Piani di Caregno

Domenica 25 novembre 2018, ore 7.37 del mattino; perché io mi ostini a partire così presto anche con temperature rigide non lo so, o forse sì. Sta di fatto che dopo i primi chilometri il termometro del mio gps si è acclimatato attorno ai 4°C e può solo peggiorare. L’itinerario prevede la risalita della val Trompia fino al confine con il comune di Marcheno. Oggi pedalo sulla LinaBatista, la mia “bici ghiaiosa”, già perché gravel in inglese significa ghiaia. Vogliamo mettere quanto sia più incisivo e veritiero parlare di “bici ghiaiosa” piuttosto che di “gravel bike”?!? Fortunatamente a quest’ora del mattino di un gelido giorno festivo il traffico automobilistico è pressoché inesistente ed io posso tranquillamente transitare sulla ex statale ss345 delle Tre valli. Con ritmo volutamente blando arrivo all’ingresso di Gardone. Alla rotonda, come sempre, tengo la destra sulla strada che costeggia il fiume Mella. Questo tratto di un paio di chilometri è sempre fresco ed umido, subito la temperatura scende a 2°C e l’umidità penetra nelle mie ossa. Fortunatamente la salita sta per iniziare. Attraverso il nuovo ponte sul corso d’acqua e mi ricongiungo alla ex statale, pochi metri e svolto a sinistra seguendo il cartello per i piani di Caregno. È passata quasi un’ora dalla mia partenza e finalmente inizio la scalata. Adoro la salita anche in inverno! Cerco di prepararmi per le discese con la borsa sottosella piena di intimo e antivento asciutti per poter scalare le montagne di casa anche nella stagione fredda. Caregno in realtà è una salita, relativamente nuova per me. Questa è la seconda volta che la affronto; dopo averla provata con Francesco a maggio del 2017. Anche allora la temperatura era freddina tra i 6°C ed i 10°C a causa di una pessima giornata di cielo coperto dopo un sabato piovoso. Oggi le previsioni danno ampie schiarite durante la mattinata ed io confido che in quota il cielo sia piuttosto limpido. CaregnoLa scalata è abbastanza lunga, sette chilometri, e per nulla banale, anzi direi di tutto rispetto con una pendenza media di 9,2% e punte di 15%. I primi 2,5km si snodano con frequenti tornanti lungo l’abitato di Magno, il paesaggio non è ancora un granché, la pendenza si assesta attorno a 8% con qualche breve strappo a 10%. Giunto in centro a Magno la prima rampa a 12%. Strappo breve, ma presagio che uscito dal paese non sarà più uno scherzo. Infatti dopo alcune centinaia di metri al 7% la strada si stringe assumendo la tipica conformazione delle vie di montagna. I tornati si fanno stretti, la pendenza è costantemente sopra il 10%. Ogni volta che l’occhio cade sul mio Xplova vede numeri tra il 10 ed il 15. Ora l’asfalto sotto le mie gomme “cicciotte” (700×38) sembra molle e appiccicoso, la velocità è ridicola. Tutto gioca contro di me, l’attrito dei copertoni larghi, i miei tre chilogrammi di troppo già messi su da quest’estate, e il pesante borsone sottosella per il cambio prima della discesa. Non sto certo salendo per fare il tempo, ma la sensazione è proprio quella di essere un “bradipo-missile”. Fortunatamente anche il paesaggio è cambiato, le case hanno lasciato il posto ai boschi e dai tornati posso vedere a sud la conca di Gardone ed a nord le Alpi.

