Malga Tombea e Malga Alpo

Monte Tombea gravelextreme

Sono le 5.22 di sabato 1° agosto quando parto da Polpenazze in direzione nord. Quest’anno avevo due obiettivi ghiaiosi: completare l’anello del Tremalzo ed arrivare a malga Tombea proprio sotto la cima del monte omonimo. Conquistato il primo proposito, oggi è il turno del secondo. Dopo aver visto la splendida traccia di Niccolò della scorsa settimana decido di salire dal lago d’Idro, questo mi darà la possibilità di scoprire anche un’altra salita per me inedita, quella di malga Alpo. Dopo aver scavallato i laghetti di Sovenigo, a Villanuova mi infilo nella ciclabile della Val Sabbia sempre molto bella, ma con numerosi tratti troppo complicati per la bdc. Oggi, invece, con la LinaBatista la percorro volentieri. Settimana scorsa in località Ponte Re (all’uscita di Barghe) è stato inaugurato un nuovo tratto che consente di evitare la statale del Caffaro lungo la quasi totalità dell’abitato di Vestone. Sono pochi chilometri, ma la particolarità e che per un centinaio di metri la ciclabile è sospesa sopra il fiume Chiese aggrappata alla montagna esattamente come la celebre ciclopista di Limone.

Decido di fermarmi nel parco di Vestone per riempire la prima borraccia oramai vuota e mangiare la prima barretta. Sono le 7.00 del mattino quando ritorno sulla statale, fortunatamente l’abbandono prima dell’abitato di Lavenone restando a destra vicino al Chiese. Rientro sulla principale prima di Idro ed ora la devo percorrere per tutta la lunghezza del lago. Essendo il primo sabato di agosto, nonostante l’ora (7.30 circa), il traffico inizia a farsi sentire. Ancora niente code, ma certo non le poche autovetture a cui sono abituato in questi orari. Ad Anfo passo davanti alla fontana che solitamente è tappa di rifornimento prima della salita al passo Baremone, vedo tre Exploro della 3T con altrettanti ciclisti intenti nell’approvvigionamento idrico. Li saluto, ricambiano, mi immagino che saliranno allo sterrato del Baremone e magari faranno tutto il crinale fino al Crocedomini. Finalmente giungo a Ponte Caffaro e svolto a destra nelle vie del paese levandomi di dosso il fastidioso rumore dei motori.

Da ora per parecchie ore di auto ne vedrò poche. Utilizzando parte della ciclabile scavalco il piccolo delta del Chiese che si immette nel lago. A Baitoni inizia la salita, sono poco più di 10km per giungere agli oltre 1.400m di Malga Alpo, la pendenza media supera di poco il 10%, tuttavia i primi 4km fino al borgo di Bondone sono più semplici con pendenza 7-9% ad eccezione di un breve tratto iniziale tra 10-12%.

Inizio a salire e dopo alcuni tornanti con splendida vista sul lago odo il vociare di alcuni ciclisti alle mie spalle. Mi volto, sono in tre, salgono di buon passo, ma in scioltezza. Dopo altri cinquecento metri mi raggiungono, mi salutano (sono i tre delle Exploro) e mi superano. Qualche istante dopo uno si gira e mi chiede: “Ma sei Marco, quello che mi ha scritto su Komoot?” “Sì, sei Niccolò!” rispondo io. Per un attimo rallentano un poco ed io accelero per poter scambiare due parole. Non pensavo proprio che avrebbe rifatto lo stesso giro la settimana successiva. Mi spiega che ai suoi due amici Eric e Simone interessava molto e così eccoli qua. Sfortunatamente io non ho il loro passo e devo lasciarli andare. Sarebbe stato interessante discorrere un po’ di più con Niccolò Varanini che ritengo uno dei migliori tracciatori. Proseguo la mia salita fino al borgo di Bondone, carino, appollaiato sulla montagna a 700m s.l.m. con splendida vista sul lago e sulla valle. Ad un tornante vedo un bar e seduti i tre Exploro si gustano un caffè, ci salutiamo. Esco dal paese, un cartello minaccioso allerta gli automobilisti sulla pericolosità e la pendenza della strada. Ora inizia la parte dura, ma anche quella più paesaggisticamente spettacolare. Si parte subito con un 15% e ci si infila nel bosco, la strada diviene stretta, nessun rumore se non il cinguettio degli uccelli ed il frusciare delle foglie al vento. Innesto sin da subito il rapporto più corto 30×40 e mantengo una cadenza alta, saranno quasi 6km per arrivare alla malga e voglio salvare la gamba il più possibile. Fortunatamente poco prima del terzo chilometro inizia una specie di falsopiano, per 500m la pendenza non supera il 6%. E’ qui che mi riprende Niccolò con i suoi amici, questa è una fortuna perché mi consente di stare qualche minuto con loro e conoscerci un po’.

Ovviamente finito il tratto facile la strada si fa cattiva, ma proprio tanto. Niccolò scappa in avanti con balzo felino per appostarsi e scattare le fotografie ai suoi compagni. Eric e Simone proseguono con agilità manco stessero pedalando in ciclabile, io mi affanno e vedo il GPS superare il 20% di pendenza più volte. Intravedo Niccolò all’uscita di un tornante mentre sta ripartendo dopo lo shooting, ci salutiamo a distanza, non li rivedrò più com’era prevedibile che fosse. Mi godo la mia salita su questo versante a me nuovo. Mi sorpassano, in momenti diversi, anche due ragazzi in bdc del B3L, vanno ancora più forte sembra stiano facendo una cronoscalata. Dopo il quinto chilometro da Bondone il bosco lascia spazio all’alpeggio, la vista si apre sulle montagne, il cielo è terso, un vero paradiso.

Inizio a vedere le prime malghe ed i cartelli indicano che ormai sono in località Malga Alpo. Anche la pendenza si addolcisce, per diventare nuovamente tosta solo in mezzo alle malghe. Abbandono per un attimo la strada che sale alla Bocca di Cablone per una deviazione all’abbeveratoio (saggiamente visto nello studiare la traccia di Niccolò). Mi fermo, è il momento della pausa pranzo, si fa per dire, dato che non sono ancora le dieci, ma pedalando da più di quattro ore ho proprio bisogno di reintegrare e questo è veramente un luogo fantastico per farlo.

Mangio, bevo, guardo la montagna che mi sovrasta e che dovrò scalare di lì a poco e faccio fotografie. Dopo un quarto d’ora abbondante riparto, imbocco la strada per il valico e inizio a salire. I primi 2,5km sono facili attraverso l’alpeggio ed il bosco. Al primo tornante a sinistra le cose si complicano e di parecchio come preventivato. La strada si impenna oltre il 10% ed il fondo si fa molto mosso e con sassi piuttosto grossi.

Oltrepasso la vecchia galleria militare, ormai siamo entrati nella zona di confine della Grande Guerra, provo a pedalare ancora, ma devo rinunciare a causa del fondo, un centinaio di metri e risalgo in sella arrivo al secondo ed al terzo tonante e li oltrepasso con grande fatica, la bici si impunta troppo spesso contro i sassi più grossi ed il posteriore slitta di frequente. Al quarto tornate decido che data la velocità in sella mi conviene proseguire a piedi e salvare la gamba. I cinque tornanti successivi sono meravigliosi, sono talmente assorto nel contemplare il paesaggio che quasi non mi accorgo di essere già oltre i 1.600m. Scatto alcune fotografie, da qui si possono osservare contemporaneamente Bagolino, la piana del Gaver, il Dosso Alto, i radar del Dosso dei Galli ed infine a nord in tutto il suo splendore il ghiacciaio dell’Adamello.

Provo a risalire in sella vedendo un tratto più facile alla ripartenza dal tornante otto, ma dura poco, ritorno a spinta, in realtà sono quasi a 1.700m e non manca molto alla Bocca di Cablone (1.775m). Sono quasi sorpreso quando scorgo il valico, la maestosità del paesaggio mi ha fatto perdere la cognizione del tempo, in realtà ho camminato per circa mezz’ora. Guardo verso est, riconosco il profilo delle montagne della Valvestino e del lago di Garda, sotto di me i fienili di Denai, aria di casa. Oggi, però, è il grande giorno di Malga Tombea, mi attende ancora più di un kilometro di salita sulla sterrata militare.

È li davanti a me intagliata nella roccia, un lungo rettilineo ghiaioso. Riparto, la pendenza media è 8%, ma nella parte centrale, per duecento metri, si torna ancora vicino a 20%. Riesco a percorrerla quasi tutta in sella forte del fatto che so di essere vicino alla meta. Quando la strada ritorna a salire in modo più confortevole ho la forza per guardarmi attorno. Sotto di me un gregge di pecore e sul ciglio della carrabile un ragazzotto (il pastore), ci salutiamo. Arrivo alla Malga, le giro tutt’attorno ed intanto osservo sia il monte Tombea, sia il Caplone poco più avanti.

Cerco di scorgere la traccia della mulattiera che porta al Caplone attraverso la Bocca di Campei. La osservo, so che i tre Exploro sono andati di là, percorso molto tecnico, più mtb che gravel. Da lì si può scendere a Bocca Lorina e poi scegliere o su al Tremalzo o giù a Tremosine. Per me oggi basta così, mi godo il Tombea da qua, da questo nuovo punto di osservazione. Mai ero salito così in alto in Valvestino, vedere Cima Rest (1.200m), che era il mio vecchio punto di riferimento con la bdc, dall’alto dei 1.800m del Tombea laggiù in fondo mi suscita un enorme stupore.

