Piani di Vaghezza ed il disastrato bosco di Bongi

È sabato 17 novembre, mi alzo con propositi piuttosto bellicosi. Ad eccezione di un giro da 80km, è dalla BresciaGravel di metà settembre che, per svariati motivi, non riesco a realizzare un bel lungo. Le previsioni danno, per oggi, una bella giornata soleggiata e fresca; proprio quella che serve a me. Appena alzato guardo fuori dalla finestra della cucina in direzione val Trompia, vedo nuvoloni scuri muoversi nel cielo prima dell’alba. Mi sposto in soggiorno guardo verso il monte Maddalena e lì il cielo è molto più libero, nuvoloni bianchi stanno diradandosi per lasciar spazio al sorgere del sole. La temperatura esterna è di 5°C, opto per salire verso le Coste, da lassù capirò quale ispirazione scegliere. Sono le 7.32 quando inizio a pedalare, il mio gps conferma la temperatura del termometro sul davanzale. Faccio girare veloce le gambe per produrre calore e far andare i muscoli in temperatura il prima possibile. Mentre risalgo la valle del torrente Garza controllo le nuvole in ogni direzione per capire quale sia l’itinerario migliore. Dopo un’ora esatta sono al valico e decido di scendere ad Odolo per poi proseguire in costa nella Conca d’oro attraversando Agnosine e Bione. In fondo alla discesa mi aspetta il temibile Groppo. Questa volta non per la pendenza, ma per la temperatura! In questo angolo di strada, perennemente all’ombra nei mesi invernali, si gela. La velocità della discesa unita al freddo intenso creano sempre qualche problemino a mani e piedi. Fortunatamente, subito dopo, inizio a risalire e ritorno velocemente in vista del sole che mi intiempidisce un poco. Le salite fino ad ora sono sempre state dolci e mi hanno consentito di scaldarmi senza sudare troppo. Il sudore in inverno è il mio nemico principale! Quando sei bagnato anche la più breve discesa diventa una ghiacciaia. Oltrepassato Bione devo salire al valico della Madonna della Neve per poter arrivare nella valle di Casto. La salita è breve, poco meno di un chilometro, ma la pendenza è costantemente sopra il 10% con due “strappetti” al 15%.Muro della MadonnaNeveIo la affronto con calma per sudare il meno possibile.

Arrivato in vetta inizio la ripida discesa del versante nord, completamente in ombra, subito il vento freddo si fa sentire. La temperatura scende a 3°C, fortunatamente al primo tornante c’è un punto panoramico ed oggi merita una sosta fotografica che divide in due la discesa.

Il cielo  diviene sempre più terso, ora dopo ora, e questo mi conforta. Il giro ora è chiaro nella mia mente. Da Casto risalgo a Mura, altra salita dolce di 6,6km con pendenza media 4%. L’idea è di percorrere la strada che da Mura porta al lago artificiale di Bongi attraverso un bellissimo bosco. Due settimane fa la terribile tempesta che si è abbattuta sul nord Italia ha lasciato i suoi segni anche qui. Alcuni grossi alberi sono caduti sulla provinciale che è stata chiusa al traffico. Spero che a distanza di quindici giorni perlomeno il passaggio in bici non sia precluso. Prima di uscire dal borgo, inizio a vedere i cartelli gialli che preannunciano la chiusura della strada in direzione Pertica Alta. Io proseguo, confido che, in un modo o nell’altro, sulla due ruote si riesca a passare.

Prima di giungere al valico, all’inizio del bosco, vedo alcuni grossi tronchi adagiati in modo composto sul fianco della strada. Oggi è sabato ed i lavori di pulizia della pineta sono sospesi, fortunatamente la strada è già stata ripulita. Dentro di me penso che, tutto sommato, il danno al bosco è molto contenuto, forse dieci o venti alberi in tutto. Passato il valico inizia la discesa verso Bongi, anche questa sul versante nord, freddo e umido. Lo scenario cambia subito ed ahimè in peggio. Ad ogni venatura della montagna cumuli di tronchi e rami si accatastano sui ponticelli della strada, decine di alberi sono piegati con le radici parzialmente esposte all’aria.

A metà discesa il sole di fronte a me fa capolino tra i rami spogli creando giochi di colore fantastici sul tappeto di foglie che ricopre il manto bituminoso stradale. Non posso che fermarmi per il primo shooting fotografico. La temperatura è scesa nuovamente a 2°C, ma questi paesaggi meravigliosi e la pace del luogo mi scaldano il cuore.

Riparto, alcune centinaia di metri e sono in vista del lago. Sotto di me, attraverso i rami spogli degli alberi, illuminato dal sole, sta il lago di Bongi con tutte le gradazioni del blu e con la montagna prospiciente riflessa splendidamente dalle sue acque ferme. Alzo lo sguardo verso la montagna e vedo l’eccidio di alberi provocato dalla tempesta. Non dieci, non cento, ma forse migliaia di alberi abbattuti dalla furia di Eolo.

Un panorama struggente quanto affascinante che ci ricorda, ancora una volta, che chi comanda è lei, Madre Natura, e noi siamo solamente suoi ospiti. Inevitabile una sequenza di fotografie ad immortalare questa strage di alberi.

Un gruppo di tre ciclisti sta scendendo da un sentiero verso il lago per poi risalire e venire verso di me. Utilizzano delle splendide “gravel” con borse da viaggio: chissà quale interessante percorso stanno facendo. Ci salutiamo con simpatia. Prima di partire un cartello cattura la mia attenzione e porta nuovamente il sorriso sulle mie labbra. In primavera dal lago centinaia di piccoli rospi partono per invadere tutto il territorio del bosco. Purtroppo, quando noi passiamo in bici la mattina, ne vediamo tanti spappolati a terra.

Il  comune ha così deciso di sensibilizzare tutti i conducenti di veicoli con quest’inusuale cartello. Giungo al termine della discesa e ritorno al sole imboccando la salita verso la frazione di Lavino. Tra lunghe soste fotografiche e discesa mi sono completamente raffreddato, la temperatura ha raggiunto il minimo di giornata a 1°C. Ora ripartire è un poco più complicato, il sole però mi aiuta. Dal lago fino ai 954m del passo del Termine ci sono quasi 6km di salita, intramezzati da due brevi discese di 250m e 500m rispettivamente.PassoTermineDaBongi Nei primi due chilometri la pendenza si attesta tra 8% e 10%, poco dopo il primo chilometro il muro di sostegno di una vecchia cascina è stato di recente dipinto con le figure di un gruppo di ciclisti, impossibile non fermarsi a fotografarlo.

Riparto, dopo le due corte discese, la strada ritorna a salire con pendenza 8%. Arrivo all’innesto con la provinciale per il passo Termine e giro a sinistra, un ultimo rettilineo di un chilometro mi separa dalla vetta, la pendenza torna in doppia cifra (11%). Scollino, senza indugio inizio a scendere, anche qui il bosco che mi sovrasta ha subito danni. Arrivo nella frazione Dosso di Marmentino devio a destra verso Vaghezza. Sì la meta finale di oggi sono loro, i piani di Vaghezza ad oltre 1.200m di altitudine. Li ho riscoperti solo questa primavera. Vi ero salito un’unica volta ormai quindici anni fa. Ricordo poco di quel giro, se non che era una giornata grigia e umida. Una volta giunto nel piazzale alla base dei piani, mi ero guardato intorno e non avendo notato nulla di interessante, causa anche il tempo bigio, me ne ero tornato indietro. Errori di gioventù, non ero ancora soprannominato Mog (master of Gps).

