nel lungo falsopiano che conduce al bivio di Cernadoi, sono dieci chilometri, ogni tanto guardo in alto cerco degli spiragli di luce verso il Giau, ma niente. Ricomincia la salita, è ricomparso il sole sui verdi prati dei piani di Falzarego e magicamente il termometro sale fino a 15°C, ma è un sole effimero, a metà salita ripiombo nel grigiore della fitta nuvolaglia, il termometro scende subito a 12°C. Prima di entrare nelle gallerie del Falzarego mi fermo e scatto due fotografie, ora anche il ghiacciaio della Marmolada è nascosto dalle nuvole.

Arrivo al passo, di fronte a me il gruppo del Lagazuoi sembra minaccioso con questo cielo tetro. Mi attende l’ultimo impegnativo chilometro del Valparola, pendenza attorno al 12%; mi alzo sui pedali e spingo, anche quest’anno niente crampi all’adduttore destro (il mio tallone d’Achille).

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Inizio la discesa, la temperatura torna sotto i 10°C, non rischio e scendo tranquillo, attraverso San Cassiano, arrivo nuovamente a La Villa e mi accingo a scalare il corto ma insidioso Mür dl giat. Vorrei spingere a tutta, ma un pò di traffico e qualche ciclista a piedi mi impediscono di fare il mio personale; poco male. Provo a spingere il rapporto duro nei cinque chilometri che mi separano da Corvara, ma mi accorgo subito che il crampo è in agguato, mi alzo sui pedali e procedo così. Arrivo all’ultima curva, il tempo è più o meno quello dell’anno scorso, senza infamia e senza lode, con lo sguardo cerco i miei cari. Anche quest’anno mi vedono prima loro, taglio il traguardo, la miss gentilmente mi mette la medaglia di finisher al collo. Mi sposto nella piazza, stanno arrivando tutti: Laura, mia sorella con Marco ed il piccolo Riccardo, la Manu e Francesco e poi loro… Arriva il bacio più bello, quello di chi ti ama incondizionatamente e nonostante tutto.

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E la medaglia più bella quella che cerchi di meritarti tutti i giorni dell’anno dalle sette del mattino quando li svegli, fino alle nove di sera quando gli canti la ninna nanna per addormentarli.

Quella medaglia che negli ultimi giorni ti hanno nascosto in tutti i modi mentre cercavano di realizzarla, quella medaglia che rappresenta l’amore incondizionato tra padre e figli. Perché quest’anno il tema della Maratona dles Dolomites era l’AMUR! Grazie Mdd anche quest’anno nonostante il clima gelido hai saputo riscaldarmi il cuore con grandi emozioni, ma soprattutto…

Grazie Marina, Alice, Matteo.

 

Dettagli tecnici su Strava: Maratona dles Dolomites (percorso medio)

Video: Maratona dles Dolomites (versione integrale) 4’52”

Photogallery:

 

Passo del Bernina, Forcola di Livigno

Sono le sette e mezza del 25 agosto quando, raggiunta con leggero anticipo la cittadina di Tirano in Valtellina, ci concediamo una colazione al bar. Siamo io e Carlo, il quale mi parla dell’importanza artistica del santuario della Beata Vergine, che sta proprio davanti a noi mentre sorseggiamo il nostro caffè. All’uscita, prima ancora di inforcare la bicicletta, il mio raptus fotografico ha il sopravvento.

Finalmente si parte, ci aspettano più di trentatré chilometri di salita per giungere in vetta al passo del Bernina (2.330m) da cui speriamo di godere della vista del suo splendido ghiacciaio. In realtà il cielo è ancora coperto da nuvole, attraversiamo il confine ed entriamo nel cantone dei Grigioni, ironizziamo sul nome che corrisponde alle attuali tonalità della val di Poschiavo. Giungiamo al lago ed il cielo inizia ad aprirsi, siamo già saliti oltre i 900m ed i primi 8km di salita sono alle spalle (media 7%). Ora ci attende un lungo falsopiano che costeggia dapprima il lago e successivamente arriva all’abitato di Poschiavo. Abbandoniamo la statale per entrare in centro al paese. Quando andavo a Livigno per lavoro ero costretto a passare all’esterno, ora che sono in bicicletta voglio proprio vedere com’è. La curiosità è ripagata, la via pedonale è molto graziosa.