Unico neo, la foschia della calura estiva che salendo dal lago ne impedisce la vista, ma non si può aver tutto. Riparto e ritorno verso Bocca di Cablone per prendere la forestale che scende ai Fienili di Denai e a Magasa. Passo vicino al pastore, gli dico che nella piana vicino alla malga c’è un agnellino “disperso” che bela. Mi risponde con fare colorito: “Lo so. La vedi quella là, è la tr… di sua mamma che lo ha abbandonato. Dopo torniamo a prenderlo.” È incuriosito dalla mia bici, parliamo un po’ e scopro che è un vero pastore, di quelli che la transumanza la fanno per davvero, è partito da Montichiari a fine maggio e poco alla volta è salito fino a qui. Tra un paio di settimane inizierà la discesa, mi faccio spiegare il percorso, sono molto curioso, si stupisce un poco del fatto che io conosca tutti i luoghi che mi cita e che gli dica che ci sono passato in bici durante altri giri. Una curiosità mi assilla, siamo ad agosto, in questo periodo quando arrivano le perturbazioni piovose il brusco abbassamento di temperatura crea dei potenti temporali ed il Tombea è il monte più alto nell’arco di chilometri, un parafulmine naturale. Com’è stare qui chiusi dentro le spesse mura della malga? Anche stavolta la risposta è colorita: “C’è da cagarsi sotto!” Lo lascio al suo lavoro, non senza prima averlo ringraziato per la tradizione che porta avanti con caparbietà. Massimo rispetto! Ho i brividi ancora adesso che scrivo a pensare a lui. Inizio la discesa, interrotta molteplici volte per fotografie varie.

Dopo il Cablone la strada è ancora molto mossa e scoscesa per alcuni chilometri, forse quasi tre, poi cominciano a comparire tratti lastricati ed anche il fondo dello sterrato migliora. Infine poco prima del “Pilaster” (bivio con una forestale che porta direttamente a Rest) si entra nel bosco segno che Denai è vicino.

Raggiunto l’asfalto ai Fienili mi fermo un attimo per riposare le braccia, fotografare e bere un sorso. Riprendo, poco prima di Magasa c’è una bellissima fontana con una panchina e delle fioriere di legno sulla strada, mi fermo lì per riempire le borracce, guardo l’ora sono le 12.30. Era da Malga Alpo che non controllavo l’orologio come se lassù nel silenzio delle montagne non fosse più esistito un riferimento temporale.

Riparto, la solita sensazione di aver già alle spalle la parte migliore del giro, mi consola il fatto che ancora per numerosi chilometri pedalerò sulle magnifiche strade della Valvestino. La giornata è di quelle calde, l’ho capito dall’afa che vedevo sopra il lago dal Tombea. Per fortuna questi sono luoghi noti per essere sempre freschi. Per curiosità arrivato a “Frozen Place”, la piccola laguna poco più in basso di Turano dove in inverno ho visto -10°C, guardo il termometro del gps, segna 27°C anche qui!

Oltrepasso la diga, la temperatura è costantemente sopra i 30°C, ma ciò non mi dispiace. Oggi opto per la discesa da Zuino con ulteriore deviazione a Fornico che mi riporta sulla strada alta di Gaino. Ormai ci siamo, sono costretto a tornare nel mondo civilizzato ed a Toscolano rientro in Gardesana, il solito traffico vacanziero, ma neanche dei peggiori.

Sono circa le 14.30, direi l’orario migliore per godere della calura afosa che sale dall’asfalto. Il vento caldo asciuga il sudore e le borracce si svuotano velocemente. Niente deviazione per S.Michele o Gardone Sopra, oggi si va dritti a Salò per salire le Zette ed uscire nuovamente dal traffico utilizzando il percorso ciclabile che passa per Raffa di Puegnago. Il mio gps segna spesso 35/36°C, ma so che il sensore è troppo influenzato dall’irraggiamento solare. Arrivato a Raffa di Puegnago una bellissima fontana/lavatoio all’ombra mi consente di immergere completamente entrambe le braccia nell’acqua fresca e di inzuppare il cappellino che uso come sottocasco.

Riparto, ormai sono quasi arrivato, la curiosità è vedere fino a che temperatura arriverà il gps quando inizierò a risalire verso Picedo e la velocità calerà sotto i 20km/h. Ebbene punta massima 43°C, io lo considero un buon indice del calore percepito, sapendo benissimo che la temperatura reale probabilmente si attesta a 37°C. Arrivo a Polpenazze quasi alle tre e mezza del pomeriggio dopo 130km e 2.430m di dislivello che, come sempre, non dicono molto riguardo allo spettacolo del giro. La soddisfazione oggi è veramente tanta, il Tombea è da anni uno dei miei tarli ed oggi si è lasciato conquistare in una splendida giornata estiva.

Dettagli tecnici su: STRAVAKOMOOT

Videogallery: Video 7’04”

Photogallery:

Pedalando sulla neve!

Sabato 14 dicembre, quest’anno il meteo ci ha regalato nevicate sopra i mille metri di quota, già ad inizio mese. L’ultima, l’altro ieri, ha lasciato altri venti centimetri di neve fresca anche a bassa quota. Sono le 6.51 quando aggancio il pedale della mia AliMat, per l’occasione gommata 650bx40 con battistrada tassellato (Conti TerraSpeed e TerraTrail). L’obiettivo di giornata è quello di dirigermi il più velocemente possibile a Gargnano, salire al lago di Valvestino per pedalare nella neve. Da lì vedrò se riuscirò a realizzare uno dei miei sogni ciclistici. Il cielo è ancora scuro, appena uscito di città la temperatura crolla a -2°C, oltrepassato Rezzato mi immetto nella “Gavardina”, la ciclovia che conduce a Salò fiancheggiando il naviglio grande bresciano. I miei due potenti fanali anteriori illuminano a giorno la strada davanti a me, la brina depositata sulle foglie riflette la luce e conferma le mie sensazioni di gelo.

Alle porte del paese di Prevalle mi fermo per un paio di fotografie atte ad immortalare il passaggio dal crepuscolo all’alba.

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Riparto, oltrepasso lo svincolo dei Tormini dall’alto del ponte della vecchia tramvia e procedo seguendo i cartelli ciclabili per Salò. Per la prima volta decido di seguirli e percorro un breve tratto di sterrato che scende direttamente nella frazione di Volciano. Rientro sulla ss45bis, oltrepasso l’abitato di Salò e mi dirigo verso Gardone Riviera. Il cielo è terso ed il sole, anche se ancora basso, inizia ad irradiare calore. Sono le 8.30 e decido di approfittare della splendida luce per fermarmi sul lungolago di Barbarano/Gardone per alcune fotografie, per mangiare una barretta e per riscaldarmi al riverbero del lago.

Riparto verso Gargnano, a Maderno decido di percorrere tutta la ciclabile che costeggia il lago seguendo il delta del torrente Toscolano.

Proseguo, solita deviazione a Villa di Gargnano per il suo spettacolare porticciolo e finalmente inizio la salita del Navazzo, che mi porterà all’imbocco della Valvestino. Sono da poco passate le nove del mattino, la temperatura è già risalita a 6°C e soprattutto il sole scalda che è una meraviglia! Già a metà salita a bordo strada nei punti meno soleggiati fa capolino qualche traccia di neve, cosa inusuale in quanto la neve tende subito a sciogliersi in prossimità del lago. Il Garda, essendo un enorme bacino d’acqua dolce, è noto per avere un clima particolarmente temperato ed assimilabile a quello mediterraneo. Infatti sui pendii delle coste bresciane, esposte al sole fino dall’alba, si coltivano ulivi e con qualche accorgimento, un tempo, si riusciva a coltivare anche limoni ed altri agrumi, attività ormai non più remunerativa. Io tolgo il gilet, abbasso completamente la cerniera del giubbino e tolgo i guanti. Desidero espellere più sudore possibile per non trovarmi bagnato quando entrerò in Valvestino. Mi godo la salita, il paesaggio ed il caldo sole. Tra poco mi aspettano la neve ed il gelo.

Giungo nella piana antistante il borgo di Navazzo, mi fermo per una rapida sosta: fotografie, barrette e vestizione, la neve è ormai una presenza costante a bordo strada.

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Riparto, attraverso il centro abitato, svolto verso occidente, ultimi raggi di sole mentre entro nella valle, il monte Pizzoccolo sta per oscurare il sole che basso all’orizzonte in inverno non riesce a superarlo.

Ancora un paio di chilometri, la strada piega nuovamente verso destra e volge a nord, il sole non c’è più, l’asfalto si imbianca repentinamente, i mezzi spazzaneve hanno già pulito il grosso, ma non completamente. Altre volte ho percorso queste strade in inverno (Valvestino tra i ghiacci!), ma mai avevo trovato l’asfalto così già all’imbocco della valle.

