Cima Rest da Passo Scarpapè

Domenica 18 agosto, sono da poco passate le sei del mattino quando cavalco la mia AliMat per una nuova escursione sulle strade ghiaiose dell’alto lago. Subito lo spettacolo della luna che appare come una lampadina in alto nel cielo mi mette di ottimo umore.

Mi dirigo con una certa rapidità verso Gargnano, la temperatura, a quest’ora, è ottima  anche nel torrido Ferragosto. Inizio a salire verso Navazzo, il sole è ancora nascosto dietro il monte Baldo anche se la sua luce rischiara ampiamente tutto il paesaggio. La luna sta calando, ma prima di scomparire definitivamente mi concede un ultimo regalo all’uscita di uno dei tanti tornanti della salita: io, lei ed il monte Castello.

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Arrivo a Navazzo dopo poco più di 1’30” di pedalata. Oggi, per me, la salita è ancora lunga, svolto a destra e prendo per Costa di Gargnano, mi aspettano ancora dieci chilometri tra salita e qualche breve discesa. Appena lascio il versante che si affaccia sul lago per entrare nelle valli l’aria si rinfresca, 14°C la minima. Sono le otto e mezza quando, alla fontana prima di Costa, mi fermo per riempire le borracce e mangiare un poco. Sto per entrare nel vivo del giro odierno, mi attende la salita a Bocca Paolone (947m) e Passo della Colomba (1.109). La prima parte della salita è tutta asfaltata (2,5km) ed è anche relativamente facile (8% – 12%), dall’ultimo chilometro inizia lo sterrato, la pendenza resta sopra il 10% con dossi a 15%.

Io fatico, stamattina la gamba non gira come dovrebbe e sui dossi molto sconnessi faccio molta fatica, sul più impegnativo sento che anche la bicicletta perde aderenza e per sicurezza scendo e lo oltrepasso a piedi. Sono alla Colomba, ora la strada si muove pressoché piana fino al passo d’Ere (1.131m) immersa nel fresco ed odoroso bosco. Mi passano due biker, ci salutiamo, vanno leggermente più veloce di me, ma fino a quando il fondo è compatto non guadagnano molto. A Passo d’Ere il bivio, a destra si prosegue per Passo Segable e Cima Piemp, che avevo percorso a ritroso solo un mese fa (Andata Gardesana, ritorno creste!), a sinistra prosegue per Passo Scarpapè, la parte nuova del mio itinerario che mi porterà a Cima Rest. Da subito lo scenario si fa incantevole e suggestivo con rocce e pareti scoscese. Presagio di un’altra ottima scelta di percorso. Poco pù avanti la vista si apre su un ampia e vertiginosa parete sovrastante la strada. Uno spettacolo quasi dolomitico, oserei dire, e la strada si perde all’interno di una galleria militare, di pregevole fattura.

Sono letteralmente estasiato, all’uscita della galleria mi devo fermare per scattare anche alcune fotografie di questo luogo (a lungo sono stato indeciso se usare questa come didascalica del giro).

Riparto, raggiungo lo Scarpapè, vedo i due bikers che stanno già affrontando i tornanti del Passo di Puria per raggiungere Cima Rest o il Tombea. Mi fermo al bivio, dovrei salire anch’io, ma non mi sento pimpante e decido di non rischiare, prendo a sinistra la mulattiera che scende a Cadria e poi risalirò a Cima Rest dalla strada. So, per informazioni prese, che questa via è un po’ abbandonata, quindi non escludo di dover farne pezzi a piedi, ma resta il fatto che sarà tutta in discesa. All’inizio il fondo è discreto, dal momento che la mia bici non è una mtb scendo con cautela. Si  intuisce subito che questa strada non viene più utilizzata da mezzi a quattro ruote già da molto tempo in quanto, dove ha potuto, la vegetazione si è mangiata parte della sede stradale.

Il percorso, dal punto di vista paesaggistico, è fantastico: un susseguirsi di entrate ed uscite dal bosco con ampie vedute sulla valle del Droanello. Purtroppo spesso sono costretto a concentrarmi solo sulla guida. Ad un tratto un grosso albero, caduto sicuramente durante la tempesta Vaia di quest’autunno, blocca ancora la strada. Ciò avvalora la tesi che oltre ad escursionisti e ciclisti di qui non passa ormai più nessuno da tempo. Lo scavalco e proseguo. Giungo ad un fitto bosco di alti pini silvestri che creano un’ansa su cui la mulattiera si appoggia con ripida discesa. Fermata fotografica obbligatoria, ma, soprattutto, il soffice letto di aghi che copre tutto il sentiero mi indica che per le mie Gravelking slick da 1’50 questa discesa a 20% non è il massimo e quindi la percorro a piedi per non scivolare direttamente a Cadria “culo a terra”.

Cinquanta metri e sono di nuovo in sella, manca oramai poco ai primi alpeggi, la mulattiera è tornata ad essere una carrareccia, segno che è ancora utilizzata da veicoli a quattro ruote. Attraverso il primo alpeggio e vedo in lontananza il borgo di Cadria.

Per un chilometro e mezzo entro ed esco dalle radure fino a quando mi ritrovo davanti ad una sbarra, così mi spiego come mai il sentiero a monte degli alpeggi è lasciato al suo destino. La oltrepasso ed una parete strapiombante fa da cornice ad uno splendido fontanile, quale luogo migliore per una sosta “merenda di metà mattina”!