Oltrepassati i 700m di altitudine su un tornante si gode di un ottima vista in entrambe le direzioni. Cosa curiosa anche più di un anno fa scattai una foto in direzione nord-est, verso il comune di Lodrino. Riguardando, la foto con più attenzione ed ingrandendola ho notato che il monte già innevato che si vede, non è altri che il Baldo! Mai avrei pensato di vederlo mentre salivo ai piani di Caregno.20181125111834_IMG_0367 Proseguo nella scalata e giungo all’ingresso dell’altopiano, oltrepasso il parcheggio e la trattoria “La fabbrica”. Da qui la strada diventa cementata, finalmente inizio a giustificare l’uso della ghiaiosa. Nel frattempo il cielo si è aperto ed il sole intiepidisce l’atmosfera. L’idea è di arrivare fino a dove inizierà lo sterrato fangoso. Ho studiato la traccia, esiste un bellissimo percorso che si congiunge a Pezzoro, ma dopo tutta la pioggia di ieri sicuramente oggi sarà un pantano.Caregno_cementata Il paesaggio ora è meraviglioso, sono a 1.000m di altitudine, da qui partono le escursioni al monte simbolo della val Trompia, il  Guglielmo, el Gölem in dialetto. Ovviamente mi fermo per un primo breve shooting fotografico, so che tornerò ancora da quella strada, per cui potrò scattare altre istantanee, forse con una luce migliore.

Il sole fa ancora un poco i capricci dietro ad alcune velature. Riparto, passo un’impegnativa rampa al 15% di duecento metri circa, svolto a destra e “sta il cacciator fischiando sull’uscio a rimirar”. Lo saluto, risponde con tono un poco burbero, ma si sa i montagnini sono così. Incrocio alcuni gruppi di escursionisti, ci salutiamo tutti. La montagna è anche questo, compartecipazione delle avventure ed escursioni altrui. La strada prosegue diventando a tratti ghiaiosa, salvo poi tornare cementata quando la pendenza supera il 10%. Ora il panorama che ho di fronte è decisamente cambiato, la visuale libera è quella verso nord. La neve è scesa in abbondanza ieri ed i giorni scorsi sopra ai 1.600m per la felicità degli operatori sciistici del Maniva che apriranno i loro impianti durante il ponte dell’Immacolata.

Io, intanto, mi godo questo panorama, dove all’azzurro ed al bianco di cielo e creste montuose fanno da contraltare i caldi colori pastello dei boschi autunnali. Mi fermo e fotografo, la strada cementata è ormai finita, ho superato quota 1.100m, da qui lo sterrato correrà in falsopiano fino al rifugio degli Alpini, ma io sento già la terra molliccia sotto al fogliame e l’orologio segna le 9.45, devo pensare al rientro.

A malincuore giro la bicicletta, ripasso davanti al cacciatore, come prima lo saluto, come prima lui abbozza una risposta. Mi fermo per altre fotografie nella conca creata sotto la vetta del monte Bifo e riparto.

Giunto al parcheggio all’inizio dei piani, mi fermo, una fotografia all’allevamento di cervi, una barretta, un sorso d’acqua, un intimo asciutto a fare da intercapedine sotto la giacca invernale, il gilet antivento ed un paio di guantoni invernali asciutti.

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Scendo senza mai acquisire troppa velocità per non raffreddarmi eccessivamente. Se all’andata il traffico veicolare era ridotto a qualche 4×4 di cacciatori che salivano ai piani, ora al ritorno, sono numerose le autovetture che salgono con a bordo coppie o famiglie. Arrivato a valle, mi fermo e cambio i guanti, la temperatura ora è di 7°C ed il pallido sole riscalda un pochino. Una ventina di chilometri mi separano da casa, come sempre, li percorro utilizzando strade secondarie e a tratti la pista ciclabile del Mella. Arrivo a Brescia. Manca poco alle 11.30. Piani di Caregno, salita intensa, che sa donare panorami spettacolari, da me colpevolmente poco conosciuta, ora diventerai meta fissa delle mie prossime scorribande ghiaiose.

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Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@ Piani di Caregno

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Passo S.Rocco, Passo Baremone, Passo Dosso Alto ed il resto vien da sè.