La temperatura è scesa a -2°C, la neve caduta i giorni scorsi mi circonda rendendo il paesaggio fiabesco. Giungo al ponticello posto prima della breve risalita alla diga, il paesaggio è maestosamente glaciale. Innesto il rapporto più agile 34×34, l’asfalto sembra ghiacciato e mi preparo a slittare a causa della salita, aumento dolcemente la cadenza ed inizio a salire. Sono solo cinquecento metri, ma con pendenza 8%, lo pneumatico tiene bene e la AliMat procede senza tentennamenti. Primo test superato! Dopo la diga, la strada prosegue per circa cinque chilometri affiancata al lago che resta per lo più in ombra. Sul primo lungo ponte non posso che fermare la bicicletta ed effettuare una ripresa a 360° per testimoniare il fascino spettacolare delle montagne innevate.

Riparto, sono al settimo cielo, speravo di poter pedalare circondato dalla neve, ma non mi aspettavo di farlo sulla neve! Soprattutto non da così in basso mentre sto ancora costeggiando il lago. I pensieri scorrono veloci, all’entusiasmo si alterna il timore per le salite che mi aspettano. Inizio a pensare a quale strada sia meglio percorrere una volta giunto al Molino di Bollone: la più sicura salita diretta per Capovalle, soleggiata e sicuramente con asfalto facile ed ascitutto o la vera salita di Valvestino attraverso i borghi di Turano, Persone, Moerna, quasi tutta all’ombra, ma indubbiamente più ghiacciata e spettacolare. Sono le 10.30 quando arrivo al bivio, ragiono sulle diverse tempistiche di percorrenza e credo di poter affrontare la salita da Turano senza incidere troppo sull’orario di arrivo a casa. Tengo la destra sulla strada principale e mi dirigo verso quello che io chiamo “The frozen place” un meraviglioso stagno naturale formato dal torrente ad un chilometro dall’abitato Turano. Un luogo fresco e rigoglioso in estate e gelido in inverno. È qui che due inverni fa vidi la temperatura più bassa sul mio gps -9°C.

Con sorpresa la temperatura non scende e resta a -2°C, ma il fascino di ” Frozen place”e della strada completamente imbiancata da un sottile strato di neve mi costringono alla solita fermata fotografica.

Riparto, al bivio per Magasa e cima Rest per alcune centinaia di metri ricompare il sole che mi riscalda un poco e dona nuovi colori alle montagne innevate.

Da qui inizia la parte più complicata del mio giro, quella che più mi preoccupa e di cui stamattina alla partenza dubitavo di più. La strada ora sale per poco meno di tre chilometri con pendenza media vicino a 10% e con un paio di strappi a 14%. In queste condizioni di asfalto semi-innevato il dubbio sulla possibilità di salire in sella senza scivolare e slittare è più che lecito. In compenso il paesaggio si fa sempre più suggestivo ed incantato, ora anche i rami degli alberi sono carichi di neve ed aumentano la sensazione di trovarsi in una favola di Walt Disney. La AliMat sale, io cerco di sentire ogni piccola vibrazione, pedalo come se fossi su un tappeto di uova, e tutto procede al meglio.

I Continental Terra mi stanno dando un grande feeling, 40mm di battistrada gonfiati a 2 bar che si schiacciano ed impaccano sulla neve, io procedo senza esitazioni e mi godo lo spettacolo, l’aria che respiro è fredda ed umida, la sento, ma non mi da fastidio, non sento neanche il gelo, quasi non percepisco neanche la fatica da tanta adrenalina ho in corpo. Ogni tanto, dai rami, casca qualche mucchietto di neve, un paio si spiattellano sul mio casco e sul mio giubbino in Event scivolando via. Io gongolo, quando si indossano i materiali giusti e si pedala con l’attrezzatura giusta (gomme tassellate e freni a disco) anche strade insidiose come queste diventano percorribili in sicurezza. Nonostante tutto non abbasso mai la guardia, l’attenzione è sempre al massimo, basta poco per trasformare una splendida giornata in un brutto ricordo. Arrivo a Persone, borgo dai sapori antichi.

Lo oltrepasso e dirigo verso Moerna, la strada torna al sole, sono ormai oltre quota 800mt. e la vista si apre sui monti Tombea e Caplone, sui fienili di Rest e sotto di me sulla valle appena attraversata. Inizio ad avere fame, decido di oltrepassare il borgo di Moerna e di fermarmi, come altre volte, sul rettilineo di uscita per una sosta fotografica ed un breve spuntino.

Guardo l’orologio sono le 11.30, solo ora capisco di aver sbagliato clamorosamente la previsione del tempo di percorrenza, anzi non mi capacito di come abbia potuto commettere un errore così grossolano, ma si sa è il subconscio che ci guida ed il mio voleva che oggi pedalssi nella neve. Mando un messaggio a casa per segnalare che non arriverò prima delle 14.00 e riparto in direzione della vecchia dogana austro-ungarica, punto più alto del giro odierno a quasi 1.000m di altitudine.

Entro in Capovalle, mi fermo alla fontana a riempire la borraccia e lesto riparto in salita, ancora cinquecento metri e sarò a passo San Rocco da dove inizierà la lunga discesa verso il lago d’Idro, poco più di otto chilometri.

So che la discesa sarà per lo più in ombra, ma non sono particolarmente preoccupato per le condizioni dell’asfalto. Questa è l’arteria principale di comunicazione ed è solitamente tenuta molto ben pulita anche a ridosso di forti nevicate. Infatti, nonostante l’ombra, la sede stradale è completamente sgombra da neve, credo che ci sia sull’asfalto tanto sale da rendere impossibile la formazione di ghiaccio anche a -10°C!

Già dal primo tornante capisco che anche la discesa sarà spettacolare e di rara bellezza. Una lingua di asfalto nera che si snoda sinuosa come un serpente circondata dal bianco candore della neve che tutto ricopre, rami, alberi, prati, monti, tetti. Mentre scendo sento il freddo farsi pungente nonostante la velocità sia sempre molto controllata, sempre al di sotto dei 40 km/h. In effetti il gps segna -4°C, arrivo al ponte sul rio Vantone, la leggera salita seguente mi consente di riscaldarmi prima di entrare nella galleria che conduce agli ultimi tornanti con vista sul lago d’Idro. Ovviamente “uscito dal tunnel” non posso che fermarmi ad immortalare lo spettacolo della piana di Idro ancora imbiancata.

Ora la strada torna al sole, la temperatura risale, l’asfalto è asciutto ed io posso lasciar correre AliMat e superare finalmente i 50km/h. Entro in paese, arrivo sul lungolago, un folto gruppo di anatre sta camminando nel prato adiacente al lago ed io mi sento obbligato a fotografarle mentre zampettano nella neve.

Un’altra barretta e riparto, sono così in ritardo che oggi non mi posso concedere più nessuna delle mie solite deviazioni anti-traffico. Peraltro l’ora di pranzo aiuta ad avere meno veicoli sulle strade. Oltrepasso in rapida successione Lavenone, Vestone, Nozza e Barghe, la neve continua, comunque, a fare da cornice anche se non in presenza così massiccia come in Valvestino. Evito anche la salita di Preseglie e mi dirigo a Sabbio Chiese, salirò dalla strada del bosco, sicuramente l’itinerario più veloce per arrivare alle Coste. Inoltre la scarsamente trafficata strada del bosco con la neve non l’ho mai fatta. Alle 13.10 sono sul lungo rettilineo per le Coste in uscita dal comune di Odolo. Risalgo il “Groppo” sono un po’ stanco, cerco di tenere un discreto passo, bevo un energetico ed un sorso d’acqua. Dopo il “Groppo” il sole sparisce, è già nella sua fase calante e la maggior parte della salita al colle di Sant’Eusebio è ritornata all’ombra. La temperatura ritorna vicino allo zero ed il paesaggio simile a quello di Valvestino. Stamattina sarebbe bastato salire qui, a pochi chilometri dalla città, per immergersi nel fascino della neve.

Ad un chilometro dalla vetta la suggestiva vista della valle di Vallio Terme con sullo sfondo una piccola porzione del lago di Garda cattura il mio sguardo, immediata la sosta con fotografia didascalica.

Scollino, sono le 13.30, mi getto in discesa, ancora l’ombra, l’aria è nuovamente gelida, guardo il gps, all’altezza della val Bertone sono sceso a -2°C. Fortunatamente a Caino torna il sole, spingo anche in discesa, oltrepasso Nave, continuo a spingere per quel che ne ho. Sono le 14.04 quando apro il portone di casa. 140Km, 2.500m di dislivello a 22km/h e 2°C di temperatura media (-4°C / +10°C). Questi sono i numeri, ma non dicono nulla sulle intense emozioni vissute nella neve e nel ghiaccio della Valvestino. Soprattutto non rendono l’idea di un sogno che si avvera: partire da casa, costeggiare il mio lago in una splendida giornata invernale di cielo terso, guardarlo dall’alto, infilarmi nell’innevata Valvestino, pedalare sulla neve per 30km, giungere al lago d’Idro imbiancato a festa e ritornare in città attraverso le Coste anche loro innevate. La giornata Perfetta!

Valvestino innevata

Dettagli su Strava: Cicloturisti!@ Valvestino innevata ❄️❄️❄️🏔️

Videogallery: Video integrale 7’42” (guardatelo, i paesaggi meritano davvero)

Photogallery:

Antica via Ponale e passo Tremalzo (Giro dei 4 laghi)

Sono le 5.36 del mattino di domenica 4 agosto ed io inforco la mia specialissima per un nuovo giro. È passato un mese dalla Maratona delle Dolomiti, questo è il periodo migliore per compiere i tour più lunghi. La gamba è ben allenata, cuore e polmoni hanno resistenza in abbondanza. Parto da Polpenazze mentre il sole sta sorgendo dietro il monte Baldo, un alone rossastro ben definisce il contorno del suo crinale.