Al contrario, a maggio di quest’anno, in una splendida e fresca mattina una volta giunto nel piazzale ho fiutato che avrei dovuto salire ancora lungo le carrozzabili delle cascine per arrivare ai panorami fiabeschi. Da allora quella di oggi è la quinta scalata a Vaghezza, ma oggi con un clima quasi invernale, il fascino è sicuramente differente. Inizio la salita, da Dosso non è per nulla lunga, i piani distano poco meno di 4km.VaghezzaDaDossoL’erta di snoda tutta all’interno di un bellissimo bosco di pini, larici ed abeti. Il sole a Marmentino mi ha riscaldato e la temperatura è risalita fino ad 8°C. Ora nel passare nuovamente al lato nord della montagna, sotto la chioma protettiva dei pini, la temperatura crolla nuovamente a 2°C.

Per i primi 2,5km la pendenza si attesta a 9% con punta di 11% proprio all’inizio. Successivamente, poco prima del cartello di ingresso ai piani, scende sotto 4%. Per poco più di un chilometro continuo così, con il sole che fa capolino dietro ai pini e la strada che si snoda in falsopiano. Giungo al grande piazzale del parcheggio, da qui tenendo la destra mi infilo nella carrareccia che porta verso il vecchio traliccio dismesso dello skilift. Poco meno di 700m mi separano dal punto panoramico, ma sono i più duri.

A dispetto della pendenza media di 9%, questa stradina per lo più cementata nasconde al suo interno due temibili rampe sopra il 15% di pendenza ed un corto tratto in sterrato.VaghezzaCementata Sono ormai le 11.30 quando scendo di bicicletta “at the top”. Il sole è alto nel cielo ancora terso. L’aria frizzante (6°C), la vista a tutto tondo sui monti limitrofi, la pace e la tranquillità di un luogo poco frequentato, mi ripagano  ampiamente della fatica e del freddo accumulato. Mi dirigo verso il punto più alto nel prato per poter scattare delle fotografie panoramiche.

Ritorno alla mia Lynskey per mangiare qualcosa, poi decido di immortalare anche lei in questo luogo incantevole. Cambio i guanti ed aggiungo un anti-vento per la discesa.

Da qui a Tavernole ci sono più di 10km da percorrere e temo di avere freddo. Come esco dai piani ed inizio la veloce discesa del lato nord la temperatura ritorna a 2°C, nonostante sia mezzogiorno. Fortunatamente le cose cambiano nettamente una volta giunto a Dosso, dove mi fermo ad una fontana per bere e riempire la borraccia. Ci sono più di 10°C ed io tolgo l’anti-vento confidando nel sole. Faccio bene, nonostante la discesa tecnica e veloce non sento freddo, arrivo a Tavernole sul Mella e proseguo in direzione Brescia. Da qui la strada è sempre quella, percorrendo il più possibile le strade laterali per evitare la statale della val Trompia. Poco prima delle 13:30 sono a casa con 100km in saccoccia, ma soprattutto quasi 2.000m di dislivello, percorsi per le prime quattro ore e mezza ad una temperatura media inferiore a 5°C. Per me, che fino a due anni fa non sopportavo il freddo, un grande risultato. Piani di Vaghezza siete entrati di diritto tra le mie salite preferite!

Bongi,Vaghezza

PianiDiVaghezza

Dettagli tecnici su Strava:  Cicloturisti!@ Coste, Bione, LagoBongi, P.so Termine, Vaghezza

Cicloturistiforever!@PianiDiVaghezza

Videogallery:  Piani di Vaghezza (2’19”)

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Monte Lesima e dintorni

Qualche settimana fa Rick e Macca hanno pedalato sugli appennini piacentini. Al ritorno Rick mi ha parlato del monte Lesima. Tempo zero ed ecco organizzato il giro per la conquista della vetta. Sabato 30 settembre sono le 6.30 del mattino quandPassoPeniceo partiamo in autovettura alla volta di Bobbio. Siamo io, Rick e Max. Alle 8.30 iniziamo a pedalare, non prima di un caffè ristoratore in centro a Bobbio. La strada si presenta subito in salita, prima attraverso dolci prati collinari e vigneti, poi addentrandosi nel bosco. Sono dodici chilometri circa, la pendenza non è mai estrema spesso tra 6% e 9%, tre corti falsopiani spezzano il ritmo della salita (video 36″). In poco più di un’ora siamo al passo, da cui si gode di una splendida visuale sul monte Alpe e la val Tidone. Siamo carichi e pronti per la prima carrellata di selfie.

Ripartiamo in direzione del Lesima, ci aspettano circa venti chilometri. I primi sette ci conducono, con panorami mozzafiato, all’inizio della corta salita (1km al 7%) del passo del Brallo, poi altri quattro chilometri ci fanno scendere fino alla sella di Brallo di Pergola a 950m, dove un quadrivio anima finalmente il paesaggio di qualche presenza umana.SbarraMonteLesima Proseguiamo diritti e rientriamo nel bosco attraverso una strada che si presenta subito con pendenza severa intorno a 10%. Per giungere a cima Colletta (1.490m) ci vogliono quasi cinque chilometri al 8% tutti in un bellissimo bosco di larici, abeti, pini, castagni, dalle mutevoli colorazioni gialle, arancio, rosse e verdi.

Da qui altri cinque chilometri in costa e siamo di fronte alla sbarra (video 2’20”). La strada che porta alla sommità del Lesima è proprietà dell’Enac, in auto solo gli addetti al radar possono salire; diverso il discorso per escursionisti e ciclisti. Scavalchiamo, la strada è già al 20% ed agganciare il pedale è impresa da equilibristi. Rick si mette parallelo alla sbarra e sfruttando i due metri e mezzo di carreggiata parte; Max rinuncia e si avvia al primo tornante distante poco meno di cento metri; io ci provo una, due, tre volte ma sono veramente impedito e salgo a piedi fino al tornante.MonteLesimaDaSbarra

Salgo con circospezione, ho letto sui blog che questi due chilometri sono letali. Il mio Xplova continua ad attivarsi per le riprese video segno che siamo sempre oltre il 15%; non che avessi bisogno di conferma; i quadricipiti me lo urlano, gli occhi vedono solo asfalto anche alzando lo sguardo. Sono spesso vicino al 20%, anche oltre sugli stretti tornanti successivi. Finalmente dopo 1,3km il tanto atteso falsopiano che coincide con l’immissione della strada sul crinale che conduce alla vetta. Quattrocento metri di respiro con uno strappo in centro al 10%. Infine l’ascesa finale, più simile alla pista di salto con gli sci che non ad una strada; centocinquanta metri diritti sul crinale, pendio scosceso a destra, pendio scosceso a sinistra. La guardo, un respiro profondo, mi alzo sui pedali e danzo.IMG-20170930-WA0055 Mi sono risparmiato fino a qui e adesso do tutto per salire come quelli veri (video 27″). Siamo in vetta 1.724m! Dopo qualche meritato respiro ci spostiamo alle spalle del radar per osservare il panorama verso sud. Il dinamico trio inizia ora lo scatto selfie e bothie selvaggio!

 

In vetta insieme a noi altri due ciclisti provenienti da Genova, stringiamo amicizia, Daniele, colui che è arrivato per primo ‘zompettando’ come un camoscio è affascinato dalla mia bicicletta. Scoprirò poi su Strava che è salito con il terzo miglior tempo di sempre :o) Si scende (video 3’03”), lentamente, è il momento di gustarci lo splendido paesaggio che in salita appariva annebbiato dalla fatica. Arrivati alla sbarra mangiamo qualcosa, Rick e Max indossano la mantellina e ci prepariamo per la lunga discesa verso Ottone. Splendida, sinuosa, divertente, incredibilmente ricca di paesaggi mutevoli, ma, al di sopra di tutto, senza nessuna automobile! In ventidue chilometri abbiamo incrociato solamente tre veicoli, da non crederci. Ritornati a fondo valle optiamo per il percorso corto, Max ha rotto un raggio della ruota anteriore, dopotutto la meta di giornata è stata conquistata. A Ponte Organasco ci fermiamo ad una trattoria a mangiare, sono le 12.45 ed abbiamo una discreta fame. Cosa Mangiare? Beh..nelle colline piacentine ci si abbuffa con ‘Pisarei e fasoi’!