Usciti dalla cittadina la strada ricomincia a salire, a San Carlo inizia il vero passo del Bernina; PassoBerninaDaTiranola strada si addentra nella pineta con lunghi rettilinei interrotti sporadicamente da ampie semi curve, le pendenze sono regolari tra 7% e 10%, il traffico è piuttosto intenso per essere una strada di montagna. Dopo 24km giungo a Sfazù, da cui si ha una splendida visuale sulla valle, Carlo è un poco in ritardo ed io ne approfitto per scattare qualche istantanea e mangiare un fruttino.

Ripartiamo insieme, siamo sopra i 1.600m, iniziano i tornanti e finalmente il paesaggio diventa meraviglioso. In pochi chilometri siamo nel piccolo pianoro di La Rosa a quota 1.900m. La vista si apre verso le vette innevate, impossibile non fermarsi a fotografarle.

Riparto, ancora un paio di chilometri e sono al bivio per Livigno, proseguo e dai tornanti controllo la posizione di Carlo; è due tornanti sotto di me, ma l’andatura è regolare  segno che sta bene, ‘Sale del suo passo’ parafrasando Davide Cassani. Siamo sopra i 2.100m il vento si fa sentire, larici ed abeti sono scomparsi ed hanno lasciato spazio a macchie di prati verdi tra le rocce granitiche dei monti.

Ormai sono in vetta, 2.330m recita il cartello davanti a me, sulla sinistra il ghiacciaio del Bernina parzialmente coperto dalle nubi. Scendo qualche centinaio di metri per giungere all’ospizio da cui si ha una vista mozzafiato sul lago Bianco, sulle vette ghiacciate e sulla valle Bernina. Mi fermo nel grande piazzale, contemplo questa meraviglia, accompagnato dal rumore del vento che sussurra alle mie orecchie.

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Ritorno in vetta per aspettare l’arrivo di Carlo, un ‘selfie’ sotto il cartello ce lo siamo meritati. Iniziamo la corta discesa verso il bivio per Livigno, meta della nostra gita odierna. Dopo il bivio e la dogana Svizzera ci attendono altri 4km prForcolaDaBerninaima di giungere alla Forcola (video). La salita questa volta è incostante, il primo chilometro abbondante è in falsopiano e leggera salita; il tratto duro inizia dopo aver attraversato il ponte sul torrente Poschiavo, pendenza sopra il 10% per cinquecento metri, poi una breve pausa al 6%, quindi quasi un chilometro costantemente sopra 11%, il paesaggio ora si è fatto brullo e desolato, nessuna traccia di interventi umani a testimonianza dell’inospitalità del luogo, ma proprio questo è il suo fascino.

Giungo in vetta, attraverso il confine e mi affaccio sulla valle di Livigno, il sole e le nuvole ci donano dei panorami con chiaroscuri incredibili.

Arriva anche Carlo, si inizia la discesa verso Livigno, dove sosteremo per il pranzo. Sono passati solo 43km da Tirano, ma è ormai mezzogiorno e lo stomaco inizia a brontolare. Giunti in paese (video) ci fermiamo ad una trattoria con graziosi tavoli all’esterno su una via scarsamente trafficata. Entrambi optiamo per un carpaccio di Bresaola, leggero e nutriente; un caffè e via si riparte. Nell’entrare in paese avevo notato molte abitazioni tipiche, ora prima di andarcene due le devo proprio fotografare, Carlo prosegue.

Dopo le istantanee lo raggiungo, ‘chiaccheriamo’ mentre usciamo da Livigno e ci dirigiamo verso l’inizio della vera salita. Quest’estate abbiamo avuto poche occasioni per pedalare insieme, e per entrambi è un piacere ricordare la grande gita di primavera ai Colli di San Fermo (da Vigolo, Bratta). Inizia la salita,

ForcolaDaLivignosono poco più di 8km dal ghiacciodromo alla vetta; i primi 3,5km sono molto facili con una media di 3,5%, successivamente la strada presenta un lungo tratto, di circa 4km, con pendenze regolari tra 6% e 8%, solo nell’ultimo chilometro, quando si arriva alle gallerie proteggi frana, la pendenza si fa severa superando il 10%. Durante la salita mi fermo a scattare fotografie e giunto in vetta aspetto un attimo Carlo per immortalarlo sui 2.315m della Forcola. Iniziamo la discesa,

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prima i quattro chilometri che ci portano al bivio del Bernina, poi una lunga picchiata di oltre 30km verso Tirano; pochi tornati, tanti rettilinei e velocità che si assestano tra i 55km/h e i 65km/h anche per me che non amo la velocità(video). In venti minuti siamo nuovamente a Poschiavo, inizia il falsopiano che costeggia il lago, qualche chilometro e le pendenze ci fanno nuovamente prendere velocità. Ci dobbiamo fermare poco prima del confine, per lasciar passare il famoso trenino rosso del Bernina (video). Si riparte, sono le 15.15 quando arriviamo al parcheggio. Anche oggi il meteo ci ha aiutato. Temevamo un clima più fresco sulle vette, considerati i temporali degli ultimi giorni; invece la bolla di alta pressione è ritornata anche qui e ci ha regalato temperature comprese tra 15°C e 24°C lungo tutto il tragitto. Solo ora al ritorno ci riporta alla dura realtà dei 30°C del fondo valle, ma poco importa, giornata splendida e la compagnia che mi mancava da un po’. Grazie Carlo.

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@PassoBernina,Forcola,Livigno,ForcolaDiRitorno

Video: – Salita al passo del Bernina (long version 2’03”)

– Discesa Forcola/Bernina a Tirano (long version 1’40”)

Photogallery:

Gran giro delle Dolomiti del Brenta

English version – click here

Sono le 7.04 del mattino di sabato 12 agosto quando, parcheggiata l’autovettura, partiamo da Tione per il giro attorno al massiccio di Brenta. Siamo io e Rick, l’itinerario studPassoDaonedaPreoreiato prevede di affrontare, subito, a gambe fredde, la salita a Passo Daone da Preore, lo stesso versante scalato dal giro d’Italia nel 2015 (video). Sono circa otto chilometri con pendenze severe e costantemente tra 8% e 13%, solo un brevissimo falsopiano dopo il terzo chilometro concede respiro. Noi la affrontiamo con la dovuta cautela considerando quello che ci aspetterà nel prosieguo; inoltre i temporali della notte hanno abbassato notevolmente la temperatura (14°C alla partenza) e, si sa, il freddo non è amico dei nostri muscoli. La salita si sviluppa in boschi alternati ad alpeggi fino all’abitato di Larzana e successivamente in una fitta e profumata pineta. Dopo quasi un’ora siamo in vetta il tempo di una barretta e giù in discesa, ci sono 9°C!

Arriviamo a Spiazzo e ci fermiamo per un caffè ristoratore. Prendiamo la ciclabile della val Rendena, questo ci evita di pedalare nel traffico dei vacanzieri diretti a Madonna di Campiglio per la settimana di Ferragosto; oggi è sabato da bollino nero. Con meraviglia, anche di Rick, che conosceva già parte della ciclabile, giunti a Carisolo invece di entrare sulla statale per salire a Campo Carlo Magno il cartello ci invita a proseguire su una stradella secondaria con indicazione Sant’Antonio Mavignola. PassoCampoCarloMagnodaciclabileUna bellissima sorpresa, nonostante la strada sia un poco rovinata, il percorso all’interno della pineta è meraviglioso ed anche impegnativo con strappi oltre il 10%. Sono passate due ore e mezza dalla partenza e ci troviamo a Sant’Antonio avendo incontrato pochissime automobili. Si prosegue sulla statale, la musica cambia subito, colonne di veicoli ci sorpassano costantemente e sarà così fino a Campiglio. Fortunatamente le nuvole dell’alba hanno lasciato spazio ad un sole limpido che ci riscalda lungo l’ascesa e ci dona dei bellissimi controluce del gruppo di Brenta (video).