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Oggi devo risalire tutta la gardesana fino a Riva. Poche distrazioni, una foto in Salò al duomo in cui sono stato battezzato, una a Villa di Gargnano per le celebri “bisse” (lunghe e affusolate imbarcazioni lacustri con voga veneta), una lungo la vecchia gardesana per mangiare anche un boccone e l’ultima a Limone per la ciclopista.

 

Poco più di cinquanta chilometri e giungo al bivio per il sentiero del Ponale posto all’inizio dell’abitato di Riva del/G. Un’ultima sosta barretta e prima delle otto attacco la prima salita di giornata. Questa primavera il sentiero è stato chiuso per lavori alle tubazioni che giacciono sotto di esso. Con l’occasione è stato rifatto lo sterrato, ora ben compatto e facilmente percorribile anche in bdc (bici da corsa). A quest’ora del mattino il traffico è pressoché nullo e posso scegliere le traiettorie migliori evitando tutte le buche.  Tra meno di due ore pullulerà di MTB elettriche e sarà tutta un’altra storia. Attivo la mia videocamera e riprendo il sentiero nelle sue parti più emblematiche (video integrale 9’28”). Mi fermo in un paio di occasioni per fotografare, ma la giornata è un po’ fosca e non limpida come due anni fa quando la percorsi con Rick (link).

 

Finito lo sterrato ancora un paio di chilometri mi separano dalla provinciale che sale in galleria da Riva, nel complesso 4,5 km di salita piuttosto pedalabili.

 

Mi immetto sulla via principale in direzione lago di Ledro. Ancora quattro chilometri di salita con pendenza compresa tra 5% e 8% e sono davanti al museo palafitticolo di Molina d/L.MolinaDiLedro Qualche didascalica istantanea a suggellare l’importanza di questo sito preistorico che ci ricorda l’evoluzione della nostra razza.

 

Una sosta nel parco alberato di fronte al lago per mangiare qualcosa e via seguendo la ciclabile sul lato sud del lago. Meravigliosa, un susseguirsi di saliscendi nel bosco a bordo lago, alcuni tratti di sterrato ben battuto, la impreziosiscono ancor di più. Alla fine del lago rientro sulla statale dell’Ampola, vedo la ciclabile alla mia sinistra una, due volte e decido infine di prenderla. In genere le piste in Trentino sono ben fatte anche per noi stradisti e così è anche stavolta. Ad un certo punto compare anche l’indicazione per passo Tremalzo, io la seguo pedestremente e mi ritrovo dentro una bellissima pineta. D’un tratto, la strada inizia a salire con pendenza ragguardevole, guardo la mappa del mio GPS e capisco che questa rotta mi immetterà sulla salita del Tremalzo ben dopo il primo tornante.

 

La pendenza continua a crescere fino al 25%, l’asfalto lascia il posto al cemento e nonostante questo il manto, ancora bagnato dal forte temporale notturno, è sdrucciolevole. La ruota posteriore slitta parecchio, sono costretto a scendere e percorrere un centinaio di metri a piedi. In totale saranno cinquecento metri prima di immettermi sulla classica salita del Tremalzo. Nonostante questa scorciatoia mi abbia fatto risparmiare più di un chilometro la salita è ancora lunga,  quasi dodici chilometri nel complesso. La pendenza è piuttosto regolare tra 7% e 10%. Questo significa che bisogna affrontarla con il rispetto che si porta alle lunghe ed impegnative erte alpine. Ad alleviare la fatica il meraviglioso panorama che si gode durante tutta l’ascesa. La prima metà della salita si snoda completamente sotto una pineta fresca ed ombrosa dove la temperatura scende fino a 17°C.

 

Dopo quattro chilometri abbondanti il bosco cede spazio ai primi alpeggi, la visuale si apre verso le montagne circostanti, il sole inizia a riscaldare l’aria ed io mi guardo estasiato attorno.

 

La sottile e sinuosa striscia di asfalto continua così, tra boschi e radure, con il suono dei campanacci delle mucche ad allietare le mie orecchie. Non è che non faccia fatica, ma pedalare su queste salite è così appagante che il tempo vola e mi ritrovo ad un paio di chilometri dal passo, immerso negli alpeggi, tra malga Tiarno di Sopra e Malga Tremalzo, senza accusare la minima stanchezza.

 

Ormai il passo è vicino, subito dopo l’ultimo tornante una piacevole sorpresa, la strada segue il crinale che si fa sottile, poco più di una decina di metri, alla mia destra il monte Baldo ed il lago di Garda, già offuscato dall’umida calura agostana, alla mia sinistra il Dosso dei Galli, il Cornone di Blumone ed infine l’Adamello. Sì, proprio il ghiacciaio dell’Adamello! Dai quasi 1.700m del Tremalzo l’orizzonte nord spazia fin lì!

 

Purtroppo, la vetta è già nascosta dalle classiche nuvole che si formano intorno a mezzogiorno sulle cime alpine. Arrivo al passo e proseguo un centinaio di metri sulla strada sterrata; è la strada militare che aggirato il monte scende a passo Nota, voglio dare un’occhiata, sogno di percorrerla con la gravel bike appena avrò più dimestichezza con i terreni ghiaiosi.

 

Ritorno sui miei passi mi fermo al rifugio ed osservo questo meraviglioso panorama a 360°. Faccio conoscenza con una coppia di emiliani in soggiorno sul lago di Ledro, sono saliti con le e-MTB (elettriche) e si accingono a scendere verso passo Nota per poi rientrare lungo le mulattiere a Molina di Ledro, bellissimo giro anche il loro. Intanto ne approfitto per mangiare e dissetarmi. Riprendo la bici e scendo a valle, sono passate da poco le undici del mattino, ma per me la giornata è ancora lunga. La discesa è ancora fresca e la mia splendida maglia manica corta in bioceramic (by GSG cyclingwear) mi consente di affrontarla senza antivento. Mi immetto sulla statale all’altezza del passo d’Ampola e dopo un corto falsopiano proseguo la discesa verso Storo. L’aria si fa sempre più calda, percorro la ciclabile del Chiese, splendida anch’essa, non fosse altro che mi evita la strada statale. Prima di Ponte Caffaro mi perdo un attimo e anticipo l’uscita dalla ciclabile, questo mi costringe a percorrere qualche chilometro in più, ma poco importa, ora la temperatura ha superato i 30°C ed io penso che, una volta costeggiato tutto il versante ovest dal lago d’Idro, dovrò affrontare la salita di Capovalle, quasi completamente esposta al sole. A mezzogiorno e mezzo, oltrepassato l’abitato di Idro, inizio la salita, celebre presso i triatleti in quanto percorso del temibile IdroMan. Al primo tornante sono costretto a fermarmi per un’istantanea didascalica, d’altronde se questo è il “giro dei quattro laghi” li devo fotografare tutti.

 

Salgo, Capovalle da Idro è abbastanza impegnativo, in tutto poco più di otto chilometri con media del 6%, ma quello che mi preoccupa un pochino è il lungo rettilineo dopo la galleria con pendenza costante tra 11% e 16% completamente esposto al sole.

 

La temperatura sale fino a 36°C, io procedo lentamente, ma con decisione. All’inizio dei tornanti raggiungo un ragazzo (di una volta come me) con una gravel.  Rompo il ghiaccio con un: “Credevo di essere l’unico pirla a salire a mezzogiorno sotto il sole da qui!” Mi risponde con simpatia: “Tranquillo, io sono sicuramente più matto ho anche già fatto un infarto (ndr in passato) e salgo comunque!” Vince lui a mani basse. Chiacchieriamo un poco, è partito da vicino Bergamo per venire a Gargnano, di chilometri ne farà tanti anche lui. Nonostante la simpatia sono costretto a lasciarlo, il suo passo è troppo lento, spero di ritrovarlo dopo la sosta in vetta per la discesa. Purtroppo, nonostante una lunga sosta alla fontanella di Capovalle per mangiare e idratarmi, non lo vedo scendere o mi sfugge, la fontana, in realtà, è leggermente defilata. Riparto, mi attende la discesa ed il lungo e stupendo falsopiano che costeggia il lago di Valvestino, il quarto del giro. L’aria resta calda, intorno a 30°C, anche mentre scendo. Giunto al lago mi fermo ad uno dei miei punti panoramici preferiti, da cui ho decine di scatti fotografaci presi in tute le stagioni.

 

Ancora qualche chilometro e sono a Navazzo, nuovamente in vista lago di Garda, il giro si sta per chiudere. Scendo veloce, l’aria è calda come quella che esce dagli asciugacapelli. Sono a Gargnano, finalmente in riva al lago, ci sono 34°C, giusto il tempo di attraversare anche Bogliaco e mi infilo, come sempre, nella “strada del golf” che mi porta a Cecina, sotto l’ombra di un boschetto. Ritorno sulla ss45bis poco prima di Toscolano, è molto tardi, già ho dovuto scrivere che sarei giunto a casa oltre il previsto, ma vorrei evitare di arrivare nuovamente lungo. Quindi via, pedalare a testa bassa, in meno di mezz’ora sono a Salò all’attacco delle Zette, è qui, dove la velocità cala sensibilmente ed il sole del primo pomeriggio picchia più forte, che raggiungo la temperatura più alta 38°C.  Bell’escursione termica dai 17°C della pineta del Tremalzo di stamattina ad ora ci sono più di 21°C di scarto! Ma io adoro il caldo ed anche a questi livelli ci convivo bene.