Venerdì 9 settembre, sono in viaggio verso il lago, questo sarà l’ultimo fine settimana che trascorreremo a Polpenazze per questa stagione. Ho in mente tanti giri per domani, ma un campanellino d’allarme mi ricorda che sono già passati quattro anni dall’ultima mia salita al passo Baremone, una delle mie preferite, quindi senza indugio abbandono tutti gli altri progetti ed elaboro un giro che ruoti attorno ad essa. Sabato parto ancoroccobare1r prima che sorga il sole. Alle 5.35 sono in bicicletta, prima delle sei scendo le Zette verso Salò: è ancora buio e le luci sul lungolago danno un effetto fiabesco al golfo. Come sempre percorro il lungolago e giunto a fianco di piazza del Duomo scopro, con immenso piacere, che la cattedrale è splendidamente illuminata di notte. Non resisto entro in piazza appoggio la specialissima ed inizio a scaroccobare5ttare fotografie al ‘mio’ Duomo (vedi I luoghi della memoria) e al suo campanile, che illuminato nell’omonimo vicolo, ha un fascino del tutto particolare. Riparto, esco dalla mia cittadina e percorro la Gardesana. Mi trovo nei pressi di Maderno quando un alroccobare8one rossastro inizia a rischiarare il cielo alle spalle del Monte Baldo: sta per sopraggiungere l’alba! Proseguo in direzione di Gargnano, lì inizierà la prima salita di giornata che mi porterà fino al passo San Rocco, dopo aver attraversato tutta la Valvestino. La salita è suddivisa in tre parti: i primi 7km, che portano all’abitato di Navazzo, con pendenze sempre abbastanza dolci tra il 5% e ilpassosroccodagargnano 7%; un lungo falsopiano di oltre 11km, che costeggia prima la diga e poi il lago di Valvestino, infine un ultima ascesa di 6,7km, questa volta abbastanza impegnativa, con tratti al 9% ed una media di quasi 7% di pendenza. Considerato quello che mi aspetta nel proseguo del mio giro è il caso di iniziare a salire con calma godendomi lo spettacolo del cielo, del lago e dei monti. Giungo a Navazzo, mi volto, il sole non è ancora sorto da dietro il monte Baldo, ma è proprio lì, questione di minuti, non ho tempo e procedo! In compenso vedo per la roccobare11prima volta nella mia vita le rocce del monte Pizzoccolo arrossarsi ‘di vergogna’ sotto i primi raggi di sole! Arrivo finalmente alla diga ed inizio a costeggiare il lago. Le dighe portano sempre con se qualcosa di inquietante, soprattutto quando le si osservano ancora in ombra, in compenso il lago con i suoi riflessi verde pino sa dispensare piacevoli sensazioni e lascia presagire profumi di resina silvestre. Lasciato il lago ed il ponte su cui è posta la scritta del vecchio confine con l’impero austro-ungarico inizio la terza parte della salita, il sole ormai fa capolino tra un tornante e l’altro ed io mi ritrovo a Capovalle quasi senza essermene accorto. Attraverso il borgo, arrivo al passo, mi fermo e mangio. Pronti via! Mi attende una discesa bellissima: fondo stradale quasi perfetto, carreggiata così ampia che ovunque è dipinta la linea di mezzeria, tornanti tra gli abeti e rettilinei con pendenze superiori al 10%. Se qualcuno vuole sfiorare i 100km/h in bicicletta qui ci può riuscire, io come mio solito arrivo a 68km/h e tiro i freni, per un motivo o per l’altro i 70km/h non li supero mai e tutto sommato ne sono anche un po’ contento: cicloturista prudente! Subito dopo la galleria il paesaggio si apre sull’Eridio, alcuni tornati mi portano fino all’abitato di Idro, passo oltre e proseguo per Anfo.

Qui mi fermo per riempire entrambe le borracce ormai prosciugate dalla mia sete. Ci siamo è il momento di affrontare il Baremone: una salita molto impegnativa, ma dai paesaggi meravigliosi. Sono 11,2km quelli che portano al rifugio Rosa di Baremone con una pendenza media prossima al 9%. Una salita molto costante e questo significa che per gran parte si sta in doppia cifra (in totale ben 4km sono oltre il 10%).passobaremone Insomma il passo Giau di casa nostra. Anche i panorami durante la sua ascesa non sono certo inferiori a quelli blasonati delle Dolomiti: si passa dalla vista del lago nei primi tornanti; alle malghe di fondo valle strette tra le creste sovrastanti; al fitto bosco; fino all’ampio panorama, giunti sopra i 1.000m di quota, del lago (oggi un poco offuscato) e delle creste montuose circostanti. Ovviamente, nonostante i buoni propositi di non fermarmi troppo spesso per non interrompere il ritmo, scatto numerose fotografie:

