Magasa, la magia della neve, il Natale alla porta

Oggi, domenica 3 dicembre, le previsioni annunciano una giornata dal cielo limpido e soleggiato. In settimana una perturbazione ha portato la prima spolverata di neve a bassa quota. Decido, quindi, di recarmi in auto a Bogliaco per partire in bicicletta verso la Valvestino. Questa volta, a differenza dello scorso inverno (vedi Valvestino tra i ghiacci!), voglio arrivare a Magasa borgo a quasi 1.000mt. di altitudine sotto al famoso alpeggio di cima Rest. Sono le 8.26 quando cavalco il mio fido destriero in titanio e parto, dopo un paio di chilometri svolto a sinistra ed inizio a salire costeggiando il lago. Quante volte avrò scalato il Navazzo da quando vado in bicicletta? Non si contano, salita dolce e dai paesaggi meravigliosi sul lago. Oggi devo percorrere i sette chilometri che mi separano dal paese lentamente cercando di sudare il meno possibile. La temperatura durante la salita si attesta tra i 2°C ed i 4°C, il sole irraggia calore e la sensazione è quella di essere a 10°C, ma so per certo che una volta oltrepassato il borgo appropinquandomi alla Valvestino la temperatura precipiterà ampiamente sotto lo zero. Per questo devo cercare di restare il più asciutto possibile per evitare che il sudore mi si congeli addosso. Mentre salgo ammiro il panorama, oggi la giornata è di quelle speciali, cielo terso, aria cristallina, sole caldo, il lago intensamente blu zaffiro, tutto lascia presagire uno spettacolare paesaggio anche una volta entrato nella valle. Giungo a Navazzo, mi fermo e tolgo i guanti leggeri, usati durante l’ascesa, per indossare quelli asciutti e pesanti pronti per contrastare il gelo della Valvestino. Bevo un sorso d’acqua, mentre contemplo il monte Pizzoccolo, oggi già vestito a Natale. Esso pare un pandoro con una leggera spolverata di zucchero a velo sulla sommità.

Riparto, ancora un paio di chilometri ed il sole si nasconderà proprio dietro il Pizzoccolo. La strada inizia a sbiancare, segno di piccoli cristalli di ghiaccio sull’asfalto. Procedo con circospezione, i mezzi antineve sono già passati con sabbia e sale durante la settimana, ma non in maniera esaustiva. Arrivo alla diga, la temperatura è già scesa sotto lo zero, i cristalli liquidi del mio gps iniziano a perdere contrasto, a fatica riesco a leggere -4°C. Non ci sono ancora le colonne di ghiaccio dello scorso anno, troppo pochi i giorni sotto lo zero per averle già formate; tuttavia sufficienti per aver ibernato gli esili ramoscelli di arbusti a bordo strada. Miracolosamente ne trovo alcuni baciati da un raggio di sole filtrato tra le montagne, mi fermo e li fotografo.

Proseguo, giungo al primo ponte, alla destra la valle che conduce verso Costa, ancora tutta in ombra ricoperta da una sottile coltre di neve bianca. Paesaggio silente e spettrale. Arrivo al secondo ponte, quello dell’antico confine con l’impero austroungarico. Semre a destra si apre la valle del Droanello anch’essa completamente in ombra e cosparsa di neve. Vorrei fotografarla, ma ormai il freddo è entrato sotto i miei guanti e le dita iniziano a ghiacciare. Per fortuna il bivio di Molino di Bollone è vicino, lì so di poter trovare nuovamente il sole per alcune centinaia di metri per riscaldarmi. Non riesco più a leggere la temperatura sul mio gps perché è ormai quasi completamente nero, segno evidente che la stessa si è abbassata ulteriormente. Arrivo al sole e rallento per godere di qualche istante in più di caldo. Tengo la destra, direzione Turano e Magasa. La strada ricomincia a salire, anche se ancora dolcemente. Ritorno nella gelida ombra, sto arrivando al punto più freddo di tutta la valle, dopo una curva sinistrorsa scorgo la mia ‘palude’ o ‘stagno’ preferito, tutt’intorno neve e ghiaccio. Non posso non fermarmi a fotografare quest’immensa bellezza.