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Ora non mi resta che percorrere a ritroso anche la Valtenesi fino a Polpenazze, mia meta d’arrivo. Sono le 15.45 del pomeriggio con un quarto d’ora di anticipo sull’ora e mezza di ritardo entro dal cancello di casa. Sono quasi duecento chilometri (194) per 3.300m di dislivello in poco più di nove ore di pedalata, ma questi sono solo numeri, quello che resta è la meravigliosa strada del Ponale e soprattutto la scoperta di un’altra incredibile salita con panorami mozzafiato, il passo Tremalzo!

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturistiforever!@Giro dei 4 laghi (Garda,Ledro,Idro, Valvestino) Ponale,PassoTremalzo,PassoSanRocco

Giro dei 4 laghi

Videogallery: Sentiero del Ponale integrale (9’28”) – Passo Tremalzo (2’09”)

Photogallery:

 

 

Passo Cavallino della Fobbia mon amour

Sabato 14 aprile alle 6.38, prima che sorga il sole, parto direzione Coste e passo Cavallino della Fobbia da Vobarno. Luci accese quasi fossi un albero di Natale. Le previsioni sembrano essere buone, ma questo 2018 ci ha già riservato parecchie sorprese dalla neve in pianura di Marzo alle ultime copiose piogge. La temperatura è ancora di quelle invernali, 6°C in partenza. Passo Cavallino ed il mio pensiero inizia il suo “stream of consciousness” ancor prima che io inizi a pedalare. Era il 25 aprile del 1997 quando lo scalai per la prima volta e fu subito sofferenza ed amore. All’epoca si calcolava ancora il chilometraggio con il compasso sulla cartina del TCI ed il dislivello per differenza tra la sommità dei passi e le quote dei paesi di fondo valle. Per capire le pendenze ci si affidava al simbolo “>” una freccia meno di 6%, “>>” fino a 11%, “>>>” più di 12% di pendenza, ma quelle della Fobbia non erano indicate, stradina secondaria e poco rilevante. Così, al mio terzo anno ciclistico, dopo aver scalato Lodrino mi trovo davanti la salita dal versante di Vestone; magnifica, ma capii subito che sarebbe stata dura e indimenticabile. Dopo Treviso Bresciano, all’altezza del Santuario della Madonna delle Pertiche, vidi Lei, tutti gli Angeli, gli Arcangeli e i Santi del Paradiso! La mia più colossale crisi di fame, mi fermai, mangiai tutte le merendine che avevo e stetti seduto a riposare sotto il portico della chiesa sperando che gli zuccheri entrassero in circolo per più di venti minuti. Da allora il versante di Vestone ha il mio perenne rispetto. Fu, però, amore immediato, tanto affascinante, varia, spettacolare era quell’erta. Sono già a Nave, tempus fugit, il rimembrar emozioni passate fa scorrere l’orologio a doppia velocità. Codesto è il motivo principale per cui la Fobbia è in assoluto tra le mie salite preferite. Inoltre rappresenta, ogni anno, la prima vera scalata alpina oltre i 1.000m di quota e con lunghezza di gran lunga sopra i dieci chilometri da entrambi i versanti. Scollino le Coste di Sant’Eusebio con tranquillità e mi dirigo verso Vallio, attraverso alcuni tratti della ciclabile ed alle 8.15 in centro a Vobarno svolto a destra in direzione Valdegagna. Inizia finalmente il

Cavallino della Fobbia (13,7km al 6,1%), il fondo valle si distende in direzione nord-est lasciandomi all’ombra per i primi quattro chilometri, la temperatura scende fino a 3°C.

PassoCavallinoFobbia(daVobarno)

Finalmente dopo l’abitato di Degagna il sole inizia a fare capolino da dietro le montagne. Il cielo si rasserena sempre più, guardando verso nord è completamente terso, presagio di una splendida giornata. Dopo sei chilometri si inizia a fare sul serio, due tornanti secchi e ravvicinati, un cavatappi, con pendenza sopra il 12% mi ricordano che l’erta è di quelle toste. Cinquecento metri per rifiatare e si inizia a salire con decisione, da qui la pendenza sarà costantemente in doppia cifra per quasi sette chilometri. Contemporaneamente lo spettacolo della Valdegagna cresce ad ogni metro di altitudine guadagnato. Ormai l’ultimo borgo è vicino, all’ottavo chilometro oltrepasso Eno, da qui fino alla vetta la strada si snoda sul versante occidentale e soleggiato della valle.

Ho superato i 600m di quota la vegetazione iniza a cambiare, i pascoli si alternano ai primi boschi di pini cembri, il sole mi sta scaldando, la temperatura è salita fino a 10°C, ma, confesso, mi sembrano molti di più, l’aria è asciutta, il clima ideale. Dopo il bivio per la scorciatoia per Treviso B. mi devo fermare per scattare alcune foto, il panorama è stupendo e me lo voglio godere appieno.

Continuo a salire e c’è spazio anche per un poco di narcisismo con un paio di autoscatti “on action”, a volte mi piace far finta di essere “uno di quelli forti”.

Sono felice, quasi non sento la fatica, sono così immerso nello splendore di questa giornata finalmente baciata da un caldo sole dopo un interminabile inverno che mi ha dato tanto “ciclisticamente” parlando. Arrivo al passo Cavallino (1.090m), ma non mi fermo, proseguo lungo il “traverso”, un chilometro circa che volgendo a nord collega il valico alla cima Fobbia (1.120m). Solo tre settimane fa l’asfalto era coperto di neve e con l’amico Giorgio ci siamo improvvisati piccoli Omar Di Felice che danzavano sulla neve.

Già perché quest’anno, nel primo sabato (24 marzo) dopo l’equinozio scalammo il passo dal versante di Vestone in una giornata che di primaverile aveva solo il calendario. Temperatura costantemente sotto i 6°C e minima a 0°C lungo tutto il tratto innevato e per il primo tratto di discesa verso Vobarno. Fu un’emozione ed un giro fantastico anche se gelido e ne serbo un vivido ricordo. Passare nuovamente qui, dopo sole tre settimane, in una clamorosa giornata di sole e cielo limpido mi sta regalando grande gioia e divertimento.

Raggiungo la vetta, mi fermo per il consueto e meritato ristoro e scatto alcune didascalie di questo incredibile paesaggio in cui le cime dei monti, ancora abbondantemente innevate, fanno da contrasto ai boschi sottostanti che germogliano verdi e rigogliosi.

È ora di ripartire, ci sono 14°C sono quasi le 11.00 ed il sole irradia calore, decido di scendere senza indossare l’antivento per asciugare più rapidamente la maglia. Scendo piano, mi godo il paesaggio degli alpeggi e delle vallate, mi asciugo e non sento freddo.

Passato Treviso Bresciano opto per la discesa verso Idro, leggermente più lunga di quella per Vestone, ma decisamente più veloce e soprattutto più panoramica. Sapevo che uno dei miei posti preferiti per guardare l’orizzonte oggi non mi avrebbe tradito e ivi giunto mi siedo e mi fermo a meditare un’attimo.

A malavoglia riparto, discesa con sede stradale ampia, ma tortuosa, che invita a pieghe esagerate anche chi, come me, “discesita” non è! Arrivo ad Idro, scatto un paio di istantanee, a pelo d’acqua, a questo meraviglioso specchio azzurro circondato dalle prime vette alpine e chiuso all’orizzonte dal gruppo dolomitico del Brenta.

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Riparto, sono le 11.20 circa, mi mancano una quarantina di chilometri per giungere a casa attraversando la val Sabbia e risalendo nuovamente le Coste. La spettacolare giornata mi ha distratto e nell’osservare luoghi e paesaggi ho perso la cognizione del tempo, rimanendo colpevolmente in ritardo sulla mia tabella di marcia. Ci provo, spingo sui pedali e nonostante le salite arrivo per le 13.00, sinceramente non ci speravo. Sono 105km per quasi 2.000m di dislivello a 22,6km/h di media. Per essere una delle prime uscite lunghe neanche male, ma quello che più importa è che anche oggi il Cavallino della Fobbia si è confermata come una delle erte più belle e difficili da scalare. Una salita che, da vent’anni, mi dona ricordi importanti e che quest’anno per la prima volta si è vestita a festa prima di immacolato bianco candore nevoso e subito dopo di lucente, caldo e rigoglioso verde primaverile.

Passo Cavallino della Fobbia mon amour!

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturistiforever!Coste,P.soCavallinoFobbia(Vobarno),Coste🏞️🌺🌷🌱🌲🌳🏵️🌼💐🌻Cicloturistiforever!@Lodrino,PassoCavallinoFobbia,Coste❄️❄️❄️

2018-05-09

Videogallery: Video innevato (3’33”)Video primaverile (3’17”)

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Monte Stino

È passata ormai una settimana dalla Maratona delle Dolomiti, mi accingo a pensare al giro per il sabato e il pensiero cade sull’uscita con Giorgio dell’anno scorso (I sette borghi di Valvestino). Nel progetto originario avremmo dovuto scalare anche il monte Stino, poi il caldo afoso, l’orario e la gamba ci fecero desistere. Anche l’anno prima fui costretto ad interrompere la scalata quando mancava poco più di un chilometro alla vetta. Quella volta fu un temporale estivo a consigliarmi di girare la bicicletta e scappar via prima che grandinasse.