Riparto, attraverso Cadria, è strano arrivare da sotto, ritorno su asfalto e risalgo verso Cima Rest, circa tre chilometri e mezzo e sono arrivato, ma oggi è il giorno in cui, per la prima volta, voglio raggiungere il celebre osservatorio astronomico. Quindi proseguo sulla cementata, un’altro chilometro (pendenza media 5% max 19%) con il solito muretto di un centinaio di metri prossimo a 20% di pendenza. Giunto all’osservatorio mi scateno in una sessione fotografica. La giornata sufficientemente limpida, il panorma sul crinale dei monti Tombea e Caplone e gli splendidi e numerosi cespugli di cardi fioriti mi ripagano ampiamente delle fatiche odierne.

È quasi mezzogiorno, mi siedo su una panchina e con tutta calma consumo il mio pranzo contemplando i monti della Valvestino. Oggi non ho fretta, ho la giornata per me. Dopo una ventina di minuti circa riparto ed inizio la fase di rientro. Scendo prima verso Magasa  e poi verso il lago di Valvestino. All’altezza del vecchio mulino ad acqua di Turano, ora trasformato in museo degli antichi mestieri (link a VisitValvestino), scendo dalla strada per costeggiare il canale e fermarmi davanti alla costruzione per qualche fotografia.

Nuovamente in sella, costeggio il lago di Valvestino, me lo godo tutto, l’aria oramai è calda, ma non afosa. Oltrepasso la diga ed arrivo alle porte di Navazzo da nord, devio a destra ed entro in zona industriale, scenderò dal famoso “sentiero delle Camerate” una carrareccia ghiaiosa, cementata solo laddove la pendenza si attesta attorno a 20%. In questo modo arrivo dritto nella valle del torrente Toscolano, che in questi luoghi scava un vero e proprio canyon. Scendo con cautela, sia perché è la prima volta che la percorro, sia per le ripide e scivolose pendenze.

Anche qui il paesaggio è di sicuro spessore, il monte Pizzoccolo mi sovrasta imperioso e la forra del torrente Toscolano e di una incredibile bellezza. Arrivo alla fine della discesa e mi immetto nella valle delle cartiere. Mi fermo sul vecchio ponte che portava al palazzo Archesane ed alla valle di Campiglio per uno shoot fotografico. Sotto di me, vacanzieri in costume si rinfrescano nelle gelide acque del torrente che qui forma una grande ansa con piccole spiaggette ghiaiose. In questa forra la temperatura all’ombra è ancora di 25°C nonostante sia già l’una passata.

Sono sceso fino a 250m s.l.m. ed ora devo risalire un po’ per arrivare al borgo di Gaino, da dove riprende la strada asfaltata. Un pizzico di tristezza mi pervade nel lasciare lo sterrato, la parte migliore del giro è alle mie spalle. Davanti ho ancora la splendida discesa con vista lago dalla balconata di questa frazione e poi la gardesana. Sono le  due del pomeriggio quando attraverso Salò, la mia città, brulicante di turisti e bagnanti. Oltrepasso le Rive, inizio a salire le Zette, guardo il lago, il golfo e mi scatto un “selfie on-action”.

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Un degno suggello per questo fantastico nuovo itinerario percorso in virtù delle ruote cicciotte (⇔:115km — τ:6h46min — ⇑: 2.536m — T:14°C/35°C).

Grazie AliMat!

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Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!Ghiaiosi@ Bocca Paolone, Passo Scarpapè, Cadria, Cima Rest, Lago Valvestino, Camerate

Videogallery: Video YouTube con commenti (5’33”)

Video YouTube versione integrale (7’23”)

Photogallery:

 

Cicloturisti! Una gita di mezza estate (Forra di Tremosine, Tignalga, Eremo di Montecastello)

Oggi 18 agosto è una giornata speciale. Ho lanciato l’idea di percorrere alcune delle più famose e suggestive strade del Garda bresciano. In quattro hanno risposto al mio invito. Carlo e Max che non hanno mai percorso molte di queste strade; Dario e Francesco che ne hanno una conoscenza più approfondita e recente. Nessuno di loro, però, è ancora passato dalla “hidden road”. Per una volta non sarò il fotografo di paesaggi, ma il Caronte di una gita che ha, già nel percorso, i presupposti per essere indimenticabile. Ore 6.30 parto alla volta di Salò dove mi incontrerò con il resto del gruppo, non senza aver prima immortalato l’ennesima alba.

Il ritrovo è alle ore sette del mattino al parcheggio di Barbarano. Arrivo puntuale, davanti a me vedo la sagoma di Dario che sta sganciando il pedale. Carlo, Max e Francesco sono arrivati in automobile per motivi logistici e di tempo, anche loro sono praticamente pronti. Tengo un piccolo “briefing” prima di partire, il mio amico Dario non conosce ancora lo spirito pazzo che alberga i Cicloturisti! Si parte, rigorosamente in fila indiana, nonostante l’ora mattutina siamo pur sempre su una statale, la 45bis gardesana occidentale. Poco meno di mezz’ora e siamo a Maderno, suggerisco di tenere la destra per percorrere l’intero lungolago ciclabile. A metà pista si trova il punto del promontorio da cui si ha una visione a 270° della quasi totalità del lago: a nord la scoscesa parete sopra Campione e Malcesine, a sud l’intero basso lago da Torri fino a Gardone Riviera passando per la penisola di Sirmione e la Rocca di Manerba.

Ripartiamo, terminato il lungolago, restiamo su vie interne che ci conducono direttamente alla chiesa di Toscolano alla fine del paese. Riprendiamo la gardesana, altri venti minuti e siamo a Villa di Gargnano, a mio avviso uno dei più graziosi porticcioli del lago, deviamo dalla statale per attraversarlo, usciti ci troviamo a Gargnano dove effettuiamo la prima vera sosta. C’è chi mangia qualcosa, chi fotografa, chi rassicura i familiari con sms, chi chiacchiera amabilmente, poi arriva il momento selfie e dopo alcuni tentativi a Dario viene la malsana idea di dirci “Fatene una voi quattro soli”.

