Monte Lesima e dintorni

Qualche settimana fa Rick e Macca hanno pedalato sugli appennini piacentini. Al ritorno Rick mi ha parlato del monte Lesima. Tempo zero ed ecco organizzato il giro per la conquista della vetta. Sabato 30 settembre sono le 6.30 del mattino quandPassoPeniceo partiamo in autovettura alla volta di Bobbio. Siamo io, Rick e Max. Alle 8.30 iniziamo a pedalare, non prima di un caffè ristoratore in centro a Bobbio. La strada si presenta subito in salita, prima attraverso dolci prati collinari e vigneti, poi addentrandosi nel bosco. Sono dodici chilometri circa, la pendenza non è mai estrema spesso tra 6% e 9%, tre corti falsopiani spezzano il ritmo della salita (video 36″). In poco più di un’ora siamo al passo, da cui si gode di una splendida visuale sul monte Alpe e la val Tidone. Siamo carichi e pronti per la prima carrellata di selfie.

Ripartiamo in direzione del Lesima, ci aspettano circa venti chilometri. I primi sette ci conducono, con panorami mozzafiato, all’inizio della corta salita (1km al 7%) del passo del Brallo, poi altri quattro chilometri ci fanno scendere fino alla sella di Brallo di Pergola a 950m, dove un quadrivio anima finalmente il paesaggio di qualche presenza umana.SbarraMonteLesima Proseguiamo diritti e rientriamo nel bosco attraverso una strada che si presenta subito con pendenza severa intorno a 10%. Per giungere a cima Colletta (1.490m) ci vogliono quasi cinque chilometri al 8% tutti in un bellissimo bosco di larici, abeti, pini, castagni, dalle mutevoli colorazioni gialle, arancio, rosse e verdi.

Da qui altri cinque chilometri in costa e siamo di fronte alla sbarra (video 2’20”). La strada che porta alla sommità del Lesima è proprietà dell’Enac, in auto solo gli addetti al radar possono salire; diverso il discorso per escursionisti e ciclisti. Scavalchiamo, la strada è già al 20% ed agganciare il pedale è impresa da equilibristi. Rick si mette parallelo alla sbarra e sfruttando i due metri e mezzo di carreggiata parte; Max rinuncia e si avvia al primo tornante distante poco meno di cento metri; io ci provo una, due, tre volte ma sono veramente impedito e salgo a piedi fino al tornante.MonteLesimaDaSbarra

Salgo con circospezione, ho letto sui blog che questi due chilometri sono letali. Il mio Xplova continua ad attivarsi per le riprese video segno che siamo sempre oltre il 15%; non che avessi bisogno di conferma; i quadricipiti me lo urlano, gli occhi vedono solo asfalto anche alzando lo sguardo. Sono spesso vicino al 20%, anche oltre sugli stretti tornanti successivi. Finalmente dopo 1,3km il tanto atteso falsopiano che coincide con l’immissione della strada sul crinale che conduce alla vetta. Quattrocento metri di respiro con uno strappo in centro al 10%. Infine l’ascesa finale, più simile alla pista di salto con gli sci che non ad una strada; centocinquanta metri diritti sul crinale, pendio scosceso a destra, pendio scosceso a sinistra. La guardo, un respiro profondo, mi alzo sui pedali e danzo.IMG-20170930-WA0055 Mi sono risparmiato fino a qui e adesso do tutto per salire come quelli veri (video 27″). Siamo in vetta 1.724m! Dopo qualche meritato respiro ci spostiamo alle spalle del radar per osservare il panorama verso sud. Il dinamico trio inizia ora lo scatto selfie e bothie selvaggio!

 

In vetta insieme a noi altri due ciclisti provenienti da Genova, stringiamo amicizia, Daniele, colui che è arrivato per primo ‘zompettando’ come un camoscio è affascinato dalla mia bicicletta. Scoprirò poi su Strava che è salito con il terzo miglior tempo di sempre :o) Si scende (video 3’03”), lentamente, è il momento di gustarci lo splendido paesaggio che in salita appariva annebbiato dalla fatica. Arrivati alla sbarra mangiamo qualcosa, Rick e Max indossano la mantellina e ci prepariamo per la lunga discesa verso Ottone. Splendida, sinuosa, divertente, incredibilmente ricca di paesaggi mutevoli, ma, al di sopra di tutto, senza nessuna automobile! In ventidue chilometri abbiamo incrociato solamente tre veicoli, da non crederci. Ritornati a fondo valle optiamo per il percorso corto, Max ha rotto un raggio della ruota anteriore, dopotutto la meta di giornata è stata conquistata. A Ponte Organasco ci fermiamo ad una trattoria a mangiare, sono le 12.45 ed abbiamo una discreta fame. Cosa Mangiare? Beh..nelle colline piacentine ci si abbuffa con ‘Pisarei e fasoi’!

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Dopo un’ora circa si riparte. Il triatleta Max con una certa convinzione afferma: “Una ventina di chilometri a fondo valle e siamo a Bobbio”. Non ha fatto i conti col Mog, io fare altri venti chilometri piatti, sia mai! Ribatto: “Caro Max ora si sale subito verso Pratolungo, vorrai mica fare la statale 45 nel traffico?”. Sorride, IronMax non teme nulla. In totale la salita misura 6,8km con pendenze dolci tranne qualche corto strappo vicino al 10%. Noi l’affrontiamo con la calma di chi ha fagioli e crostata nello stomaco.Pratolungo

Soprattutto Rick ha bisogno di più tempo per la digestione. Verrà apostrofato perché ad un bivio abbiamo dovuto aspettarlo; ironicamente gli diciamo che mancheremo il kom su Strava per questo motivo. Alla Pieve, punto più alto dell’erta, una graziosa chiesa ci attende. Noi puntuali fotografiamo e ci dilunghiamo.

Ripartiamo, inizia una leggera discesa, traffico sempre ai minimi termini. Dopo 4,5km il bivio a sinistra per Rossarola, minuscola frazione di Corte Brugnatella, per altri cinque chilometri la strada si mantiene in quota, poi all’altezza del disabitato borgo di Pietranera inizia la discesa. Giungo primo al paese fantasma e ne vengo rapito, il meteo dopo pranzo è peggiorato ed ora il grigiore di nuvoloni bassi e cupi intristisce ancor più questo luogo dominato dall’Oratorio di S.Anna, anch’esso fatiscente.

La picchiata verso Bobbio è spettacolare (video 1’56”), la strada dapprima crepata, rugosa e rovinata si trasforma in un manto di velluto appena asfaltato nell’ultimo chilometro che conduce alla città. Siamo a Bobbio, ma non è finita; meglio, ciclisticamente sì, ma turisticamente restano da percorrere le vie del centro (video 48″)per osservare la cattedrale di Santa Maria Assunta, l’abbazia di San Colombano ed infine una fugace escursione al ponte Gobbo meraviglia architettonica del VII secolo costruito su una preesistente opera.

Non ci resta che caricare le bici sull’auto ricordando la splendida giornata; poco meno di 100km con 2.650m di dislivello, l’arcigno monte Lesima conquistato, le meravigliose e tortuose valli dell’appennino e la fantastica mancanza di traffico ovunque.

Grazie Max e Rick!