Oggi 9 luglio dovrebbe essere la volta buona. Parto al sorgstino001ere del sole, alle 5.45 sono già in sella e attraversando la Valtenesi mi dirigo verso Salò da dove proseguirò lungo la gardesana occidentale. Giunto in prossimità di Maderno non posso che fermarmi ad immortalare il sole mentre gioca a nascondino con il monte Baldo. Proseguo, giungo a Gargnano, svolto a sinistra per Navazzo, sono solo le 7:15 quando entro nel borgo e decido di non fermarmi a riempire la prima borraccia già vuota. Lstino007e riempirò entrambe più avanti. Arrivato all’omonima diga inizio a scattare le prime fotografie; ne avrò decine e decine, ma non riesco a farne a meno, ogni volta credo di aver trovato un’angolazione diversa, una luce differente. Oggi è una giornata abbastanza limpida e calda (23°C e sono solo le 7:15) il lago è intensamente dipinto di verde ed io inizio ad osservare compiaciuto uno dei miei panorami preferiti. Circa al quindicesimo chilometro della strada provinciale mi fermo, sono arrivato in uno dei miei ‘luoghi della memoria’. Ora mi sovviene che non l’ho mai fotografata e così prontamente colmo queststino005a lacuna. È l’acqua del Bolà! Una delle fontanelle migliori del bresciano, forse la migliore per freschezza; gelida anche nelle più torride giornate estive. Una fontanella da ’10’ come dice Gino il papà di Francesco e Marco. L’emozione sale mentre rimembro la mia prima salita a Valvestino nell’ormai lontano 1995 proprio con papà Gino e Francesco. Fu il mio battesimo sulle grandi salite, la mia prima volta al Passo San Rocco di Capovalle, insomma un giro vero! Gino e Francesco amano dare un voto a tutte le fontane che si incontravano in bicicletta e quella del Bolà è in assoluto la migliore di tutte! Riparto, non sono passate ancora due ore dall’inizio e sono già sopraffatto dai miei meravigliosi e nostalgici ricordi. Al bivio di Molino di Bollone tra le due salite scelgo quella di destra che porta a Turano, Moerna. È la mia preferita, sia per le pendenze arcigne che ne fanno una salita impegnativa (come piace a me), sia per i paesaggi incantevoli che la circondano. Prima delle ripide rampe, sotto all’abitato di Turano, si trova un piccolo pianoro perennemente in ombra, che grazie alle insistenti piogge di questa primavera si è trasformato in un’amena palude (disturbata solo dalla voracità delle sue zanzare). Mi fermo, fotografo, mi godo quella che sicuramente sarà l’ultima frescura di giornata, ora la temperatura è scesa a 15°C; mi domando quanto freddo ci possa essere in pieno inverno in questa conca (lo scoprirò a gennaio! Valvestino tra i ghiacci!).

Riparto, spedito attraverso uno dopo l’altro i tre borghi e giungo al vecchio confine che separa la Valvestino da Capovalle. Una corta discesa ed eccomi pronto pemontestinor l’erta di Monte Stino. Poco meno di quattro chilometri con una pendenza media del 12% e punte vicino al 20%. La salita si presenta subito con un primo rettilineo costantemente sopra l’11%. Il fondo stradale lascia subito spazio al cemento e gli scoli trasversali per l’acqua piovana spezzano ritmo e gambestino026. Insomma salita di quelle vere! I primi due chilometri sono abbastanza riparati dal bosco, mentre la parte finale è completamente esposta al sole, le pendenze, comunque, non accennano ad addolcirsi se non in prossimità del rifugio omonimo. Giunto in vetta (1.400m s.l.m.) la vista si apre sulle Alpi bresciane, sulle cime del Baremone e del Dosso Alto. Sotto di me il lago d’Idro, ma l’afa estiva rende fosco lo sguardo verso il basso, il cielo sopra di me invece è di un blu intenso a metà tra il freddo cobalto ed il caldo turchese. Oggi va così, la giornata è splendida, ma l’aria non cristallina non consente una profondità di panorama; per cui, memore dell’ultima gara di fotografia con mia figlia Alice mi dedico alla botanica fotografando fiori, sono proprio un buontempone!

Riparto, ritorno a Capovalle, per evitare il traffico della gardesana decido di concludere il giro passando per il passo del Cavallino della Fobbia (1.090m). Per farlo bisogna percorre una fantastica stradina immersa nel bosco e dimenticata da tuttmadonnarioseccoi che passa sotto ad una chiesetta, il santuario della Madonna di Riosecco. Come tutti i santuari che si rispettino per raggiungerlo bisogna prima passare dall’infernale rampa di trecento metri al 16% di media con una punta del 21%. In tutto la salita che porta al Cavallino misura 3,7km con tre strappi ben oltre il 14% di pendenza, ed un paio

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Madonna di Riosecco

di tratti in leggera discesa. Arrivato al passo non mi resta che gettarmi in discesa verso Valdegagna per rientrare in Valsabbia. La strada è molto stretta e piuttosto sporca, l’asfalto non è dei migliori, non si può certo prendere troppa velocità se non si vuole rischiare di finire spiaccicati sul parabrezza di una delle poche autovetture che ivi sale. A dispetto di ciò il panorama di cui si gode durante la discesa è decisamente meritevole. Il sole è ormai alto e gli alberi del bosco riscaldati emanano i loro profumi più intensi. Io ne approfitto per respirare a pieni polmoni quest’aria salubre, tra poco sarò di nuovo in pianura in mezzo alle comodità della civiltà ed alle sue storture. Fine della discesa, Vobarno, svolta a destra e  poco dopo a sinistra per Pompegnino, evito così anche l’ultimo tratto di statale della val Sabbia. Tormini, Soprazzocco, Laghi di Sovenigo, Polpenazze, stradine secondarie meravigliose che mi conducono a casa nell’entroterra della Valtenesi, arrivato! Sono le 11:30, quasi in anticipo sulla tabella di marcia. Anche oggi soddisfatto per aver conquistato una nuova vetta!

Grazie papà Gino e Francesco senza di voi non mi sarei mai appassionato a questo sport!

Dettagli tecnici su: Navazzo-Moerna-P.so S.Rocco-M.Stino-Madonna Di Riosecco-Soprazzocco-L.di Sovenigo

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Dall’Eridio al Sebino e ritorno (P.so Crocedomini, Passabocche, Colle S.Zeno, P.so Maniva)

È la sera di venerdì 2 settembre, ho in mente un giro speciale per il sabato: vorrei superare il mio record di dislivello in un’unica uscita. Proprio per questo resto vago con tutti dicendo solamente di non aspettarmi per pranzo perché arriverò dopo le due del pomeriggio. Sabato mattina parto con il buio in automobile verso Anfo. Alle 6.07 accendo il GPS ed i fari della bicicletta: la strada sarà ancora buia per una mezz’ora.

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Alba sull’Eridio

Giunto a S.Antonio prendo a sinistra per il passo Crocedomini, dopo un centinaio di metri mi fermo e scatto una fotografia dell’Eridio prima del sorgere del sole. Sole che, peraltro, non si potrebbe vedere in quanto il cielo è completamente coperto. Fa fresco e l’umidità è altissima. Il mio CG (central governor) inizia a preoccuparsi: sa benissimo che l’umidità delle giornate uggiose è il mio peggior nemico e la causa principale di crampi, ancor più della fatica. Arrivo a Bagolino mancano alcuni minuti alle sette del mattino, mi fermo in centro per scattare un paio di foto e penso che tutto sommato un caffè non sarebbe una cattiva idea.

Strano, io che non apprezzo mai le soste al bar durante le uscite in bicicletta, stamattina sento che è proprio quello che ci vuole per iniziare.  Riparto nella speranza che il cielo si possa aprire con lo scorrere della mattinata. Il CG, intanto, continua nella sua opera di dissuasione: attenzione, senza sole, in cima al Crocedomini si può sempre andare verso il Dosso dei Galli ed abbreviare il giro. Io proseguo guardandomi intorno, osservando i monti cambiare colore al sopraggiungere della luce del giorno. Non me ne accorgo e sono alla prima rampa tra due stretti tornanti.passocrocedomini Il Crocedomini è una salita lunghissima 29,3km per 1.493m di dislivello se si parte dal lago d’Idro,  18km se si parte appena usciti dall’abitato di Bagolino  ed in questo caso senza più discese. Le pendenze non sono mai proibitive, ciononostante, saltuariamente ci si trova a dover superare degli scalini con pendenze del 13% proprio in corrispondenza di piccole cascate del torrente Caffaro. In sostanza una salita che va affrontata con il massimo rispetto altrimenti quando ci si troverà negli ultimi chilometri, senza più vegetazione, con un forte vento e con le ultime decisive rampe oltre il 10% si avrà la sensazione di non spingere più avanti la propria specialissima. Giungo in prossimità di Val Dorizzo, supero lo scalino a tornati che la precede e quello che la segue, da qui la vallata si apre ed i panorami diventano ancor più belli. Anche il cielo inizia ad aprirsi, qua e là si vede l’azzurro del mattino. Molto bene! Sono nella piana del Gaver le montagne a nord sono ancora immerse nelle nuvole basse; mancano ancora sette chilometri al passo: i primi, tutti a tornanti nel bosco, hanno panorami spettacolari tra cui la vista del monte Colombina.