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A casa scoprirò che la temperatura era scesa a -8°C. Riparto, oltrepasso il bivio per Turano e procedo spedito verso Magasa. I mignoli iniziano a bruciare dal freddo, ma so che tra breve risalendo la montagna sarò di nuovo al sole.Magasa All’incrocio il cartello recitava 5km al paese. Questa salita è costantemente tra il 7% e il 10% di pendenza, piuttosto impegnativa, ma senza strappi violenti. Dopo i primi due chilometri sono nuovamente su un versante soleggiato ed alla mia destra posso ammirare gran parte della Valvestino ancora parzialmente in ombra, mi fermo e scatto alcune istantanee per immortalare il paesaggio.

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Riparto ormai Magasa è vicina, il sole mi riscalda, la temperatura riprende a salire, all’ultimo tornante scorgo alcune stalattiti di ghiaccio, ma non mi fermo dovrò scendere ancora dalla stessa strada, avrò modo al ritorno di fotografarle quando saranno illuminate dal sole. Poco prima del borgo non posso esimermi dal fermarmi e immortalarlo con il mio telefono.

Entro in paese e ne percorro alcuni vicoli alla ricerca di angoli suggestivi da fotografare. Incrocio solo un paio di persone, nonostante siano già le 10.45 di mattina. Mi fermo in un piccolo slargo dove provvedo ad indossare un intimo asciutto, a mangiare un fruttino, bere dell’acqua ed indossare i nuovi guanti a tre dita unite per la discesa.

Mi accingo a lasciare il paese, ma proprio all’uscita del borgo mi viene l’ispirazione per un’ultima fotografia panoramica e per una deviazione verso il parco giochi appena fuori l’abitato non lontano dal cimitero.

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La deviazione si rivela interessante e mi consente di fotografare Magasa da una prospettiva diversa e molto suggestiva.

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Riparto, sono già passate le 11.00, questa volta si scende per tornare indietro. Come promessomi mi fermo a fotografare prima le stalattiti di ghiaccio e poi i boschi ed i monti innevati attorno a Magasa.

In discesa mi raffreddo un poco e cerco di non prendere troppa velocità, ad ogni sosta fotografica in realtà mi scaldo un pochino grazie all’irraggiamento solare. Oltrepasso il bivio per Turano e mi dirigo verso il mio stagno, unico punto che credo di trovare ancora in ombra. Così è, ma la mia sorpresa è tanta nell’osservare il meraviglioso effetto scenico che l’acqua immobile della palude crea con le vette che ivi si specchiano.

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Anche stavolta il mio ‘stagno’ ha saputo sorprendermi, quasi fosse quello di Giverny che Monet amava dipingere in orari e stagioni diverse. Mi giro dall’altro lato ed osservo uno spettacolare gioco bicolore di grigio e bianco lungo tutta la parete rocciosa.

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Qui, nonostante l’orologio segni 11.30, ci sono ancora -5°C! Monto in sella e mi dirigo rapido verso il lago di Valvestino oramai quasi completamente al sole. Lo percorro godendomi ogni istante ed ogni scorcio, fermandomi qua e là a scattare fotografie.

Oltrepasso la diga, arrivo in prossimità di Navazzo ed inizio a scorgere la sagoma innevata della vetta del monte Baldo. La temperatura è tornata sopra lo zero, io passo il paese e inizio la discesa verso il Benaco, ma sono costretto nuovamente ad un paio di soste, il vento di Peler oggi sferza il lago con estrema violenza e rende i panorami limpidi e con profondità d’immagine.

Oggi opto per la discesa attraverso Zuino, stretta, tortuosa e ripida, ma che mi consentirà di giungere direttamente alla rotonda dove ho parcheggiato l’autovettura. Scendendo ammiro il lago e prendo una nuova decisione. Giunto alla rotonda proseguo verso il porto di Bogliaco. Prima di tornare voglio gustarmi il ‘mio’ lago anche dalle sue tumultuose rive. Così mi fermo all’imbarcadero ed immortalo anche questo incredibile scenario, ora la temperatura è salita a 7°C, ma sembra ce ne siano almeno 15°C.

Sono le 12.45 quando carico la bicicletta in auto. Non avrei potuto sperare in una giornata dal meteo migliore: sole, neve e ghiaccio.