Arrivo finalmente al rifugio Rosa, soddisfatto per l’ascesa, ma, soprattutto, con gli occhi pieni di gioia per i meravigliosi paesaggi che la lentezza della salita mi ha lasciato osservare ancor più a lungo. Mangio ancora qualcosa e riparto velocemente, mi aspetta il tratto più bello e più ostico: quello che porta ai 1.704m del passo Dosso Alto. Bello perché la strada di snoda incastonata tra le rocce delle piccole dolomiti bresciane (vedi Piccole dolomiti bresciane) con la vista degli alpeggi di Vaiale, Presegno e Bisenzio. Ostico perché quel maledetto chilometro di strada, tuttora sterrato e su roccia viva, deve essere affrontato con la massima concentrazione per non scivolare e con grande speranza in quanto il taglio di tubolare o la ‘pizzicatura’ di camera d’aria sono sempre in agguato. Un vero peccato perché è proprio in questo chilometro che il panorama è migliore ed è per questo che io, noncurante, mi fermo e fotografo comunque!

Finalmente, terminato lo sterrato, restano da percorrere gli ultimi 2kmpassodossoaltodabaremone, i più impegnativi, la pendenza è costantemente intorno al 10% con punte del 15%, una vera ‘legnata’ per le gambe ancora rintronate dalla ‘centrifuga’ dello sterrato. Comunque la bellezza dell’altopiano, le malghe e la vetta del Dosso Alto distraggono dalla fatica e consentono di arrivare allo scollinamento senza sentire troppo l’affanno. Ora non mi resta che scendere al passo Maniva per fermarmi al rifugio a consumare il mio pranzo. Le undici sono passate da poco e dopo cinque ore e mezza di pedalata ho una discreta fame!

Mi siedo rilassato (anche troppo!) e mangio guardandomi intorno, senza accorgermi che il tempo passa! Quando riparto è quasi mezzogiorno! Scendo verso la val Trompia, la strada è stata riasfaltata in molti tratti ed è un piacere percorrerla, arrivo alla mia massima velocità odierna 69,1km/h (Marco vorrai mica passare i 70km/h?!?) anche qui chi volesse si può divertire e oltrepassare agevolmente gli 85km/h. Passato Bovegno è il momarmentinoviairmamento di ricominciare a salire. Mi aspettano Irma e Dosso di Marmentino, solitamente venendo dalla città si affronta Marmentino salendo dal comune di Tavernole, che si incontra prima. Invece, scendendo dal Maniva, ci si imbatte prima nel bivio di Aiale che porta ad Irma prima di giungere a Marmentino. Una salita, a torto, poco frequentata dai ciclisti in quanto, oltre a riservare dei bellissimi paesaggi, è
un ascesa di tutto rroccobare32ispetto con i suoi quasi 7km totali. Considerando poi, che dopo l’abitato di Irma, c’è una discesa di quasi un chilometro nella quale si perdono ben 70m di dislivello, si evince che le pendenze nei due tratti in salita, oltre che poco costanti, sono del tutto ragguardevoli. Nell’ultimo chilometro non si scende mai sotto il 10%! Arrivato a Dosso un lungo falsopiano attraverso le frazioni di Marmentino mi conduce al passo Termine da dove rientro in val Sabbia. Qui l’idea originale era un’altra, ma un fastidioso brontolio intestinale mi fa capire che oggi non devo esagerare. Decido di scendere al Lago di Bongi. Pensandoci bene quest’anno non sono ancora passato da Bongi e questo un poco mi sorprende in quanto è una delle mie strade preferite per le gite primaverili: non troppo impegnativa, immersa nella vroccobare35egetazione  e senza traffico veicolare. Attraverso Lavino, Noffo ed arrivo al laghetto artificiale; qui scopro che, ora, a fianco della strada, campeggia la scultura lignea di un simpatico capriolo. Giungo a Mura riempio nuovamente le borracce al lavatoio, la temperatura ormai e vicina ai 30°C e l’acqua freschissima della fontana è un toccasana. Se penso che ho passato le prime tre ore di gita quasi costantemente tra i 12°C e i 16°C mi viene un poco da sorridere. Riparto e decido di scendere direttamente ai Piani di Mura: discesa ripida, estremamente tecnica, tornati strettissimi, insomma una discesa da percorrere molto concentrati e senza prendere troppi rischi: una disattenzione qui si paga a caro prezzo! Purtroppo arrivo a Nozza di Vestone. Purtroppo perché dopo ore tra le montagne sono ritornato a fondo valle sulla trafficata ex-statale ‘Del Caffaro’, ma non la percorrerò molto a lungo: giusto quei 3km che mi consentono di arrivare a Barghe e deviare per Preseglie: salitella di poco conto in un giro come quello di oggi, 2km al 5%. Attraversato anche questo paesino scendo verso Odolo da dove parte il versante valsabbino della mitica, per noi bresciani, salita delle Coste: 4,3km al 4% di media con il cosiddetto ‘Groppo’ strappo di 500m iniziale all’8%. In realtà una salita dallo scarso roccobare36significato paesaggistico ed anche ciclistico, date le pendenze. Tuttavia è la nostra salita di casa: quella su cui si può spingere il ‘rapportone’, quella dove anche i cicloturisti come me salgono ad oltre 22km/h di media, toccando più volte i 30km/h, immaginandosi dei ciclisti professionisti. Perché anche ai cicloturisti, a volte, piace sognare di andare forte! Sono in cima, ma stavolta non devo scendere a Brescia. No, per me, dopo la discesa a Vallio, veloce e tecnica anch’essa, c’è ancora da scavallare Muscoline per giungere a Polpenazze dopo l’ennesimo lungo sabato passato in compagnia di me stesso. Saranno 172km, 3.700m di dislivello e grande soddisfazione per il giro ed i panorami visti. Anche oggi in ritardo di un’ora sul mio programma, anche oggi abusando della pazienza di chi mi sta accanto, anche oggi confidando nella loro comprensione.

