È sabato 17 novembre, mi alzo con propositi piuttosto bellicosi. Ad eccezione di un giro da 80km, è dalla BresciaGravel di metà settembre che, per svariati motivi, non riesco a realizzare un bel lungo. Le previsioni danno, per oggi, una bella giornata soleggiata e fresca; proprio quella che serve a me. Appena alzato guardo fuori dalla finestra della cucina in direzione val Trompia, vedo nuvoloni scuri muoversi nel cielo prima dell’alba. Mi sposto in soggiorno guardo verso il monte Maddalena e lì il cielo è molto più libero, nuvoloni bianchi stanno diradandosi per lasciar spazio al sorgere del sole. La temperatura esterna è di 5°C, opto per salire verso le Coste, da lassù capirò quale ispirazione scegliere. Sono le 7.32 quando inizio a pedalare, il mio gps conferma la temperatura del termometro sul davanzale. Faccio girare veloce le gambe per produrre calore e far andare i muscoli in temperatura il prima possibile. Mentre risalgo la valle del torrente Garza controllo le nuvole in ogni direzione per capire quale sia l’itinerario migliore. Dopo un’ora esatta sono al valico e decido di scendere ad Odolo per poi proseguire in costa nella Conca d’oro attraversando Agnosine e Bione. In fondo alla discesa mi aspetta il temibile Groppo. Questa volta non per la pendenza, ma per la temperatura! In questo angolo di strada, perennemente all’ombra nei mesi invernali, si gela. La velocità della discesa unita al freddo intenso creano sempre qualche problemino a mani e piedi. Fortunatamente, subito dopo, inizio a risalire e ritorno velocemente in vista del sole che mi intiempidisce un poco. Le salite fino ad ora sono sempre state dolci e mi hanno consentito di scaldarmi senza sudare troppo. Il sudore in inverno è il mio nemico principale! Quando sei bagnato anche la più breve discesa diventa una ghiacciaia. Oltrepassato Bione devo salire al valico della Madonna della Neve per poter arrivare nella valle di Casto. La salita è breve, poco meno di un chilometro, ma la pendenza è costantemente sopra il 10% con due “strappetti” al 15%.Io la affronto con calma per sudare il meno possibile.
Arrivato in vetta inizio la ripida discesa del versante nord, completamente in ombra, subito il vento freddo si fa sentire. La temperatura scende a 3°C, fortunatamente al primo tornante c’è un punto panoramico ed oggi merita una sosta fotografica che divide in due la discesa.
Il cielo diviene sempre più terso, ora dopo ora, e questo mi conforta. Il giro ora è chiaro nella mia mente. Da Casto risalgo a Mura, altra salita dolce di 6,6km con pendenza media 4%. L’idea è di percorrere la strada che da Mura porta al lago artificiale di Bongi attraverso un bellissimo bosco. Due settimane fa la terribile tempesta che si è abbattuta sul nord Italia ha lasciato i suoi segni anche qui. Alcuni grossi alberi sono caduti sulla provinciale che è stata chiusa al traffico. Spero che a distanza di quindici giorni perlomeno il passaggio in bici non sia precluso. Prima di uscire dal borgo, inizio a vedere i cartelli gialli che preannunciano la chiusura della strada in direzione Pertica Alta. Io proseguo, confido che, in un modo o nell’altro, sulla due ruote si riesca a passare.
Prima di giungere al valico, all’inizio del bosco, vedo alcuni grossi tronchi adagiati in modo composto sul fianco della strada. Oggi è sabato ed i lavori di pulizia della pineta sono sospesi, fortunatamente la strada è già stata ripulita. Dentro di me penso che, tutto sommato, il danno al bosco è molto contenuto, forse dieci o venti alberi in tutto. Passato il valico inizia la discesa verso Bongi, anche questa sul versante nord, freddo e umido. Lo scenario cambia subito ed ahimè in peggio. Ad ogni venatura della montagna cumuli di tronchi e rami si accatastano sui ponticelli della strada, decine di alberi sono piegati con le radici parzialmente esposte all’aria.
A metà discesa il sole di fronte a me fa capolino tra i rami spogli creando giochi di colore fantastici sul tappeto di foglie che ricopre il manto bituminoso stradale. Non posso che fermarmi per il primo shooting fotografico. La temperatura è scesa nuovamente a 2°C, ma questi paesaggi meravigliosi e la pace del luogo mi scaldano il cuore.
Riparto, alcune centinaia di metri e sono in vista del lago. Sotto di me, attraverso i rami spogli degli alberi, illuminato dal sole, sta il lago di Bongi con tutte le gradazioni del blu e con la montagna prospiciente riflessa splendidamente dalle sue acque ferme. Alzo lo sguardo verso la montagna e vedo l’eccidio di alberi provocato dalla tempesta. Non dieci, non cento, ma forse migliaia di alberi abbattuti dalla furia di Eolo.
Un panorama struggente quanto affascinante che ci ricorda, ancora una volta, che chi comanda è lei, Madre Natura, e noi siamo solamente suoi ospiti. Inevitabile una sequenza di fotografie ad immortalare questa strage di alberi.
Un gruppo di tre ciclisti sta scendendo da un sentiero verso il lago per poi risalire e venire verso di me. Utilizzano delle splendide “gravel” con borse da viaggio: chissà quale interessante percorso stanno facendo. Ci salutiamo con simpatia. Prima di partire un cartello cattura la mia attenzione e porta nuovamente il sorriso sulle mie labbra. In primavera dal lago centinaia di piccoli rospi partono per invadere tutto il territorio del bosco. Purtroppo, quando noi passiamo in bici la mattina, ne vediamo tanti spappolati a terra.