Ecco riuscire l’istantanea più vanitosa che potessimo fare, manco fossimo “I fantastici 4”.

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Si riparte, ci infiliamo nella vecchia gardesana, che passa davanti a villa Feltrinelli, ex residenza del Duce. Qualcuno avanza dei dubbi, pensava che l’avessimo già incontrata prima, parte l’embolo dell’ignoranza a tutti. “Ma no, il Mog ti prende in giro ha fatto mettere il cartello lì sull’inferriata, ma è tutta una finta.” Francesco, quando si tratta di sfottò, è sicuramente il migliore tra noi. Nonostante tutto arriviamo alla sbarra che delimita la parte franosa, la attraversiamo e tramite una breve e panoramica salita saltiamo la prima lunga e pericolosa galleria di Gargnano. Ci fermiamo ancora per qualche scatto ed usufruire degli splendidi servizi igienici che madre natura ci ha donato.

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Si riparte, nuovamente sulla 45bis, due gallerie la prima suggestiva con rocce a vista, la seconda lunga ed in discesa ci portano al Prà de la Fam. Ivi giunti ci accoglie sua maestà il Peler in tutta la sua forza. Il lago già brulica di kite e windsurf, in questo che è considerato per antonomasia il paradiso della vela. Noi proseguiamo ad andatura cicloturistica, oltrepassiamo la lunghissima galleria di Campione e ci ritroviamo, finalmente, al bivio per la prima meta di giornata, la strada della Forra. Svoltiamo a sinistra e già la vista verso il basso lago è di quelle da brivido. Tengo a freno gli entusiasmi di Max, imponendogli come prima sosta fotografica il primo tornate. So che quello è in assoluto il punto migliore per scattare istantanee prima di entrare nell’orrido. Ci fermiamo, estraiamo tutti quanti il nostro cellulare e scattiamo, come fossimo cow-boy appena usciti da un saloon.

Si riparte, evitiamo la brutta (senza illuminazione!) galleria utilizzando, per l’ennesima volta, la vecchia strada che passa sul fianco della montagna. Negli ultimi anni ripetute frane ne hanno ridotto la carreggiata a meno di un metro in alcuni punti. Rientrati sulla via maestra, Dario e Francesco, che conoscono la strada, si avvantaggiano in salita. Io resto con Carlo e Max ad espletare le mie mansioni di Cicerone. Ad un tornate a destra abbandoniamo temporaneamente il lago per infilarci nella Forra. Meravigliosa come sempre (video 2’49”). Prima di entrare nell’abitato di Pieve ci ricompattiamo, suggerisco di tenere il rapporto agile e di seguirmi in fila indiana, entreremo nei vicoli e nei sottoportici più nascosti del borgo per giungere così direttamente nella piazzetta del belvedere, detta anche terrazza del brivido.

Nuova sosta fotografica, i canadair ci passano ripetutamente a pochi metri per scendere sul lago a rifornirsi d’acqua. Purtroppo due giorni or sono un fulmine ha acceso un focolaio nel bosco della valle di Bondo, il forte e caldo vento ha fatto divampare le fiamme che in poco tempo hanno devastato interi ettari di pineta, la situazione ora è in miglioramento, ma apprendiamo che forse il passaggio per passo Nota è chiuso.

Ripartiamo in direzione Vesio, perlomeno vedremo la valle di Bondo, migliaia di anni fa sede di un piccolo laghetto. Da Pieve a Vesio la strada è sempre in salita anche se non impegnativa, 4km e si è al bivio per Limone. Noi proseguiamo sulla nuova strada che conduce verso Bondo senza attraversare il centro del paese. Una rampa di cinquecento metri con pendenze tra 13% e 17%. Carlo non la digerisce e mi fa notare che l’attempato signore che era dietro di noi è salito dal paese su un clivo sicuramente più dolce. Io incasso. La strada è chiusa, ma se desiderassimo andare a passo Nota ci lascerebbero passare in quanto l’incendio è sull’altro lato del monte.

Dopo una rapida consultazione, decidiamo all’unanimità che sarebbe di cattivo gusto nei confronti di chi sta lavorando. Passo Nota next time! Ritorniamo a Pieve, un carabiniere ci ha confermato che da lì, passando per Pregasio e Sermerio si può riprendere la Tignalga e rientrare sul percorso originale. Sono 5,5km di salita che ci portano dai 420m della Pieve ai 640m dello scollinamento dopo l’abitato di Sermerio. Tutti con incantevoli panorami sul lago, sul monte Baldo, e sui borghi di Tremosine. Sembriamo un gregge di pecore sparpagliate in salita, qualcuno qualche decina di metri avanti ad altri, qualcuno a volte, persino, da solo, ma sempre a poca distanza gli uni dagli altri. Siamo così, Cicloturisti, ognuno fa quel che preferisce. Lungo questo pendio Carlo mi chiede di descrivergli meglio la salita che lo attenderà dopo, quella che risale verso Tignale, e che io, precedentemente, avevo definito “un po’ come Vallio”. Francesco non si lascia scappare l’occasione ed inizia il tormentone: “Carlo, poi, puoi mandarmi anche aff… ma perché vuoi farti del male da solo, sai già che ti dirà che è dura; vivi nella tua ignoranza”, ne nasce la solita chiacchiera da bar che durerà tutti e cinque i chilometri. Aggirato Sermerio ci troviamo di fronte la piana interna di Tremosine e la valle di San Michele. Una sosta ristoratrice al meraviglioso e fresco fontatone non ce la toglie nessuno. Intanto ammiriamo i panorami.