Grazie…

Dettagli tecnici su Strava: P.so S.Rocco-P.so Baremone-P.so Dosso Alto-Irma-P.Termine-L.di Bongi-Preseglie-Coste

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Dall’Eridio al Sebino e ritorno (P.so Crocedomini, Passabocche, Colle S.Zeno, P.so Maniva)

È la sera di venerdì 2 settembre, ho in mente un giro speciale per il sabato: vorrei superare il mio record di dislivello in un’unica uscita. Proprio per questo resto vago con tutti dicendo solamente di non aspettarmi per pranzo perché arriverò dopo le due del pomeriggio. Sabato mattina parto con il buio in automobile verso Anfo. Alle 6.07 accendo il GPS ed i fari della bicicletta: la strada sarà ancora buia per una mezz’ora.

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Alba sull’Eridio

Giunto a S.Antonio prendo a sinistra per il passo Crocedomini, dopo un centinaio di metri mi fermo e scatto una fotografia dell’Eridio prima del sorgere del sole. Sole che, peraltro, non si potrebbe vedere in quanto il cielo è completamente coperto. Fa fresco e l’umidità è altissima. Il mio CG (central governor) inizia a preoccuparsi: sa benissimo che l’umidità delle giornate uggiose è il mio peggior nemico e la causa principale di crampi, ancor più della fatica. Arrivo a Bagolino mancano alcuni minuti alle sette del mattino, mi fermo in centro per scattare un paio di foto e penso che tutto sommato un caffè non sarebbe una cattiva idea.