MonteLesimaItinere

Dettagli tecnici su Strava: link

Videogallery:  PassoPenice(36″),  DalPeniceAlLesima(2’20”),  LesimaSalita(5’08”),  LesimaDiscesa(3’03”),  DiscesaABobbio(1’56”),  Bobbio(48″)Lesima100mtFinali

Photogallery:

Dalle Alpi alla Riviera (Campo Cecina, Lerici)

Sono le sei di sabato 8 aprile quando giro la chiave di accensione dell’automobile, oggi andiamo in trasferta. Io, Rick e Max abbiamo deciso di affrontare la salita di Campo Cecina sulle Alpi Apuane, ora che la primavera è finalmente arrivata. Passo a prenderli sotto le loro abitazioni. È la prima volta che io e Max ci troviamo ‘vis à vis’, conosciamo le nostre storie ciclistiche dai social e qualche informazione dall’amico comune Rick. Con Max c’è subito sintonia e le due ore di autostrada per arrivare ad Aulla passanoIMG-20170408-WA0079 rapidamente. Scarichiamo le biciclette e alle 9.10 siamo pronti per partire. La temperatura è attorno ai 13°C ed il sole inizia a riscaldare, io e Max optiamo per la giacca  Mossa. Sono leggermente influenzato e un po’ preoccupato per il giro. Dopo pochi chilometri lasciamo la statale svoltando a destra su una strada laterale che pare quasi un accesso carraio. Oggi il nostro Caronte è Rick che è sceso in perlustrazione l’estate scorsa ed ha creato quest’escursione. Entriamo nella campagna prima e nel bosco poi. La strada ci porta a Ponzanello, un abitato minuscolo arroccato su un crinale a metà della salita verso la località Foce.

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Le salite di questa zona sono sempre molto incostanti, subito un paio di corti strappetti a 11%, poi 3km con pendenze regolari tra 6% e 9%, poco prima di entrare nel borgo la strada si inasprisce con punte di 15% e una media Ponzanelloabbondantemente sopra il 10% per un chilometro, poi si prosegue a strappi fino alla vetta. Scolliniamo e proseguiamo sul crinale della montagna, da qui si dovrebbe vedere già il mare, ma la giornata è molto fosca e lo si intravede appena. Ora ci attendono una decina di chilometri su e giù per il crinale in attesa di arrivare al bivio per la nostra salita di giornata. Eccolo il cartello che indica Campo Cecina a sinistra. Svoltiamo e ci addentriamo nel bosco. Sin da subito ci rendiamo conto che Rick aveva pienamente ragione, sarà una bellissima scalata. Dieci chilometri scarsi di salita con pendenza media al 6%, molto regolari con alcuni tratti in falsopiano e mai sopra al 10%. L’ideale per godersi il panorama mentre si pedala. CampoCecinaLa caratteristica più originale, che notiamo fin da subito, è lo snodarsi della strada sul crinale dei monti spostandosi continuamente dal versante sud-ovest, soleggiato e tiepido, al versante nord-est, ombroso e fresco. Ne consegue che anche il panorama è talvolta sulle colline dell’entroterra, talaltra sulla foschia marina e sulle prime cave di marmo.

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Decidiamo di rimandare le fotografie a dopo. Dovremo, infatti, ridiscendere ancora da qui, in quanto, questa è una salita ‘cieca’. Procediamo uniti, parlottando, godendoci il paesaggio e la compagnia, proprio come dei veri cicloturisti. Da metà salita in su si inizia a vedere la montagna scavata dall’uomo per estrarre il marmo. Arrivati nel piazzale di Campo Cecina a 1.320mt ci sfoghiamo con ripetuti scatti all’immenso panorama e a noi stessi. Qui mi rendo conto che Max è ancor più preso dal raptus fotografico del sottoscritto. Povero Rick ne avrà da sopportare di soste tecniche con due pazzi come noi!

Ripartiamo e ci addentriamo verso il rifugio, un chilometro soltanto e siamo arrivati, tutto ancora chiuso, Max scatta innumerevoli fotografie agli oggetti in marmo che si trovano nel parco. Indossiamo l’antivento e partiamo per la discesa, durante la quale ci fermiamo spesso per immortalare il paesaggio e per prolungare la nostra visita a questo luogo assieme così meraviglioso e particolare. Ora Rick ha previsto di dirigerci verso Ameglia, borgo ligure arroccato sull’estuario del fiume Magra. Per farlo attraversiamo Fosdinovo, antica cittadina medioevale per secoli marchesato della famiglia dei Malaspina e successivamente annesso al ducato di Modena dal congresso di Vienna del 1815. Purtroppo il tempo è tiranno e dobbiamo accontentarci di fotografarlo da fuori le mura.

Finita la discesa ci inseriamo sulla statale Aurelia, ma solo per pochi chilometri. Svoltiamo a destra oltrepassiamo il fiume Magra e siamo diAmeglia fronte alla nostra seconda meta. La salita che porta ad Ameglia e successivamente prosegue fino a Montemarcello è anch’essa di modesta difficoltà circa 5km con pendenze mai sopra il 7%. Dopo poco più di due chilometri entriamo in Ameglia. Un cartello indica il centro e il punto panoramico a sinistra, ma solo per i pedoni. Lo seguiamo, ci ritroviamo in stretti viottoli che conducono alla piccola piazzetta in cui sorge la chiesa parrocchiale di San Vincenzo.

Da qui la vista verso le Alpi Apuane è eccezionale e l’alzarsi della foschia mattutina rende il tutto ancora più incantevole. Osserviamo il viottolo che sale a lunghi gradini passando sotto le case, ci guardiamo negli occhi e… Bici in spalla! Saliamo fino alla piazza della grande torre medioevale del XIII secolo. Siamo o no dei Cicloturisti!

Ci guardiamo e sorridiamo, vestiti e attrezzati per una granfondo ci comportiamo come dei turisti in bicicletta che vagano per le vie del centro. Finalmente usciamo da questo dedalo di vie e ci dirigiamo verso Montemarcello, frazione più alta del comune di Ameglia da cui si gode una ragguardevole vista sul mar Ligure. Sono le 14.20 quando entriamo nel borgo alla ricerca di una locanda dove rifocillarci. Ne troviamo una con un bel terrazzo, chiediamo se la cucina è ancora aperta e ci accomodiamo. Cosa mangiamo?

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Beh, dato il luogo, la scelta per tutti non può che essere ‘testaroli al pesto’. Ottimi, squisiti, li divoriamo, un caffè e via che si parte verso la più scontata delle destinazioni, Lerici. Già perché l’idea è proprio questa: dalle Alpi al mare. La temperatura si è decisamente alzata, il sole scalda; anch’io, passato il momento di difficoltà influenzale a Campo Cecina, mi sfilo i gambali e levo lo ‘scaldacollo’. Sarà l’effetto taumaturgico del mare!?! La dolce discesa che ci porta a Lerici è un’incanto, un susseguirsi di curve che consente di ammirare la costa ed i piccoli golfi sottostanti, il profumo della macchia mediterranea che si risveglia dopo l’inverno.

Inizia la discesa che ci porta in centro a Lerici ed il traffico automobilistico, sino ad ora quasi inesistente, si intensifica. Arriviamo sul lungomare proprio di fronte al porto, ci sediamo sui gradini e prendiamo il sole. L’aria è calda e profuma di salsedine, un anticipo dell’estate che verrà. Penso: stamattina ero a Brescia a 7°C e due ore fa a 1.320mt nelle Alpi Apuane, ora sono al sole di fronte al mare. Che giornata indimenticabile!

È il momento di ripartire, percorriamo tutto il lungomare, scattiamo le ultime istantanee di giornata e risaliamo verso Pugliola, da qui ci gettiamo a capofitto nella corta discesa verso Sarzana. Prendiamo la statale per il passo della Cisa che ci condurrà dritti ad Aulla. Sono gli ultimi venti chilometri e do fondo a tutte le mie energie. Con due triatleti al mio fianco questo può solo significare, cronometro a squadre, cambi regolari, pestare forte sui pedali. Alla fine Strava dirà 35km/h di media controvento in leggerissima salita. A fine giro con 2.000mt di dislivello nelle gambe, non è male. Resta il tempo per un’ultima volata sullo strappo che conduce alla nuova stazione ferroviaria di Aulla. Scopro così che il mio nuovo amico Max è un vero ‘competitivo’, bene così! Cicloturisti competitivi, questo è quello che ci piace essere. Arrivati all’autovettura un ultimo selfie a memoria della splendida giornata passata insieme (le facce scanzonate lo dimostrano!).

