Il grande Crinale

Già da alcuni anni ho in mente di percorrere quello che io chiamo il Grande Crinale e che in effetti lo è. Sono le 5.15 del mattino di domenica 13 giugno quando do il primo colpo di pedale e parto per una lunga e spero intensa giornata in bicicletta. Sarà sicuramente un ottimo allenamento per la MDD di inizio luglio. La giornata si annuncia serena con un cielo particolarmente suggestivo e carico di colori.GC01

Mi dirigo con passo costante verso le Coste che valico prima delle 6.30, scavalco anche quel piccolo dosso di Preseglie e risalgo tutta la val Sabbia. A quest’ora il traffico veicolare è ancora abbastanza dormiente. Prima delle 7.30 sono sul lago d’Idro, alle 7.45 ad Anfo svolto a sinistra ed inizio la prima vera e grande salita di giornata: il passo Baremone. Ho già riempito una borraccia e mangiato un paio di barrette. La lunga cavalcata in bicicletta di oggi necessita di un apporto costante di carboidrati. Il cielo è terso, il primo rettilineo di salita consente un ampia visuale sull’Eridio e io me lo godo tutto mentre risalgo la montagna. Il Baremone è una delle salite che preferisco, 11km di inequivocabile intensità muscolare (11,2km 980m dislivello pendenza media 9%), ma di inegualiabile bellezza nei panorami. I suoi tornanti sinuosi consentono di ammirare la strada che si è già percorsa snodarsi sotto di sé. È sempre un’incredibile emozione, oggi  è anche supportata da un meteo stratosferico ed un clima ancora fresco (17°C/23°C). Intorno alle 9.15 sono in vista del passo ed entro al rifugio per due coche, una la bevo subito e l’altra la verso in borraccia. Cinque minuti di sosta e riparto, la giornata sarà lunga e dovrò ottimizzare anche le soste. So già che l’impulso fotografico mi farà fermare innumerevoli volte con un cielo così limpido ed una profondità di campo così lunga.

Il tratto che conduce al passo Maniva attraverso il passo Dosso Alto (1.704m) è tanto incantevole quanto ricco di insidie. Incantevole perché la vista sulle cosidette “Piccole Dolomiti Bresciane” che dominano la vallata di Presegno, Bisenzio e Vaiale lascia senza respiro; insidiosa perché il chilometro di strada sterrata ricoperta di sassi taglienti può rovinarti la giornata con il taglio di copertone. Così non è ed io mi godo questa meravigliosa natura alpina. Sono ormai al passo Dosso Alto e vedo poco più in basso il piazzale del Maniva già abbastanza pieno di autoveicoli. Ecco un primo parziale ritorno alla civilità. Infatti una delle cose che adoro del Baremone è che non vi si trova mai traffico, la strada che lo congiunge al Maniva è troppo brutta e stretta e fortunatamente gli automobilisti la disdegnano, solo qualche motociclista la percorre. Tutto ciò consente di pedalare per più di due ore nel totale silenzio ascoltando solamente i suoni della natura. Percorro il breve tratto di discesa che collega il Dosso Alto al Maniva anch’esso sterrato e messo piuttosto maluccio. Alle 10.30 attraverso il piazzale e riprendo a salire in direzione Passo Crocedomini, dai 1.626m del Maniva devo arrivare ai 2.126m del Dosso dei Galli in poco più di 8km che detto così sembrerebbe abbastanza agevole, ma la pendenza media inganna in quanto sono presenti due leggeri tratti di discesa, il secondo più consistente. La pendenza in realtà in buona parte è in doppia cifra, ma la vista a 360° che si gode da questa strada di crinale ripaga di qualsiasi sforzo. Ebbene sì il “Grande Crinale” è questo, il lungo traverso che da passso Baremone (1.400m) conduce fino al passo Crocedomini (1.892m) passando proprio per il dosso dei Galli, il punto più alto ben oltre i 2.000m. Una strada di oltre 26km sempre in quota e spesso sul crinale che separa le valli, una merviglia che dovrebbe essere riconosciuta anche dalle comunità montane delle tre valli bresciane. Una strada che partendo dall’alta val Sabbia si affaccia sulla val Trompia e termina in val Camonica.

Oggi la giornata è così limpida che da sopra il Bonardi si può facilmente vedere la parte bassa del lago di Garda e distinguere la sinuosa lingua della penisola di Sirmione. Sfortunatamente il mio telefono fa delle buone fotografie, ma non arriva a tanto come teleobiettivo. Arrivare al Dosso dei Galli è sempre una grande emozione, sia per l’impegno fiisco, sia per l’enorme fascino che esercitano i due paraboloidi giganteschi dell’ex-base NATO. Da qui inizia un altro tratto di sterrato, molto più lungo dei due precedenti e intervallato da un paio di tornanti asfaltati. Il fondo stradale è buono, molto più compatto dei precedenti, il paesaggio ora è indescrivibile, di rara bellezza, la profondità di campo sulle Alpi  è straordinaria e la neve rimasta a bordo strada aggiunge riflessi luminosi alle intense tonalità di verde e blu di monti e laghetti. Il laghetto di Lavena incastonato tra verdi pascoli e sottili strisce di neve residua lascia storditi dalla magnificenza.