Strano, io che non apprezzo mai le soste al bar durante le uscite in bicicletta, stamattina sento che è proprio quello che ci vuole per iniziare.  Riparto nella speranza che il cielo si possa aprire con lo scorrere della mattinata. Il CG, intanto, continua nella sua opera di dissuasione: attenzione, senza sole, in cima al Crocedomini si può sempre andare verso il Dosso dei Galli ed abbreviare il giro. Io proseguo guardandomi intorno, osservando i monti cambiare colore al sopraggiungere della luce del giorno. Non me ne accorgo e sono alla prima rampa tra due stretti tornanti.passocrocedomini Il Crocedomini è una salita lunghissima 29,3km per 1.493m di dislivello se si parte dal lago d’Idro,  18km se si parte appena usciti dall’abitato di Bagolino  ed in questo caso senza più discese. Le pendenze non sono mai proibitive, ciononostante, saltuariamente ci si trova a dover superare degli scalini con pendenze del 13% proprio in corrispondenza di piccole cascate del torrente Caffaro. In sostanza una salita che va affrontata con il massimo rispetto altrimenti quando ci si troverà negli ultimi chilometri, senza più vegetazione, con un forte vento e con le ultime decisive rampe oltre il 10% si avrà la sensazione di non spingere più avanti la propria specialissima. Giungo in prossimità di Val Dorizzo, supero lo scalino a tornati che la precede e quello che la segue, da qui la vallata si apre ed i panorami diventano ancor più belli. Anche il cielo inizia ad aprirsi, qua e là si vede l’azzurro del mattino. Molto bene! Sono nella piana del Gaver le montagne a nord sono ancora immerse nelle nuvole basse; mancano ancora sette chilometri al passo: i primi, tutti a tornanti nel bosco, hanno panorami spettacolari tra cui la vista del monte Colombina.

Sono ormai arrivato alla Malga Cadino, restano gli ultimi chilometri sull’altopiano, stranamente senza vento, è la prima volta che mi capita: sarà forse per l’ora mattutina?

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Goletto di Cadino

Il cielo si è aperto ed il sole inizia a riscaldare i pascoli ancora affollati da bovini che si stanno accingendo alla transumanza di rientro. Io mi fermo in vetta al goletto di Cadino (1.942m) punto più alto di questa salita (il passo Crocedomini è a 1.895m) per osservare da questo punto privilegiato il panorama a 365°. Mangio un panino e mi getto in discesa, mi aspettano più di venti chilometri di ‘toboga’ velocissimo, arrivo a sfiorare i 70km/h, cosa per me inusuale, penso che più di un ciclista in questo tratto avrà superato anche i 90km/h! Arrivo a Bienno, trovo una fontana, riempio le borracce, mangio un altro panino, e mi accingo ad affrontare il mio ‘Kansas’ come ci disse Nico Valsesia rispondendo alla domanda “Qual è la parte più dura della Race across America?” “Il Kansas perché è tutto dritto e non finisce mai.” Ecco la parte più noiosa del mio giro arriva ora: 20km di noiosa val Camonica fino a Pisogne (in realtà nulla in confronto alle centinaia di chilometri del Kansas). Per fortuna, arrivato sul lago d’Iseo, proprio all’inizio delle salite di Passabocche e del colle San Zeno si trova la splendida chiesetta di Santa Maria della Neve completamente affrescata dal Romanino. Mi fermo, contemplo, fotografo e riparto.