Ripartiti, scendiamo fino al ponticello sul torrente San Michele, ora inizia la salita, 2,5km la prima parte, la più dura con pendenza sempre sopra il 10% e con punta del 14%. Nuovamente Dario si avvantaggia (d’altronde in salita sembra un camoscio!) stavolta è Max che gli fa compagnia. Io e Francesco disquisiamo amabilmente delle nostre vacanze, lui in Olanda ed io a Monaco e Innsbruck; Carlo resta qualche metro indietro ascoltando e chiosando qua e là i nostri discorsi. Terminata la prima salita, una corta discesa, un breve strappo di cinquecento metri abbastanza intenso ed alcuni chilometri in falsopiano ci introducono al comune di Tignale. Siamo alcune decine di metri sopra a Prabione e nuovamente la vista del lago ci stupisce, il forte vento ha reso il cielo ancor più limpido e la visibilità è ampia. Arriviamo all’incrocio per l’Eremo di Montecastello, luogo con una bella vista sul lago. Dario e Max, ci stanno aspettando; in precedenza avevo lanciato l’amo: “Niente passo Nota, potremmo salire all’eremo e godere della fantastica vista da lì”.

Parlottiamo, com’è, come non è, sono 350m cementati con pendenza vicino al 20%, ne vale la pena… Carlo nuovamente chiosa: “Beh, io vi aspetto qua, il posto è bello, intanto mangio qualcosa”, Francesco reagisce: “Quanto tempo ci vuole ad arrivare in cima?” Io rispondo: “Cinque o sei minuti in bici, di più a piedi”, infine Francesco decide: “Allora si sale!” Partiamo alla spicciolata, dopo i primi 150m asfaltati con pendenza normale, parte il tratto cementato. All’inizio ancora 100m attorno al 16%, poi dopo il tornante un ‘drittone’ di 200m tutto tra il 19% e il 28%, mi alzo sui pedali, la bicicletta danza a destra e sinistra con cadenza lenta, io sbuffo come una locomotiva a vapore quasi per scandire il mio passo, dietro di me il ‘camoscio’ Dario non si fida a superarmi solo perché non l’ha mai percorsa, ma potrebbe passarmi avanti in qualsiasi momento, poco dietro Francesco, più indietro non sento e non riuscendomi a girare non so. Finisco il rettilineo quattro metri di tornate quasi piatto consentono un respiro profondo prima degli ultimi 100m sempre attorno al 18% (video). Arrivo! Subito dietro Dario, poi Francesco. Saliamo gli scalini ed entriamo nel giardino-sagrato basso della chiesa, posizioniamo le bici in fila sul parapetto in pietra e saliamo sul sagrato più alto, quello da cui si domina il lago. Inizia la gara di fotografia!

Arriva anche Max, gli ultimi metri ha scelto di farli a piedi per sicurezza, aveva paura di non sganciare il pedale in tempo in caso di fermata. Troppa prudenza! Entro in chiesa scatto un paio di fotografie, esco e scendo la scalinata, sta arrivando anche Carlo, alla fine è salito anche lui consumando le “tacchette” delle scarpe. Mi impone l’addebito del costo delle nuove che dovrà comprare. Spero che l’incommensurabile vista lo possa ripagare dello sforzo e dell’usura e che non dia seguito alla sua richiesta pecuniaria.

Max, nel frattempo, discorre amabilmente con una famiglia di turisti del nostro lago. Francesco, che ha il rientro forzato entro l’una, inizia un nuovo tormentone: “Max! ti presento io un’insegnante madrelingua, peraltro gn***a se hai bisogno di rinfrescare il tuo inglese, ora andiamo!” Finalmente IronMax scende e con lui la famigliola alla quale ci sentiamo in diritto di chiedere di scattare qualche fotografia a noi cinque davanti alle nostre biciclette.

Reminiscenze di gioventù, quando in televisione davano “La banda dei cinque”. Dopo questa lunga pausa, circa venti minuti, ripartiamo. La maggior parte del giro, ormai, è alle spalle, ora dobbiamo attraversare Tignale per scendere nuovamente a bordo lago e rientrare a Salò. Appena fuori dal borgo, lungo un ampio tornante a destra è posizionato il Belvedere, una terrazza quasi a picco sul lago posta all’altitudine di 500m circa. Breve sosta per consentire fotografie e selfie.

Le sorprese per i miei compagni di viaggio non sono ancora finite, manca all’appello la “hidden road”. Dopo aver raccomandato a tutti quanti di non sopravanzarmi in discesa, ripartiamo. Infatti a cinquecento metri dall’incrocio con la statale devio su una stradina laterale destra che risale per poco meno di un chilometro riportandoci su curvoni panoramici, questa è la vecchia strada che collegava Gargnano a Tignale e si innesta direttamente alla sbarra posta a fianco della prima galleria. Purtroppo, causa frana, questa strada è interrotta, la si può affrontare solo in bicicletta in quanto è stata liberata solo un sottile striscia di asfalto dove poter far scorrere le esili ruote di un velocipede; così facendo ci ritroviamo direttamente a Gargnano senza aver affrontato alcuna galleria e senza essere stati toccati dal traffico automobilistico. Il caldo di mezzogiorno ora si fa sentire ci sono più di 30°C ed il fresco delle pinete dell’alto Garda è già un ricordo. Ripassiamo di fronte a villa Feltrinelli ed il tormentone di Francesco riparte come una cambiale in scadenza. Entriamo in statale, ma, dopo soli tre chilometri la abbandoniamo alla rotonda di Bogliaco seguendo a destra per Roina. Ci intrufoliamo nella stradina interna che costeggia il campo da golf. In questo modo evitiamo altri cinque chilometri di gardesana, beneficiamo dell’ombra del piccolo bosco che costeggia il golf ed ammiriamo i graziosi borghi di Cecina e Pulciano. Unico inconveniente, aumentiamo il dislivello complessivo di altri 150m, cosa forse poco gradita a Carlo, il più stanco di tutti, che arranca un poco sull’ennesima corta rampa al 15% che conduce a Pulciano. Dopo l’ennesima discesa panoramica, rientriamo in statale questa volta definitivamente fino a Barbarano di Salò, in fondo sono solo sei chilometri. Siamo al parcheggio per Francesco e Carlo l’avventura odierna finisce qui, sono da poco passate le 13.00 quasi come da tabella di marcia.

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Io, Dario e Max proseguiamo insieme fino a Polpenazze, lì anche io sarò arrivato e loro rientreranno verso la città. Il caldo inizia ad essere insopportabile ed una volta attraversata la mia città natale, prima di affrontare le Zette, riempiamo le borracce alla fonte Tavina. Lungo le poco trafficate strade della Valtenesi con Dario tiriamo le somme del giro, alla fine i 2.000m di dislivello li ho passati ed anche i 100km, per l’esattezza 114km, il meteo è stato dalla nostra e ci ha consentito di beneficiare di visuali ampie e profonde sull’intero lago, raramente in piena estate si distingue così bene la penisola di Sirmione da Tignale e Gargnano. Grazie a tutti!

Starring:

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FRANCESCO: l’amico di sempre, mio testimone nuziale, colui che dall’età di sei anni mi sopporta, vale il viceversa, compagno di mille avventure prima nel basket poi in sella; carattere a volte scorbutico, ma sempre sincero: IRRIVERENTE

 

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DARIO: conosciuto per lavoro ormai quasi vent’anni fa, titolare insieme al fratello di un negozio bici/moto a Rezzato (se state per salire a San Gallo e avete problemi alla bici passate da lui ve li risolverà!) chiacchierando durante il lavoro scopriamo di avere molti interessi in comune, sempre gentile e rispettoso: GARBATO

 

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MASSIMO: (IRONMAX ormai StoneIronMax dopo che ha concluso lo StoneBrixiaMan) conosciuto solo un anno fa, da subito si è creata la giusta alchimia, persona affabile e generosa, fisicamente il più tosto di tutti: GRANITICO

 

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CARLO: conosciuto, quasi per caso, durante il Giro dei cinque colli bresciani più di una decina di anni fa. Al solito io chiacchieravo mentre salivo e nonostante questo ha deciso di essermi amico: DIPLOMATICO

 

 

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MARCO: (aka IL MOG) che poi sarei io. Beh se avete letto il blog già sapete molto di me altrimenti: cosa aspettate a leggere gli altri articoli?!?

 

 

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturistiforever!@ La Forra di Tremosine, la Tignalga, Eremo di Montecastello

2018-08-20

Videogallery: Video della forra (2’49”)

Video di Montecastello (3’08”)

Photogallery:

Magasa, la magia della neve, il Natale alla porta

Oggi, domenica 3 dicembre, le previsioni annunciano una giornata dal cielo limpido e soleggiato. In settimana una perturbazione ha portato la prima spolverata di neve a bassa quota. Decido, quindi, di recarmi in auto a Bogliaco per partire in bicicletta verso la Valvestino. Questa volta, a differenza dello scorso inverno (vedi Valvestino tra i ghiacci!), voglio arrivare a Magasa borgo a quasi 1.000mt. di altitudine sotto al famoso alpeggio di cima Rest. Sono le 8.26 quando cavalco il mio fido destriero in titanio e parto, dopo un paio di chilometri svolto a sinistra ed inizio a salire costeggiando il lago. Quante volte avrò scalato il Navazzo da quando vado in bicicletta? Non si contano, salita dolce e dai paesaggi meravigliosi sul lago. Oggi devo percorrere i sette chilometri che mi separano dal paese lentamente cercando di sudare il meno possibile. La temperatura durante la salita si attesta tra i 2°C ed i 4°C, il sole irraggia calore e la sensazione è quella di essere a 10°C, ma so per certo che una volta oltrepassato il borgo appropinquandomi alla Valvestino la temperatura precipiterà ampiamente sotto lo zero. Per questo devo cercare di restare il più asciutto possibile per evitare che il sudore mi si congeli addosso. Mentre salgo ammiro il panorama, oggi la giornata è di quelle speciali, cielo terso, aria cristallina, sole caldo, il lago intensamente blu zaffiro, tutto lascia presagire uno spettacolare paesaggio anche una volta entrato nella valle. Giungo a Navazzo, mi fermo e tolgo i guanti leggeri, usati durante l’ascesa, per indossare quelli asciutti e pesanti pronti per contrastare il gelo della Valvestino. Bevo un sorso d’acqua, mentre contemplo il monte Pizzoccolo, oggi già vestito a Natale. Esso pare un pandoro con una leggera spolverata di zucchero a velo sulla sommità.

Riparto, ancora un paio di chilometri ed il sole si nasconderà proprio dietro il Pizzoccolo. La strada inizia a sbiancare, segno di piccoli cristalli di ghiaccio sull’asfalto. Procedo con circospezione, i mezzi antineve sono già passati con sabbia e sale durante la settimana, ma non in maniera esaustiva. Arrivo alla diga, la temperatura è già scesa sotto lo zero, i cristalli liquidi del mio gps iniziano a perdere contrasto, a fatica riesco a leggere -4°C. Non ci sono ancora le colonne di ghiaccio dello scorso anno, troppo pochi i giorni sotto lo zero per averle già formate; tuttavia sufficienti per aver ibernato gli esili ramoscelli di arbusti a bordo strada. Miracolosamente ne trovo alcuni baciati da un raggio di sole filtrato tra le montagne, mi fermo e li fotografo.

Proseguo, giungo al primo ponte, alla destra la valle che conduce verso Costa, ancora tutta in ombra ricoperta da una sottile coltre di neve bianca. Paesaggio silente e spettrale. Arrivo al secondo ponte, quello dell’antico confine con l’impero austroungarico. Semre a destra si apre la valle del Droanello anch’essa completamente in ombra e cosparsa di neve. Vorrei fotografarla, ma ormai il freddo è entrato sotto i miei guanti e le dita iniziano a ghiacciare. Per fortuna il bivio di Molino di Bollone è vicino, lì so di poter trovare nuovamente il sole per alcune centinaia di metri per riscaldarmi. Non riesco più a leggere la temperatura sul mio gps perché è ormai quasi completamente nero, segno evidente che la stessa si è abbassata ulteriormente. Arrivo al sole e rallento per godere di qualche istante in più di caldo. Tengo la destra, direzione Turano e Magasa. La strada ricomincia a salire, anche se ancora dolcemente. Ritorno nella gelida ombra, sto arrivando al punto più freddo di tutta la valle, dopo una curva sinistrorsa scorgo la mia ‘palude’ o ‘stagno’ preferito, tutt’intorno neve e ghiaccio. Non posso non fermarmi a fotografare quest’immensa bellezza.

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A casa scoprirò che la temperatura era scesa a -8°C. Riparto, oltrepasso il bivio per Turano e procedo spedito verso Magasa. I mignoli iniziano a bruciare dal freddo, ma so che tra breve risalendo la montagna sarò di nuovo al sole.Magasa All’incrocio il cartello recitava 5km al paese. Questa salita è costantemente tra il 7% e il 10% di pendenza, piuttosto impegnativa, ma senza strappi violenti. Dopo i primi due chilometri sono nuovamente su un versante soleggiato ed alla mia destra posso ammirare gran parte della Valvestino ancora parzialmente in ombra, mi fermo e scatto alcune istantanee per immortalare il paesaggio.

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Riparto ormai Magasa è vicina, il sole mi riscalda, la temperatura riprende a salire, all’ultimo tornante scorgo alcune stalattiti di ghiaccio, ma non mi fermo dovrò scendere ancora dalla stessa strada, avrò modo al ritorno di fotografarle quando saranno illuminate dal sole. Poco prima del borgo non posso esimermi dal fermarmi e immortalarlo con il mio telefono.

Entro in paese e ne percorro alcuni vicoli alla ricerca di angoli suggestivi da fotografare. Incrocio solo un paio di persone, nonostante siano già le 10.45 di mattina. Mi fermo in un piccolo slargo dove provvedo ad indossare un intimo asciutto, a mangiare un fruttino, bere dell’acqua ed indossare i nuovi guanti a tre dita unite per la discesa.

Mi accingo a lasciare il paese, ma proprio all’uscita del borgo mi viene l’ispirazione per un’ultima fotografia panoramica e per una deviazione verso il parco giochi appena fuori l’abitato non lontano dal cimitero.

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La deviazione si rivela interessante e mi consente di fotografare Magasa da una prospettiva diversa e molto suggestiva.

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Riparto, sono già passate le 11.00, questa volta si scende per tornare indietro. Come promessomi mi fermo a fotografare prima le stalattiti di ghiaccio e poi i boschi ed i monti innevati attorno a Magasa.

In discesa mi raffreddo un poco e cerco di non prendere troppa velocità, ad ogni sosta fotografica in realtà mi scaldo un pochino grazie all’irraggiamento solare. Oltrepasso il bivio per Turano e mi dirigo verso il mio stagno, unico punto che credo di trovare ancora in ombra. Così è, ma la mia sorpresa è tanta nell’osservare il meraviglioso effetto scenico che l’acqua immobile della palude crea con le vette che ivi si specchiano.

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Anche stavolta il mio ‘stagno’ ha saputo sorprendermi, quasi fosse quello di Giverny che Monet amava dipingere in orari e stagioni diverse. Mi giro dall’altro lato ed osservo uno spettacolare gioco bicolore di grigio e bianco lungo tutta la parete rocciosa.

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Qui, nonostante l’orologio segni 11.30, ci sono ancora -5°C! Monto in sella e mi dirigo rapido verso il lago di Valvestino oramai quasi completamente al sole. Lo percorro godendomi ogni istante ed ogni scorcio, fermandomi qua e là a scattare fotografie.

Oltrepasso la diga, arrivo in prossimità di Navazzo ed inizio a scorgere la sagoma innevata della vetta del monte Baldo. La temperatura è tornata sopra lo zero, io passo il paese e inizio la discesa verso il Benaco, ma sono costretto nuovamente ad un paio di soste, il vento di Peler oggi sferza il lago con estrema violenza e rende i panorami limpidi e con profondità d’immagine.

Oggi opto per la discesa attraverso Zuino, stretta, tortuosa e ripida, ma che mi consentirà di giungere direttamente alla rotonda dove ho parcheggiato l’autovettura. Scendendo ammiro il lago e prendo una nuova decisione. Giunto alla rotonda proseguo verso il porto di Bogliaco. Prima di tornare voglio gustarmi il ‘mio’ lago anche dalle sue tumultuose rive. Così mi fermo all’imbarcadero ed immortalo anche questo incredibile scenario, ora la temperatura è salita a 7°C, ma sembra ce ne siano almeno 15°C.

Sono le 12.45 quando carico la bicicletta in auto. Non avrei potuto sperare in una giornata dal meteo migliore: sole, neve e ghiaccio.

Anticipo di un Natale che sta per sopraggiungere.

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@Magasa (in Valvestino è Natale!)