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Sono 108km per 2.180mt di dislivello, nulla di speciale dal punto di vista sportivo, incredibilmente ricco in quanto a luoghi e paesaggi, ma  soprattutto con una nuova amicizia.

Grazie Max e Rick!

P.s: Grazie a Max e Rick per le fotografie, le mie sono andate quasi tutte bruciate sulla mia scheda SD 😦

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@CampoCecina,Lerici

Planimetria:

CampoCecinaPlan

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Maratona dles Dolomites 2017 (#mdd31)

(English version #mdd31 – click here)

Domenica 2 luglio sono le 6.05 quando entro nella mia griglia, la terza di quattro, il piazzale è già ricolmo di ciclisti, la partenza è fissata per le 6.30, ma ogni anno che passa, pur arrivando prima, sono sempre più in fondo. Quest’anno il meteo non è stato clemente, copiose piogge hanno raffrescato la montagna durante tutta le settimana; mentre scendo a La Villa leggo 6°C. In mezzo ai tremila atleti del piazzale il mio gps sale fino a 8°C; siamo quasi tutti vestiti come fosse inverno pieno, mai mi era capitato di vedere così tanti gambali e giubbini.mdd31006 Alle 6.30 puntuale lo scoppio del cannone portato in cielo dall’elicottero. Il patron della Maratona Michil Costa, come tutti gli anni, anticipa il gruppo sul suo velocipede. Noi dobbiamo aspettare ancora un poco prima di iniziare a pedalare. Finalmente alle 6.44 passo sotto all’arco della partenza, premo il tasto start del mio ciclo computer ed inizio la mia sedicesima Mdd. Ancora infreddolito dalla mezz’ora passata fermo ad aspettare seguo il lungo serpentone che si sposta verso Corvara per attaccare il primo Campolongo. Lo speaker annuncia che i primi stanno già per scollinare baciati da un timido sole che sta cercando di farsi spazio tra le plumbee nubi. I meteorologi danno tempo in miglioramento durante il mattino con ampie schiarite e temperature rigide. Proseguo fiducioso, in effetti anch’io, verso la fine del Campolongo, benificio di qualche raggio solare. Scollino, mangio un fruttino, inizio la discesa, arrivo ad Arabba ed è nuovamente salita. Passo Pordoi mi aspetta, salita sempre regolare con pendenze mai proibitive, dopo qualche chilometro vedo una maglia Cicloturisti davanti a me. È Carlo, partito in seconda griglia, lo raggiungo e rompo il religioso silenzio dei maratoneti; a quest’ora dell’alba, con 8°C, in salita c’è ben poca gente che ha voglia di chiacchere. Parliamo un poco, mi conferma che farà il corto, ha freddo, strano penso io, Carlo non è un freddoloso solitamente! Lo saluto e proseguo con il mio passo. Mentre salgo il cielo ritorna ad incupirsi, gli sprazzi di azzurro scompaiono nuovamente. Al passo inizia a gocciolare, poco poco, ma piove; scendo con circospezione, sia per non scivolare, sia per il freddo. Fine discesa e subito si scala il passo Sella. Il primo chilometro, quello dove si trova il ristoro è forse il più freddo di tutta la Mdd, cerco di prendere quota il prima possibile per poter uscire dall’ombra delle vette, in effetti alcuni sprazzi di sole danno la sensazione di qualche grado in più. Purtroppo niente da fare in cima al passo Sella la situazione non cambia;

nuvole a 360°, Marmolada grigia e vento gelido da nord; inizio la corta discesa, qua e là nuovamente gocciola e l’asfalto è umido. Alle 9.15 inizio la salita del passo Gardena, la più facile, in breve giungo a pian de Gralba, luogo del ristoro più fornito della Mdd, non mi fermo, ma passo oltre, zigzagando tra le bici. Percorro il falsopiano in discesa a velocità sostenuta, l’aria è sempre gelida. Scalo anche gli ultimi due chilometri ed alle 9.45 sono sulla sommità, guardo a sinistra verso il Valparola, nuvole; guardo a destra verso Campolongo e Giau, nuvole.

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Ovunque nuvole stazionano attorno ai 3.000mt, lasciando libere le vette delle Dolomiti, ma di fatto impedendo al sole di illuminarle e donare loro la caratteristica colorazione rosea. Arrivo a Corvara all’appuntamento con la famiglia attorno alle 10.00. La decisione ormai è presa, anche quest’anno farò solo il medio, senza la vista delle splendide Dolomiti e con il gelo che mi raffredda ad ogni discesa non sono abbastanza motivato, soprattutto, non mi sto divertendo. Marina, intirizzita, mi chiede: “Ma come fate a non avere freddo?”. Rispondo: “Certo non fa caldo, ma sono vestito ‘giusto’, comunque faccio il medio!”. In effetti la mia maglia manica lunga ‘Mossa’ sta funzionando egregiamente (vedi Inversione termica, skyline e promesse mantenute) riparto senza aver lasciato nulla di quello che avevo addosso alla partenza, d’altro canto la temperatura non è mai salita sopra i 10°C fino ad ora! Il secondo Campolongo è sempre un momento di verifica della condizione della gamba, provo a spingere un poco e risponde bene, ne vien fuori il mio secondo miglior tempo di sempre. Scendo nuovamente ad Arabba, mi infilo nel lungo falsopiano che conduce al bivio di Cernadoi, sono dieci chilometri, ogni tanto guardo in alto cerco degli spiragli di luce verso il Giau, ma niente. Ricomincia la salita, è ricomparso il sole sui verdi prati dei piani di Falzarego e magicamente il termometro sale fino a 15°C, ma è un sole effimero, a metà salita ripiombo nel grigiore della fitta nuvolaglia, il termometro scende subito a 12°C. Prima di entrare nelle gallerie del Falzarego mi fermo e scatto due fotografie, ora anche il ghiacciaio della Marmolada è nascosto dalle nuvole.

Arrivo al passo, di fronte a me il gruppo del Lagazuoi sembra minaccioso con questo cielo tetro. Mi attende l’ultimo impegnativo chilometro del Valparola, pendenza attorno al 12%; mi alzo sui pedali e spingo, anche quest’anno niente crampi all’adduttore destro (il mio tallone d’Achille).

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Inizio la discesa, la temperatura torna sotto i 10°C, non rischio e scendo tranquillo, attraverso San Cassiano, arrivo nuovamente a La Villa e mi accingo a scalare il corto ma insidioso Mür dl giat. Vorrei spingere a tutta, ma un pò di traffico e qualche ciclista a piedi mi impediscono di fare il mio personale; poco male. Provo a spingere il rapporto duro nei cinque chilometri che mi separano da Corvara, ma mi accorgo subito che il crampo è in agguato, mi alzo sui pedali e procedo così. Arrivo all’ultima curva, il tempo è più o meno quello dell’anno scorso, senza infamia e senza lode, con lo sguardo cerco i miei cari. Anche quest’anno mi vedono prima loro, taglio il traguardo, la miss gentilmente mi mette la medaglia di finisher al collo. Mi sposto nella piazza, stanno arrivando tutti: Laura, mia sorella con Marco ed il piccolo Riccardo, la Manu e Francesco e poi loro… Arriva il bacio più bello, quello di chi ti ama incondizionatamente e nonostante tutto.

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E la medaglia più bella quella che cerchi di meritarti tutti i giorni dell’anno dalle sette del mattino quando li svegli, fino alle nove di sera quando gli canti la ninna nanna per addormentarli.