Raggiungo finalmente il passo Crocedomini, è ormai mezzogiorno passato, il rifugio è già stracolmo di avventori, perlopiù motociclisti, come dargli torto vista la giornata. Giusto il tempo di due didascaliche fotografie ed una barretta e mi getto in discesa verso la val Camonica. In realtà ho fame e vorrei fermarmi, ma dopo tutte quelle ore trascorse nel silenzio e nella pace dei monti, le voci sguaiate dei vacanzieri stridono alle mie orecchie. Dopo circa 7km attraverso il piccolo abitato di Campolaro e mi fermo ad un bar con una splendida vista sui monti. Un panino, una coca ed un caffè è il giusto reintegro prima di incanalarmi nella lunga valle. Mezz’ora di sosta rifocillatrice e ricomincio a pedalare.

A Bienno finisce la discesa vera e propria o comunque la parte tecnica, mi fermo alla fontana a svuotare e riempire le borracce con acqua fresca. La temperatura è ormai sopra i 30°C, attraverso Berzo Inferiore e dalla circonvallazione di Esine prendo a sinistra la deviazione per le due frazioni di Sacca e Plemo che mi conduce in centro a Darfo per via poco trafficata. Da pochi anni è ormai pressoché completa la ciclovia della val Camonica ne approfitto per discendere la valle fino a Pisogne. Ho sempre odiato il lungo rettilineo da Darfo a Grattacasolo sulla provinciale in mezzo al traffico e anche se la ciclabile mi costringerà ad un continuo zigzagare nei campi attorno all’Oglio tutto ciò sarà nettamente più piacevole. Così è, il passaggio tra campi, maneggi, allevamenti, l’avvicinarsi dell’argine dell’Oglio rendono questi 15km molto più interessanti e soprattutto rendono meno fastidioso il forte vento di termica che il pomeriggio risale sempre la val Camonica. Giungo a Pisogne, sono le 14.30, potrei costeggiare il Sebino e tornare a Brescia maledicendo il forte vento contrario oppure salire al colle si S.Zeno e ammirare il lago dall’alto scendendo poi in val Trompia. Ovviamente propendo per la seconda, per me qualiasi salita è meglio del forte vento contrario. Vengo subito premiato, la chiesa di S.Maria della Neve con il celeberrimo ciclo di affreschi del Romanino è aperta. Immancabile la visita e il reportage fotografico, è la prima volta che riesco ad entrare dopo la scomparsa di mia madre.

All’uscita mi pervade una enorme tristezza, ero solito condividere le fotografie dei luoghi d’arte con lei. Riparto, la salita a San Zeno attraverso la Val Palot è lunga, sono circa 17km con 1.200m di dislivello con un lungo falsopiano proprio in Palot. Le pendenze, quindi, non sono per nulla costanti e si alternano duri tratti al 12/14% con altri molto più morbidi al 6/8%. Con più di 130km e quasi 2.500m di dislivello nelle gambe l’unica tattica che posso usare per salire è quella della “lentezza”. Questo mi consente di osservare il paesaggio, la natura rigogliosa che mi circonda. In Palot è d’obbligo la fermata alla fontana per mangiare qualcosa e riempire nuovamente le borracce, la temperatura nel fondo valle aveva toccato i 35° e solo dopo l’ingresso nei boschi era ridiscesa sotto i 30°. Ora ci sono 26°C e mi restano i quasi 5km finali per arrivare al colle. In questo caso la pendenza è piuttosto regolare attorno al 7/9%, mantengo un passo lento e in poco più di mezz’ora sono al passo (meglio di quanto pensassi).

Sono quasi le 17.00, rapida barretta e giù in discesa. La strada è paesaggisticamente bella, ma quanto ad asfalto lascia molto a desiderare, piena di buche e con fondo sconnesso richiede sempre molta cautela almeno fino alla prima frazione di Pezzaze, Avano. Poco prima delle 17.30 mi innesto nella ex-statale del Crocedomini e procedo dritto per dritto fino a Ponte Zanano, la strada non è eccessivamente trafficata ed il vento contro passabile, ma ora è giunto il momento delle mie deviazioni abitudinarie, per cui svolto a destra oltrepasso il fiume Mella e scendo da Noboli, Cogozzo, Cailina, San Vigilio per schivare un po’ di autovetture. Ormai sono alle porte della città, stanco, molto stanco, ma estremamente soddisfatto e compiaciuto del giro fatto. Come sempre i numeri potete trovarli nei link a Strava e Komoot, ma quelli servono a poco, quello che conta sono sempre le emozioni che la bicicletta ci sa donare.

Dettagli tecnici su Komoot: https://www.komoot.it/tour/392123941

Dettagli tecnici su Strava: https://www.strava.com/activities/5464348317

Video integrale su YT: https://youtu.be/W0r7Xw7KPUA

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