Venerdì 9 settembre, sono in viaggio verso il lago, questo sarà l’ultimo fine settimana che trascorreremo a Polpenazze per questa stagione. Ho in mente tanti giri per domani, ma un campanellino d’allarme mi ricorda che sono già passati quattro anni dall’ultima mia salita al passo Baremone, una delle mie preferite, quindi senza indugio abbandono tutti gli altri progetti ed elaboro un giro che ruoti attorno ad essa. Sabato parto ancor prima che sorga il sole. Alle 5.35 sono in bicicletta, prima delle sei scendo le Zette verso Salò: è ancora buio e le luci sul lungolago danno un effetto fiabesco al golfo. Come sempre percorro il lungolago e giunto a fianco di piazza del Duomo scopro, con immenso piacere, che la cattedrale è splendidamente illuminata di notte. Non resisto entro in piazza appoggio la specialissima ed inizio a sca
ttare fotografie al ‘mio’ Duomo (vedi I luoghi della memoria) e al suo campanile, che illuminato nell’omonimo vicolo, ha un fascino del tutto particolare. Riparto, esco dalla mia cittadina e percorro la Gardesana. Mi trovo nei pressi di Maderno quando un al
one rossastro inizia a rischiarare il cielo alle spalle del Monte Baldo: sta per sopraggiungere l’alba! Proseguo in direzione di Gargnano, lì inizierà la prima salita di giornata che mi porterà fino al passo San Rocco, dopo aver attraversato tutta la Valvestino. La salita è suddivisa in tre parti: i primi 7km, che portano all’abitato di Navazzo, con pendenze sempre abbastanza dolci tra il 5% e il
7%; un lungo falsopiano di oltre 11km, che costeggia prima la diga e poi il lago di Valvestino, infine un ultima ascesa di 6,7km, questa volta abbastanza impegnativa, con tratti al 9% ed una media di quasi 7% di pendenza. Considerato quello che mi aspetta nel proseguo del mio giro è il caso di iniziare a salire con calma godendomi lo spettacolo del cielo, del lago e dei monti. Giungo a Navazzo, mi volto, il sole non è ancora sorto da dietro il monte Baldo, ma è proprio lì, questione di minuti, non ho tempo e procedo! In compenso vedo per la
prima volta nella mia vita le rocce del monte Pizzoccolo arrossarsi ‘di vergogna’ sotto i primi raggi di sole! Arrivo finalmente alla diga ed inizio a costeggiare il lago. Le dighe portano sempre con se qualcosa di inquietante, soprattutto quando le si osservano ancora in ombra, in compenso il lago con i suoi riflessi verde pino sa dispensare piacevoli sensazioni e lascia presagire profumi di resina silvestre. Lasciato il lago ed il ponte su cui è posta la scritta del vecchio confine con l’impero austro-ungarico inizio la terza parte della salita, il sole ormai fa capolino tra un tornante e l’altro ed io mi ritrovo a Capovalle quasi senza essermene accorto. Attraverso il borgo, arrivo al passo, mi fermo e mangio. Pronti via! Mi attende una discesa bellissima: fondo stradale quasi perfetto, carreggiata così ampia che ovunque è dipinta la linea di mezzeria, tornanti tra gli abeti e rettilinei con pendenze superiori al 10%. Se qualcuno vuole sfiorare i 100km/h in bicicletta qui ci può riuscire, io come mio solito arrivo a 68km/h e tiro i freni, per un motivo o per l’altro i 70km/h non li supero mai e tutto sommato ne sono anche un po’ contento: cicloturista prudente! Subito dopo la galleria il paesaggio si apre sull’Eridio, alcuni tornati mi portano fino all’abitato di Idro, passo oltre e proseguo per Anfo.
Qui mi fermo per riempire entrambe le borracce ormai prosciugate dalla mia sete. Ci siamo è il momento di affrontare il Baremone: una salita molto impegnativa, ma dai paesaggi meravigliosi. Sono 11,2km quelli che portano al rifugio Rosa di Baremone con una pendenza media prossima al 9%. Una salita molto costante e questo significa che per gran parte si sta in doppia cifra (in totale ben 4km sono oltre il 10%). Insomma il passo Giau di casa nostra. Anche i panorami durante la sua ascesa non sono certo inferiori a quelli blasonati delle Dolomiti: si passa dalla vista del lago nei primi tornanti; alle malghe di fondo valle strette tra le creste sovrastanti; al fitto bosco; fino all’ampio panorama, giunti sopra i 1.000m di quota, del lago (oggi un poco offuscato) e delle creste montuose circostanti. Ovviamente, nonostante i buoni propositi di non fermarmi troppo spesso per non interrompere il ritmo, scatto numerose fotografie:
Arrivo finalmente al rifugio Rosa, soddisfatto per l’ascesa, ma, soprattutto, con gli occhi pieni di gioia per i meravigliosi paesaggi che la lentezza della salita mi ha lasciato osservare ancor più a lungo. Mangio ancora qualcosa e riparto velocemente, mi aspetta il tratto più bello e più ostico: quello che porta ai 1.704m del passo Dosso Alto. Bello perché la strada di snoda incastonata tra le rocce delle piccole dolomiti bresciane (vedi Piccole dolomiti bresciane) con la vista degli alpeggi di Vaiale, Presegno e Bisenzio. Ostico perché quel maledetto chilometro di strada, tuttora sterrato e su roccia viva, deve essere affrontato con la massima concentrazione per non scivolare e con grande speranza in quanto il taglio di tubolare o la ‘pizzicatura’ di camera d’aria sono sempre in agguato. Un vero peccato perché è proprio in questo chilometro che il panorama è migliore ed è per questo che io, noncurante, mi fermo e fotografo comunque!