Quella medaglia che negli ultimi giorni ti hanno nascosto in tutti i modi mentre cercavano di realizzarla, quella medaglia che rappresenta l’amore incondizionato tra padre e figli. Perché quest’anno il tema della Maratona dles Dolomites era l’AMUR! Grazie Mdd anche quest’anno nonostante il clima gelido hai saputo riscaldarmi il cuore con grandi emozioni, ma soprattutto…

Grazie Marina, Alice, Matteo.

 

Dettagli tecnici su Strava: Maratona dles Dolomites (percorso medio)

Video: Maratona dles Dolomites (versione integrale) 4’52”

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La strada della Forra, passo Nota e la Grande Guerra

Venerdì 18 agosto, è la settimana di vacanza per eccellenza, il lago di Garda è ricolmo di turisti, per questo alle sei del mattino sono già in sella alla mia specialissima in direzione alto lago. In realtà adoro le prime luci dell’alba, ora che le giornate si sono accorciate un po’ questo mi consente di ammirare splendide albe sul lago.

Alle sette attraverso Gargnano ed imbocco la ciclabile (chiusa per frana, ma percorribile) che mi consente di evitare la prima lunga e stretta galleria; l’ultima rimasta con attivazione semaforica al passaggio di pullman/camion in quanto all’interno non c’è spazio a sufficienza. Rientro in gardesana, veloce mi dirigo verso Campione, alle sette e mezza finalmente svolto bruscamente a sinistra per la strada della forra di Tremosine. A quest’ora pochissimo traffico mi ha accompagnato fin qui. Mi rilasso ulteriormente, innesto il rapporto più agile, me la voglio godere proprio tutta e fermarmi a scattare bellissime istantanee di questo luogo. Infatti già dal primo tornante la vista sul lago e sul delta di Campione, con il sole ancora basso a riscaldare i colori, è meravigliosa.

Decido di affidarmi alle riprese del mio Xplova X5 (video [2’40”] da vedere!), riprendere la forra dalle varie angolazioni per rendere, seppur vagamente, l’idea di cosa si stia attraversando, è impresa ardua e lunga. ForraAttraverso la prima galleria, lunga e buia (non illuminata!), le mie luci mi guidano, nessun altro mezzo la percorre mentre la oltrepasso, mi sembra di essere disperso nel cosmo! Uscito inizia la prima parte, scavata nella roccia continuamente dentro e fuori da piccole gallerie spesso con aperture sul lago; semplicemente fantastica. La seconda parte inizia con una curva a sinistra che porta verso l’interno della montagna, si abbandona il lago, un semaforo attivo governa il senso unico alternato, la forra è veramente stretta in certi punti. A quest’ora, fortunatamente, le automobili sono veramente pochissime a tutto vantaggio della quiete del luogo. Alzo la testa guardo la stretta gola che mi sovrasta, odo lo scorrere dell’acqua lungo le pareti rocciose, sento il profumo dell’umidità lasciata dalla notte. Sono solo pochi minuti anche in bicicletta, ma di intensità sovrumane. Non è un caso che sia annoverata tra le strade più belle al mondo. Ne esco, proseguo fino a Pieve di Tremosine, altra tappa obbligata prima di salire al passo Nota , meta di giornata. Qui è posta la celeberrima terrazza del brivido, già immortalata nei miei due precedenti giri, Tignalga in solitaria e Tignalga, lago di Tenno, passo Duron e lago d’Idro, mi fermo e mentre contemplo l’orizzonte infinito, faccio la mia colazione, sono le otto del mattino. Riparto quattro chilometri con facili pendenze mi separano dall’abitato di Vesio, frazione principale del comune di Tremosine. nota46Da qui parte la strada che sale a passo Nota. All’inizio una leggera discesa conduce nell’ampia val di Bondo, poi piano a piano, mentre si attraversano campi di granturco, la strada prende a salire semprePassoNotadaVesio dolcemente. Dopo poco più di tre chilometri arrivo ad un ampio parcheggio, subito dietro quest’ultimo,  giochi per bambini, ‘arrampicazioni’ come le chiama Matteo e altalene nei verdi prati. Più in là una decina di splendide postazioni barbecue con panche e tavoli. A seguire un percorso vita si snoda lungo il corso del torrente. Che magnifico luogo dove portare famiglia ed amici per un’escursione. Proseguo, passato il ponte sul torrente la valle si stringe, la pendenza inizia a salire, sono gli ultimi quattro chilometri che portano al passo; quelli veri, quelli duri, ma, anche, quelli che ti danno soddisfazione. Il paesaggio è meraviglioso il torrente rumoreggia prima a fianco e poi sotto di me, le pareti spoglie e verticali dei monti di Tremalzo dapprima mi sovrastano; poi, mano a mano che salgo, si fanno più docili e mi guardano negli occhi.

La pendenza è costantemente tra 8% e 12%, non proprio una passeggiata, ma vale sempre la regola: paesaggio stupendo pendenza percepita -2%. Negli ultimi cinquecento metri l’asfalto, in buone condizioni, lascia il passo ad un lastricato di grosse pietre e cemento. Arrivo all’incrocio: tutto a sinistra il cartello dice passo Tremalzo (strada sterrata, ora chiusa al traffico), al centro rifugio degli Alpini di passo Nota, a destra strada bianca nota16per Tremosine. Salgo al rifugio e mi si presenta di fronte, in tutta la sua bellezza, l’alpeggio del passo Nota, mi fermo accanto al cannone posto in memoria della Grande guerra, scatto qualche fotografia e riparto. Qualcosa al trivio aveva attirato la mia attenzione, un cartello con la scritta “cimitero di guerra 1915-18” che invitava a percorrere la strada bianca in falsopiano; il terreno sembra compatto, decido di affrontarlo sperando di vedere già qualcosa dopo la curva che dista da me non più di duecento metri. Ne farò due di curve prima di arrivare; fino a lì la strada è percorribile in bdc (bici da corsa). Mi imbatto prima nei ruderi di un forte della prima guerra mondiale e poi nell’ingresso di un rifugio usato durante i bombardamenti, ora adibito a magazzino degli attrezzi.

Sopra di me la montagna crea un anfiteatro naturale; al suo margine destro, salendo circa di venti metri trova posto il piccolo cimitero di guerra, ancora più in alto sul crinale della montagna si scorge una lunga trincea ancor ben conservata. Lascio la bicicletta, sono chilometri che non incontro nessuno, salgo sul crinale e oltre la trincea vedo apparire ai miei occhi un panorama mozzafiato.

Da qui si domina tutto l’altopiano, una posizione strategica ecco perché un secolo fa è stato usato come appostamento contro l’impero austro-ungarico. Il silenzio del luogo, la pace di una guerra ormai finita, mi fa tornare in mente i racconti dei nonni; erano di un’altra guerra, la seconda, non si combatteva più in trincea, ma gli aneddoti sono simili. Penso che quassù sarebbe bello portare i miei figli, non solo per la bellezza dei luoghi, ma per conoscere e toccare la propria storia, quella che ha cambiato la vita ai mieinota34 nonni; per ricordare e farne tesoro nel loro futuro. Scendo dal crinale, mi fermo al fianco della mia bici e mangio una barretta, ma non mi fermo troppo la temperatura qui è ancora sotto i 20°C. Ho visto, lungo la strada a due chilometri dalla cima, una bella panchina con vista panoramica e un po’ di sole, così la raggiungo. Ormai è passato mezzogiorno ed ho decisamente fame. Durante la discesa mi fermo più volte per fotografare lo splendore dei crostoni del monte Tremalzo. Tornato a Vesio non mi resta che percorrere, come mio solito, la Tignalga per evitare il traffico. Attraverso l’impegnativo saliscendi della valle del torrente San Michele e mi ritrovo a Tignale; anche da qui la vista sul lago è eccezionale e la giornata limpida esalta i colori nonostante la calura estiva inizi a farsi sentire. Esco dal paese ed imbocco un’altra meravigliosa discesa, con ampie curve a strapiombo sul lago. Un chilometro prima dell’innesto sulla gardesana devio a destra per una strada laterale che resta in costa per più di un chilometro dove si trovano alcune abitazioni, da qui la strada è interdetta a tutti causa frana, ma qualcuno ha spostato le pietre cadute creando uno stretto passaggio ed io mi ci infilo ringraziando.