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Dopo un’ora circa si riparte. Il triatleta Max con una certa convinzione afferma: “Una ventina di chilometri a fondo valle e siamo a Bobbio”. Non ha fatto i conti col Mog, io fare altri venti chilometri piatti, sia mai! Ribatto: “Caro Max ora si sale subito verso Pratolungo, vorrai mica fare la statale 45 nel traffico?”. Sorride, IronMax non teme nulla. In totale la salita misura 6,8km con pendenze dolci tranne qualche corto strappo vicino al 10%. Noi l’affrontiamo con la calma di chi ha fagioli e crostata nello stomaco.Pratolungo

Soprattutto Rick ha bisogno di più tempo per la digestione. Verrà apostrofato perché ad un bivio abbiamo dovuto aspettarlo; ironicamente gli diciamo che mancheremo il kom su Strava per questo motivo. Alla Pieve, punto più alto dell’erta, una graziosa chiesa ci attende. Noi puntuali fotografiamo e ci dilunghiamo.

Ripartiamo, inizia una leggera discesa, traffico sempre ai minimi termini. Dopo 4,5km il bivio a sinistra per Rossarola, minuscola frazione di Corte Brugnatella, per altri cinque chilometri la strada si mantiene in quota, poi all’altezza del disabitato borgo di Pietranera inizia la discesa. Giungo primo al paese fantasma e ne vengo rapito, il meteo dopo pranzo è peggiorato ed ora il grigiore di nuvoloni bassi e cupi intristisce ancor più questo luogo dominato dall’Oratorio di S.Anna, anch’esso fatiscente.

La picchiata verso Bobbio è spettacolare (video 1’56”), la strada dapprima crepata, rugosa e rovinata si trasforma in un manto di velluto appena asfaltato nell’ultimo chilometro che conduce alla città. Siamo a Bobbio, ma non è finita; meglio, ciclisticamente sì, ma turisticamente restano da percorrere le vie del centro (video 48″)per osservare la cattedrale di Santa Maria Assunta, l’abbazia di San Colombano ed infine una fugace escursione al ponte Gobbo meraviglia architettonica del VII secolo costruito su una preesistente opera.

Non ci resta che caricare le bici sull’auto ricordando la splendida giornata; poco meno di 100km con 2.650m di dislivello, l’arcigno monte Lesima conquistato, le meravigliose e tortuose valli dell’appennino e la fantastica mancanza di traffico ovunque.

Grazie Max e Rick!

MonteLesimaItinere

Dettagli tecnici su Strava: link

Videogallery:  PassoPenice(36″),  DalPeniceAlLesima(2’20”),  LesimaSalita(5’08”),  LesimaDiscesa(3’03”),  DiscesaABobbio(1’56”),  Bobbio(48″)Lesima100mtFinali

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Maratona dles Dolomites 2017 (#mdd31)

(English version #mdd31 – click here)

Domenica 2 luglio sono le 6.05 quando entro nella mia griglia, la terza di quattro, il piazzale è già ricolmo di ciclisti, la partenza è fissata per le 6.30, ma ogni anno che passa, pur arrivando prima, sono sempre più in fondo. Quest’anno il meteo non è stato clemente, copiose piogge hanno raffrescato la montagna durante tutta le settimana; mentre scendo a La Villa leggo 6°C. In mezzo ai tremila atleti del piazzale il mio gps sale fino a 8°C; siamo quasi tutti vestiti come fosse inverno pieno, mai mi era capitato di vedere così tanti gambali e giubbini.mdd31006 Alle 6.30 puntuale lo scoppio del cannone portato in cielo dall’elicottero. Il patron della Maratona Michil Costa, come tutti gli anni, anticipa il gruppo sul suo velocipede. Noi dobbiamo aspettare ancora un poco prima di iniziare a pedalare. Finalmente alle 6.44 passo sotto all’arco della partenza, premo il tasto start del mio ciclo computer ed inizio la mia sedicesima Mdd. Ancora infreddolito dalla mezz’ora passata fermo ad aspettare seguo il lungo serpentone che si sposta verso Corvara per attaccare il primo Campolongo. Lo speaker annuncia che i primi stanno già per scollinare baciati da un timido sole che sta cercando di farsi spazio tra le plumbee nubi. I meteorologi danno tempo in miglioramento durante il mattino con ampie schiarite e temperature rigide. Proseguo fiducioso, in effetti anch’io, verso la fine del Campolongo, benificio di qualche raggio solare. Scollino, mangio un fruttino, inizio la discesa, arrivo ad Arabba ed è nuovamente salita. Passo Pordoi mi aspetta, salita sempre regolare con pendenze mai proibitive, dopo qualche chilometro vedo una maglia Cicloturisti davanti a me. È Carlo, partito in seconda griglia, lo raggiungo e rompo il religioso silenzio dei maratoneti; a quest’ora dell’alba, con 8°C, in salita c’è ben poca gente che ha voglia di chiacchere. Parliamo un poco, mi conferma che farà il corto, ha freddo, strano penso io, Carlo non è un freddoloso solitamente! Lo saluto e proseguo con il mio passo. Mentre salgo il cielo ritorna ad incupirsi, gli sprazzi di azzurro scompaiono nuovamente. Al passo inizia a gocciolare, poco poco, ma piove; scendo con circospezione, sia per non scivolare, sia per il freddo. Fine discesa e subito si scala il passo Sella. Il primo chilometro, quello dove si trova il ristoro è forse il più freddo di tutta la Mdd, cerco di prendere quota il prima possibile per poter uscire dall’ombra delle vette, in effetti alcuni sprazzi di sole danno la sensazione di qualche grado in più. Purtroppo niente da fare in cima al passo Sella la situazione non cambia;

nuvole a 360°, Marmolada grigia e vento gelido da nord; inizio la corta discesa, qua e là nuovamente gocciola e l’asfalto è umido. Alle 9.15 inizio la salita del passo Gardena, la più facile, in breve giungo a pian de Gralba, luogo del ristoro più fornito della Mdd, non mi fermo, ma passo oltre, zigzagando tra le bici. Percorro il falsopiano in discesa a velocità sostenuta, l’aria è sempre gelida. Scalo anche gli ultimi due chilometri ed alle 9.45 sono sulla sommità, guardo a sinistra verso il Valparola, nuvole; guardo a destra verso Campolongo e Giau, nuvole.

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Ovunque nuvole stazionano attorno ai 3.000mt, lasciando libere le vette delle Dolomiti, ma di fatto impedendo al sole di illuminarle e donare loro la caratteristica colorazione rosea. Arrivo a Corvara all’appuntamento con la famiglia attorno alle 10.00. La decisione ormai è presa, anche quest’anno farò solo il medio, senza la vista delle splendide Dolomiti e con il gelo che mi raffredda ad ogni discesa non sono abbastanza motivato, soprattutto, non mi sto divertendo. Marina, intirizzita, mi chiede: “Ma come fate a non avere freddo?”. Rispondo: “Certo non fa caldo, ma sono vestito ‘giusto’, comunque faccio il medio!”. In effetti la mia maglia manica lunga ‘Mossa’ sta funzionando egregiamente (vedi Inversione termica, skyline e promesse mantenute) riparto senza aver lasciato nulla di quello che avevo addosso alla partenza, d’altro canto la temperatura non è mai salita sopra i 10°C fino ad ora! Il secondo Campolongo è sempre un momento di verifica della condizione della gamba, provo a spingere un poco e risponde bene, ne vien fuori il mio secondo miglior tempo di sempre. Scendo nuovamente ad Arabba, mi infilo nel lungo falsopiano che conduce al bivio di Cernadoi, sono dieci chilometri, ogni tanto guardo in alto cerco degli spiragli di luce verso il Giau, ma niente. Ricomincia la salita, è ricomparso il sole sui verdi prati dei piani di Falzarego e magicamente il termometro sale fino a 15°C, ma è un sole effimero, a metà salita ripiombo nel grigiore della fitta nuvolaglia, il termometro scende subito a 12°C. Prima di entrare nelle gallerie del Falzarego mi fermo e scatto due fotografie, ora anche il ghiacciaio della Marmolada è nascosto dalle nuvole.

Arrivo al passo, di fronte a me il gruppo del Lagazuoi sembra minaccioso con questo cielo tetro. Mi attende l’ultimo impegnativo chilometro del Valparola, pendenza attorno al 12%; mi alzo sui pedali e spingo, anche quest’anno niente crampi all’adduttore destro (il mio tallone d’Achille).

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Inizio la discesa, la temperatura torna sotto i 10°C, non rischio e scendo tranquillo, attraverso San Cassiano, arrivo nuovamente a La Villa e mi accingo a scalare il corto ma insidioso Mür dl giat. Vorrei spingere a tutta, ma un pò di traffico e qualche ciclista a piedi mi impediscono di fare il mio personale; poco male. Provo a spingere il rapporto duro nei cinque chilometri che mi separano da Corvara, ma mi accorgo subito che il crampo è in agguato, mi alzo sui pedali e procedo così. Arrivo all’ultima curva, il tempo è più o meno quello dell’anno scorso, senza infamia e senza lode, con lo sguardo cerco i miei cari. Anche quest’anno mi vedono prima loro, taglio il traguardo, la miss gentilmente mi mette la medaglia di finisher al collo. Mi sposto nella piazza, stanno arrivando tutti: Laura, mia sorella con Marco ed il piccolo Riccardo, la Manu e Francesco e poi loro… Arriva il bacio più bello, quello di chi ti ama incondizionatamente e nonostante tutto.

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E la medaglia più bella quella che cerchi di meritarti tutti i giorni dell’anno dalle sette del mattino quando li svegli, fino alle nove di sera quando gli canti la ninna nanna per addormentarli.

Quella medaglia che negli ultimi giorni ti hanno nascosto in tutti i modi mentre cercavano di realizzarla, quella medaglia che rappresenta l’amore incondizionato tra padre e figli. Perché quest’anno il tema della Maratona dles Dolomites era l’AMUR! Grazie Mdd anche quest’anno nonostante il clima gelido hai saputo riscaldarmi il cuore con grandi emozioni, ma soprattutto…

Grazie Marina, Alice, Matteo.

 

Dettagli tecnici su Strava: Maratona dles Dolomites (percorso medio)

Video: Maratona dles Dolomites (versione integrale) 4’52”

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La strada della Forra, passo Nota e la Grande Guerra

Venerdì 18 agosto, è la settimana di vacanza per eccellenza, il lago di Garda è ricolmo di turisti, per questo alle sei del mattino sono già in sella alla mia specialissima in direzione alto lago. In realtà adoro le prime luci dell’alba, ora che le giornate si sono accorciate un po’ questo mi consente di ammirare splendide albe sul lago.

Alle sette attraverso Gargnano ed imbocco la ciclabile (chiusa per frana, ma percorribile) che mi consente di evitare la prima lunga e stretta galleria; l’ultima rimasta con attivazione semaforica al passaggio di pullman/camion in quanto all’interno non c’è spazio a sufficienza. Rientro in gardesana, veloce mi dirigo verso Campione, alle sette e mezza finalmente svolto bruscamente a sinistra per la strada della forra di Tremosine. A quest’ora pochissimo traffico mi ha accompagnato fin qui. Mi rilasso ulteriormente, innesto il rapporto più agile, me la voglio godere proprio tutta e fermarmi a scattare bellissime istantanee di questo luogo. Infatti già dal primo tornante la vista sul lago e sul delta di Campione, con il sole ancora basso a riscaldare i colori, è meravigliosa.

Decido di affidarmi alle riprese del mio Xplova X5 (video [2’40”] da vedere!), riprendere la forra dalle varie angolazioni per rendere, seppur vagamente, l’idea di cosa si stia attraversando, è impresa ardua e lunga. ForraAttraverso la prima galleria, lunga e buia (non illuminata!), le mie luci mi guidano, nessun altro mezzo la percorre mentre la oltrepasso, mi sembra di essere disperso nel cosmo! Uscito inizia la prima parte, scavata nella roccia continuamente dentro e fuori da piccole gallerie spesso con aperture sul lago; semplicemente fantastica. La seconda parte inizia con una curva a sinistra che porta verso l’interno della montagna, si abbandona il lago, un semaforo attivo governa il senso unico alternato, la forra è veramente stretta in certi punti. A quest’ora, fortunatamente, le automobili sono veramente pochissime a tutto vantaggio della quiete del luogo. Alzo la testa guardo la stretta gola che mi sovrasta, odo lo scorrere dell’acqua lungo le pareti rocciose, sento il profumo dell’umidità lasciata dalla notte. Sono solo pochi minuti anche in bicicletta, ma di intensità sovrumane. Non è un caso che sia annoverata tra le strade più belle al mondo. Ne esco, proseguo fino a Pieve di Tremosine, altra tappa obbligata prima di salire al passo Nota , meta di giornata. Qui è posta la celeberrima terrazza del brivido, già immortalata nei miei due precedenti giri, Tignalga in solitaria e Tignalga, lago di Tenno, passo Duron e lago d’Idro, mi fermo e mentre contemplo l’orizzonte infinito, faccio la mia colazione, sono le otto del mattino. Riparto quattro chilometri con facili pendenze mi separano dall’abitato di Vesio, frazione principale del comune di Tremosine. nota46Da qui parte la strada che sale a passo Nota. All’inizio una leggera discesa conduce nell’ampia val di Bondo, poi piano a piano, mentre si attraversano campi di granturco, la strada prende a salire semprePassoNotadaVesio dolcemente. Dopo poco più di tre chilometri arrivo ad un ampio parcheggio, subito dietro quest’ultimo,  giochi per bambini, ‘arrampicazioni’ come le chiama Matteo e altalene nei verdi prati. Più in là una decina di splendide postazioni barbecue con panche e tavoli. A seguire un percorso vita si snoda lungo il corso del torrente. Che magnifico luogo dove portare famiglia ed amici per un’escursione. Proseguo, passato il ponte sul torrente la valle si stringe, la pendenza inizia a salire, sono gli ultimi quattro chilometri che portano al passo; quelli veri, quelli duri, ma, anche, quelli che ti danno soddisfazione. Il paesaggio è meraviglioso il torrente rumoreggia prima a fianco e poi sotto di me, le pareti spoglie e verticali dei monti di Tremalzo dapprima mi sovrastano; poi, mano a mano che salgo, si fanno più docili e mi guardano negli occhi.

La pendenza è costantemente tra 8% e 12%, non proprio una passeggiata, ma vale sempre la regola: paesaggio stupendo pendenza percepita -2%. Negli ultimi cinquecento metri l’asfalto, in buone condizioni, lascia il passo ad un lastricato di grosse pietre e cemento. Arrivo all’incrocio: tutto a sinistra il cartello dice passo Tremalzo (strada sterrata, ora chiusa al traffico), al centro rifugio degli Alpini di passo Nota, a destra strada bianca nota16per Tremosine. Salgo al rifugio e mi si presenta di fronte, in tutta la sua bellezza, l’alpeggio del passo Nota, mi fermo accanto al cannone posto in memoria della Grande guerra, scatto qualche fotografia e riparto. Qualcosa al trivio aveva attirato la mia attenzione, un cartello con la scritta “cimitero di guerra 1915-18” che invitava a percorrere la strada bianca in falsopiano; il terreno sembra compatto, decido di affrontarlo sperando di vedere già qualcosa dopo la curva che dista da me non più di duecento metri. Ne farò due di curve prima di arrivare; fino a lì la strada è percorribile in bdc (bici da corsa). Mi imbatto prima nei ruderi di un forte della prima guerra mondiale e poi nell’ingresso di un rifugio usato durante i bombardamenti, ora adibito a magazzino degli attrezzi.

Sopra di me la montagna crea un anfiteatro naturale; al suo margine destro, salendo circa di venti metri trova posto il piccolo cimitero di guerra, ancora più in alto sul crinale della montagna si scorge una lunga trincea ancor ben conservata. Lascio la bicicletta, sono chilometri che non incontro nessuno, salgo sul crinale e oltre la trincea vedo apparire ai miei occhi un panorama mozzafiato.

Da qui si domina tutto l’altopiano, una posizione strategica ecco perché un secolo fa è stato usato come appostamento contro l’impero austro-ungarico. Il silenzio del luogo, la pace di una guerra ormai finita, mi fa tornare in mente i racconti dei nonni; erano di un’altra guerra, la seconda, non si combatteva più in trincea, ma gli aneddoti sono simili. Penso che quassù sarebbe bello portare i miei figli, non solo per la bellezza dei luoghi, ma per conoscere e toccare la propria storia, quella che ha cambiato la vita ai mieinota34 nonni; per ricordare e farne tesoro nel loro futuro. Scendo dal crinale, mi fermo al fianco della mia bici e mangio una barretta, ma non mi fermo troppo la temperatura qui è ancora sotto i 20°C. Ho visto, lungo la strada a due chilometri dalla cima, una bella panchina con vista panoramica e un po’ di sole, così la raggiungo. Ormai è passato mezzogiorno ed ho decisamente fame. Durante la discesa mi fermo più volte per fotografare lo splendore dei crostoni del monte Tremalzo. Tornato a Vesio non mi resta che percorrere, come mio solito, la Tignalga per evitare il traffico. Attraverso l’impegnativo saliscendi della valle del torrente San Michele e mi ritrovo a Tignale; anche da qui la vista sul lago è eccezionale e la giornata limpida esalta i colori nonostante la calura estiva inizi a farsi sentire. Esco dal paese ed imbocco un’altra meravigliosa discesa, con ampie curve a strapiombo sul lago. Un chilometro prima dell’innesto sulla gardesana devio a destra per una strada laterale che resta in costa per più di un chilometro dove si trovano alcune abitazioni, da qui la strada è interdetta a tutti causa frana, ma qualcuno ha spostato le pietre cadute creando uno stretto passaggio ed io mi ci infilo ringraziando.

In realtà questo è il proseguimento della prima strada che da Gargnano portava a Tignale e sbocca esattamente all’inizio della ciclabile odierna. Io la chiamo ‘il passaggio segreto’. Arrivato a Gargnano entro in statale per pochi chilometri, subito dopo Bogliaco svolto a destra verso Cecina e Pulciano, questo mi evita altro traffico fino a Toscolano, ma soprattutto mi consente di ammirare con calma l’entroterra del mio lago. Sono a Maderno, nuovamente nel traffico, le autovetture incolonnate procedono come lumaconi, io passo ed arrivo al bivio per il Vittoriale; via a destra,  si sale ancora verso San Michele.  Non so più quante volte lo ho scalato, ma è così affascinante che ogni volta è un piacere. Sono le 13.30 ed io sono nuovamente in ritardo, scrivo un messaggio a Marina. Scollino e mi getto a capofitto verso Salò. Attraverso la mia città, risalgo le Zette, Valtenesi e sono arrivato. Alice, Mamma e Matteo passo Nota e le ‘arrampicazioni’ vi aspettano!

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@LaForra,PassoNota,LaGrandeGuerra

Video: – La salita della Forra di Tremosine [2’40”] (video)

– Passo Nota [1’26”] (video)

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Gran giro delle Dolomiti del Brenta

English version – click here

Sono le 7.04 del mattino di sabato 12 agosto quando, parcheggiata l’autovettura, partiamo da Tione per il giro attorno al massiccio di Brenta. Siamo io e Rick, l’itinerario studPassoDaonedaPreoreiato prevede di affrontare, subito, a gambe fredde, la salita a Passo Daone da Preore, lo stesso versante scalato dal giro d’Italia nel 2015 (video). Sono circa otto chilometri con pendenze severe e costantemente tra 8% e 13%, solo un brevissimo falsopiano dopo il terzo chilometro concede respiro. Noi la affrontiamo con la dovuta cautela considerando quello che ci aspetterà nel prosieguo; inoltre i temporali della notte hanno abbassato notevolmente la temperatura (14°C alla partenza) e, si sa, il freddo non è amico dei nostri muscoli. La salita si sviluppa in boschi alternati ad alpeggi fino all’abitato di Larzana e successivamente in una fitta e profumata pineta. Dopo quasi un’ora siamo in vetta il tempo di una barretta e giù in discesa, ci sono 9°C!

Arriviamo a Spiazzo e ci fermiamo per un caffè ristoratore. Prendiamo la ciclabile della val Rendena, questo ci evita di pedalare nel traffico dei vacanzieri diretti a Madonna di Campiglio per la settimana di Ferragosto; oggi è sabato da bollino nero. Con meraviglia, anche di Rick, che conosceva già parte della ciclabile, giunti a Carisolo invece di entrare sulla statale per salire a Campo Carlo Magno il cartello ci invita a proseguire su una stradella secondaria con indicazione Sant’Antonio Mavignola. PassoCampoCarloMagnodaciclabileUna bellissima sorpresa, nonostante la strada sia un poco rovinata, il percorso all’interno della pineta è meraviglioso ed anche impegnativo con strappi oltre il 10%. Sono passate due ore e mezza dalla partenza e ci troviamo a Sant’Antonio avendo incontrato pochissime automobili. Si prosegue sulla statale, la musica cambia subito, colonne di veicoli ci sorpassano costantemente e sarà così fino a Campiglio. Fortunatamente le nuvole dell’alba hanno lasciato spazio ad un sole limpido che ci riscalda lungo l’ascesa e ci dona dei bellissimi controluce del gruppo di Brenta (video).

Brenta10

Giunti in paese, dopo circa sei chilometri con pendenza tra 7% e 8%, percorriamo la via pedonale già brulicante di villeggianti. Ancora una decina di minuti e siamo al passo. Ci fermiamo per gustarci il meraviglioso panorama, scattare qualche fotografia e fare una seconda colazione.

Sono le dieci e mezza, imbocchiamo la discesa verso Dimaro, lunga, scorrevole, bellissima, se non fosse che i 15°C ci impediscono di prendere troppa velocità. Lì arrivati, siamo nuovamente nel caos, accerchiati dal traffico veicolare. Notiamo i cartelli della ciclabile della val di Sole, nessuno dei due la conosce, ma, senza esitazione, ci dirigiamo su di essa. Scelta superlativa, la ciclabile si snoda a fianco del torrente Noce, bella, sufficientemente larga, con rarissimi incroci sempre segnalati splendidamente (video). Fortuitamente assistiamo anche alla partenza di un ‘rafting’ sul fiume e poco dopo ad un ponte sul Noce li vediamo passare sotto di noi carichi di adrenalina.

La ciclabile ci porta fino a Mostizzolo, dove rientriamo sulla statale come da itinerario originale, grazie a lei abbiamo evitato quindici chilometri di traffico. Mancano pochi chilometri a Cles, prima di entrare nella cittadina lo sguardo volge all’incantevole lago di Santa Giustina circondato dai meleti della val di Non. Nuova sosta panoramica con panino, è mezzogiorno e lo stomaco inizia a brontolare.

Si riparte, attraversiamo il centro di Cles, abbandoniamo la statale per tenere la destra e restare a mezza costa verso Tuenno. Questa scelta si rivela nuovamente vincente, traffico nullo (anche l’ora del pranzo aiuta!) e ampia vista su tutta la valle e sulle coltivazioni. Subito dopo il borgo l’attraversamento del torrente Tresenica ci costringe ad un saliscendi tra le due sponde che creano un anfiteatro naturale interamente coltivato a meli. Rick porta pazienza, ma io mi devo fermare a fotografare!

Attraverso questo incredibile paesaggio giungiamo a Sporminore da dove iniziamo la forzata discesa a valle, in realtà Spormaggiore è li di fronte a noi a meno di due chilometri in linea d’aria, ma, si sa, la montagna è così. Brenta25Fortunatamente la discesa ci regala nuovi panorami incantevoli. Terminata la discesa prendiamo la strada che sale all’altopiano della Paganella attraverso il paese di Cavedago, dovrebbe essere meno trafficata della statale che sale da Fai, ciononostante troviamo un buon numero di autoveicoli e pullman che ci superano lungo la salita. La scalata non è troppo impegnativa, ma la mia inattività vacanziera di dieci giorni inizia a farsi sentire. Sono passati da poco i cento chilometri e i metri di dislivello sono già più di duemila.PassoCampoCarloMagnodaciclabile I 12 km che ci separano dall’altopiano hanno pendenze costanti tra 6% e 8%, all’ottavo chilometro un falsopiano di 2 km che conduce al borgo di Cavedago mi lascia riposare. Dopo il paese la strada riprende a salire con regolarità, le nuvole stanno ricoprendo nuovamente le cime di Brenta. Sono previsti temporali pomeridiani. Vorrei poter accelerare, ma proprio non riesco a cambiare passo, Rick con pazienza rallenta e mi aspetta. All’imbocco dell’altopiano mi fermo e scatto un’ultima istantanea a tutta la val di Non, da qui sembra immensa.

Brenta26

Attraversiamo velocemente Andalo, che mi pare essere un bellissimo Brenta27paese di montagna in tipico stile trentino; ci dirigiamo verso Molveno, la vista del lago dall’alto ci suggerisce una fugace fermata per l’ennesima fotografia. Complice la strada in discesa anche Molveno viene oltrepassato senza soste. Il cielo è ormai grigio e vogliamo uscire dall’altopiano prima possibile per evitare la pioggia, almeno in discesa. A metà lago non resistiamo e ci fermiamo rapidamente per qualche istantanea commemorativa.

Via di corsa, si scende, anche questo tratto di strada è degno di nota, ma il cielo bigio intristisce i colori ed appiattisce le forme costringendoci ad immaginarSclemoe quanto possa essere suggestivo con la calda luce solare. Arriviamo a Tavodo, l’ultima deviazione anti traffico; risaliamo verso Sclemo una corta salita di 3,2 km con pendenze tra 5% e 8% per 2,5 km e un finale quasi in falsopiano lungo l’abitato. La scelta è vincente per la viabilità, ci evita la statale di Ponte Arche e la sua lunga galleria, ma temiamo possa rivelarsi deleteria per il meteo; qualche goccia di pioggia inizia a scendere. Fortunatamente smette subito, restando a mezza costa possiamo godere, alla nostra sinistra, dello splendido panorama sull’altopiano di Fiavè, il monte Altissimo, il passo del Ballino; il cielo verso sud è ancora parzialmente sereno e così scatta automatica la fermata fotografia.

Brenta31

Agganciamo il pedale e ripartiamo, ma le sorprese non sono finite, la strada si fa largo scavata nella roccia e poco dopo, un cartello, preannuncia una cascata, quella Brenta32di Rio Bianco. Un ultimo cadeau per il nostro meraviglioso giro ed anche Rick è costretto ad immortalare l’acqua che scende. Ripartiamo, questa volta si punta dritti all’auto senza ulteriori esitazioni. Ripassiamo davanti a Preore da dove, nove ore prima, eravamo saliti al passo Daone; ci guardiamo, sorridiamo, facciamo un altro giro? No meglio di no! Ancora due chilometri e siamo arrivati al parcheggio; sono 151km totali per 3.275m di dislivello così recita il mio gps. La media, ridicola 19,8 Km/h, ma si sa siamo cicloturisti. Ci siamo divertiti, abbiamo goduto di panorami incredibili e nonostante il sabato di Ferragosto (da bollino nero) siamo riusciti a restare realmente per poco tempo nel traffico automobilistico. Grande Rick!

P.s: Pochi minuti dopo la partenza in auto di pioggia ne abbiamo presa una discreta quantità 🙂

GranGiroBrenta

Itinerario in dettaglio su Strava: Cicloturisti!@TourDelBrenta(PassoDaone,PassoCampoCarloMagno,Paganella)

Video: Passo Daone   Passo Campo Carlo Magno    Ciclabile della val di Sole

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Tignalga, lago di Tenno, passo Duron e lago d’Idro

Oggi, 15 luglio, sono passate due settimane dalla MdD e tutto il mio allenamento per i lunghi con grande dislivello non ha ancora trovato sfogo. Da quando, questa primavera, ho compiuto il Periplo del lago di Garda ho realizzato che Riva d/G, fuori stagione, in automobile, è relativamente vicina, quindi un giro al lago di Tenno è più che fattibile. Ora è piena estate, la gamba c’è, a Riva ci si può arrivare in bici. Sono le 5.24 del mattino quando aggancio il pedale e parto, neanche cinque minuti e sono già fermo; le straneTenno001 nuvole mattutine creano degli incredibili e variopinti giochi sopra la vetta del monte Baldo; più che ad un’alba ho la sensazione di essere di fronte ad un tramonto infuocato. Proseguo scendendo dalla Valtenesi verso le Zette di Salò, arrivo sul lungolago ed il panorama è di quelli che, anche per un salodiano come me, si vedono molto raramente durante l’anno. Adoro la mia città natale!

Tenno002

Sono partito da mezz’ora, ma ho già capito che oggi sarà una giornata memorabile. Procedo spedito verso Gargnano dove abbandono la statale per scendere in paese ed imboccare la ciclabile che mVesioDaGargnanoi consente di saltare la prima galleria; rientro tenno006sulla ss45bis e al bivio per Tignale salgo a sinistra (si sa che non sopporto la pianura) percorro la Tignalga (video) fino a Pieve di Tremosine (Tignalga in solitaria), dopo la sosta obbligata con vista sul precipizio mi infilo nei viottoli per scattare alcune graziose istantanee prima di scendere vero la celeberrima ‘strada della forra’. Giungo al semaforo che immette nel tratto più angusto e spettacolare della gola, è rosso, mi fermo, scatto una foto, il resto lo racconttenno008erà il video; è verde, si parte, mi godo l’intreccio tortuoso che cerca di snodarsi per uscire da questo meraviglioso luogo. Eccomi nuovamente sulla gardesana pronto per attraversare Limone e giungere a Riva, la deviazione mi ha allungato i tempi di un’ora e mezza, ma come si può passare dinnanzi alla forra senza percorrerla? Finalmente sono a Riva, il computer segna le nove di mattina, un po’ di traffico nell’ultimo tratto l’ho trovato, ma nulla di insopportabile. È ora della prima sosta panino, ma una sorpresa inaspettata mi costringe ad attendere; sta salpando il battello ‘Zanardelli’ uno dei due storici del primi anni del novecento ancora attivi sul lago!

tenno009

Ora posso mangiare con calma, in realtà circa ad ogni ora  ho mangiato una barretta o fruttino mentre pedalavo, ma questa è la prima sosta sostanziosa con pane di segale e bresaola (alla faccia dei puristi). Riparto, da qui la strada per me è nuova e lo sarà fino al rientro in val Sabbia, nonostante i miei meticolosi studi sulle mappe stradali mi sarà d’aiuto il navigatore integrato di Xplova X5. Le salite verso il lago di Tenno sono due, io scelgo quella sul versante di sinistra, è indicata come strada secondaria in quanto giunge al lago senza passare dal paese, sicuramente sarà meno trafficata, inoltre credo sia molto panoramica. Non mi sbaglio! Pochissime auto mi sorpassano ed il panorama sulla piana di Riva e Torbole è suggestivo.

La salita non è mai impossibile con pendenze dolci ed una media del 5%. Giunti al lago di Tenno, che si costeggia dall’alto sulla sponda sinistra, la strada continuPassoBallinoDaRivaa a salire senza sosta fino al passo del Ballino (765m s.l.m.) che si trova all’imbocco dell’altopiano di Fiavè. Percorro l’intera salita girandomi a destra e a sinistra osservando questi luoghi per me ‘ciclisticamente’ nuovi. Il cielo si è rasserenato, sia perché mi sono spostato molto più a nord, sia perché il vento in quota ha eliminato le poche nuvole rimaste; ora è tutto intensamente azzurro. Il lago alla mia destra assume tutte le tonalità di colortenno015e dal verde smeraldo dei boschi al blu cobalto del cielo, mi fermo un attimo e lo contemplo. Ora la salita si fa molto dolce, ormai sono entrato nell’altopiano di Fiavè, un lungo rettilineo mi porta al passo del Ballino. Anche il primo tratto di discesa è piuttosto dritto e non troppo ripido; dopo alcuni chilometri mi trovo immerso nei verdi campi coltivati, tutt’intorno le vette delle montagne trentine che alternano boschi e pendii scoscesi anteprima delle vicine dolomiti del Brenta.

Riaggancio il pedale, attraverso Fiavè e mi dirigo verso le frazioni di Cavaione e Marazzone dove mi congiungo con la strada che sale a passo Durone partendo da Ponte Arche. Sono gli ultimi 4,4km che conducono in vetta, la strada ancora unaPassoDuroneDaFiave volta è dolce, pendenza media del 7% senza strappi. Prima di abbandonare l’altopiano mi fermo un attimo per scattare altre fotografie. Giunto all’ultimo chilometro la strada si insinua nel bosco ed i profumo di retenno023sina di pino mi inebria. Scollino, quale luogo migliore per la seconda sosta panino! Mi rilasso all’ombra ed al fresco degli abeti, mangio con calma e respiro profondamente. È il momento di ripartire, la discesa è ripida, tortuosa ed in alcuni tratti piuttosto stretta (video). Vedo faticare numerosi ciclisti nel cercare di scalarla, ne deduco che è realmente una brutta bestia. Entro a Tione di Trento, aBreguzzoDaTionell’incrocio vedo il cartello indicante Brescia a sinistra 80km, mi fa un poco sorridere, sono già passati 110km ed io sono ancora in trentino, mai mi ero allontanato così tanto solo con le mie gambe. Mi attende la salita che porta a Breguzzo, poco più di quattro chilometri di cui l’ultimo quasi pianeggiante, purtroppo si tratta di una statale ed un poco di traffico lo trovo. In paese mi devo fermare a riempire le borracce, il sole picchia ed io sto bevendo molto, adiacente alla fontana un particolare mi colpisce, sono tre tronchi di legno di altezze diverse su cui poggiano altrettanti sassi tondi dipinti come coccinelle portafortuna; li fotografo con la chiesa parrocchiale sullo sfondo. Ne sarà felice la mia piccola Alice. Da qui un lungo falsopiano in leggera discesa mi conduce a Ponte Caffaro all’imbocco del lago d’Idro, purtroppo non trovo la nuova ciclabile che da Tione porta al lago e complice il poco traffico dell’ora di pranzo mi adeguo a percorrere la statale. Finalmentenno026te a Condino riesco a salire sulla ciclabile salvo poi doverla abbandonare a causa di un tratto sterrato che oggi non ho voglia di affrontare; la riprendo a Storo ed arrivo sino a dove le acque del Chiese si gettano nell’Eridio. Rientro sulla statale, altri 12km di pianura lungo il lago, vista stupenda sullo specchio d’acqua e sui monti circostanti, ma inizio ad avere la nausea di questo piattume; quasi 45km senza nemmeno una ‘salitella’ sono davvero troppi per me! Ecco che ad Idro, nonostante il gps abbia appena passato i 160km e 2.700m di dislivello, non esito un istante nel girare a sinistra verso Treviso Bresciano (il Cavallino Fobbia sporco). Come, già l’anno scorso con Rick, salgo fino agli 800m della Madonna delle Pertiche per poi gettarmi in discesa verso Valdegagna e rientrare in val Sabbia a Vobarno. tenno028Dopo i primi tre chilometri mi devo fermare per l’istantanea d’obbligo dalla panchina con vista lago, anche oggi il forte vento ha mantenuto l’aria limpida e la visuale è profonda verso le montagne trentine. Riparto, attraverso Treviso Bresciano, scollino, e lesto mi dirigo alla fonte d’acqua gelida presso i fienili di Rondaione.

Mi fermo tolgo il casco, rinfresco il capo, lavo il sotto casco e lo indosso fresco e bagnato; è l’ora dell’ultimo panino. Oltre agli otto fruttini/barrette avevo quattro panini di segale con bresaola e due caffè liquidi, mi resta solo un fruttino da prendere nell’ultima ora. Scendo con circospezione verso Vobarno, la discesa è molto sconnessa nel primo tratto e quasi sempre stretta. In fondo alla valle, come sempre, prendo per Pompegnino prima e per Roè poi, per evitare un po’ di traffico. Giungo ai Tormini proseguo verso Cunettone lungo la panoramica alta e risalgo in Valtenesi, quando arrivo a Picedo manca ancora qualche chilometro ai duecento; non era uno degli obiettivi alla partenza, ma visto che ci sono allungo scendendo al golf di Soiano ed il primo ‘200k’ della vita è conquistato con 3.590m di dislivello, sono da poco passate le quattro del pomeriggio in piena tabella di marcia.

Soddisfazione massima, anche oggi giornata perfetta!

Video: La Tignalga  La strada della forra  Lago di Tenno, Passo Durone e lago d’Idro

Dettagli tecnici su Strava (link)

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Buon compleanno!

Quando il proprio compleanno cade di giorno feriale (venerdì 7 luglio) capita che non lo si possa festeggiare in maniera adeguata. Domani sabato 8 dovrò partire da Brescia alla volta di Polpenazze del Garda per il fine settimana; ecco che il giro in bici diventa un’ottima occasione per festeggiarmi.

Sono le 5.30 del mattino quando parto verso le Coste di S.Eusebio. Assonnato, molto assonnato, il caldo di questa notte mi ha fatto dormire poco e male. Ho progetti ambiziosi per il giro, ma per il momento spero solo di riuscire a scrollarmi di dosso il torpore e la stanchezza per il poco riposo. Scollino in trentadue e spicci, in linea con i tempi dei giri lunghi, ma cuore e testa dormono ancora, provo con la discesa, magari un po’ di vento fresco e adrenalina aiutano. Non molto! A Preseglie mi fermo alla fontana, mangio un fruttino, lo mastico con calma, bevo acqua fresca, forse aiuta. Un primo timido risveglio lo avverto, ma devo attendere di risalire la val Sabbia fino ad Idro per destarmi. Prima di uscire dall’abitato mi si para davanti un gregge di pecore con una decina di asini, li attraverso divertito. Ora mi aspetta la salita al passo S.Rocco (Capovalle). Sono 8,2km, i primi tre si snodano attraverso ampi tornanti con vista lago e pendenze mai severe (5-6%), arrivato alla galleria svolto bruscamente a destra ed entro nella valle lasciando la vista dell’Eridio, percorso il tunnel e la seguente leggera discesa per un totalPassoSanRocco(Idro)e di 1,5km affronto la vera salita di Capovalle; poco più di 4km con pendenze spesso sopra il 10%. Mi alzo sui pedali e salgo con ritmo regolare, finalmente inizio a svegliarmi! A torto snobbiamo questa salita in quanto meno bella delle due che, attraverso il passo Cavallino della Fobbia, giungono sempre a Capovalle. Oggi invece la osservo meglio e, nonostante l’ampia sede stradale, trovo che abbia un suo fascino, immersa tra gli alberi e senza nulla attorno. Io, peraltro, ne serbo un ricordo speciale; quello del giro Brescia-Salò per andare dai nonni a pranzo, io in bici e la mia famiglia in auto. Arrivato in paese decido di  percorrere la strada più alta, quella che conduce alla frazione di Zumié, più panoramica dell’altra. Proseguo e mi immetto sulla via che porta a Moerna attraversando il vecchio confine con l’impero austro-ungarico (vedi I sette borghi di Valvestino). Oggi ho deciso che voglio entrare e visitare ciascunno dei sette borghi. Prima di entrare a Moerna mi allungo alla chiesetta di San Rocco adagiata sull’estremità della collina, mi fermo alla fontana per riempire le borraccie e mangio una barretta.