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Giunti in paese, dopo circa sei chilometri con pendenza tra 7% e 8%, percorriamo la via pedonale già brulicante di villeggianti. Ancora una decina di minuti e siamo al passo. Ci fermiamo per gustarci il meraviglioso panorama, scattare qualche fotografia e fare una seconda colazione.

Sono le dieci e mezza, imbocchiamo la discesa verso Dimaro, lunga, scorrevole, bellissima, se non fosse che i 15°C ci impediscono di prendere troppa velocità. Lì arrivati, siamo nuovamente nel caos, accerchiati dal traffico veicolare. Notiamo i cartelli della ciclabile della val di Sole, nessuno dei due la conosce, ma, senza esitazione, ci dirigiamo su di essa. Scelta superlativa, la ciclabile si snoda a fianco del torrente Noce, bella, sufficientemente larga, con rarissimi incroci sempre segnalati splendidamente (video). Fortuitamente assistiamo anche alla partenza di un ‘rafting’ sul fiume e poco dopo ad un ponte sul Noce li vediamo passare sotto di noi carichi di adrenalina.

La ciclabile ci porta fino a Mostizzolo, dove rientriamo sulla statale come da itinerario originale, grazie a lei abbiamo evitato quindici chilometri di traffico. Mancano pochi chilometri a Cles, prima di entrare nella cittadina lo sguardo volge all’incantevole lago di Santa Giustina circondato dai meleti della val di Non. Nuova sosta panoramica con panino, è mezzogiorno e lo stomaco inizia a brontolare.

Si riparte, attraversiamo il centro di Cles, abbandoniamo la statale per tenere la destra e restare a mezza costa verso Tuenno. Questa scelta si rivela nuovamente vincente, traffico nullo (anche l’ora del pranzo aiuta!) e ampia vista su tutta la valle e sulle coltivazioni. Subito dopo il borgo l’attraversamento del torrente Tresenica ci costringe ad un saliscendi tra le due sponde che creano un anfiteatro naturale interamente coltivato a meli. Rick porta pazienza, ma io mi devo fermare a fotografare!

Attraverso questo incredibile paesaggio giungiamo a Sporminore da dove iniziamo la forzata discesa a valle, in realtà Spormaggiore è li di fronte a noi a meno di due chilometri in linea d’aria, ma, si sa, la montagna è così. Brenta25Fortunatamente la discesa ci regala nuovi panorami incantevoli. Terminata la discesa prendiamo la strada che sale all’altopiano della Paganella attraverso il paese di Cavedago, dovrebbe essere meno trafficata della statale che sale da Fai, ciononostante troviamo un buon numero di autoveicoli e pullman che ci superano lungo la salita. La scalata non è troppo impegnativa, ma la mia inattività vacanziera di dieci giorni inizia a farsi sentire. Sono passati da poco i cento chilometri e i metri di dislivello sono già più di duemila.PassoCampoCarloMagnodaciclabile I 12 km che ci separano dall’altopiano hanno pendenze costanti tra 6% e 8%, all’ottavo chilometro un falsopiano di 2 km che conduce al borgo di Cavedago mi lascia riposare. Dopo il paese la strada riprende a salire con regolarità, le nuvole stanno ricoprendo nuovamente le cime di Brenta. Sono previsti temporali pomeridiani. Vorrei poter accelerare, ma proprio non riesco a cambiare passo, Rick con pazienza rallenta e mi aspetta. All’imbocco dell’altopiano mi fermo e scatto un’ultima istantanea a tutta la val di Non, da qui sembra immensa.