MagasaNatale

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Periplo del lago di Garda (con dedica)

Spesso mi viene chiesto di partecipare al giro del lago di garda (gdl) da parte di molti amici, ma io diniego sempre. Il mio ricordo atavico delle gallerie che conducono a Riva e le medie stratosferiche a cui sono abituati i miei soci mi inducono a questa scelta. Sono, ormai, alcuni mesi che a questo rifiuto aggiungo: “Se un giorno farò il giro del lago, sarà a modo mio!”. Dopo aver constatato, quest’estate con Rick (Giro dei tre laghi con Rick (Garda, Ledro, Idro), che delle gallerie buie e strette degli anni ottanta è rimasto solo il mio ricordo, ho deciso che avrei potuto pensare al gdl a modo mio. L’itinerario avrebbe dovuto essere eseguito durante la bassa stagione turistica e non con temperature invernali, ma soprattutto la traccia gps avrebbe dovuto essere il più possibile simile al profilo del lago. Ecco che nasce il: Giro dei lungolaghi del Garda.

Sabato 18 marzo, oggi è il giorno! Il clima non è più così freddo, la stagione turistica non è ancora iniziata, la gamba è già quella giusta per affrontare molti chilometri; unico inconveniente le previsioni meteo non sono molto buone, anzi sarà uggioso per buona parte della giornata, ma tutto ciò ha anche i suoi lati positivi: meno tragdl01ffico e meno vento.

Sono le 6.45 quando, scaricata la bici dall’auto, parto da Salò. Ovviamente parto da Salò, come potrei non partire da Salò! La prima foto di giornata era già scritta nei miei pensieri, l’ex ospedale all’inizio del nuovo lungolago, luogo in cui nacqui un po’ di tempo fa. So già che questo sarà un giro che mi procurerà molte emozioni e molti ricordi, credo che proprio questo sia ciò che mi ha convinto a percorre tutti questi chilometri di pianura, io che spesso la rifuggo. Risalgo tutto il lungolago, pochi passanti con i loro cani mi osservano incuriositi da tutte le luci che indosso. Arrivo allgdl03e porte di Gardone, scopro che la prima parte del lungolago è chiusa per lavori, scendo dalle vie del centro e fotografo imbarcadero e Grand Hotel, quante passeggiate con i nonni ed i miei genitori. Riparto rapido verso Maderno, paese natale di mio nonno Battista, anche qui il lungolago è radicalmente cambiato in quarant’anni, mi apposto per scattare la fotografia proprio dove una volta la passeggiata finiva, dominata da un platano secolare denominato da tutti semgdl04plicemente ‘el piantù’ (il piantone). Ora il lungolago prosegue con una meravigliosa camminata che percorre buona parte del delta del torrente Toscolano, consentendo di spostare la visuale dal basso lago fino al monte Baldo e ai monti che sovrastano il parco dell’alto Garda. Oggi, per il momento, del Baldo non c’è traccia all’orizzonte. Riprendo la statale ed arrivo nel comune di Gargnano, come spesso accade, devio nella frazione gdl07di Villa il cui porticciolo è sempre grazioso, anche oggi che è immerso in questa foschia che fa pensare più all’autunno che alla primavera imminente. Arrivato a Gargnano osservo i filari di aranci ancora ricolmi di frutti, raramente passo di qui in questa stagione e ne posso cogliere la bellezza dei colori, oggi il loro arancione intenso contrasta ancor di più con il grigiore del cielo e del lago. Riparto, controllo le luci sul casco, costeggio villa Feltrinelli e salgo lungo la vecchia gardesana per evitare la prima lunga galleria, l’unica che è rimasta come una volta, stretta e con le sole nuove lucine a led laterali. Rientro sulla stgdl43rada nuova e percorro le gallerie che mi portano a Limone; penso che sono proprio migliorate molto da quando ero piccolino, per di più a quest’ora del mattino sono veramente rare le auto che incontro. All’uscita della galleria con lo svincolo per Campione di Tremosine, il mio sguardo viene rapito dagli inusuali riflessi che un timido, pallido sole crea sulle calme acque del lago. Arrivato a Limone scendo in paese, l’orario mattutino mi consente di attraversare le anguste vie del centro senza arrecare fastidio ai pochi pedoni e gdl10di fermarmi nel piccolo vecchio porticciolo per l’ennesima fotografia del lungolago. Esco dal paese percorrendo via Nova che incrocia il sentiero del Sole prima di ricollegarsi alla statale. Il sentiero del Sole sarà parte integrante del favoloso progetto della ciclabile del Garda, sarà il punto da cui la ciclabile inizierà il suo percorso a sbalzo sul lago puntellata nella roccia! Per ora mi devo accontentare della statale e giungo a Riva, ora sono in Trentino, mi fa uno strano effetto leggerlo. È il momento per la sosta barretta e per qualche foto del vecchio porto. Da qui il percorso, per me, è abbastanza nuovo e devo stare attento anche alle indicazioni stradali per poter eseguire correttamente la traccia gps che mi ero prefisso. Finisce Riva ed inizia Nago Torbole senza soluzione di continuità, quasi gdl13fossero un unico paese. Le nove sono oramai passate ed i numerosi negozi di biciclette che incontro espongono in file ordinate decine di biciclette elettriche e non pronte per essere noleggiate. All’uscita del paese salgo sul pontile dell’imbarcadero per scattare la foto della cittadina e del monte Brione che separa geograficamente l’interno di Riva da quello di Torbole. Ora fino a Malcesine quasi il nulla, inoltre la foschia persistente impedisce anche la vista della splendida balconata di Tremosine. Unico lato positivo, con questo tempo non si alza una bava di vento e si può viaggiare tranquillamente a 30km/h senza fatica. Giunto a Malcesine, igdl17nizio a sfruttare il piccolo bigino che mi ero scritto per poter girare nei lungolaghi veronesi senza perdermi nei meandri delle stradine interne. Arrivo sul lago e scatto un’istantanea al palazzo dei Capitani. Riparto alla volta di Torri, le uniche volte che sono stato qui furono per prendere il traghetto e non mi sono mai addentrato sul lungolago, oggi ho scoperto che è molto carino e sovrastato da un bel castello costruito, sopra fondamenta dell’epoca romana, intorno al decimo secolo e poi ampliato e terminato dalla signoria degli Scaligeri nell’ottocento. All’interno fa bella mostra di sé un agrumeto visitabile.