Inizia ora la seconda lunga salita di giornata, il clima è afoso e umido,3vxtreme20 il caldo torrido la fa ‘da padrona’, anche il Sebino è liscio come l’olio. Dopo circa quattro chilometri di salita mi trovo di fronte al bivio: a sinistra Colle di San Zeno diretti, a destra Passabocche (1.280m) discesa in Val Palot (1.000m) e risalita a San Zeno (1.380m). Il CG mi ricorda che sceso in val Trompia dovrò ancora risalire al Passo Maniva per poter tornare ad Anfo, sarebbe già un bel giro salendo subito a sinistra. No! Oggi non ci sento, sono convinto, non ho dubbi e vado a destra. Forse poi me ne pentirò, ma poco importa. La salita di Passabocche è un’altra salita lunga ed insidiosa: quasi 15km per 1.080m di dislivello, pendenze non sempre costanti e numerosi tratti sopra il 10%. Oggi la affronterò quasi esclusivamente con il pignone del 30, concedendomi il 26 ed cimapassaboccheil 23 solo per i brevi tratti sotto al 6%, in questo modo dovrei avere ancora la gamba abbastanza ‘fresca’ per le ultime due salite. Purtroppo l’afa rende leggermente foschi gli splendidi paesaggi di cui si gode mentre si sale. Dalla cima di Passabocche si domina il lago d’Iseo ed il panorama è veramente mozzafiato, oggi, purtroppo, bisogna accontentarsi. Scollino e mi fermo a mangiare prima di scendere in val Palot dove riempio nuovamente le due borracce. Ora fa caldo, è da poccollesanzenodavalpaloto passato mezzogiorno ed il sole è alto nel cielo. Io mi accingo a risalire gli ultimi 4,5km che mi separano dal Colle di San Zeno. Di tutte, questa è la salita più corta, le pendenze sono comunque sostenute (il 10% si supera spesso) e la affronto con cautela, forse anche troppa, ma meglio così. Giunto i3vxtreme25n vetta e vista l’ora mi concedo una sosta al rifugio dove mangio due buonissime fette di crostata accompagnate da due lattine di coca. Si riparte, mi aspetta la discesa più impegnativa di tutto il giro, non per la difficoltà delle curve o per la ripidità della strada, bensì per le numerose buche, direi voragini, che costellano tutto l’asfalto. Giungo a fondo valle, il cervello è un poco frullato, mi riprendo un attimo. Eccola l’ultima salita si sta avvicinando, guardo l’altimetro segna quasi 3.300m di dislivello. Sorrido, dentro e fuori, ormai ci sono in un modo o nell’altro arriverò in cima al Maniva. A Collio devo fermarmi nuovamente per un rifornimento borracce, d’ora in poi non voglio più effettuare soste per non spezzare il ritmo di passomanivadasancolombanopedalata. Il passo Maniva è una salita di 10km circa con pendenza media prossima a 8%, ma spesso sopra il 10%. In realtà non esiste un vero punto di inizio della salita, in quanto la val Trompia dal comune di Bovegno in poi sale continuamente con pendenze che oscillano tra il 2% e il 6%. In totale ci sono 18km di ascesa per superare più di 1.000m di dislivello, di cui gli ultimi 9km sono i più impegnativi. Salgo con la dovuta calma, ogni tanto controllo i pericolosi cumulonembi neri che sovrastano il Dosso Alto a destra e il Dosso dei Galli a sinistra del giogo del Maniva. A poco meno di un chilometro dalla cima non posso resistere e da3vxtreme26 un tornante scatto una fotografia al Dosso Alto già immerso nelle nuvole. Ormai sono in vetta, sono quasi le quattro del pomeriggio, è fatta! Mangio, mi copro, mi preparo per la discesa, ma prima ancora uno scatto della valle del Caffaro dall’alto dei 1.626 del passo. Ora giù verso Bagolino, il tempo quassù, nel pomeriggio, può cambiare anche molto rapidamente. La prima parte di discesa è bella, ma quando si entra nel bosco l’asfalto si fa più sc3vxtreme28onnesso e bisogna stare attenti alle crepe ed alle buche. Arrivo a Bagolino supero il ponte di Prada e mi accingo a sorpassare l’ultima salitella di giornata: 1,3km al 5% di pendenza media. Mi alzo sui pedali, spingo, sento le gambe ancora robuste, spingo ancora più forte, mi sorprendo di me stesso: dopo 160km e più 3vxtreme29di 4.500m di dislivello, non solo non mi sono arrivati i crampi, ma riesco a forzare un poco il ritmo. Giornata di grazia! Inizio l’ultima fase di discesa costeggiando il lago d’Idro e mi fermo a scattare una fotografia nello stesso punto da cui avevo scattato stamattina alle 6.25. Sono quasi le cinque del pomeriggio quando arrivo al parcheggio e carico la bicicletta sull’automobile. Il meteo oggi non è stato eccezionale, ma il giro sì! Per una volta la soddisfazione di avere superato i miei limiti è venuta prima della bellezza dei luoghi visitati.

Grazie CG (central governor) per non avermi disturbato troppo, ma tanto non ti avrei ascoltato!

Per i dettagli tecnici:Cicloturisti!@Passo Crocedomini – Cima Passabocche – Colle San Zeno – Passo Maniva

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Gavia, Mortirolo (da Grosio)

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Vorrei iniziare proprio da qui, dalla gita per antonomasia che rappresenta in toto lo spirito di Cicloturisti.