In realtà questo è il proseguimento della prima strada che da Gargnano portava a Tignale e sbocca esattamente all’inizio della ciclabile odierna. Io la chiamo ‘il passaggio segreto’. Arrivato a Gargnano entro in statale per pochi chilometri, subito dopo Bogliaco svolto a destra verso Cecina e Pulciano, questo mi evita altro traffico fino a Toscolano, ma soprattutto mi consente di ammirare con calma l’entroterra del mio lago. Sono a Maderno, nuovamente nel traffico, le autovetture incolonnate procedono come lumaconi, io passo ed arrivo al bivio per il Vittoriale; via a destra,  si sale ancora verso San Michele.  Non so più quante volte lo ho scalato, ma è così affascinante che ogni volta è un piacere. Sono le 13.30 ed io sono nuovamente in ritardo, scrivo un messaggio a Marina. Scollino e mi getto a capofitto verso Salò. Attraverso la mia città, risalgo le Zette, Valtenesi e sono arrivato. Alice, Mamma e Matteo passo Nota e le ‘arrampicazioni’ vi aspettano!

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@LaForra,PassoNota,LaGrandeGuerra

Video: – La salita della Forra di Tremosine [2’40”] (video)

– Passo Nota [1’26”] (video)

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Tignalga, lago di Tenno, passo Duron e lago d’Idro

Oggi, 15 luglio, sono passate due settimane dalla MdD e tutto il mio allenamento per i lunghi con grande dislivello non ha ancora trovato sfogo. Da quando, questa primavera, ho compiuto il Periplo del lago di Garda ho realizzato che Riva d/G, fuori stagione, in automobile, è relativamente vicina, quindi un giro al lago di Tenno è più che fattibile. Ora è piena estate, la gamba c’è, a Riva ci si può arrivare in bici. Sono le 5.24 del mattino quando aggancio il pedale e parto, neanche cinque minuti e sono già fermo; le straneTenno001 nuvole mattutine creano degli incredibili e variopinti giochi sopra la vetta del monte Baldo; più che ad un’alba ho la sensazione di essere di fronte ad un tramonto infuocato. Proseguo scendendo dalla Valtenesi verso le Zette di Salò, arrivo sul lungolago ed il panorama è di quelli che, anche per un salodiano come me, si vedono molto raramente durante l’anno. Adoro la mia città natale!

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Sono partito da mezz’ora, ma ho già capito che oggi sarà una giornata memorabile. Procedo spedito verso Gargnano dove abbandono la statale per scendere in paese ed imboccare la ciclabile che mVesioDaGargnanoi consente di saltare la prima galleria; rientro tenno006sulla ss45bis e al bivio per Tignale salgo a sinistra (si sa che non sopporto la pianura) percorro la Tignalga (video) fino a Pieve di Tremosine (Tignalga in solitaria), dopo la sosta obbligata con vista sul precipizio mi infilo nei viottoli per scattare alcune graziose istantanee prima di scendere vero la celeberrima ‘strada della forra’. Giungo al semaforo che immette nel tratto più angusto e spettacolare della gola, è rosso, mi fermo, scatto una foto, il resto lo racconttenno008erà il video; è verde, si parte, mi godo l’intreccio tortuoso che cerca di snodarsi per uscire da questo meraviglioso luogo. Eccomi nuovamente sulla gardesana pronto per attraversare Limone e giungere a Riva, la deviazione mi ha allungato i tempi di un’ora e mezza, ma come si può passare dinnanzi alla forra senza percorrerla? Finalmente sono a Riva, il computer segna le nove di mattina, un po’ di traffico nell’ultimo tratto l’ho trovato, ma nulla di insopportabile. È ora della prima sosta panino, ma una sorpresa inaspettata mi costringe ad attendere; sta salpando il battello ‘Zanardelli’ uno dei due storici del primi anni del novecento ancora attivi sul lago!

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Ora posso mangiare con calma, in realtà circa ad ogni ora  ho mangiato una barretta o fruttino mentre pedalavo, ma questa è la prima sosta sostanziosa con pane di segale e bresaola (alla faccia dei puristi). Riparto, da qui la strada per me è nuova e lo sarà fino al rientro in val Sabbia, nonostante i miei meticolosi studi sulle mappe stradali mi sarà d’aiuto il navigatore integrato di Xplova X5. Le salite verso il lago di Tenno sono due, io scelgo quella sul versante di sinistra, è indicata come strada secondaria in quanto giunge al lago senza passare dal paese, sicuramente sarà meno trafficata, inoltre credo sia molto panoramica. Non mi sbaglio! Pochissime auto mi sorpassano ed il panorama sulla piana di Riva e Torbole è suggestivo.

La salita non è mai impossibile con pendenze dolci ed una media del 5%. Giunti al lago di Tenno, che si costeggia dall’alto sulla sponda sinistra, la strada continuPassoBallinoDaRivaa a salire senza sosta fino al passo del Ballino (765m s.l.m.) che si trova all’imbocco dell’altopiano di Fiavè. Percorro l’intera salita girandomi a destra e a sinistra osservando questi luoghi per me ‘ciclisticamente’ nuovi. Il cielo si è rasserenato, sia perché mi sono spostato molto più a nord, sia perché il vento in quota ha eliminato le poche nuvole rimaste; ora è tutto intensamente azzurro. Il lago alla mia destra assume tutte le tonalità di colortenno015e dal verde smeraldo dei boschi al blu cobalto del cielo, mi fermo un attimo e lo contemplo. Ora la salita si fa molto dolce, ormai sono entrato nell’altopiano di Fiavè, un lungo rettilineo mi porta al passo del Ballino. Anche il primo tratto di discesa è piuttosto dritto e non troppo ripido; dopo alcuni chilometri mi trovo immerso nei verdi campi coltivati, tutt’intorno le vette delle montagne trentine che alternano boschi e pendii scoscesi anteprima delle vicine dolomiti del Brenta.