Il comune ha così deciso di sensibilizzare tutti i conducenti di veicoli con quest’inusuale cartello. Giungo al termine della discesa e ritorno al sole imboccando la salita verso la frazione di Lavino. Tra lunghe soste fotografiche e discesa mi sono completamente raffreddato, la temperatura ha raggiunto il minimo di giornata a 1°C. Ora ripartire è un poco più complicato, il sole però mi aiuta. Dal lago fino ai 954m del passo del Termine ci sono quasi 6km di salita, intramezzati da due brevi discese di 250m e 500m rispettivamente. Nei primi due chilometri la pendenza si attesta tra 8% e 10%, poco dopo il primo chilometro il muro di sostegno di una vecchia cascina è stato di recente dipinto con le figure di un gruppo di ciclisti, impossibile non fermarsi a fotografarlo.
Riparto, dopo le due corte discese, la strada ritorna a salire con pendenza 8%. Arrivo all’innesto con la provinciale per il passo Termine e giro a sinistra, un ultimo rettilineo di un chilometro mi separa dalla vetta, la pendenza torna in doppia cifra (11%). Scollino, senza indugio inizio a scendere, anche qui il bosco che mi sovrasta ha subito danni. Arrivo nella frazione Dosso di Marmentino devio a destra verso Vaghezza. Sì la meta finale di oggi sono loro, i piani di Vaghezza ad oltre 1.200m di altitudine. Li ho riscoperti solo questa primavera. Vi ero salito un’unica volta ormai quindici anni fa. Ricordo poco di quel giro, se non che era una giornata grigia e umida. Una volta giunto nel piazzale alla base dei piani, mi ero guardato intorno e non avendo notato nulla di interessante, causa anche il tempo bigio, me ne ero tornato indietro. Errori di gioventù, non ero ancora soprannominato Mog (master of Gps).
Al contrario, a maggio di quest’anno, in una splendida e fresca mattina una volta giunto nel piazzale ho fiutato che avrei dovuto salire ancora lungo le carrozzabili delle cascine per arrivare ai panorami fiabeschi. Da allora quella di oggi è la quinta scalata a Vaghezza, ma oggi con un clima quasi invernale, il fascino è sicuramente differente. Inizio la salita, da Dosso non è per nulla lunga, i piani distano poco meno di 4km.L’erta di snoda tutta all’interno di un bellissimo bosco di pini, larici ed abeti. Il sole a Marmentino mi ha riscaldato e la temperatura è risalita fino ad 8°C. Ora nel passare nuovamente al lato nord della montagna, sotto la chioma protettiva dei pini, la temperatura crolla nuovamente a 2°C.
Per i primi 2,5km la pendenza si attesta a 9% con punta di 11% proprio all’inizio. Successivamente, poco prima del cartello di ingresso ai piani, scende sotto 4%. Per poco più di un chilometro continuo così, con il sole che fa capolino dietro ai pini e la strada che si snoda in falsopiano. Giungo al grande piazzale del parcheggio, da qui tenendo la destra mi infilo nella carrareccia che porta verso il vecchio traliccio dismesso dello skilift. Poco meno di 700m mi separano dal punto panoramico, ma sono i più duri.
A dispetto della pendenza media di 9%, questa stradina per lo più cementata nasconde al suo interno due temibili rampe sopra il 15% di pendenza ed un corto tratto in sterrato. Sono ormai le 11.30 quando scendo di bicicletta “at the top”. Il sole è alto nel cielo ancora terso. L’aria frizzante (6°C), la vista a tutto tondo sui monti limitrofi, la pace e la tranquillità di un luogo poco frequentato, mi ripagano ampiamente della fatica e del freddo accumulato. Mi dirigo verso il punto più alto nel prato per poter scattare delle fotografie panoramiche.
Ritorno alla mia Lynskey per mangiare qualcosa, poi decido di immortalare anche lei in questo luogo incantevole. Cambio i guanti ed aggiungo un anti-vento per la discesa.
Da qui a Tavernole ci sono più di 10km da percorrere e temo di avere freddo. Come esco dai piani ed inizio la veloce discesa del lato nord la temperatura ritorna a 2°C, nonostante sia mezzogiorno. Fortunatamente le cose cambiano nettamente una volta giunto a Dosso, dove mi fermo ad una fontana per bere e riempire la borraccia. Ci sono più di 10°C ed io tolgo l’anti-vento confidando nel sole. Faccio bene, nonostante la discesa tecnica e veloce non sento freddo, arrivo a Tavernole sul Mella e proseguo in direzione Brescia. Da qui la strada è sempre quella, percorrendo il più possibile le strade laterali per evitare la statale della val Trompia. Poco prima delle 13:30 sono a casa con 100km in saccoccia, ma soprattutto quasi 2.000m di dislivello, percorsi per le prime quattro ore e mezza ad una temperatura media inferiore a 5°C. Per me, che fino a due anni fa non sopportavo il freddo, un grande risultato. Piani di Vaghezza siete entrati di diritto tra le mie salite preferite!
Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@ Coste, Bione, LagoBongi, P.so Termine, Vaghezza
Cicloturistiforever!@PianiDiVaghezza
Videogallery: Piani di Vaghezza (2’19”)
Photogallery: