La Forra, Passo Nota, “Strada degli Eroi”, Eremo di S.Michele

Sono le 5.48 del mattino di sabato 27 luglio quando parto da Polpenazze con la mia AliMat (versione cicciotta 650bx40) in direzione alto lago. Oggi voglio affrontare un’altra strada militare della Grande Guerra. Alle sei ed un quarto inizia ad albeggiare nel mio golfo del cuore ed io sono obbligato a fermarmi per immortalare lo spettacolo della città di Salò.

Riparto svelto in direzione Gargnano, a quest’ora il traffico estivo sulla gardesana è ancora dormiente ed io la percorro in relativa tranquillità. Entro finalmente nella ciclabile dismessa di Gargnano che mi consente di evitare la prima e più stretta galleria.

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Ritorno sulla statale e percorro le due lunghe gallerie, in leggera discesa, che mi portano sino al Prà della Fam, qui mi attende il Peler, un muro d’aria con il suo intenso soffiare verso sud. Immanentemente mi ritrovo a faticare per tenere i 30km/h. Ora il traffico è veramente ridotto, solo qualche multivan dei surfisti che si accingono ad una splendida giornata di vela.  Ancora una lunga galleria, quella con lo svincolo per Campione del Garda, e arrivo al bivio per la “Forra”.  Alle 7.15 svolto a sinistra ed attacco la salita (ulteriori descrizioni in Passo Nota e Dalla Forra di Tremosine alla neve della val di Bondo). 

Nonostante l’abbia percorsa numerose volte questa strada suscita sempre, e fin da subito, un immenso stupore. Il primo rettilineo, lungo e sinuoso come spire di serpente, è solo il preambolo allo splendore che mi accoglie al tornante seguente da cui la vista sul delta sabbioso di Campione si contrappone alla “falesia” strapiombante nel lago. Il percorso sale ancora prospiciente al lago seguendo la vecchia strada ora chiusa al traffico veicolare. 

Ora la vista è sul lato trentino del lago di Garda circondato dalle vette del monte Alto e di Cima Larici. Una lunga serie di corte gallerie mi conduce alla curva sinistrorsa che immette nell’orrido del torrente Brasa.

Ancora due ravvicinati e sinuosi tornanti ed abbandono il grande specchio d’acqua per immettermi definitivamente nell’orrido. Una vera progressione di spettacolarità. “We are in!” urlo al mio navigatore/videocamera.

Oltrepassata la “Forra” proseguo la salita verso Pieve di Tremosine. Come sempre è d’obbligo la deviazione alla “terrazza del brivido”.  Sosta fotografica, spuntino e riparto in direzione Vesio, la frazione principale di Tremosine, da cui parte la strada asfaltata per passo Nota.

Attraverso la val di Bondo, antico alveo pluviale, e inizio la parte dura della salita. Subito mi fermo ed approfitto della splendida fontana da cui sgorga sempre acqua freschissima.

Riparto, poco meno di sei chilometri mi separano dal passo, tre quarti d’ora di splendido bosco e rupi scoscese a fare da cornice.

Giungo all’incrocio, sinistra passo Tremalzo, dritto piana di passo Nota, destra carrabile per il cimitero di guerra e poi sentiero delle “sei gallerie” per Vesio. Il mio itinerario prevede la strada di destra. Prima, però, voglio percorrere qualche centinaio di metri nella piana sulla strada che poi scende direttamente agli alpeggi della val di Ledro. Sarà uno dei mie prossimi itinerari e già che sono qui voglio verificare quale sia il fondo.

Ritorno sui miei passi e prendo la strada per il cimitero, passo davanti ai ruderi del vecchio ospedale militare, che erroneamente nei miei precedenti racconti ho chiamato forte, ma ora, dopo più approfonditi studi, ho scoperto essere l’ospedale di prima linea, posizionato proprio sotto le trincee di cresta ben riparato su tre lati dalla depressione in cui si trova.

La strada prosegue ampia e carrozzabile fino alla successiva stalla, ricovero per le mandrie all’alpeggio. Mi fermo per un piccolo shooting fotografico. Riaggancio il pedale, ora la strada si stringe e si posiziona costantemente sotto cresta con una splendida vista a strapiombo sulla val di Bondo. 

La discesa è ancora leggera ed il fondo piuttosto compatto, ma dopo poco meno di un chilometro la pendenza aumenta e parallelamente il terreno diventa mosso e cosparso di sassi. Da larga mulattiera in breve passa a sentiero scolpito sulla roccia viva della cresta. Sempre più sconnesso, l’eccitazione per la nuova tipologia di strada che sto percorrendo è pari al timore di scivolare a causa del terreno sdrucciolevole e assolutamente non adatto alle geometrie di una bici stradale “endurance” con copertoni appena zigrinati da 40mm. Prendendo a prestito un modo di dire dei cestisti: “discesa ignorante!” 

Davanti a me la prima galleria, entro abbassando la testa istintivamente in quanto l’altezza non arriva ai due metri. Esco, proseguo ed in breve mi ritrovo a dover scendere di bicicletta per affrontare un paio di piccoli salti di mezzo metro tra le rocce. 

Continuo così  per un chilometro abbondante, con grande circospezione e senza far guadagnare velocità alla mia AliMat. Mi fermo più volte per poter godere di questo panorama eccezionale in tutta sicurezza. 

Il sottile sentiero tortuoso scavato a ridosso della roccia, lo strapiombo sulla valle di Bondo, il monte Tremalzo in cui si distinguono nettamente i tagli dell’altra strada militare, il lago che lentamente si avvicina e la vetta del monte Baldo dietro di esso. 

Scendo, ora sono al primo di una lunga serie di tornanti, il paese di Vesio è proprio sotto di me, quattrocento metri di strapiombo! 

Inizio la serie di curve, il sentiero è tornato largo e carrabile, ma completamente ghiaioso e con pendenza superiore al 10%. La ruota posteriore scivola e derapa di frequente, io cerco di non prendere velocità. Oggi sto veramente testando l’impianto frenante a disco.

Incrocio alcuni bikers che salgono, ci salutiamo e mi guardano con fare stupito. In effetti solo un’ignorante può affrontare questa discesa con una bici di derivazione stradale: in realtà i passaggi più tecnici li ho dovuti percorrere a piedi!Discesa degli eroi Arrivo nel parcheggio all’inizio della val di Bondo. Mi fermo, mangio, guardo il gps, sono le 11.00, ho impiegato più di un’ora (comprese le soste) per percorrere sette chilometri di discesa! Sono talmente soddisfatto di quello che ho visto e del percorso che sono riuscito a concludere che il giro potrebbe finire qui. Invece il mio programma prevede ora di percorrere la Tignalga fino al caseificio di Tremosine per poi svoltare a destra nella valle del torrente San Michele. Già un paio di anni or sono mi sono addentrato su questa sterrata per un paio di chilometri, oggi l’obiettivo è quello di arrivare all’Eremo. Quest’ultimo è posizionato in fondo alla valle proprio laddove la strada di impenna verso il passo Tremalzo. Sono poco più di tre i chilometri di fondo valle che scorrono prima in leggera salita e poi in leggera discesa. 

Giungo alla confluenza tra il torrente Negrini e il San Michele da cui ha origine ad un piccolo e limpido laghetto, magnifico! Non mi fermo, dovrò tornare ancora da qui e lascio la sosta per dopo.Eremo San Michele Inizia la salita dura, i primi quattrocento metri, sterrati, con pendenza attorno a 10% sono più problematici a causa della scarsa aderenza sul terreno; poi, fortunatamente, la carrabile diventa cementata ed anche se la pendenza ora è superiore a 14% ho meno problemi. Al tornante destrorso un cartello in legno mi indica di abbandonare la strada per entrare nel bosco lungo la traccia che conduce all’eremo di San Michele. Scendo di sella e bici a spalla come nel ciclocross, risalgo il tortuoso sentiero ed arrivo sul pianetto della chiesa. In effetti la costruzione si erge una cinquantina di metri al di sopra della confluenza dei due torrenti ed è collegata alla strada solo da questa striscia ghiaiosa, altrimenti che “eremo” sarebbe?

L’eremo è composto di due parti, una più grande dedicata alla chiesa e l’altra più modesta per l’abitazione. Fuori da questa un fraticello legge all’ombra del portichetto. Lo saluto ed entro nella chiesetta per qualche istantanea didascalica. All’uscita mi soffermo a dialogare con il frate. Scopro, così, di essere stato abbastanza fortunato a trovare aperto in quanto solo lui ed altri due suoi confratelli di un convento francescano della Brianza si alternano, d’estate, in settimane di preghiera in questo luogo.

Mi congedo dal frate e riprendo a spalla la mia AliMat per ritrovare la strada cementata. Giungo nuovamente allo specchio d’acqua, ora mi fermo e con tutta tranquillità mi godo il silenzio e lo splendore di questo luogo, mangio qualcosa e riparto.

Al bivio del caseificio riprendo la Tignalga in direzione Prabione, sono le 12.15, è ora di rientrare verso casa. Un fugace sentimento di nostalgia e tristezza mi assale, la parte migliore di questo viaggio se ne è andata. Dopo cotanto splendore anche l’asfaltata Tignalga sembra una strada mediocre, ma non è così. Al solito tre chilometri di discesa, ponticello sul San Michele, tre chilometri di salita e nuovamente vista lago al di sopra di Prabione.

Attraverso il centro di Tignale, oggi il cielo è decisamente migliore rispetto a settimana scorsa e la vista dal Belvedere merita qualche scatto didascalico. 

Riparto attraverso la mia splendida “hidden road”, che dopo le ultime frane è messa veramente male. 

Rieccomi sulla vecchia ciclabile di Gargnano, ancora un paio di fotografie alle vecchie limonaie dismesse. 

E via! Attraverso le solite deviazioni anti-traffico: Cecina-Pulciano, Morgnaga, Ciclabile di Campoverde, Picedo. Sono le quindici circa quando arrivo a Polpenazze, la statistica dice 130km e 2.613m di dislivello, ma non dice quanto sia stato straordinario questo itinerario, non dice neanche quanto sia stato ignorante. Grazie AliMat, non eri stata progettata per questo, ma oggi ce la siamo proprio spassata!

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Dettagli tecnici Strava: Cicloturisti!Ghiaiosi@ StradaDellaForra, PassoNota, StradaDegliEroi, Vesio, Eremo S.Michele, Tignalga

Videogalery: La Forra, Passo Nota, gli Eroi, Eremo (12’30” integrale) Guardatelo merita!

Photogallery:

Cicloturisti! Una gita di mezza estate (Forra di Tremosine, Tignalga, Eremo di Montecastello)

Oggi 18 agosto è una giornata speciale. Ho lanciato l’idea di percorrere alcune delle più famose e suggestive strade del Garda bresciano. In quattro hanno risposto al mio invito. Carlo e Max che non hanno mai percorso molte di queste strade; Dario e Francesco che ne hanno una conoscenza più approfondita e recente. Nessuno di loro, però, è ancora passato dalla “hidden road”. Per una volta non sarò il fotografo di paesaggi, ma il Caronte di una gita che ha, già nel percorso, i presupposti per essere indimenticabile. Ore 6.30 parto alla volta di Salò dove mi incontrerò con il resto del gruppo, non senza aver prima immortalato l’ennesima alba.

Il ritrovo è alle ore sette del mattino al parcheggio di Barbarano. Arrivo puntuale, davanti a me vedo la sagoma di Dario che sta sganciando il pedale. Carlo, Max e Francesco sono arrivati in automobile per motivi logistici e di tempo, anche loro sono praticamente pronti. Tengo un piccolo “briefing” prima di partire, il mio amico Dario non conosce ancora lo spirito pazzo che alberga i Cicloturisti! Si parte, rigorosamente in fila indiana, nonostante l’ora mattutina siamo pur sempre su una statale, la 45bis gardesana occidentale. Poco meno di mezz’ora e siamo a Maderno, suggerisco di tenere la destra per percorrere l’intero lungolago ciclabile. A metà pista si trova il punto del promontorio da cui si ha una visione a 270° della quasi totalità del lago: a nord la scoscesa parete sopra Campione e Malcesine, a sud l’intero basso lago da Torri fino a Gardone Riviera passando per la penisola di Sirmione e la Rocca di Manerba.

Ripartiamo, terminato il lungolago, restiamo su vie interne che ci conducono direttamente alla chiesa di Toscolano alla fine del paese. Riprendiamo la gardesana, altri venti minuti e siamo a Villa di Gargnano, a mio avviso uno dei più graziosi porticcioli del lago, deviamo dalla statale per attraversarlo, usciti ci troviamo a Gargnano dove effettuiamo la prima vera sosta. C’è chi mangia qualcosa, chi fotografa, chi rassicura i familiari con sms, chi chiacchiera amabilmente, poi arriva il momento selfie e dopo alcuni tentativi a Dario viene la malsana idea di dirci “Fatene una voi quattro soli”.

Ecco riuscire l’istantanea più vanitosa che potessimo fare, manco fossimo “I fantastici 4”.

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Si riparte, ci infiliamo nella vecchia gardesana, che passa davanti a villa Feltrinelli, ex residenza del Duce. Qualcuno avanza dei dubbi, pensava che l’avessimo già incontrata prima, parte l’embolo dell’ignoranza a tutti. “Ma no, il Mog ti prende in giro ha fatto mettere il cartello lì sull’inferriata, ma è tutta una finta.” Francesco, quando si tratta di sfottò, è sicuramente il migliore tra noi. Nonostante tutto arriviamo alla sbarra che delimita la parte franosa, la attraversiamo e tramite una breve e panoramica salita saltiamo la prima lunga e pericolosa galleria di Gargnano. Ci fermiamo ancora per qualche scatto ed usufruire degli splendidi servizi igienici che madre natura ci ha donato.

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Si riparte, nuovamente sulla 45bis, due gallerie la prima suggestiva con rocce a vista, la seconda lunga ed in discesa ci portano al Prà de la Fam. Ivi giunti ci accoglie sua maestà il Peler in tutta la sua forza. Il lago già brulica di kite e windsurf, in questo che è considerato per antonomasia il paradiso della vela. Noi proseguiamo ad andatura cicloturistica, oltrepassiamo la lunghissima galleria di Campione e ci ritroviamo, finalmente, al bivio per la prima meta di giornata, la strada della Forra. Svoltiamo a sinistra e già la vista verso il basso lago è di quelle da brivido. Tengo a freno gli entusiasmi di Max, imponendogli come prima sosta fotografica il primo tornate. So che quello è in assoluto il punto migliore per scattare istantanee prima di entrare nell’orrido. Ci fermiamo, estraiamo tutti quanti il nostro cellulare e scattiamo, come fossimo cow-boy appena usciti da un saloon.

Si riparte, evitiamo la brutta (senza illuminazione!) galleria utilizzando, per l’ennesima volta, la vecchia strada che passa sul fianco della montagna. Negli ultimi anni ripetute frane ne hanno ridotto la carreggiata a meno di un metro in alcuni punti. Rientrati sulla via maestra, Dario e Francesco, che conoscono la strada, si avvantaggiano in salita. Io resto con Carlo e Max ad espletare le mie mansioni di Cicerone. Ad un tornate a destra abbandoniamo temporaneamente il lago per infilarci nella Forra. Meravigliosa come sempre (video 2’49”). Prima di entrare nell’abitato di Pieve ci ricompattiamo, suggerisco di tenere il rapporto agile e di seguirmi in fila indiana, entreremo nei vicoli e nei sottoportici più nascosti del borgo per giungere così direttamente nella piazzetta del belvedere, detta anche terrazza del brivido.

Nuova sosta fotografica, i canadair ci passano ripetutamente a pochi metri per scendere sul lago a rifornirsi d’acqua. Purtroppo due giorni or sono un fulmine ha acceso un focolaio nel bosco della valle di Bondo, il forte e caldo vento ha fatto divampare le fiamme che in poco tempo hanno devastato interi ettari di pineta, la situazione ora è in miglioramento, ma apprendiamo che forse il passaggio per passo Nota è chiuso.

Ripartiamo in direzione Vesio, perlomeno vedremo la valle di Bondo, migliaia di anni fa sede di un piccolo laghetto. Da Pieve a Vesio la strada è sempre in salita anche se non impegnativa, 4km e si è al bivio per Limone. Noi proseguiamo sulla nuova strada che conduce verso Bondo senza attraversare il centro del paese. Una rampa di cinquecento metri con pendenze tra 13% e 17%. Carlo non la digerisce e mi fa notare che l’attempato signore che era dietro di noi è salito dal paese su un clivo sicuramente più dolce. Io incasso. La strada è chiusa, ma se desiderassimo andare a passo Nota ci lascerebbero passare in quanto l’incendio è sull’altro lato del monte.

Dopo una rapida consultazione, decidiamo all’unanimità che sarebbe di cattivo gusto nei confronti di chi sta lavorando. Passo Nota next time! Ritorniamo a Pieve, un carabiniere ci ha confermato che da lì, passando per Pregasio e Sermerio si può riprendere la Tignalga e rientrare sul percorso originale. Sono 5,5km di salita che ci portano dai 420m della Pieve ai 640m dello scollinamento dopo l’abitato di Sermerio. Tutti con incantevoli panorami sul lago, sul monte Baldo, e sui borghi di Tremosine. Sembriamo un gregge di pecore sparpagliate in salita, qualcuno qualche decina di metri avanti ad altri, qualcuno a volte, persino, da solo, ma sempre a poca distanza gli uni dagli altri. Siamo così, Cicloturisti, ognuno fa quel che preferisce. Lungo questo pendio Carlo mi chiede di descrivergli meglio la salita che lo attenderà dopo, quella che risale verso Tignale, e che io, precedentemente, avevo definito “un po’ come Vallio”. Francesco non si lascia scappare l’occasione ed inizia il tormentone: “Carlo, poi, puoi mandarmi anche aff… ma perché vuoi farti del male da solo, sai già che ti dirà che è dura; vivi nella tua ignoranza”, ne nasce la solita chiacchiera da bar che durerà tutti e cinque i chilometri. Aggirato Sermerio ci troviamo di fronte la piana interna di Tremosine e la valle di San Michele. Una sosta ristoratrice al meraviglioso e fresco fontatone non ce la toglie nessuno. Intanto ammiriamo i panorami.

Ripartiti, scendiamo fino al ponticello sul torrente San Michele, ora inizia la salita, 2,5km la prima parte, la più dura con pendenza sempre sopra il 10% e con punta del 14%. Nuovamente Dario si avvantaggia (d’altronde in salita sembra un camoscio!) stavolta è Max che gli fa compagnia. Io e Francesco disquisiamo amabilmente delle nostre vacanze, lui in Olanda ed io a Monaco e Innsbruck; Carlo resta qualche metro indietro ascoltando e chiosando qua e là i nostri discorsi. Terminata la prima salita, una corta discesa, un breve strappo di cinquecento metri abbastanza intenso ed alcuni chilometri in falsopiano ci introducono al comune di Tignale. Siamo alcune decine di metri sopra a Prabione e nuovamente la vista del lago ci stupisce, il forte vento ha reso il cielo ancor più limpido e la visibilità è ampia. Arriviamo all’incrocio per l’Eremo di Montecastello, luogo con una bella vista sul lago. Dario e Max, ci stanno aspettando; in precedenza avevo lanciato l’amo: “Niente passo Nota, potremmo salire all’eremo e godere della fantastica vista da lì”.

Parlottiamo, com’è, come non è, sono 350m cementati con pendenza vicino al 20%, ne vale la pena… Carlo nuovamente chiosa: “Beh, io vi aspetto qua, il posto è bello, intanto mangio qualcosa”, Francesco reagisce: “Quanto tempo ci vuole ad arrivare in cima?” Io rispondo: “Cinque o sei minuti in bici, di più a piedi”, infine Francesco decide: “Allora si sale!” Partiamo alla spicciolata, dopo i primi 150m asfaltati con pendenza normale, parte il tratto cementato. All’inizio ancora 100m attorno al 16%, poi dopo il tornante un ‘drittone’ di 200m tutto tra il 19% e il 28%, mi alzo sui pedali, la bicicletta danza a destra e sinistra con cadenza lenta, io sbuffo come una locomotiva a vapore quasi per scandire il mio passo, dietro di me il ‘camoscio’ Dario non si fida a superarmi solo perché non l’ha mai percorsa, ma potrebbe passarmi avanti in qualsiasi momento, poco dietro Francesco, più indietro non sento e non riuscendomi a girare non so. Finisco il rettilineo quattro metri di tornate quasi piatto consentono un respiro profondo prima degli ultimi 100m sempre attorno al 18% (video). Arrivo! Subito dietro Dario, poi Francesco. Saliamo gli scalini ed entriamo nel giardino-sagrato basso della chiesa, posizioniamo le bici in fila sul parapetto in pietra e saliamo sul sagrato più alto, quello da cui si domina il lago. Inizia la gara di fotografia!

Arriva anche Max, gli ultimi metri ha scelto di farli a piedi per sicurezza, aveva paura di non sganciare il pedale in tempo in caso di fermata. Troppa prudenza! Entro in chiesa scatto un paio di fotografie, esco e scendo la scalinata, sta arrivando anche Carlo, alla fine è salito anche lui consumando le “tacchette” delle scarpe. Mi impone l’addebito del costo delle nuove che dovrà comprare. Spero che l’incommensurabile vista lo possa ripagare dello sforzo e dell’usura e che non dia seguito alla sua richiesta pecuniaria.

Max, nel frattempo, discorre amabilmente con una famiglia di turisti del nostro lago. Francesco, che ha il rientro forzato entro l’una, inizia un nuovo tormentone: “Max! ti presento io un’insegnante madrelingua, peraltro gn***a se hai bisogno di rinfrescare il tuo inglese, ora andiamo!” Finalmente IronMax scende e con lui la famigliola alla quale ci sentiamo in diritto di chiedere di scattare qualche fotografia a noi cinque davanti alle nostre biciclette.

Reminiscenze di gioventù, quando in televisione davano “La banda dei cinque”. Dopo questa lunga pausa, circa venti minuti, ripartiamo. La maggior parte del giro, ormai, è alle spalle, ora dobbiamo attraversare Tignale per scendere nuovamente a bordo lago e rientrare a Salò. Appena fuori dal borgo, lungo un ampio tornante a destra è posizionato il Belvedere, una terrazza quasi a picco sul lago posta all’altitudine di 500m circa. Breve sosta per consentire fotografie e selfie.

Le sorprese per i miei compagni di viaggio non sono ancora finite, manca all’appello la “hidden road”. Dopo aver raccomandato a tutti quanti di non sopravanzarmi in discesa, ripartiamo. Infatti a cinquecento metri dall’incrocio con la statale devio su una stradina laterale destra che risale per poco meno di un chilometro riportandoci su curvoni panoramici, questa è la vecchia strada che collegava Gargnano a Tignale e si innesta direttamente alla sbarra posta a fianco della prima galleria. Purtroppo, causa frana, questa strada è interrotta, la si può affrontare solo in bicicletta in quanto è stata liberata solo un sottile striscia di asfalto dove poter far scorrere le esili ruote di un velocipede; così facendo ci ritroviamo direttamente a Gargnano senza aver affrontato alcuna galleria e senza essere stati toccati dal traffico automobilistico. Il caldo di mezzogiorno ora si fa sentire ci sono più di 30°C ed il fresco delle pinete dell’alto Garda è già un ricordo. Ripassiamo di fronte a villa Feltrinelli ed il tormentone di Francesco riparte come una cambiale in scadenza. Entriamo in statale, ma, dopo soli tre chilometri la abbandoniamo alla rotonda di Bogliaco seguendo a destra per Roina. Ci intrufoliamo nella stradina interna che costeggia il campo da golf. In questo modo evitiamo altri cinque chilometri di gardesana, beneficiamo dell’ombra del piccolo bosco che costeggia il golf ed ammiriamo i graziosi borghi di Cecina e Pulciano. Unico inconveniente, aumentiamo il dislivello complessivo di altri 150m, cosa forse poco gradita a Carlo, il più stanco di tutti, che arranca un poco sull’ennesima corta rampa al 15% che conduce a Pulciano. Dopo l’ennesima discesa panoramica, rientriamo in statale questa volta definitivamente fino a Barbarano di Salò, in fondo sono solo sei chilometri. Siamo al parcheggio per Francesco e Carlo l’avventura odierna finisce qui, sono da poco passate le 13.00 quasi come da tabella di marcia.

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Io, Dario e Max proseguiamo insieme fino a Polpenazze, lì anche io sarò arrivato e loro rientreranno verso la città. Il caldo inizia ad essere insopportabile ed una volta attraversata la mia città natale, prima di affrontare le Zette, riempiamo le borracce alla fonte Tavina. Lungo le poco trafficate strade della Valtenesi con Dario tiriamo le somme del giro, alla fine i 2.000m di dislivello li ho passati ed anche i 100km, per l’esattezza 114km, il meteo è stato dalla nostra e ci ha consentito di beneficiare di visuali ampie e profonde sull’intero lago, raramente in piena estate si distingue così bene la penisola di Sirmione da Tignale e Gargnano. Grazie a tutti!

Starring:

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FRANCESCO: l’amico di sempre, mio testimone nuziale, colui che dall’età di sei anni mi sopporta, vale il viceversa, compagno di mille avventure prima nel basket poi in sella; carattere a volte scorbutico, ma sempre sincero: IRRIVERENTE

 

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DARIO: conosciuto per lavoro ormai quasi vent’anni fa, titolare insieme al fratello di un negozio bici/moto a Rezzato (se state per salire a San Gallo e avete problemi alla bici passate da lui ve li risolverà!) chiacchierando durante il lavoro scopriamo di avere molti interessi in comune, sempre gentile e rispettoso: GARBATO

 

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MASSIMO: (IRONMAX ormai StoneIronMax dopo che ha concluso lo StoneBrixiaMan) conosciuto solo un anno fa, da subito si è creata la giusta alchimia, persona affabile e generosa, fisicamente il più tosto di tutti: GRANITICO

 

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CARLO: conosciuto, quasi per caso, durante il Giro dei cinque colli bresciani più di una decina di anni fa. Al solito io chiacchieravo mentre salivo e nonostante questo ha deciso di essermi amico: DIPLOMATICO

 

 

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MARCO: (aka IL MOG) che poi sarei io. Beh se avete letto il blog già sapete molto di me altrimenti: cosa aspettate a leggere gli altri articoli?!?

 

 

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturistiforever!@ La Forra di Tremosine, la Tignalga, Eremo di Montecastello

2018-08-20

Videogallery: Video della forra (2’49”)

Video di Montecastello (3’08”)

Photogallery:

Dalla Forra di Tremosine alla neve della val di Bondo

Oggi sabato 9 dicembre è giunto il momento di collaudare la rinnovata ‘LinaBatista’. Abondo01vrei bisogno di un intero articolo solo per Lei, per capire cos’è e perché è nata più di dieci anni fa, ma oggi si parlerà d’altro. Sono le 8.20 del mattino, il sole è da poco sorto ed io parcheggio l’autovettura a Campione di Tremosine, piccolo delta sabbioso sul lago di Garda formato dai detriti del torrente San Michele e meta ambita dai surfisti di tutto il nord Italia. La luna è ancora alta nel cielo, in opposizione al sole che sta facendo capolino dalle pendici del monte Baldo. Scarico la bici e la immortalo con uno scatto sotto questa suggestiva luminosità.bondo02

 

Parto, direzione Tremosine, esco dal piccolo borgo, entro in galleria e mi ritrovo sulla gardesana, un paio di chilometri e svolto a sinistra. Inizia il divertimento, salgo verso la forra di Tremosine, una delle strade più belle al mondo che già ho percorso e descritto più volte nei miei giri estivi (Tignalga in solitaria,  La strada della Forra, passo Nota e la Grande Guerra). Quest’oggi voglio percorrerla in una gelida giornata invernale, sul lago ci sono 6°C, ma so già che appena abbandonato lo specchio d’acqua le cose cambieranno. Arrivo alla prima lunga galleria, questa volta opto per la vecchia strada esterna dismessa ormai da decenni. In alcuni punti l’asfalto non si riesce quasi a vedere data la miriade di piccoli detriti che continuamente franano dalla sovrastante roccia tagliata a vivo. Comunque, con cautela, sarebbe percorribile anche con la bici da corsa (video). Il panorama è di quelli da lasciare senza fiato, a sinistra la roccia tagliente sale in verticale sopra di me, a destra lo strapiombo sul lago, in mezzo io su una lingua d’asfalto larga  meno di un paio di metri. Rientro sulla via principale, oltrepasso le ultime gallerie e prima di abbandonare il lago lo immortalo in un paio di fotogrammi.

Entro nella forra! La temperatura inizia a calare e l’umidità a crescere. L’angusto anfratto fa da cassa di risonanza al reboante torrente Brasa. Io passo, mi immergo in questo fragore, la mente si libera ed io tacito ascolto, contemplo, ammiro. Esco, il rumore assordante ora si affievolisce fino a scomparire nel silenzio di questa salita poco frequentata in questa stagione. Osservo il gps, la temperatura è scesa a -1°C, non me ne sono nemmeno accorto. Passano una decina di minuti e sono a Pieve di Tremosine, attraversando le anguste vie del centro con i suoi sottoportici arrivo alla terrazza del brivido. Già di suo la vista qui è incantevole, oggi un cupo nembo sovrastante il basso lago la rende eccelsa! Io ringrazio e fotografo (video).

Riparto verso Vesio, la frazione principale del comune di Tremosine, luogo da cui parte  la val di Bondo e la strada per il passo Nota. Non credo di essere in grado di arrivare fino ai 1.200mt. del valico, ma voglio capire dove posso andare con le ruote grasse (700×38) di una gravel. Per me è la prima esperienza su un terreno simile e neanche io so di preciso dove il mio scarso equilibrio riuscirà a portarmi. Oltrepasso l’abitato e finalmente si apre di fronte a me la piana di Bondo. Un tempo era un lago, talvolta anche ai giorni nostri, quando le precipitazioni sono copiose e persistenti, si forma un acquitrino dovuto alla presenza di terra argillosa poco permeabile nel primo sottosuolo. Oggi la meraviglia! La candida e lucente neve presente nei campi illumina la piana che, ancora nell’ombra del mattino, fa da contraltare alla calda e assolata cordigliera delle creste del Tremalzo.

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Entro nella valle, ad ogni pedalata aumentano le lastre di neve ghiacciata sull’asfalto, comunque le due strisce parallele create dagli pneumatici dei veicoli restano pressoché pulite, la temperatura è scesa nuovamente sotto allo zero e proseguendo verso il passo Nota non potrà che calare ulteriormente. Dopo un paio di chilometri arrivo al parco giochi ed alle postazioni dei pic-nic. Mi ricordo, dal giro di quest’estate, che erano posti proprio in fondo alla valle prima dell’inizio della salita. La temperatura è scesa a -4°C, inizio quasi ad abituarmi, le tracce di asfalto pulito sono quasi scomparse; fortunatamente il sole è arrivato anche qui ed inizia a riscaldare. Dopo il parco un ponticello sul torrente di Bondo sposta la carrareccia sul versante sinistro della valle. Mi fermo proprio in mezzo, sgonfio i copertoni, scendo di poco sotto le due atmosfere in modo da avere la maggior trazione possibile, non sono un biker, ma certe cose si sanno. Prima di ripartire mi godo il paesaggio, il silenzio, la calma ovattata della montagna e scatto fotografie.

Riparto, non sono preoccupato, quando non me la sentirò di proseguire girerò la bici, già quello che ho visto e percorso fin qui mi ripaga del freddo patito. La strada è quasi completamente bianca, anzi per alcuni tratti pedalo su di un candido manto di neve, le pendenze non sono ancora impegnative e mi sorprende la tenuta e la trazione delle mie gomme, salgo senza problemi, solo raramente dove la neve è divenuta ghiaccio scivolo leggermente (video). Passo la fontana, oggi asciutta, dove quest’estate feci rifornimento, la pendenza si fa più severa vicino al 10%, al contempo le lastre di neve ghiacciata aumentano. Io temo per la discesa, non sono mai sceso da una strada innevata. È passato circa un chilometro dal ponticello ed io inizio a perdere aderenza più spesso , decido che come prima esperienza può bastare. Sono certo che, con questa stessa bici, persone con più pratica di me sarebbero arrivate fino a passo Nota, ma va bene così. Inizio la discesa, a passo d’uomo oserei dire, piacevolmente vedo che non perdo il controllo della bici (video), ritorno al sole e decido di fermarmi per la sosta tecnica: barretta, giacca asciutta, fotografie, tante fotografie, lungo questo bellissimo ponticello pedonale. Sono estasiato, sereno, rilassato, quasi il tempo si fosse fermato e vorrei cristallizzare questo momento come la neve che ho di fronte.

Sfortunatamente devo rientrare, mi rivesto, riparto, riguardo il parco giochi; Alice e Matteo quest’estate veniamo a fare un pic-nic così potete fare le ‘arrampicazioni’ come le chiamate voi. Passato Vesio mi dirigo verso Voiandes e poi Sermerio per ultimare il quadrilatero delle frazioni di Tremosine, ma all’incrocio per quest’ultimo, mi balena un’idea. Sono qui con la gravel, perché non assaggiare un tratto della sterrata che porta all’alpeggio di San Michele, un’altra via che conduce tramite mulattiera fino al passo Tremalzo salendo alla sua sinistra? Svolto a sinistra seguendo il cartello, dopo cinquanta metri l’asfalto lascia il posto allo sterrato. Questa valle è molto più esposta al sole rispetto a quella di Bondo e la neve, sebbene la quota altimetrica sia identica, è già scomparsa quasi completamente. Mi inoltro per due chilometri e mezzo, giusto per rendermi conto di come sia e per gustarmi questo bosco di pini cembri (video). Non ho punti di riferimento, scoprirò a casa che se avessi percorso ancora un chilometro sarei arrivato all’eremo di San Michele. Meglio così, materiale per un nuovo giro! Ritorno, gustandomi ancora il panorama, prima di rientrare sull’asfalto decido di immortalare anche il monte Tignalga e la valle di San Michele.

Giunto nuovamente sulla provinciale, lo sguardo è rapito dal Baldo che mi osserva in lontananza. Mi fermo lo fotografo e riparto alla volta di Sermerio

Inizio la discesa, ma non appena prendo velocità sull’asfalto liscio scopro, a mie spese, che con la gomma anteriore così sgonfia lo sterzo tende a chiudere troppo le curve. Mi fermo, saggiamente sulla ‘LinaBatista’ ho montato una mini pompa con manometro di precisione, gonfio i miei tubeless, salgo da 2 bar fino a 3,5 bar sull’anteriore e fino a 4 bar sulla posteriore, forse un po’ alte per una gravel, ma ormai ho solo asfalto da percorrere. Riparto prendo velocità ed è tutta un’altra storia. Oltrepasso Sermerio e Pregasio sotto di me il lago è leggermente offuscato dal vapore che il caldo sole solleva dalle sue acque.

Nuovamente attraverso la Pieve e inizio la discesa verso la forra, questa volta ci sono turisti che la percorrono a piedi, io me la godo un’altra volta. Giunto di nuovo al cospetto del lago decido di fotografarlo tra una galleria e l’altra.

Ripercorro la strada esterna per evitare la galleria non illuminata. Mi immetto sulla statale in direzione Salò come recita il cartello. In galleria svolto a destra e prendo il tunnel in uscita per Campione. Da piccolo, quando percorsi l’alta gardesana per la prima volta con i miei genitori ed i miei nonni Lina e Batista,  rimasi affascinato e sbigottito dal fatto che in una galleria ci potesse essere lo svincolo per un paese altrimenti irraggiungibile via terra; nel mio immaginario le gallerie dovevano essere come dei tubi con un entrata ed un uscita soltanto. Sono a Campione, il sole scalda, come sempre sul mio lago, i 9°C sembrano molti di più. Io mi avventuro sul pontile dell’imbarcadero per scattare le ultime fotografie di giornata.

Riparto, percorro il lungolago sul passaggio pedonale, d’inverno a Campione non c’è praticamente nessuno, svolto a sinistra, arrivo davanti al duomo, svolto a destra, imbocco uno stretto vicolo che riporta alla piazzetta dove avevo parcheggiato; oltrepasso un ponticello pedonale sul torrente San Michele, sì quel torrente che, partendo dalle pendici del Tremalzo e passando per la valle omonima da me poc’anzi percorsa, sfocia nel lago di Garda creando il delta su cui è adagiato Campione. Sono arrivato, pochi, pochissimi chilometri, solo quarantacinque, velocità ridotta, 1.000mt di dislivello e soprattutto incantevoli, splendidi e fiabeschi paesaggi. LinaBatista, buona la prima!

ValleDiBondo

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@LaForraDiTremosine,ValBondo,ValSanMichele (…e che neve sia❄️!)

Videogallery: Strada della Forra di Tremosine (4’13”)Vecchia strada esternaPieve di Tremosine-Terrazza del brividoPasso Nota nella neveDiscesa in val di BondoGravel San Michele

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La strada della Forra, passo Nota e la Grande Guerra

Venerdì 18 agosto, è la settimana di vacanza per eccellenza, il lago di Garda è ricolmo di turisti, per questo alle sei del mattino sono già in sella alla mia specialissima in direzione alto lago. In realtà adoro le prime luci dell’alba, ora che le giornate si sono accorciate un po’ questo mi consente di ammirare splendide albe sul lago.

Alle sette attraverso Gargnano ed imbocco la ciclabile (chiusa per frana, ma percorribile) che mi consente di evitare la prima lunga e stretta galleria; l’ultima rimasta con attivazione semaforica al passaggio di pullman/camion in quanto all’interno non c’è spazio a sufficienza. Rientro in gardesana, veloce mi dirigo verso Campione, alle sette e mezza finalmente svolto bruscamente a sinistra per la strada della forra di Tremosine. A quest’ora pochissimo traffico mi ha accompagnato fin qui. Mi rilasso ulteriormente, innesto il rapporto più agile, me la voglio godere proprio tutta e fermarmi a scattare bellissime istantanee di questo luogo. Infatti già dal primo tornante la vista sul lago e sul delta di Campione, con il sole ancora basso a riscaldare i colori, è meravigliosa.

Decido di affidarmi alle riprese del mio Xplova X5 (video [2’40”] da vedere!), riprendere la forra dalle varie angolazioni per rendere, seppur vagamente, l’idea di cosa si stia attraversando, è impresa ardua e lunga. ForraAttraverso la prima galleria, lunga e buia (non illuminata!), le mie luci mi guidano, nessun altro mezzo la percorre mentre la oltrepasso, mi sembra di essere disperso nel cosmo! Uscito inizia la prima parte, scavata nella roccia continuamente dentro e fuori da piccole gallerie spesso con aperture sul lago; semplicemente fantastica. La seconda parte inizia con una curva a sinistra che porta verso l’interno della montagna, si abbandona il lago, un semaforo attivo governa il senso unico alternato, la forra è veramente stretta in certi punti. A quest’ora, fortunatamente, le automobili sono veramente pochissime a tutto vantaggio della quiete del luogo. Alzo la testa guardo la stretta gola che mi sovrasta, odo lo scorrere dell’acqua lungo le pareti rocciose, sento il profumo dell’umidità lasciata dalla notte. Sono solo pochi minuti anche in bicicletta, ma di intensità sovrumane. Non è un caso che sia annoverata tra le strade più belle al mondo. Ne esco, proseguo fino a Pieve di Tremosine, altra tappa obbligata prima di salire al passo Nota , meta di giornata. Qui è posta la celeberrima terrazza del brivido, già immortalata nei miei due precedenti giri, Tignalga in solitaria e Tignalga, lago di Tenno, passo Duron e lago d’Idro, mi fermo e mentre contemplo l’orizzonte infinito, faccio la mia colazione, sono le otto del mattino. Riparto quattro chilometri con facili pendenze mi separano dall’abitato di Vesio, frazione principale del comune di Tremosine. nota46Da qui parte la strada che sale a passo Nota. All’inizio una leggera discesa conduce nell’ampia val di Bondo, poi piano a piano, mentre si attraversano campi di granturco, la strada prende a salire semprePassoNotadaVesio dolcemente. Dopo poco più di tre chilometri arrivo ad un ampio parcheggio, subito dietro quest’ultimo,  giochi per bambini, ‘arrampicazioni’ come le chiama Matteo e altalene nei verdi prati. Più in là una decina di splendide postazioni barbecue con panche e tavoli. A seguire un percorso vita si snoda lungo il corso del torrente. Che magnifico luogo dove portare famiglia ed amici per un’escursione. Proseguo, passato il ponte sul torrente la valle si stringe, la pendenza inizia a salire, sono gli ultimi quattro chilometri che portano al passo; quelli veri, quelli duri, ma, anche, quelli che ti danno soddisfazione. Il paesaggio è meraviglioso il torrente rumoreggia prima a fianco e poi sotto di me, le pareti spoglie e verticali dei monti di Tremalzo dapprima mi sovrastano; poi, mano a mano che salgo, si fanno più docili e mi guardano negli occhi.

La pendenza è costantemente tra 8% e 12%, non proprio una passeggiata, ma vale sempre la regola: paesaggio stupendo pendenza percepita -2%. Negli ultimi cinquecento metri l’asfalto, in buone condizioni, lascia il passo ad un lastricato di grosse pietre e cemento. Arrivo all’incrocio: tutto a sinistra il cartello dice passo Tremalzo (strada sterrata, ora chiusa al traffico), al centro rifugio degli Alpini di passo Nota, a destra strada bianca nota16per Tremosine. Salgo al rifugio e mi si presenta di fronte, in tutta la sua bellezza, l’alpeggio del passo Nota, mi fermo accanto al cannone posto in memoria della Grande guerra, scatto qualche fotografia e riparto. Qualcosa al trivio aveva attirato la mia attenzione, un cartello con la scritta “cimitero di guerra 1915-18” che invitava a percorrere la strada bianca in falsopiano; il terreno sembra compatto, decido di affrontarlo sperando di vedere già qualcosa dopo la curva che dista da me non più di duecento metri. Ne farò due di curve prima di arrivare; fino a lì la strada è percorribile in bdc (bici da corsa). Mi imbatto prima nei ruderi di un forte della prima guerra mondiale e poi nell’ingresso di un rifugio usato durante i bombardamenti, ora adibito a magazzino degli attrezzi.

Sopra di me la montagna crea un anfiteatro naturale; al suo margine destro, salendo circa di venti metri trova posto il piccolo cimitero di guerra, ancora più in alto sul crinale della montagna si scorge una lunga trincea ancor ben conservata. Lascio la bicicletta, sono chilometri che non incontro nessuno, salgo sul crinale e oltre la trincea vedo apparire ai miei occhi un panorama mozzafiato.

Da qui si domina tutto l’altopiano, una posizione strategica ecco perché un secolo fa è stato usato come appostamento contro l’impero austro-ungarico. Il silenzio del luogo, la pace di una guerra ormai finita, mi fa tornare in mente i racconti dei nonni; erano di un’altra guerra, la seconda, non si combatteva più in trincea, ma gli aneddoti sono simili. Penso che quassù sarebbe bello portare i miei figli, non solo per la bellezza dei luoghi, ma per conoscere e toccare la propria storia, quella che ha cambiato la vita ai mieinota34 nonni; per ricordare e farne tesoro nel loro futuro. Scendo dal crinale, mi fermo al fianco della mia bici e mangio una barretta, ma non mi fermo troppo la temperatura qui è ancora sotto i 20°C. Ho visto, lungo la strada a due chilometri dalla cima, una bella panchina con vista panoramica e un po’ di sole, così la raggiungo. Ormai è passato mezzogiorno ed ho decisamente fame. Durante la discesa mi fermo più volte per fotografare lo splendore dei crostoni del monte Tremalzo. Tornato a Vesio non mi resta che percorrere, come mio solito, la Tignalga per evitare il traffico. Attraverso l’impegnativo saliscendi della valle del torrente San Michele e mi ritrovo a Tignale; anche da qui la vista sul lago è eccezionale e la giornata limpida esalta i colori nonostante la calura estiva inizi a farsi sentire. Esco dal paese ed imbocco un’altra meravigliosa discesa, con ampie curve a strapiombo sul lago. Un chilometro prima dell’innesto sulla gardesana devio a destra per una strada laterale che resta in costa per più di un chilometro dove si trovano alcune abitazioni, da qui la strada è interdetta a tutti causa frana, ma qualcuno ha spostato le pietre cadute creando uno stretto passaggio ed io mi ci infilo ringraziando.

In realtà questo è il proseguimento della prima strada che da Gargnano portava a Tignale e sbocca esattamente all’inizio della ciclabile odierna. Io la chiamo ‘il passaggio segreto’. Arrivato a Gargnano entro in statale per pochi chilometri, subito dopo Bogliaco svolto a destra verso Cecina e Pulciano, questo mi evita altro traffico fino a Toscolano, ma soprattutto mi consente di ammirare con calma l’entroterra del mio lago. Sono a Maderno, nuovamente nel traffico, le autovetture incolonnate procedono come lumaconi, io passo ed arrivo al bivio per il Vittoriale; via a destra,  si sale ancora verso San Michele.  Non so più quante volte lo ho scalato, ma è così affascinante che ogni volta è un piacere. Sono le 13.30 ed io sono nuovamente in ritardo, scrivo un messaggio a Marina. Scollino e mi getto a capofitto verso Salò. Attraverso la mia città, risalgo le Zette, Valtenesi e sono arrivato. Alice, Mamma e Matteo passo Nota e le ‘arrampicazioni’ vi aspettano!

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@LaForra,PassoNota,LaGrandeGuerra

Video: – La salita della Forra di Tremosine [2’40”] (video)

– Passo Nota [1’26”] (video)

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Tignalga, lago di Tenno, passo Duron e lago d’Idro

Oggi, 15 luglio, sono passate due settimane dalla MdD e tutto il mio allenamento per i lunghi con grande dislivello non ha ancora trovato sfogo. Da quando, questa primavera, ho compiuto il Periplo del lago di Garda ho realizzato che Riva d/G, fuori stagione, in automobile, è relativamente vicina, quindi un giro al lago di Tenno è più che fattibile. Ora è piena estate, la gamba c’è, a Riva ci si può arrivare in bici. Sono le 5.24 del mattino quando aggancio il pedale e parto, neanche cinque minuti e sono già fermo; le straneTenno001 nuvole mattutine creano degli incredibili e variopinti giochi sopra la vetta del monte Baldo; più che ad un’alba ho la sensazione di essere di fronte ad un tramonto infuocato. Proseguo scendendo dalla Valtenesi verso le Zette di Salò, arrivo sul lungolago ed il panorama è di quelli che, anche per un salodiano come me, si vedono molto raramente durante l’anno. Adoro la mia città natale!

Tenno002

Sono partito da mezz’ora, ma ho già capito che oggi sarà una giornata memorabile. Procedo spedito verso Gargnano dove abbandono la statale per scendere in paese ed imboccare la ciclabile che mVesioDaGargnanoi consente di saltare la prima galleria; rientro tenno006sulla ss45bis e al bivio per Tignale salgo a sinistra (si sa che non sopporto la pianura) percorro la Tignalga (video) fino a Pieve di Tremosine (Tignalga in solitaria), dopo la sosta obbligata con vista sul precipizio mi infilo nei viottoli per scattare alcune graziose istantanee prima di scendere vero la celeberrima ‘strada della forra’. Giungo al semaforo che immette nel tratto più angusto e spettacolare della gola, è rosso, mi fermo, scatto una foto, il resto lo racconttenno008erà il video; è verde, si parte, mi godo l’intreccio tortuoso che cerca di snodarsi per uscire da questo meraviglioso luogo. Eccomi nuovamente sulla gardesana pronto per attraversare Limone e giungere a Riva, la deviazione mi ha allungato i tempi di un’ora e mezza, ma come si può passare dinnanzi alla forra senza percorrerla? Finalmente sono a Riva, il computer segna le nove di mattina, un po’ di traffico nell’ultimo tratto l’ho trovato, ma nulla di insopportabile. È ora della prima sosta panino, ma una sorpresa inaspettata mi costringe ad attendere; sta salpando il battello ‘Zanardelli’ uno dei due storici del primi anni del novecento ancora attivi sul lago!

tenno009

Ora posso mangiare con calma, in realtà circa ad ogni ora  ho mangiato una barretta o fruttino mentre pedalavo, ma questa è la prima sosta sostanziosa con pane di segale e bresaola (alla faccia dei puristi). Riparto, da qui la strada per me è nuova e lo sarà fino al rientro in val Sabbia, nonostante i miei meticolosi studi sulle mappe stradali mi sarà d’aiuto il navigatore integrato di Xplova X5. Le salite verso il lago di Tenno sono due, io scelgo quella sul versante di sinistra, è indicata come strada secondaria in quanto giunge al lago senza passare dal paese, sicuramente sarà meno trafficata, inoltre credo sia molto panoramica. Non mi sbaglio! Pochissime auto mi sorpassano ed il panorama sulla piana di Riva e Torbole è suggestivo.

La salita non è mai impossibile con pendenze dolci ed una media del 5%. Giunti al lago di Tenno, che si costeggia dall’alto sulla sponda sinistra, la strada continuPassoBallinoDaRivaa a salire senza sosta fino al passo del Ballino (765m s.l.m.) che si trova all’imbocco dell’altopiano di Fiavè. Percorro l’intera salita girandomi a destra e a sinistra osservando questi luoghi per me ‘ciclisticamente’ nuovi. Il cielo si è rasserenato, sia perché mi sono spostato molto più a nord, sia perché il vento in quota ha eliminato le poche nuvole rimaste; ora è tutto intensamente azzurro. Il lago alla mia destra assume tutte le tonalità di colortenno015e dal verde smeraldo dei boschi al blu cobalto del cielo, mi fermo un attimo e lo contemplo. Ora la salita si fa molto dolce, ormai sono entrato nell’altopiano di Fiavè, un lungo rettilineo mi porta al passo del Ballino. Anche il primo tratto di discesa è piuttosto dritto e non troppo ripido; dopo alcuni chilometri mi trovo immerso nei verdi campi coltivati, tutt’intorno le vette delle montagne trentine che alternano boschi e pendii scoscesi anteprima delle vicine dolomiti del Brenta.

Riaggancio il pedale, attraverso Fiavè e mi dirigo verso le frazioni di Cavaione e Marazzone dove mi congiungo con la strada che sale a passo Durone partendo da Ponte Arche. Sono gli ultimi 4,4km che conducono in vetta, la strada ancora unaPassoDuroneDaFiave volta è dolce, pendenza media del 7% senza strappi. Prima di abbandonare l’altopiano mi fermo un attimo per scattare altre fotografie. Giunto all’ultimo chilometro la strada si insinua nel bosco ed i profumo di retenno023sina di pino mi inebria. Scollino, quale luogo migliore per la seconda sosta panino! Mi rilasso all’ombra ed al fresco degli abeti, mangio con calma e respiro profondamente. È il momento di ripartire, la discesa è ripida, tortuosa ed in alcuni tratti piuttosto stretta (video). Vedo faticare numerosi ciclisti nel cercare di scalarla, ne deduco che è realmente una brutta bestia. Entro a Tione di Trento, aBreguzzoDaTionell’incrocio vedo il cartello indicante Brescia a sinistra 80km, mi fa un poco sorridere, sono già passati 110km ed io sono ancora in trentino, mai mi ero allontanato così tanto solo con le mie gambe. Mi attende la salita che porta a Breguzzo, poco più di quattro chilometri di cui l’ultimo quasi pianeggiante, purtroppo si tratta di una statale ed un poco di traffico lo trovo. In paese mi devo fermare a riempire le borracce, il sole picchia ed io sto bevendo molto, adiacente alla fontana un particolare mi colpisce, sono tre tronchi di legno di altezze diverse su cui poggiano altrettanti sassi tondi dipinti come coccinelle portafortuna; li fotografo con la chiesa parrocchiale sullo sfondo. Ne sarà felice la mia piccola Alice. Da qui un lungo falsopiano in leggera discesa mi conduce a Ponte Caffaro all’imbocco del lago d’Idro, purtroppo non trovo la nuova ciclabile che da Tione porta al lago e complice il poco traffico dell’ora di pranzo mi adeguo a percorrere la statale. Finalmentenno026te a Condino riesco a salire sulla ciclabile salvo poi doverla abbandonare a causa di un tratto sterrato che oggi non ho voglia di affrontare; la riprendo a Storo ed arrivo sino a dove le acque del Chiese si gettano nell’Eridio. Rientro sulla statale, altri 12km di pianura lungo il lago, vista stupenda sullo specchio d’acqua e sui monti circostanti, ma inizio ad avere la nausea di questo piattume; quasi 45km senza nemmeno una ‘salitella’ sono davvero troppi per me! Ecco che ad Idro, nonostante il gps abbia appena passato i 160km e 2.700m di dislivello, non esito un istante nel girare a sinistra verso Treviso Bresciano (il Cavallino Fobbia sporco). Come, già l’anno scorso con Rick, salgo fino agli 800m della Madonna delle Pertiche per poi gettarmi in discesa verso Valdegagna e rientrare in val Sabbia a Vobarno. tenno028Dopo i primi tre chilometri mi devo fermare per l’istantanea d’obbligo dalla panchina con vista lago, anche oggi il forte vento ha mantenuto l’aria limpida e la visuale è profonda verso le montagne trentine. Riparto, attraverso Treviso Bresciano, scollino, e lesto mi dirigo alla fonte d’acqua gelida presso i fienili di Rondaione.

Mi fermo tolgo il casco, rinfresco il capo, lavo il sotto casco e lo indosso fresco e bagnato; è l’ora dell’ultimo panino. Oltre agli otto fruttini/barrette avevo quattro panini di segale con bresaola e due caffè liquidi, mi resta solo un fruttino da prendere nell’ultima ora. Scendo con circospezione verso Vobarno, la discesa è molto sconnessa nel primo tratto e quasi sempre stretta. In fondo alla valle, come sempre, prendo per Pompegnino prima e per Roè poi, per evitare un po’ di traffico. Giungo ai Tormini proseguo verso Cunettone lungo la panoramica alta e risalgo in Valtenesi, quando arrivo a Picedo manca ancora qualche chilometro ai duecento; non era uno degli obiettivi alla partenza, ma visto che ci sono allungo scendendo al golf di Soiano ed il primo ‘200k’ della vita è conquistato con 3.590m di dislivello, sono da poco passate le quattro del pomeriggio in piena tabella di marcia.

Soddisfazione massima, anche oggi giornata perfetta!

Video: La Tignalga  La strada della forra  Lago di Tenno, Passo Durone e lago d’Idro

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