Riaggancio il pedale, attraverso Fiavè e mi dirigo verso le frazioni di Cavaione e Marazzone dove mi congiungo con la strada che sale a passo Durone partendo da Ponte Arche. Sono gli ultimi 4,4km che conducono in vetta, la strada ancora unaPassoDuroneDaFiave volta è dolce, pendenza media del 7% senza strappi. Prima di abbandonare l’altopiano mi fermo un attimo per scattare altre fotografie. Giunto all’ultimo chilometro la strada si insinua nel bosco ed i profumo di retenno023sina di pino mi inebria. Scollino, quale luogo migliore per la seconda sosta panino! Mi rilasso all’ombra ed al fresco degli abeti, mangio con calma e respiro profondamente. È il momento di ripartire, la discesa è ripida, tortuosa ed in alcuni tratti piuttosto stretta (video). Vedo faticare numerosi ciclisti nel cercare di scalarla, ne deduco che è realmente una brutta bestia. Entro a Tione di Trento, aBreguzzoDaTionell’incrocio vedo il cartello indicante Brescia a sinistra 80km, mi fa un poco sorridere, sono già passati 110km ed io sono ancora in trentino, mai mi ero allontanato così tanto solo con le mie gambe. Mi attende la salita che porta a Breguzzo, poco più di quattro chilometri di cui l’ultimo quasi pianeggiante, purtroppo si tratta di una statale ed un poco di traffico lo trovo. In paese mi devo fermare a riempire le borracce, il sole picchia ed io sto bevendo molto, adiacente alla fontana un particolare mi colpisce, sono tre tronchi di legno di altezze diverse su cui poggiano altrettanti sassi tondi dipinti come coccinelle portafortuna; li fotografo con la chiesa parrocchiale sullo sfondo. Ne sarà felice la mia piccola Alice. Da qui un lungo falsopiano in leggera discesa mi conduce a Ponte Caffaro all’imbocco del lago d’Idro, purtroppo non trovo la nuova ciclabile che da Tione porta al lago e complice il poco traffico dell’ora di pranzo mi adeguo a percorrere la statale. Finalmentenno026te a Condino riesco a salire sulla ciclabile salvo poi doverla abbandonare a causa di un tratto sterrato che oggi non ho voglia di affrontare; la riprendo a Storo ed arrivo sino a dove le acque del Chiese si gettano nell’Eridio. Rientro sulla statale, altri 12km di pianura lungo il lago, vista stupenda sullo specchio d’acqua e sui monti circostanti, ma inizio ad avere la nausea di questo piattume; quasi 45km senza nemmeno una ‘salitella’ sono davvero troppi per me! Ecco che ad Idro, nonostante il gps abbia appena passato i 160km e 2.700m di dislivello, non esito un istante nel girare a sinistra verso Treviso Bresciano (il Cavallino Fobbia sporco). Come, già l’anno scorso con Rick, salgo fino agli 800m della Madonna delle Pertiche per poi gettarmi in discesa verso Valdegagna e rientrare in val Sabbia a Vobarno. tenno028Dopo i primi tre chilometri mi devo fermare per l’istantanea d’obbligo dalla panchina con vista lago, anche oggi il forte vento ha mantenuto l’aria limpida e la visuale è profonda verso le montagne trentine. Riparto, attraverso Treviso Bresciano, scollino, e lesto mi dirigo alla fonte d’acqua gelida presso i fienili di Rondaione.

Mi fermo tolgo il casco, rinfresco il capo, lavo il sotto casco e lo indosso fresco e bagnato; è l’ora dell’ultimo panino. Oltre agli otto fruttini/barrette avevo quattro panini di segale con bresaola e due caffè liquidi, mi resta solo un fruttino da prendere nell’ultima ora. Scendo con circospezione verso Vobarno, la discesa è molto sconnessa nel primo tratto e quasi sempre stretta. In fondo alla valle, come sempre, prendo per Pompegnino prima e per Roè poi, per evitare un po’ di traffico. Giungo ai Tormini proseguo verso Cunettone lungo la panoramica alta e risalgo in Valtenesi, quando arrivo a Picedo manca ancora qualche chilometro ai duecento; non era uno degli obiettivi alla partenza, ma visto che ci sono allungo scendendo al golf di Soiano ed il primo ‘200k’ della vita è conquistato con 3.590m di dislivello, sono da poco passate le quattro del pomeriggio in piena tabella di marcia.

Soddisfazione massima, anche oggi giornata perfetta!

Video: La Tignalga  La strada della forra  Lago di Tenno, Passo Durone e lago d’Idro

Dettagli tecnici su Strava (link)

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Buon compleanno!

Quando il proprio compleanno cade di giorno feriale (venerdì 7 luglio) capita che non lo si possa festeggiare in maniera adeguata. Domani sabato 8 dovrò partire da Brescia alla volta di Polpenazze del Garda per il fine settimana; ecco che il giro in bici diventa un’ottima occasione per festeggiarmi.

Sono le 5.30 del mattino quando parto verso le Coste di S.Eusebio. Assonnato, molto assonnato, il caldo di questa notte mi ha fatto dormire poco e male. Ho progetti ambiziosi per il giro, ma per il momento spero solo di riuscire a scrollarmi di dosso il torpore e la stanchezza per il poco riposo. Scollino in trentadue e spicci, in linea con i tempi dei giri lunghi, ma cuore e testa dormono ancora, provo con la discesa, magari un po’ di vento fresco e adrenalina aiutano. Non molto! A Preseglie mi fermo alla fontana, mangio un fruttino, lo mastico con calma, bevo acqua fresca, forse aiuta. Un primo timido risveglio lo avverto, ma devo attendere di risalire la val Sabbia fino ad Idro per destarmi. Prima di uscire dall’abitato mi si para davanti un gregge di pecore con una decina di asini, li attraverso divertito. Ora mi aspetta la salita al passo S.Rocco (Capovalle). Sono 8,2km, i primi tre si snodano attraverso ampi tornanti con vista lago e pendenze mai severe (5-6%), arrivato alla galleria svolto bruscamente a destra ed entro nella valle lasciando la vista dell’Eridio, percorso il tunnel e la seguente leggera discesa per un totalPassoSanRocco(Idro)e di 1,5km affronto la vera salita di Capovalle; poco più di 4km con pendenze spesso sopra il 10%. Mi alzo sui pedali e salgo con ritmo regolare, finalmente inizio a svegliarmi! A torto snobbiamo questa salita in quanto meno bella delle due che, attraverso il passo Cavallino della Fobbia, giungono sempre a Capovalle. Oggi invece la osservo meglio e, nonostante l’ampia sede stradale, trovo che abbia un suo fascino, immersa tra gli alberi e senza nulla attorno. Io, peraltro, ne serbo un ricordo speciale; quello del giro Brescia-Salò per andare dai nonni a pranzo, io in bici e la mia famiglia in auto. Arrivato in paese decido di  percorrere la strada più alta, quella che conduce alla frazione di Zumié, più panoramica dell’altra. Proseguo e mi immetto sulla via che porta a Moerna attraversando il vecchio confine con l’impero austro-ungarico (vedi I sette borghi di Valvestino). Oggi ho deciso che voglio entrare e visitare ciascunno dei sette borghi. Prima di entrare a Moerna mi allungo alla chiesetta di San Rocco adagiata sull’estremità della collina, mi fermo alla fontana per riempire le borraccie e mangio una barretta.

Riparto, destinazione Persone, pochi chilometri di discesa con splendida vista a destra sulle vette di cima Rest e sono in paese, questa volta mi fermo e scatto un paio di fotografie proprio nel centro dove la strada si stringe.

La discesa si fa ora ripida e tecnica all’ombra di un fitto bosco, dopo alcuni chilometri sono di fronte a Turano, sede del comune di Valvestino, anche qui non ero mai entrato in quanto la strada provinciale gira a sinistra poco prima. Oggi no, entro, sgancio il pedale, bici in spalla e su per i gradini che portano alla parrocchiale!

Riparto, ora mi aspetta Armo, qui ero già entrato in paese due anni fa con l’amico Giorgio, la salita è breve, poco meno di 3km con pendenze sempre intorno al 6%. Solita foto con il fontanone ed un selfie in piazza.

Ritorno sulla provinciale e svolto subito a sinistra, l’indicazione dice Magasa 5km e cima Rest 8km. Questa è l’altra salita impegnativa del giro odierno, pendenCimaRestze regolari sempre intorno a 8% con punte del 10% fino all’abitato di Magasa, poi gli ultimi 3km più impegnativi con punte del 14%. Come dice l’amico Alberto se il paesaggio merita, la pendenza percepita si abbassa anche di due o tre punti. A cima Rest, vista la meraviglia del luogo sono sicuramente sceso sotto al 7% di pendenza! Arrivato a Rest (1.206m) non mi fermo, ma scendo verso Cadria. Sì, questa è la novità del giro, a Cadria io non sono mai stato, tre chilometri di discesa immersa nel bosco ed eccomi in un’alpeggio in fondo al quale sorgono una ventina di case; sono arrivato è l’ultimo borgo di Valvestino che ancora mi mancava. Rimango rapito dalla semplicità e dalla pace di questo luogo e scatto numerose fotografie nel tentativo di intrappolare questa amena serenità.