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Attraversiamo velocemente Andalo, che mi pare essere un bellissimo Brenta27paese di montagna in tipico stile trentino; ci dirigiamo verso Molveno, la vista del lago dall’alto ci suggerisce una fugace fermata per l’ennesima fotografia. Complice la strada in discesa anche Molveno viene oltrepassato senza soste. Il cielo è ormai grigio e vogliamo uscire dall’altopiano prima possibile per evitare la pioggia, almeno in discesa. A metà lago non resistiamo e ci fermiamo rapidamente per qualche istantanea commemorativa.

Via di corsa, si scende, anche questo tratto di strada è degno di nota, ma il cielo bigio intristisce i colori ed appiattisce le forme costringendoci ad immaginarSclemoe quanto possa essere suggestivo con la calda luce solare. Arriviamo a Tavodo, l’ultima deviazione anti traffico; risaliamo verso Sclemo una corta salita di 3,2 km con pendenze tra 5% e 8% per 2,5 km e un finale quasi in falsopiano lungo l’abitato. La scelta è vincente per la viabilità, ci evita la statale di Ponte Arche e la sua lunga galleria, ma temiamo possa rivelarsi deleteria per il meteo; qualche goccia di pioggia inizia a scendere. Fortunatamente smette subito, restando a mezza costa possiamo godere, alla nostra sinistra, dello splendido panorama sull’altopiano di Fiavè, il monte Altissimo, il passo del Ballino; il cielo verso sud è ancora parzialmente sereno e così scatta automatica la fermata fotografia.

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Agganciamo il pedale e ripartiamo, ma le sorprese non sono finite, la strada si fa largo scavata nella roccia e poco dopo, un cartello, preannuncia una cascata, quella Brenta32di Rio Bianco. Un ultimo cadeau per il nostro meraviglioso giro ed anche Rick è costretto ad immortalare l’acqua che scende. Ripartiamo, questa volta si punta dritti all’auto senza ulteriori esitazioni. Ripassiamo davanti a Preore da dove, nove ore prima, eravamo saliti al passo Daone; ci guardiamo, sorridiamo, facciamo un altro giro? No meglio di no! Ancora due chilometri e siamo arrivati al parcheggio; sono 151km totali per 3.275m di dislivello così recita il mio gps. La media, ridicola 19,8 Km/h, ma si sa siamo cicloturisti. Ci siamo divertiti, abbiamo goduto di panorami incredibili e nonostante il sabato di Ferragosto (da bollino nero) siamo riusciti a restare realmente per poco tempo nel traffico automobilistico. Grande Rick!

P.s: Pochi minuti dopo la partenza in auto di pioggia ne abbiamo presa una discreta quantità 🙂

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Itinerario in dettaglio su Strava: Cicloturisti!@TourDelBrenta(PassoDaone,PassoCampoCarloMagno,Paganella)

Video: Passo Daone   Passo Campo Carlo Magno    Ciclabile della val di Sole

Photogallery:

Tignalga, lago di Tenno, passo Duron e lago d’Idro

Oggi, 15 luglio, sono passate due settimane dalla MdD e tutto il mio allenamento per i lunghi con grande dislivello non ha ancora trovato sfogo. Da quando, questa primavera, ho compiuto il Periplo del lago di Garda ho realizzato che Riva d/G, fuori stagione, in automobile, è relativamente vicina, quindi un giro al lago di Tenno è più che fattibile. Ora è piena estate, la gamba c’è, a Riva ci si può arrivare in bici. Sono le 5.24 del mattino quando aggancio il pedale e parto, neanche cinque minuti e sono già fermo; le straneTenno001 nuvole mattutine creano degli incredibili e variopinti giochi sopra la vetta del monte Baldo; più che ad un’alba ho la sensazione di essere di fronte ad un tramonto infuocato. Proseguo scendendo dalla Valtenesi verso le Zette di Salò, arrivo sul lungolago ed il panorama è di quelli che, anche per un salodiano come me, si vedono molto raramente durante l’anno. Adoro la mia città natale!