Riparto, destinazione Persone, pochi chilometri di discesa con splendida vista a destra sulle vette di cima Rest e sono in paese, questa volta mi fermo e scatto un paio di fotografie proprio nel centro dove la strada si stringe.

La discesa si fa ora ripida e tecnica all’ombra di un fitto bosco, dopo alcuni chilometri sono di fronte a Turano, sede del comune di Valvestino, anche qui non ero mai entrato in quanto la strada provinciale gira a sinistra poco prima. Oggi no, entro, sgancio il pedale, bici in spalla e su per i gradini che portano alla parrocchiale!

Riparto, ora mi aspetta Armo, qui ero già entrato in paese due anni fa con l’amico Giorgio, la salita è breve, poco meno di 3km con pendenze sempre intorno al 6%. Solita foto con il fontanone ed un selfie in piazza.

Ritorno sulla provinciale e svolto subito a sinistra, l’indicazione dice Magasa 5km e cima Rest 8km. Questa è l’altra salita impegnativa del giro odierno, pendenCimaRestze regolari sempre intorno a 8% con punte del 10% fino all’abitato di Magasa, poi gli ultimi 3km più impegnativi con punte del 14%. Come dice l’amico Alberto se il paesaggio merita, la pendenza percepita si abbassa anche di due o tre punti. A cima Rest, vista la meraviglia del luogo sono sicuramente sceso sotto al 7% di pendenza! Arrivato a Rest (1.206m) non mi fermo, ma scendo verso Cadria. Sì, questa è la novità del giro, a Cadria io non sono mai stato, tre chilometri di discesa immersa nel bosco ed eccomi in un’alpeggio in fondo al quale sorgono una ventina di case; sono arrivato è l’ultimo borgo di Valvestino che ancora mi mancava. Rimango rapito dalla semplicità e dalla pace di questo luogo e scatto numerose fotografie nel tentativo di intrappolare questa amena serenità.

Decido di fermarmi qui per la pausa barretta salata e caffè in gel, vorrei poter prolungare questo soggiorno, ma devo tornare. Giro la bici e risalgo a Rest, da Cadria proseguono solo sentieri e mulattiere! Quasi 3km molto regolari e sono nuovamente a cima Rest, questa volta mi fermo e scatto numerose fotografie tra cui una panoramica a centoottanta gradi che rende bene l’idea del paesaggio che mi circonda.buon015

Scendo verso Magasa, non senza fermarmi a fotografare la rocca Pagana una delle nostre ‘piccole dolomiti’.

buon019

Giunto al bivio stavolta mi infilo nel borgo, anche qui non ero mai entrato e percorro tutta la via principale in sella alla mia bicicletta, trovando abitazioni ed angoli caratteristici e suggestivi.

Riparto, scendo verso il lago di Valvestino, attraversando uno dei luoghi che più mi gratificano nel fotografarlo, lo stagno del torrente Toscolano. Quest’inverno lo fotografai con ghiaccio e neve (Valvestino tra i ghiacci!) ora il cielo ed i monti si specchiano nelle sue acque come in un dipinto di ninfee di Giverny di C.Monet.buon025Per finire la serie mi manca ancora un borgo, è quello di Bollone; altri 4,2km di salita anche questi regolari al 6/7%. Sono già passate le undici da un po’ ed il caldo inizia a farsi sentire. Entrato in paese accosto la bici alla fontana, faccio due passi mentre mangio qualcosa, anche qui le foto arrivano facilmente.

Guardo l’ora sono in forte ritardo e scrivo un messaggio a Marina, chissà come la prenderà, le chiedo anche di guardare, se ha voglia, le foto che ho già pubblicato, forse così giustificherà un poco il mio ritardo. I sette borghi sono finiti, mi resta solo da attraversare il lago di Valvestino e scendere in picchiata verso il Benaco. Ammiro le acque verdi mentre transito alto a fianco della riva nord, so già dove fermarmi per scattare una fotografia già incorniciata dai rami della vegetazione.buon027

In breve oltrepasso la diga, arrivo a Navazzo ed inizio la discesa che mi porterà a Gargnano. Le temperature si fanno torride, lungo la discesa sembra di avere un phone acceso che ti asciuga il sudore. A Gargnano ci sono 36°, attraverso Maderno, luogo natio di mio nonno, arrivo a Gardone avrei voluto deviare e salire a San Michele per trovare meno traffico e percorrere ‘I luoghi della memoria‘, ma è veramente troppo tardi, arrivo al cartello di Salò. Tutte le volte che lo guardo mi gonfio di orgoglio come un bambino; sono solo quattro lettere e così si possono scrivere belle grandi sul cartello di inizio paese ed io stupidamente ne sono fiero: misteri dell’anima! Arrivo alle Zette, una dolce salitella di 2,2km, che porta dalla riva del lago alla frazione di Cunettone con cinque tornanti panoramici. Fatta alle 13.00 con 37° ha il suo perché! Un po’ di mangia e bevi in Valtenesi e sono arrivato più felice che mai per il magnifico giro, ma con un piccolo rimpianto ho saltato il San Michele.

L’indomani mattina riparto alle 7.30 per un giretto sciogli gambe, destinazione ovviamente San Michele. Il cielo non è dei migliori, un forte vento porta nuvoloni grigi, arrivo a Salò e dalle Rive scatto subito una fotografia dal fondo del golfo.buon028

Riparto, manca poco alle otto del mattino, a quest’ora si riesce a passare per il lungolago senza arrecare disturbo (video) arrivato in piazza dell’imbarcadero devio a sinistra verso il centro passo di fronte al duomo e mi infilo nel vicolo del campanile, da dove mia nonna sgusciava di soppiatto per andare a giocare da piccola. Uscito da Salò mi dirigo verso Gardone ed imbocco la vecchia strada per San Michele (video). Oggi il forte vento sta increspando il lago, ma, soprattutto, sta regalando colori meravigliosi ai fondali e lungo le spiagge tra il golfo di Salò e Manerba. Salendo verso San Michele mi inebrio di quei panorami.buon030

Arrivato a San Michele proseguo per Serniga. Prima di scendere nuovamente a Salò, una vocina mi dice di salire fino alla chiesa di San Bartolomeo (1,2km all’8%) luogo a me caro fin dalla giovinezza. Ritorno a Salò e percorro quel piccolo pezzo di lungolago che avevo saltato all’andata per passare davanti al duomo. A tratti esce il sole ed il forte vento a reso l’aria limpida ed io voglio scattare qualche foto da lì, ma non ho ancora capito il perché di questo desiderio.

Riguardo quest’ultima foto e come di incanto ora mi è tutto chiaro!

buon035
Oltre la panchina quarant’anni fa c’era una piccola spiaggia

Qui mia nonna mi accompagnava tutti i pomeriggi estivi a guardare gli aliscafi planare nel golfo ed io scendevo su quella minuscola spiaggia per vedere se le onde dei natanti mi avrebbero bagnato i piedi.

Questi due itinerari ciclistici hanno ripercorso la storia della mia infanzia; la corriera che presi adolescente a Capovalle per tornare dai nonni, le escursioni dalla prozia di Moerna,  il passaggio dove nacque mio nonno a Maderno, le visite alla sorella di mio nonno nella casa del giardiniere del Vittoriale, il vicolo del campanile, ed infine la mia piccola spiaggia. La forza del subconscio!

Buon compleanno Mog!

Video Integrale: (SetteBorghiDiValvestino)

Dettagli tecnici su Strava:  Cicloturisti!@Coste,PassoS.Rocco,CimaRest&7borghiDiValvestino e Cicloturisti!@HomeSweetHome

 

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