Decido di fermarmi qui per la pausa barretta salata e caffè in gel, vorrei poter prolungare questo soggiorno, ma devo tornare. Giro la bici e risalgo a Rest, da Cadria proseguono solo sentieri e mulattiere! Quasi 3km molto regolari e sono nuovamente a cima Rest, questa volta mi fermo e scatto numerose fotografie tra cui una panoramica a centoottanta gradi che rende bene l’idea del paesaggio che mi circonda.buon015

Scendo verso Magasa, non senza fermarmi a fotografare la rocca Pagana una delle nostre ‘piccole dolomiti’.

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Giunto al bivio stavolta mi infilo nel borgo, anche qui non ero mai entrato e percorro tutta la via principale in sella alla mia bicicletta, trovando abitazioni ed angoli caratteristici e suggestivi.

Riparto, scendo verso il lago di Valvestino, attraversando uno dei luoghi che più mi gratificano nel fotografarlo, lo stagno del torrente Toscolano. Quest’inverno lo fotografai con ghiaccio e neve (Valvestino tra i ghiacci!) ora il cielo ed i monti si specchiano nelle sue acque come in un dipinto di ninfee di Giverny di C.Monet.buon025Per finire la serie mi manca ancora un borgo, è quello di Bollone; altri 4,2km di salita anche questi regolari al 6/7%. Sono già passate le undici da un po’ ed il caldo inizia a farsi sentire. Entrato in paese accosto la bici alla fontana, faccio due passi mentre mangio qualcosa, anche qui le foto arrivano facilmente.

Guardo l’ora sono in forte ritardo e scrivo un messaggio a Marina, chissà come la prenderà, le chiedo anche di guardare, se ha voglia, le foto che ho già pubblicato, forse così giustificherà un poco il mio ritardo. I sette borghi sono finiti, mi resta solo da attraversare il lago di Valvestino e scendere in picchiata verso il Benaco. Ammiro le acque verdi mentre transito alto a fianco della riva nord, so già dove fermarmi per scattare una fotografia già incorniciata dai rami della vegetazione.buon027

In breve oltrepasso la diga, arrivo a Navazzo ed inizio la discesa che mi porterà a Gargnano. Le temperature si fanno torride, lungo la discesa sembra di avere un phone acceso che ti asciuga il sudore. A Gargnano ci sono 36°, attraverso Maderno, luogo natio di mio nonno, arrivo a Gardone avrei voluto deviare e salire a San Michele per trovare meno traffico e percorrere ‘I luoghi della memoria‘, ma è veramente troppo tardi, arrivo al cartello di Salò. Tutte le volte che lo guardo mi gonfio di orgoglio come un bambino; sono solo quattro lettere e così si possono scrivere belle grandi sul cartello di inizio paese ed io stupidamente ne sono fiero: misteri dell’anima! Arrivo alle Zette, una dolce salitella di 2,2km, che porta dalla riva del lago alla frazione di Cunettone con cinque tornanti panoramici. Fatta alle 13.00 con 37° ha il suo perché! Un po’ di mangia e bevi in Valtenesi e sono arrivato più felice che mai per il magnifico giro, ma con un piccolo rimpianto ho saltato il San Michele.

L’indomani mattina riparto alle 7.30 per un giretto sciogli gambe, destinazione ovviamente San Michele. Il cielo non è dei migliori, un forte vento porta nuvoloni grigi, arrivo a Salò e dalle Rive scatto subito una fotografia dal fondo del golfo.buon028

Riparto, manca poco alle otto del mattino, a quest’ora si riesce a passare per il lungolago senza arrecare disturbo (video) arrivato in piazza dell’imbarcadero devio a sinistra verso il centro passo di fronte al duomo e mi infilo nel vicolo del campanile, da dove mia nonna sgusciava di soppiatto per andare a giocare da piccola. Uscito da Salò mi dirigo verso Gardone ed imbocco la vecchia strada per San Michele (video). Oggi il forte vento sta increspando il lago, ma, soprattutto, sta regalando colori meravigliosi ai fondali e lungo le spiagge tra il golfo di Salò e Manerba. Salendo verso San Michele mi inebrio di quei panorami.buon030

Arrivato a San Michele proseguo per Serniga. Prima di scendere nuovamente a Salò, una vocina mi dice di salire fino alla chiesa di San Bartolomeo (1,2km all’8%) luogo a me caro fin dalla giovinezza. Ritorno a Salò e percorro quel piccolo pezzo di lungolago che avevo saltato all’andata per passare davanti al duomo. A tratti esce il sole ed il forte vento a reso l’aria limpida ed io voglio scattare qualche foto da lì, ma non ho ancora capito il perché di questo desiderio.

Riguardo quest’ultima foto e come di incanto ora mi è tutto chiaro!

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Oltre la panchina quarant’anni fa c’era una piccola spiaggia

Qui mia nonna mi accompagnava tutti i pomeriggi estivi a guardare gli aliscafi planare nel golfo ed io scendevo su quella minuscola spiaggia per vedere se le onde dei natanti mi avrebbero bagnato i piedi.

Questi due itinerari ciclistici hanno ripercorso la storia della mia infanzia; la corriera che presi adolescente a Capovalle per tornare dai nonni, le escursioni dalla prozia di Moerna,  il passaggio dove nacque mio nonno a Maderno, le visite alla sorella di mio nonno nella casa del giardiniere del Vittoriale, il vicolo del campanile, ed infine la mia piccola spiaggia. La forza del subconscio!

Buon compleanno Mog!

Video Integrale: (SetteBorghiDiValvestino)

Dettagli tecnici su Strava:  Cicloturisti!@Coste,PassoS.Rocco,CimaRest&7borghiDiValvestino e Cicloturisti!@HomeSweetHome

 

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Video ‘on board’

Che la mia passione per la bicicletta vada di pari passo con quella per la fotografia si era capito. Tuttavia il tempo è tiranno; ogni istantanea richiede il suo, che siano trenta secondi od un paio di minuti. Nell’economia del giro questo implica che io dedichi a questa passione anche quindici o trenta minuti durante tutta l’escursione. A volte i miei compagni di viaggio non gradiscono queste continue interruzioni, a volte l’orario di rientro è programmato e non posso concedermi il lusso di troppe distrazioni. Da qualche tempo sto pensando che una videocamera potrebbe essere una valida alternativa ed integrazione alla fotografia. Non voglio, comunque, installare un nuovo “aggeggio” sul manubrio; è già abbastanza pieno per essere una bici da corsa! Quando Simone, mio ex collega di lavoro ed amico, mi ha parlato di un nuovo ciclocomputer GPS con videocamera integrata, che aveva inserito nel suo catalogo, mi si sono illuminati gli occhi! Eccolo Xplova X5 ciclocomputer GPS con altimetro barometrico, termometro, rilevazione dei sensori ANT+ (velocità, cadenza, potenza, cardio), navigatore con mappe OSM ed infine videocamera HD(720p). Non certo una GoPro, ma con l’indubbio vantaggio di essere tutto stipato nell’ingombro di un Garmin Edge1000 e la fantastica funzione di “smart recording” che consente allo strumento (una volta preimpostato) di attivare la registrazione nei momenti salienti. Insomma, da oggi, un modo in più per ammirare le bellezze dei paesaggi che ci circondano.

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Colli di San Fermo (da Vigolo, Bratta)

Da quando, un paio d’anni fa, Paolo Savoldelli ha scalato i Colli di San Fermo da Bratta per Bike channel questa salita è balzata agli onori delle cronache ciclistiche. In effetti, da poco, è stata quasi interamente asfaltata rendendola così idonea ai cicloamatori da sempre restii allo sterrato. Io, da più di un anno, l’ho messa nel mirino, ma per strane coincidenze non sono riuscito ancora a farla.