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Sono partito da mezz’ora, ma ho già capito che oggi sarà una giornata memorabile. Procedo spedito verso Gargnano dove abbandono la statale per scendere in paese ed imboccare la ciclabile che mVesioDaGargnanoi consente di saltare la prima galleria; rientro tenno006sulla ss45bis e al bivio per Tignale salgo a sinistra (si sa che non sopporto la pianura) percorro la Tignalga (video) fino a Pieve di Tremosine (Tignalga in solitaria), dopo la sosta obbligata con vista sul precipizio mi infilo nei viottoli per scattare alcune graziose istantanee prima di scendere vero la celeberrima ‘strada della forra’. Giungo al semaforo che immette nel tratto più angusto e spettacolare della gola, è rosso, mi fermo, scatto una foto, il resto lo racconttenno008erà il video; è verde, si parte, mi godo l’intreccio tortuoso che cerca di snodarsi per uscire da questo meraviglioso luogo. Eccomi nuovamente sulla gardesana pronto per attraversare Limone e giungere a Riva, la deviazione mi ha allungato i tempi di un’ora e mezza, ma come si può passare dinnanzi alla forra senza percorrerla? Finalmente sono a Riva, il computer segna le nove di mattina, un po’ di traffico nell’ultimo tratto l’ho trovato, ma nulla di insopportabile. È ora della prima sosta panino, ma una sorpresa inaspettata mi costringe ad attendere; sta salpando il battello ‘Zanardelli’ uno dei due storici del primi anni del novecento ancora attivi sul lago!

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Ora posso mangiare con calma, in realtà circa ad ogni ora  ho mangiato una barretta o fruttino mentre pedalavo, ma questa è la prima sosta sostanziosa con pane di segale e bresaola (alla faccia dei puristi). Riparto, da qui la strada per me è nuova e lo sarà fino al rientro in val Sabbia, nonostante i miei meticolosi studi sulle mappe stradali mi sarà d’aiuto il navigatore integrato di Xplova X5. Le salite verso il lago di Tenno sono due, io scelgo quella sul versante di sinistra, è indicata come strada secondaria in quanto giunge al lago senza passare dal paese, sicuramente sarà meno trafficata, inoltre credo sia molto panoramica. Non mi sbaglio! Pochissime auto mi sorpassano ed il panorama sulla piana di Riva e Torbole è suggestivo.

La salita non è mai impossibile con pendenze dolci ed una media del 5%. Giunti al lago di Tenno, che si costeggia dall’alto sulla sponda sinistra, la strada continuPassoBallinoDaRivaa a salire senza sosta fino al passo del Ballino (765m s.l.m.) che si trova all’imbocco dell’altopiano di Fiavè. Percorro l’intera salita girandomi a destra e a sinistra osservando questi luoghi per me ‘ciclisticamente’ nuovi. Il cielo si è rasserenato, sia perché mi sono spostato molto più a nord, sia perché il vento in quota ha eliminato le poche nuvole rimaste; ora è tutto intensamente azzurro. Il lago alla mia destra assume tutte le tonalità di colortenno015e dal verde smeraldo dei boschi al blu cobalto del cielo, mi fermo un attimo e lo contemplo. Ora la salita si fa molto dolce, ormai sono entrato nell’altopiano di Fiavè, un lungo rettilineo mi porta al passo del Ballino. Anche il primo tratto di discesa è piuttosto dritto e non troppo ripido; dopo alcuni chilometri mi trovo immerso nei verdi campi coltivati, tutt’intorno le vette delle montagne trentine che alternano boschi e pendii scoscesi anteprima delle vicine dolomiti del Brenta.