Finalmente, terminato lo sterrato, restano da percorrere gli ultimi 2km, i più impegnativi, la pendenza è costantemente intorno al 10% con punte del 15%, una vera ‘legnata’ per le gambe ancora rintronate dalla ‘centrifuga’ dello sterrato. Comunque la bellezza dell’altopiano, le malghe e la vetta del Dosso Alto distraggono dalla fatica e consentono di arrivare allo scollinamento senza sentire troppo l’affanno. Ora non mi resta che scendere al passo Maniva per fermarmi al rifugio a consumare il mio pranzo. Le undici sono passate da poco e dopo cinque ore e mezza di pedalata ho una discreta fame!
Mi siedo rilassato (anche troppo!) e mangio guardandomi intorno, senza accorgermi che il tempo passa! Quando riparto è quasi mezzogiorno! Scendo verso la val Trompia, la strada è stata riasfaltata in molti tratti ed è un piacere percorrerla, arrivo alla mia massima velocità odierna 69,1km/h (Marco vorrai mica passare i 70km/h?!?) anche qui chi volesse si può divertire e oltrepassare agevolmente gli 85km/h. Passato Bovegno è il momento di ricominciare a salire. Mi aspettano Irma e Dosso di Marmentino, solitamente venendo dalla città si affronta Marmentino salendo dal comune di Tavernole, che si incontra prima. Invece, scendendo dal Maniva, ci si imbatte prima nel bivio di Aiale che porta ad Irma prima di giungere a Marmentino. Una salita, a torto, poco frequentata dai ciclisti in quanto, oltre a riservare dei bellissimi paesaggi, è
un ascesa di tutto rispetto con i suoi quasi 7km totali. Considerando poi, che dopo l’abitato di Irma, c’è una discesa di quasi un chilometro nella quale si perdono ben 70m di dislivello, si evince che le pendenze nei due tratti in salita, oltre che poco costanti, sono del tutto ragguardevoli. Nell’ultimo chilometro non si scende mai sotto il 10%! Arrivato a Dosso un lungo falsopiano attraverso le frazioni di Marmentino mi conduce al passo Termine da dove rientro in val Sabbia. Qui l’idea originale era un’altra, ma un fastidioso brontolio intestinale mi fa capire che oggi non devo esagerare. Decido di scendere al Lago di Bongi. Pensandoci bene quest’anno non sono ancora passato da Bongi e questo un poco mi sorprende in quanto è una delle mie strade preferite per le gite primaverili: non troppo impegnativa, immersa nella v
egetazione e senza traffico veicolare. Attraverso Lavino, Noffo ed arrivo al laghetto artificiale; qui scopro che, ora, a fianco della strada, campeggia la scultura lignea di un simpatico capriolo. Giungo a Mura riempio nuovamente le borracce al lavatoio, la temperatura ormai e vicina ai 30°C e l’acqua freschissima della fontana è un toccasana. Se penso che ho passato le prime tre ore di gita quasi costantemente tra i 12°C e i 16°C mi viene un poco da sorridere. Riparto e decido di scendere direttamente ai Piani di Mura: discesa ripida, estremamente tecnica, tornati strettissimi, insomma una discesa da percorrere molto concentrati e senza prendere troppi rischi: una disattenzione qui si paga a caro prezzo! Purtroppo arrivo a Nozza di Vestone. Purtroppo perché dopo ore tra le montagne sono ritornato a fondo valle sulla trafficata ex-statale ‘Del Caffaro’, ma non la percorrerò molto a lungo: giusto quei 3km che mi consentono di arrivare a Barghe e deviare per Preseglie: salitella di poco conto in un giro come quello di oggi, 2km al 5%. Attraversato anche questo paesino scendo verso Odolo da dove parte il versante valsabbino della mitica, per noi bresciani, salita delle Coste: 4,3km al 4% di media con il cosiddetto ‘Groppo’ strappo di 500m iniziale all’8%. In realtà una salita dallo scarso
significato paesaggistico ed anche ciclistico, date le pendenze. Tuttavia è la nostra salita di casa: quella su cui si può spingere il ‘rapportone’, quella dove anche i cicloturisti come me salgono ad oltre 22km/h di media, toccando più volte i 30km/h, immaginandosi dei ciclisti professionisti. Perché anche ai cicloturisti, a volte, piace sognare di andare forte! Sono in cima, ma stavolta non devo scendere a Brescia. No, per me, dopo la discesa a Vallio, veloce e tecnica anch’essa, c’è ancora da scavallare Muscoline per giungere a Polpenazze dopo l’ennesimo lungo sabato passato in compagnia di me stesso. Saranno 172km, 3.700m di dislivello e grande soddisfazione per il giro ed i panorami visti. Anche oggi in ritardo di un’ora sul mio programma, anche oggi abusando della pazienza di chi mi sta accanto, anche oggi confidando nella loro comprensione.
Grazie…
Dettagli tecnici su Strava: P.so S.Rocco-P.so Baremone-P.so Dosso Alto-Irma-P.Termine-L.di Bongi-Preseglie-Coste
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