Oggi è il giorno giusto! Partenza, al solito, all’alba. Ore 6.00, Francesco è puntuale sotto casa mia pronto per partire; purtroppo avrà solo un paio d’ore e  mi accompagnerà fino al passo dei tre Termini. Il secondo compagno di viaggio sarà Carlo che mi affiancherà da Iseo in poi.

Questa notte è piovuto, le strada sono ancora bagnate. Dopo Gussago si inizia a salire, prima nel bosco verso Brione, poi, attraversata la frazione di San Giovanni, fino a Polaveno per giungere infine al passo (705m s.l.m.). La salita è suddivisa in due tronconi principali; il primo decisamente più impegnativo di cinque chilometri ci porta a Brione con pendenze spesso in doppia cifra; poi circa quattro chilometri di discesa e falsopiani ci conducono ai tre chilometri finali con pendenza media del 5%.PassoTreTerminiGussago La temperatura è ancora bassa e l’umidità vicina al 100%, non certo le condizioni ideali per iniziare a carburare; quindi decidiamo di tenere un’andatura regolare. In vetta al passo saluto Francesco e mi tuffo in discesa verso Iseo, temo di essere in leggero ritardo, ma l’asfalto ancora umido mi trattiene dal forzare in discesa. Giunto al tornate del ristorante Ginepro, mi si apre la spettacolare vista del lago e delle torbiere. Il forte vento ed il sole che non illumina ancora tutto il lago danno al paesaggio un gioco di colori straordinario ed io non resisto, devo fermarmi a scattare una fotografia!

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Quest’immagine con il cielo terso è il presagio che la giornata sarà spettacolare! Giungo ad Iseo forse con un paio di minuti di ritardo e trovo Carlo pronto ad aspettarmi; il tempo di una barretta e partiamo per attraversare Paratico, Sarnico e immeterci sulla sponda bergamasca del lago. Il vento ci sferza il viso, ma rende i panorami incredibili; così, dopo la galleria, chiedo a Carlo di fermarsi per scattare una foto alle Alpi innevate e al lago increspato dalla forza di Eolo.

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Attraversiamo Tavernola Bergamasca e finalmente iniziamo la lunghissima salita ai Colli di San Fermo, saranno più di diciotto chilometri in totale. I primi 6,6km sono quelli che conducono all’abitato di Vigolo. Una salita frequentatissima dai cicloamatori, anche in inverno, in quanto la sua esposizione al sole fin dalle prime luci dell’alba la rende tiepida anche nelle giornate più rigide. La pendenza non è mai eccessiva, in compenso la vista sul lago e su Montisola è impareggiabile.

Giunti nel borgo di Vigolo ci fermiamo a riempire le borracce alla fontanella del bivio per Parzanica. Da qui la strada sarà inedita per entrambi. ColliSanFermoTavernolaUsciti dall’abitato ci addentriamo nella valle ed il paesaggio cambia repentinamente da lacustre a montano con verdissimi alpeggi tra boschi di abeti e betulle. Anche la pendenza dell’asfalto sotto le nostre ruote muta drasticamente, ora spesso vediamo numeri in doppia cifra. La salita è tutto fuorché costante, dopo i primi 3km intorno al 9% troviamo 2km ‘quasi’ di falsopiano che si insinuano ancor di più nella valle. Attraversato un ponticello sul torrente Valle di Rino le cose cambiano, la strada si impenna davanti a noi, la pendenza si aggira costantemente attorno al 14% per poco meno di un chilometro; sarà solo la prima di una serie di rampe, fortunatamente la strada si addolcisce per un altro chilometro e la vista spettacolare che l’aria limpida ci sa donare ci ripaga ampiamente della fatica.

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Un altro tratto molto impegnativo (13,6%) della lunghezza di poco più di un chilometro ci riporta in vista del lago, dopo un tornante mi fermo per scattare una fotografia a questo panorama mozzafiato e per una volta la foto non sarà solo didascalica, sulla strada sottostante sta passando un ciclista: è Carlo che si era attardato.

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Proseguiamo, siamo ormai sopra quota mille metri e tra poco ci aspetta il primo breve tratto sterrato, sono circa duecento metri completamente pianeggianti. Ora un’altra rampa ci porta all’interno di un bosco di betulle, con lo sguardo cerco uno spiraglio tra la vegetazione perché ho la certezza che la vista da lì dovrà essere incantevole. SFermo11 Infatti ecco che tra due betulle la visuale si apre sull’alto Sebino, sulla val Camonica e sul ghiacciaio dell’Adamello; il forte vento di questa mattina fa la sua parte e dà al panorama una profondità di immagine incredibile! Proseguo qualche centinaio di metri e lo stupore è davvero immenso quando capisco che da quel punto si può vedere a destra un piccolo scorcio del basso lago, a sinistra l’alto lago con Pisogne e la val Camonica separati al centro dalle vette del monte Pendola, di Punta del Bert e del monte Mandolino.

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La strada prosegue con un altro falsopiano che ci sposta sull’opposto versante del crinale, ora la vista è sugli alpeggi dei colli di San Fermo, qualche nuvolone grigio si avvicina ed oscura il sole. Senza la nostra stella sopra i 1.100m si avverte subito l’aria frizzante di montagna. Ancora una piccola rampa sopra al 10% di pendenzaSFermo15 e la salita è finita. Inizia un primo tratto di discesa di circa tre chilometri che ci conduce alla chiesa di San Fermo, ora il panorama si apre verso la val Cavallina. Giunti all’incrocio suggerisco a Carlo di proseguire la discesa, in attesa che ritorni il sole, e di fermarci solo allora per mangiare. Questo versante dei colli di San Fermo è quello più frequentato dai ciclisti e da subito, mentre scendiamo, incontriamo numerosi ciclisti che stanno ultimando la loro salita; sembra un’interminabile processione. Incrociamo anche Sandrino, un nostro compagno di squadra, un vero camoscio, lui sì che va forte in salita, non come noi cicloturisti. Prima di Adrara San Martino mi fermo su un tornante per un paio di istantanee.

Riparto e mi fermo in piazza, il sole è tornato, riempio le borracce e mangio qualcosa, arriva anche Carlo che, pazientemente, attende che io finisca di giocare con le mie fotografie. Giunge anche Sandrino, che terminata la scalata, ha deciso di scendere dallo stesso versante. Ora siamo in tre, vista l’ora tarda, decidiamo di rientrare verso Brescia per la strada più breve e meno trafficata; Villongo, Credaro, ponte sull’Oglio di Castelli Caleppio e attraversamento di tutta la Franciacorta, paesaggio collinare che conclude degnamente con splendide vedute sul lago e sui vigneti il nostro giro. Non c’è tempo per fermarsi a fotografare, ma il nuovo Xplova gps dotato di videocamera integrata mi consente di fare brevi filmati senza fermarmi (video [3’50”]). Giunti a Bornato un campo ricoperto di papaveri ci costringe ad uno stop. Dobbiamo immortalare quella vista che tanto mi ricorda il celebre dipinto ‘Papaveri ad Argenteuil’ di Claude Monet, uno dei miei pittori preferiti.

A Rodengo Saiano salutiamo Sandrino che è arrivato a casa. Dopo il dosso di Santo Stefano saluto Carlo mio odierno compagno di viaggio. Giungo a Brescia con 131km nelle gambe e quasi 2.400m di dislivello; anche oggi estremamente soddisfatto per quello che la bicicletta mi ha saputo regalare; una nuova salita che si inserisce di diritto tra le più suggestive ed impegnative che ho avuto l’onore di scalare.

 

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@P.soTreTermini,ColliSanFermo(daBratta)

Guarda lo spettacolare video dalla ‘on board camera’ su YouTube: video (3min50sec)

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