Riaggancio il pedale, attraverso Fiavè e mi dirigo verso le frazioni di Cavaione e Marazzone dove mi congiungo con la strada che sale a passo Durone partendo da Ponte Arche. Sono gli ultimi 4,4km che conducono in vetta, la strada ancora unaPassoDuroneDaFiave volta è dolce, pendenza media del 7% senza strappi. Prima di abbandonare l’altopiano mi fermo un attimo per scattare altre fotografie. Giunto all’ultimo chilometro la strada si insinua nel bosco ed i profumo di retenno023sina di pino mi inebria. Scollino, quale luogo migliore per la seconda sosta panino! Mi rilasso all’ombra ed al fresco degli abeti, mangio con calma e respiro profondamente. È il momento di ripartire, la discesa è ripida, tortuosa ed in alcuni tratti piuttosto stretta (video). Vedo faticare numerosi ciclisti nel cercare di scalarla, ne deduco che è realmente una brutta bestia. Entro a Tione di Trento, aBreguzzoDaTionell’incrocio vedo il cartello indicante Brescia a sinistra 80km, mi fa un poco sorridere, sono già passati 110km ed io sono ancora in trentino, mai mi ero allontanato così tanto solo con le mie gambe. Mi attende la salita che porta a Breguzzo, poco più di quattro chilometri di cui l’ultimo quasi pianeggiante, purtroppo si tratta di una statale ed un poco di traffico lo trovo. In paese mi devo fermare a riempire le borracce, il sole picchia ed io sto bevendo molto, adiacente alla fontana un particolare mi colpisce, sono tre tronchi di legno di altezze diverse su cui poggiano altrettanti sassi tondi dipinti come coccinelle portafortuna; li fotografo con la chiesa parrocchiale sullo sfondo. Ne sarà felice la mia piccola Alice. Da qui un lungo falsopiano in leggera discesa mi conduce a Ponte Caffaro all’imbocco del lago d’Idro, purtroppo non trovo la nuova ciclabile che da Tione porta al lago e complice il poco traffico dell’ora di pranzo mi adeguo a percorrere la statale. Finalmentenno026te a Condino riesco a salire sulla ciclabile salvo poi doverla abbandonare a causa di un tratto sterrato che oggi non ho voglia di affrontare; la riprendo a Storo ed arrivo sino a dove le acque del Chiese si gettano nell’Eridio. Rientro sulla statale, altri 12km di pianura lungo il lago, vista stupenda sullo specchio d’acqua e sui monti circostanti, ma inizio ad avere la nausea di questo piattume; quasi 45km senza nemmeno una ‘salitella’ sono davvero troppi per me! Ecco che ad Idro, nonostante il gps abbia appena passato i 160km e 2.700m di dislivello, non esito un istante nel girare a sinistra verso Treviso Bresciano (il Cavallino Fobbia sporco). Come, già l’anno scorso con Rick, salgo fino agli 800m della Madonna delle Pertiche per poi gettarmi in discesa verso Valdegagna e rientrare in val Sabbia a Vobarno. tenno028Dopo i primi tre chilometri mi devo fermare per l’istantanea d’obbligo dalla panchina con vista lago, anche oggi il forte vento ha mantenuto l’aria limpida e la visuale è profonda verso le montagne trentine. Riparto, attraverso Treviso Bresciano, scollino, e lesto mi dirigo alla fonte d’acqua gelida presso i fienili di Rondaione.

Mi fermo tolgo il casco, rinfresco il capo, lavo il sotto casco e lo indosso fresco e bagnato; è l’ora dell’ultimo panino. Oltre agli otto fruttini/barrette avevo quattro panini di segale con bresaola e due caffè liquidi, mi resta solo un fruttino da prendere nell’ultima ora. Scendo con circospezione verso Vobarno, la discesa è molto sconnessa nel primo tratto e quasi sempre stretta. In fondo alla valle, come sempre, prendo per Pompegnino prima e per Roè poi, per evitare un po’ di traffico. Giungo ai Tormini proseguo verso Cunettone lungo la panoramica alta e risalgo in Valtenesi, quando arrivo a Picedo manca ancora qualche chilometro ai duecento; non era uno degli obiettivi alla partenza, ma visto che ci sono allungo scendendo al golf di Soiano ed il primo ‘200k’ della vita è conquistato con 3.590m di dislivello, sono da poco passate le quattro del pomeriggio in piena tabella di marcia.

Soddisfazione massima, anche oggi giornata perfetta!

Video: La Tignalga  La strada della forra  Lago di Tenno, Passo Durone e lago d’Idro

Dettagli tecnici su Strava (link)

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