Sono ormai arrivato alla Malga Cadino, restano gli ultimi chilometri sull’altopiano, stranamente senza vento, è la prima volta che mi capita: sarà forse per l’ora mattutina?

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Goletto di Cadino

Il cielo si è aperto ed il sole inizia a riscaldare i pascoli ancora affollati da bovini che si stanno accingendo alla transumanza di rientro. Io mi fermo in vetta al goletto di Cadino (1.942m) punto più alto di questa salita (il passo Crocedomini è a 1.895m) per osservare da questo punto privilegiato il panorama a 365°. Mangio un panino e mi getto in discesa, mi aspettano più di venti chilometri di ‘toboga’ velocissimo, arrivo a sfiorare i 70km/h, cosa per me inusuale, penso che più di un ciclista in questo tratto avrà superato anche i 90km/h! Arrivo a Bienno, trovo una fontana, riempio le borracce, mangio un altro panino, e mi accingo ad affrontare il mio ‘Kansas’ come ci disse Nico Valsesia rispondendo alla domanda “Qual è la parte più dura della Race across America?” “Il Kansas perché è tutto dritto e non finisce mai.” Ecco la parte più noiosa del mio giro arriva ora: 20km di noiosa val Camonica fino a Pisogne (in realtà nulla in confronto alle centinaia di chilometri del Kansas). Per fortuna, arrivato sul lago d’Iseo, proprio all’inizio delle salite di Passabocche e del colle San Zeno si trova la splendida chiesetta di Santa Maria della Neve completamente affrescata dal Romanino. Mi fermo, contemplo, fotografo e riparto.

Inizia ora la seconda lunga salita di giornata, il clima è afoso e umido,3vxtreme20 il caldo torrido la fa ‘da padrona’, anche il Sebino è liscio come l’olio. Dopo circa quattro chilometri di salita mi trovo di fronte al bivio: a sinistra Colle di San Zeno diretti, a destra Passabocche (1.280m) discesa in Val Palot (1.000m) e risalita a San Zeno (1.380m). Il CG mi ricorda che sceso in val Trompia dovrò ancora risalire al Passo Maniva per poter tornare ad Anfo, sarebbe già un bel giro salendo subito a sinistra. No! Oggi non ci sento, sono convinto, non ho dubbi e vado a destra. Forse poi me ne pentirò, ma poco importa. La salita di Passabocche è un’altra salita lunga ed insidiosa: quasi 15km per 1.080m di dislivello, pendenze non sempre costanti e numerosi tratti sopra il 10%. Oggi la affronterò quasi esclusivamente con il pignone del 30, concedendomi il 26 ed cimapassaboccheil 23 solo per i brevi tratti sotto al 6%, in questo modo dovrei avere ancora la gamba abbastanza ‘fresca’ per le ultime due salite. Purtroppo l’afa rende leggermente foschi gli splendidi paesaggi di cui si gode mentre si sale. Dalla cima di Passabocche si domina il lago d’Iseo ed il panorama è veramente mozzafiato, oggi, purtroppo, bisogna accontentarsi. Scollino e mi fermo a mangiare prima di scendere in val Palot dove riempio nuovamente le due borracce. Ora fa caldo, è da poccollesanzenodavalpaloto passato mezzogiorno ed il sole è alto nel cielo. Io mi accingo a risalire gli ultimi 4,5km che mi separano dal Colle di San Zeno. Di tutte, questa è la salita più corta, le pendenze sono comunque sostenute (il 10% si supera spesso) e la affronto con cautela, forse anche troppa, ma meglio così. Giunto i3vxtreme25n vetta e vista l’ora mi concedo una sosta al rifugio dove mangio due buonissime fette di crostata accompagnate da due lattine di coca. Si riparte, mi aspetta la discesa più impegnativa di tutto il giro, non per la difficoltà delle curve o per la ripidità della strada, bensì per le numerose buche, direi voragini, che costellano tutto l’asfalto. Giungo a fondo valle, il cervello è un poco frullato, mi riprendo un attimo. Eccola l’ultima salita si sta avvicinando, guardo l’altimetro segna quasi 3.300m di dislivello. Sorrido, dentro e fuori, ormai ci sono in un modo o nell’altro arriverò in cima al Maniva. A Collio devo fermarmi nuovamente per un rifornimento borracce, d’ora in poi non voglio più effettuare soste per non spezzare il ritmo di passomanivadasancolombanopedalata. Il passo Maniva è una salita di 10km circa con pendenza media prossima a 8%, ma spesso sopra il 10%. In realtà non esiste un vero punto di inizio della salita, in quanto la val Trompia dal comune di Bovegno in poi sale continuamente con pendenze che oscillano tra il 2% e il 6%. In totale ci sono 18km di ascesa per superare più di 1.000m di dislivello, di cui gli ultimi 9km sono i più impegnativi. Salgo con la dovuta calma, ogni tanto controllo i pericolosi cumulonembi neri che sovrastano il Dosso Alto a destra e il Dosso dei Galli a sinistra del giogo del Maniva. A poco meno di un chilometro dalla cima non posso resistere e da3vxtreme26 un tornante scatto una fotografia al Dosso Alto già immerso nelle nuvole. Ormai sono in vetta, sono quasi le quattro del pomeriggio, è fatta! Mangio, mi copro, mi preparo per la discesa, ma prima ancora uno scatto della valle del Caffaro dall’alto dei 1.626 del passo. Ora giù verso Bagolino, il tempo quassù, nel pomeriggio, può cambiare anche molto rapidamente. La prima parte di discesa è bella, ma quando si entra nel bosco l’asfalto si fa più sc3vxtreme28onnesso e bisogna stare attenti alle crepe ed alle buche. Arrivo a Bagolino supero il ponte di Prada e mi accingo a sorpassare l’ultima salitella di giornata: 1,3km al 5% di pendenza media. Mi alzo sui pedali, spingo, sento le gambe ancora robuste, spingo ancora più forte, mi sorprendo di me stesso: dopo 160km e più 3vxtreme29di 4.500m di dislivello, non solo non mi sono arrivati i crampi, ma riesco a forzare un poco il ritmo. Giornata di grazia! Inizio l’ultima fase di discesa costeggiando il lago d’Idro e mi fermo a scattare una fotografia nello stesso punto da cui avevo scattato stamattina alle 6.25. Sono quasi le cinque del pomeriggio quando arrivo al parcheggio e carico la bicicletta sull’automobile. Il meteo oggi non è stato eccezionale, ma il giro sì! Per una volta la soddisfazione di avere superato i miei limiti è venuta prima della bellezza dei luoghi visitati.

Grazie CG (central governor) per non avermi disturbato troppo, ma tanto non ti avrei ascoltato!

Per i dettagli tecnici:Cicloturisti!@Passo Crocedomini – Cima Passabocche – Colle San Zeno – Passo Maniva

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Giro dei tre laghi con Rick (Garda, Ledro, Idro)

È venerdì 15 luglio io e Rick siamo al telefono per decidere il giro del giorno seguente. Alla fine ognuno concede qualcosa all’altro e si definisce il percorso sarà: Tignalga, Ponale e Valdegagna. Come un Lego Creator 3 in 1: tre giri in un solo giorno. L’indomani il ritrovo è a Salò alle 7.00 entrambi puntualissimi: io parto da Polpenazze in bici, Rick arriva in auto da Brescia. Partiamo con qualche minuto di anticipo, ovviamente, ci concediamo di percorrere tutto il lungolago prima di infilarci nella ss45bis Gardesana occidentale. Anche oggi il clima è eccezionale, aria fresca che scende da nord, vento forte e teso che agita il lago per il piacere dei velisti e rende il cielo terso e limpido, sole caldo e piacevole.

Risaliamo verso Gargnano e ci accorgiamo che il vento così forte ci rallIMG-20160717-WA0012enta alquanto nel nostro movimento verso l’alto lago, ma poco importa noi siamo cicloturisti: la giornata è tutta dedicata alla bicicletta. Prima di giungere a Gargnano deviamo per la frazione di Villa, porticciolo incredibile, passaggio obbligato, per noi. Proseguiamo verso la vecchia gardesana, ora pista ciclabile (spesso chiusa), in modo da evitare la prima lunga galleria. Nell’iniziare a prendere quota ci accorgiamo subito che oggi potremo godere di panorami mozzafiato o, come dico io, da sindrome di Stendhal! A metà ci fermiamo a fare qualche fotografia: impossibile resistere!

Rientrati sulla gardesana attraversiamo una galleria e prendiamo a sinistra la strada per Tignale, man mano che saliamo i paesaggi si fanno ancor più belli, giunti al Belvedere, sul tornante poco prima del centro di Tignale, ci fermiamo per altre istantanee e chiediamo gentilmente ad un turista di farci una fotografia.