E’ il 29 agosto 2015, si parte in auto alla volta di Ponte di Legno. Siamo io e Carlo, giunti agli impianti di risalita di Temù parcheggiamo ed alle 8.20 siamo pronti per partire per un giro tanto impegnativo quanto gratificante. Ci sono 12°C il cielo è terso, nemmeno una nuvola. Climaticamente i presupposti per una giornata indimenticabile ci sono tutti. Sulla condizione fisica qualche dubbio Carlo lo nutre: settimana scorsa era salito con il team, ma una giornata decisamente no gli aveva impedito di arrivare in vetta al Gavia. Si inizia a pedalare, senza nessuna fretta, consci che con un meteo così la cosa più importante sarà riuscire a godere appieno dei panorami incantevoli che la montagna ci saprà donare. Ed è proprio così che, tra una chiacchera e l’altra, siamo già al tratto duro, usciamo dal bosco e il cielo limpido fa si che io inizi a scattare fotografie all’impazzata: il fondo valle, Ponte di Legno, il ghiacciaio dell’Adamello, Punta di Pietra Rossa.

Usciamo dalla galleria e l’intensità cromatica del lago Nero è sorprendente.

Ci fermiamo al rifugio e finalmente guardiamo il cronometro, giusto per capire che non sarò mai al lago (di Garda) per le 16.00 come avevo preannunciato alla famiglia, ma poco importa, basta un wapp per avvisare che questa giornata in alta montagna ce la vogliamo vivere fino in fondo. L’espressione soddisfatta dei nostri volti sotto al cartello passo Gavia denota, non solo la soddisfazione per la vetta raggiunta, ma anche la bontà del panino con il salame! Nel frattempo la temperatura è salita, ci sono 22°C anche qui, e lo spolverino per la discesa non serve, ci fermiamo un paio di volte per qualche scatto al Lago Bianco, alla Punta S.Matteo ed alla Valfurva.

 

Attraversiamo Bormio ed iniziamo la lunga discesa della Valtellina che ci porterà fino a Grosio per attaccare il Mortirolo da un versante ‘più dolce’. Come sempre accade nelle ampie vallate alpine una forte corrente termica ci presenta il conto soffiandoci in faccia. Oltrepassato Sondalo decidiamo che è il caso di mangiare un altro panino al bar, tutto sommato è l’una del pomeriggio e la pausa pranzo ci sta tutta. Si riparte ed al chilometro 70 inizia il Mortirolo (da Grosio): una piacevolissima sorpresa! Il paesaggio è decisamente diverso da quello noioso e monotono del versante di Mazzo. Da subito si entra in un bellissimo bosco che ripara dall’arsura del sole, la salita è impegnativa, ma mai impossibile. Dopo i 1.100m (s.l.m.) la strada inizia ad attraversare i primi pascoli con le malghe, che sono perlopiù trasformate in baite per le vacanze. La strada si incattivisce e ogni chilometro presenta il suo tratto con pendenze tra il 10% e il 17%.

Intorno al settimo chilometro incontriamo l’ennesima rampa: ognuno prende il suo passo. Poco più avanti decido di fermarmi e fare una fotografia: quella gita che settimana prima era rimasta un’incompiuta, ora, sta per concretizzarsi nella splendida cornice di una giornata baciata dal sole.

Ci separiamo nuovamente ognuno sale al suo ritmo e ci ritroviamo in vetta. Sono le 15.30 davanti a noi la discesa verso Monno e la nuova ciclabile che dall’uscita di Incudine porta fino agli impianti di Temù, per me un insperata sorpresa, che ha reso molto più divertente il rientro. Una ciclovia che costeggiando, nel bosco, il fiume Oglio ed attraversando un bellissimo allevamento di cavalli giunge agli impianti di sci. Sono quasi le 17.00 ed è tempo di ritornare a casa: con poche energie nei muscoli, ma con gli occhi gonfi di meravigliosi paesaggi e lo spirito consapevole di aver vissuto una giornata indimenticabile. Grazie Carlo.

P.s. Per i noiosi dati tecnici del giro:  Gavia e Mortirolo(Grosio)