gdl20

A volte i borghi da cui ci aspettiamo di meno ci sorprendono con particolarità di rilievo. Vista l’ora e l’amenità del luogo mi fermo per mangiare qualcosa, prossima destinazione punta S.Vigilio. Tutti i cicloamatori sfrecciano a fianco di punta S.Vigilio senza fermarsi, complice l’inizio dgdl21i una discesa in cui prendere velocità. Io, essendo cicloturista, decido di scendere qualche centinaio di metri lungo la strada bianca che conduce al piccolissimo porto, ho visto delle fotografie meravigliose di questo luogo, ma la giornata di oggi consentirà di fare solo scatti melanconici, che hanno comunque il loro fascino. Riparto, arrivo a Garda, ormai è metà mattina, le passeggiate sul lago iniziano a popolarsi di bambini con le loro biciclettine oltre che di pedoni, quindi bisogna moderare le velocità ed adeguarsi anche alle loro esigengdl24ze nell’attraversare i paesi. Decido di fermarmi alla fine del lungolago sotto ad un piccolo pergolato che sporge nel lago. Il cielo è ancora bigio e non si riesce a percepire la magia del golfo di Garda. Riparto ancora, mi aspettano i due lungolaghi più famosi della sponda veronese Bardolino prima e Lazise poi. Entrambi belli, grandi ed accoglienti. Ormai sogdl25no le undici passate è comparso un pallidissimo sole ed i turisti stanno invadendo le passeggiate, con molta circospezione passo senza disturbare troppo e scatto le mie fotografie. Bardolino è, indubbiamente, una località da turismo estero e lo si evince dai numerosi negozi che vendono prodotti in cuoio, vetro di Murano, ceramiche, scacchiere in alabastro; insomma un poco come la nostra Sirmione. Lazise, invecegdl28, mi è parsa più da turismo veronese, anch’essa molto graziosa soprattutto nella parte della vecchia Dogana che non ho potuto fotografare adeguatamente per mancanza di tempo. Esco dal centro e scendo verso Peschiera, oltrepasso i parchi acquatici ed arrivo innanzi al cancello d’ingresso di Gardaland. Non posso non fermarmi e scattare un selfie da far vedere ai miei bimbi questo pomeriggio, gdl29millantando di essere stato al parco giochi senza di loro. In realtà come leggo dal grande tabellone la riapertura è prevista per il 9 di aprile. Finalmente giungo a Peschiera, attraverso la foce del fiugdl31me Mincio e scatto una foto dal ponte che separa la fortezza dalle vie del centro. Proseguo finché posso sul lungolago, poi rientro sulla vecchia statale attraversando la frazione di San Benedetto. Arrivo a Lugana di Sirmione, ecco qui un’altra deviazione dal gdl dei cicloamatori, per tracciare correttamente il profilo del lago devo risalire fino all’entrata del borgo storico di Sirmione, da lì in poi la strada è preclusa, per ovvie ragioni di sgdl32pazi, anche a noi ciclisti. Foto di rito davanti all’ingresso del castello, credo una delle foto più classiche e inflazionate d’Italia e rientro sulla statale per giungere a Desenzano. Da qui il giro si snoda sulle strade conosciute e percorse più e più volte durante il periodo estivo. Mi vien quasi difficile fermarmi a scattare le fotografie dei vari lungolaghi o porti in maniera puramente didascalica, ma la cronaca di giornata non sarebbe completa e veritiera sengdl33za di esse. Per cui eccomi sul ponte del vecchio porticciolo di Desenzano ad immortalare gli ormeggi. Uscito dal territorio di Padenghe la mia strada si separa nuovamente dal gdl che normalmente taglia dritto verso Salò, io tengo la destra passando per il centro di Moniga, attraversando Gardoncino e giungendo ai piedi di Porto Dusano da cui scatto l’ennesima istantanea. In questa zona della Valtenesi è difficile rimanere più vicini di così alle acque del lago; dopo Dusano mi sposto verso la rocca di Manerba senza salirvi (la gamba ed il tempo non me lo permettono) scendo fino al lago per fotografarla anche dal basso.

Ora per cercare di compiere il tragitto più prossimo al lago devo scendere alla spiaggia di Gardiola prima ed alla baia del vento poi entrambe nel comune di San Felice.

Infine scendere a Porto Portese altra meta che mi ricorda la mia infanzia passata e delle piccole escursioni fuori porta con nonni e genitori. È ricomparso il sole anche se ancora debole, ma questo basta a dare un poco di luminosità alle mie istantanee.

Sono da poco passate le due del pomeriggio quando esco da Portese per dirigermPeriploi verso Salò ed ultimare il mio periplo. Guardo il gps del mio ciclo computer, sono ormai più di 160 i chilometri percorsi; il dislivello, con i continui saliscendi in ogni paese e soprattutto in Valtenesi, ha raggiunto comunque i 1.300m  e  sono sei le ore di pedalata effettiva; la velocità media è comunque quasi di 27km/h, non male dato i numerosi tratti in zona pedonale. Per giungere in paese devo passare davanti ad uno dei luoghi più suggestivi di Salò, il lungo filare di cipressi che costeggia il lago di fronte al grande cimitero.

Già perché, in realtà, questo giro è dedicato a loro, i miei nonni. Coloro che mi hanno accompagnato per tutta l’infanzia e l’adolescenza insegnandomi miriadi di cose divertendosi con me. Grazie Nonni!

In memoriam!

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@LungolaghiDelGarda (dedicato a chi non c’è più)

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