Alla ripartenza Rick mi racconta della suo passato da surfista, di come sia stato tra i pionieri del windsurf sul Garda alla fine degli anni settanta. Oggi sul lago spira un vento meraviglioso e scorgo un po’ di compiaciuta malinconia nelle descrizioni della sua adolescenza, mentre pensa a quanto ci si potrebbe divertire là in mezzo al lago. Dopo avere attraversato la frazione di Oldesio lasciamo il lago per addentrarci nella valle del torrente San Michele, il paesaggio cambia come ho già descritto ampiamente nell’articolo sulla Tignalga (Tignalga in solitaria). Come sempre nei miei giri in compagnia il silenzio non è contemplato, la conversazione è continua e lo si nota anche dai tempi un poco più alti del solito, ma va bene così: godere di questi meravigliosi paesaggi confrontando le nostre storie passate è per entrambi motivo di grande gioia. La strada si fa più impegnativa le pendenze ora sono sempre in doppia cifra: noi rallentiamo, ma zitti certo non stiamo! Finalmente siamo saliti sull’altopiano di Tremosine, ci fermiamo per rifornirci di acqua e mangiare qualcosa e ne approfittiamo per fotografare il monte Tremalzo.

Proseguiamo verso Pregasio,  da dove si riprende la vista del lago, il panorama si fa ancor più spettacolare: di fronte a noi il monte Baldo, su di esso si distinguono chiaramente i tagli a zig zag della salita a Prada Alta (punta veleno) e noi fantastichiamo su un futuro giro che includa quella salita.

Ci dirigiamo verso la frazione di Pieve da dove si gode una meravigliosa vista a strapiombo sul lago: la terrazza del brivido. Sono le 9.30 ed un cappuccio con brioches ci sta proprio tutto, ma non prima di esserci fotografati insieme in questo luogo meraviglioso e le battute a doppio senso tra di noi si sprecano.

Dopo esserci rifocillati ripartiamo alla volta della frazione di Vesio da dove devieremo a destra verso la ripida discesa verso Limone. Qualche chilometro di salita, mai impegnativa, ma spesso panoramica e ci tuffiamo verso il lago. Poche centinaia di metri e urlo a Rick di fermarsi: ho visto un luogo dove scattare fotografie incantevoli.

Adoro la fotografia che mi ha scattato Rick mentre, di spalle, ero intento nell’immortalare il panorama; la trovo simbolica del mio modo di interpretare il ciclismo. Inforchiamo le nostre specialissime un paio di chilometri in discesa e mi fermo ancora, non senza essere apostrofato con un “Mog tu sei pericoloso, quando fai così!” in effetti non avevo dato molto preavviso della mia fermata.WP_20160716_10_06_56_Rich Giunti nuovamente sulla gardesana non possiamo che osservare il bellissimo golfo che racchiude l’abitato di Limone. Chiedo di fermarmi ancora, Rick sbuffa un po’, sostiene che sono fotografie banali da cartolina, ma io ribatto che servono per documentare la fantastica giornata che abbiamo trovato e quindi è corretto che siano didascaliche.

Iniziamo a percorrere il tratto di strada che il giorno prima aveva suscitato qualche perplessità da parte mia: le gallerie che conducono a Riva del Garda. Colpevoli sicuramente i miei ricordi di infanzia, ho sempre evitato le gallerie dalla gardesana. Debbo dire, invece, che le nuove gallerie che conducono a Riva sono tutte luminose o ben illuminate ed anche abbastanza larghe. Inoltre il traffico sostenuto fa si che gli autoveicoli spesso siano più lenti di noi e questo li rende ancor meno pericolosi. Giungiamo finalmente a Riva ed usciti dall’ultima galleria svoltiamo bruscamente a sinistra per aggredire la Ponale. La prima e unica volta che la feci fu in discesa e mi dissi: mai più! Gli ultimi due chilometri sterrati, tranne che nelle gallerie, furono piuttosto fastidiosi con le ruote che andavano dove volevano loro e il rischio di tagliare il copertone sempre presente. In realtà, devo dare atto a Rick che aveva ragione, in salita lo sterrato è decisamente più gestibile. Infatti il problema più grande si è rivelato essere l’eccessivo traffico di mtb e trekking che ci costringevano a ritmi poco consoni ai nostri rapporti da  bici da corsa. A metà dello sterrato ci fermiamo per immortalare ancora questo paesaggio, questa giornata clamorosa e questa strada letteralmente intagliata nella roccia.

Ripartiamo, non senza difficoltà visto il terreno sdrucciolevole, finalmente ritorniamo sull’asfalto con mio grande sollievo. Dopo un paio di tornanti è il momento di fare ancora un paio di scatti prima di abbandonare definitivamente la vista del lago di Garda.

Lasciamo l’antica via Ponale e ci immettiamo sulla strada che conduce al lago di Ledro, Rick ricorda come questi sei chilometri di salita, quasi sempre dritta in mezzo al verde dei prati, siano piuttosto noiosi e gli siano apparsi interminabili l’ultima volta che li percorse. Finalmente giungiamo al lago di Ledro, il secondo del nostro giro, optiamo per il lato alla nostra sinistra, la strada è più panoramica e scarsamente trafficata.

Dopo aver costeggiato il lago con i suoi innumerevoli piccoli saliscendi ci fermiamo ad un chiosco per un panino ristoratore, d’altro canto è ormai mezzogiorno e siamo decisamente stanchi di ‘fruttini’ e barrette.

Dopo questo fantastico panino con salame e formaggio di monte ripartiamo alla volta del Passo d’Ampola. In realtà, essendo noi già sull’altopiano del lago di Ledro, abbiamo da percorre una strada solo in leggera salita e, per una volta, anche con il vento a favore. Prima di scollinare guardiamo alla nostra sinistra la strada che conduce al passo Tremalzo, realizziamo che solo qualche ora prima eravamo esattamente dal lato opposto di questa montagna e questo ci fa sorridere.IMG-20160717-WA0008 Inizia la discesa verso Storo ora il vento e contro e sarà così fino alla fine. Mentre scendiamo guardiamo aprirsi davanti a noi le valli Giudicarie, giunti sulla statale del Caffaro svoltiamo a sinistra per rientrare in provincia di Brescia ed andare a costeggiare per intero il terzo lago del nostro giro: il lago d’Idro. Grazie anche all’ora di pranzo la strada è completamente libera ed arriviamo ad Idro incrociando pochissime autovetture. Durante questo tratto di strada lancio a Rick una proposta, ciclisticamente, indecente: perché non farlo diventare il giro dei quattro laghi salendo da Capovalle e scendendo lungo il lago di Valvestino? No, il giro è stato creato così, si sale a Treviso Bresciano (Cavallino Fobbia accorciato) e si scende in Valdegagna per arrivare a Vobarno come da programma. Eppoi c’è Agnoli che aspetta Rick in spiaggia a Salò, mica possiamo farla aspettare troppo? Inizia la salita per Treviso: è tosta e lo sappiamo entrambi, la conosciamo bene, le pendenze sono sempre in doppia cifra e percorrerla dopo più di 120km e con 2.000m di dislivello nelle gambe non è propriamente quella che si suol dire ‘una passeggiata’. Dopo circa tre chilometri di salita prima di abbandonare il lago d’Idro c’è un punto panoramico con una panchina dove più volte mi sono fermato a fare una fotografia al lago, ma credo di non essere mai riuscito a trovare  un cielo così limpido ed una vista così profonda verso le montagne del Brenta.

Dopo la sosta riprendiamo la salita, prima attraversiamo le due frazioni di Treviso B. e poi ci inerpichiamo sul tratto più duro: un paio di chilometri con pendenze spesso al 15%. Arriviamo al bivio e prendiamo a destra per Eno, ci fermiamo ad una gelida fontanella a rinfrescarci: ormai le ore di bici sono quasi otto ed il caldo delle due del pomeriggio comincia a farsi sentire. Corroborati iniziamo la discesa: il primo tratto molto ripido, sdrucciolevole e con qualche buca di troppo, dopo Eno decisamente meglio. Siamo a Vobarno in Valsabbia, ma, si sa, a me le statali proprio non piacciono ed allora attraversiamo il fiume Chiese, prendiamo la strada per Pompegnino , poi per Roè, scendiamo a Volciano e ci ritroviamo a Salò senza avere fatto un metro di strade trafficate. Anche Rick è soddisfatto, apprezza molto la mia ricerca di strade alternative per stare nel traffico automobilistico il meno possibile e per poter godere dei paesaggi nella più assoluta tranquillità. Ormai siamo vicini alla spiaggia della conca d’oro, anche stavolta il giro è stato entusiasmante, anzi forse qualcosa di più: la fortuna di una giornata dal meteo incredibile, il percorso lungo ed impegnativo (per me da Polpenazze saranno 164km e 3.065m disl.), le innumerevoli storie che ci siamo raccontati, i numerosi ‘colpi di Stendhal’, hanno reso questa una gita indimenticabile, densa di emozioni che ci rimarranno per sempre nell’animo. Saluto Rick, Agnoli lo sta aspettando, proseguo per le Zette, io ho ancora un piccolo dislivello da percorrere prima di arrivare, ma ho anche un’ultima fotografia da scattare quella della mia Salò in una giornata così clamorosamente spettacolare.WP_20160716_15_12_47_Rich  Grazie Rick!

Per i dettagli tecnici: @Cicloturisti: Il giro dei Tre Laghi con variazioni ovvero Tignalga – Ponale – P.so d’Ampola – Valdegagna.

 

 

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