Anticipo di un Natale che sta per sopraggiungere.

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@Magasa (in Valvestino è Natale!)

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Monte Stino

È passata ormai una settimana dalla Maratona delle Dolomiti, mi accingo a pensare al giro per il sabato e il pensiero cade sull’uscita con Giorgio dell’anno scorso (I sette borghi di Valvestino). Nel progetto originario avremmo dovuto scalare anche il monte Stino, poi il caldo afoso, l’orario e la gamba ci fecero desistere. Anche l’anno prima fui costretto ad interrompere la scalata quando mancava poco più di un chilometro alla vetta. Quella volta fu un temporale estivo a consigliarmi di girare la bicicletta e scappar via prima che grandinasse.

Oggi 9 luglio dovrebbe essere la volta buona. Parto al sorgstino001ere del sole, alle 5.45 sono già in sella e attraversando la Valtenesi mi dirigo verso Salò da dove proseguirò lungo la gardesana occidentale. Giunto in prossimità di Maderno non posso che fermarmi ad immortalare il sole mentre gioca a nascondino con il monte Baldo. Proseguo, giungo a Gargnano, svolto a sinistra per Navazzo, sono solo le 7:15 quando entro nel borgo e decido di non fermarmi a riempire la prima borraccia già vuota. Lstino007e riempirò entrambe più avanti. Arrivato all’omonima diga inizio a scattare le prime fotografie; ne avrò decine e decine, ma non riesco a farne a meno, ogni volta credo di aver trovato un’angolazione diversa, una luce differente. Oggi è una giornata abbastanza limpida e calda (23°C e sono solo le 7:15) il lago è intensamente dipinto di verde ed io inizio ad osservare compiaciuto uno dei miei panorami preferiti. Circa al quindicesimo chilometro della strada provinciale mi fermo, sono arrivato in uno dei miei ‘luoghi della memoria’. Ora mi sovviene che non l’ho mai fotografata e così prontamente colmo queststino005a lacuna. È l’acqua del Bolà! Una delle fontanelle migliori del bresciano, forse la migliore per freschezza; gelida anche nelle più torride giornate estive. Una fontanella da ’10’ come dice Gino il papà di Francesco e Marco. L’emozione sale mentre rimembro la mia prima salita a Valvestino nell’ormai lontano 1995 proprio con papà Gino e Francesco. Fu il mio battesimo sulle grandi salite, la mia prima volta al Passo San Rocco di Capovalle, insomma un giro vero! Gino e Francesco amano dare un voto a tutte le fontane che si incontravano in bicicletta e quella del Bolà è in assoluto la migliore di tutte! Riparto, non sono passate ancora due ore dall’inizio e sono già sopraffatto dai miei meravigliosi e nostalgici ricordi. Al bivio di Molino di Bollone tra le due salite scelgo quella di destra che porta a Turano, Moerna. È la mia preferita, sia per le pendenze arcigne che ne fanno una salita impegnativa (come piace a me), sia per i paesaggi incantevoli che la circondano. Prima delle ripide rampe, sotto all’abitato di Turano, si trova un piccolo pianoro perennemente in ombra, che grazie alle insistenti piogge di questa primavera si è trasformato in un’amena palude (disturbata solo dalla voracità delle sue zanzare). Mi fermo, fotografo, mi godo quella che sicuramente sarà l’ultima frescura di giornata, ora la temperatura è scesa a 15°C; mi domando quanto freddo ci possa essere in pieno inverno in questa conca (lo scoprirò a gennaio! Valvestino tra i ghiacci!).

Riparto, spedito attraverso uno dopo l’altro i tre borghi e giungo al vecchio confine che separa la Valvestino da Capovalle. Una corta discesa ed eccomi pronto pemontestinor l’erta di Monte Stino. Poco meno di quattro chilometri con una pendenza media del 12% e punte vicino al 20%. La salita si presenta subito con un primo rettilineo costantemente sopra l’11%. Il fondo stradale lascia subito spazio al cemento e gli scoli trasversali per l’acqua piovana spezzano ritmo e gambestino026. Insomma salita di quelle vere! I primi due chilometri sono abbastanza riparati dal bosco, mentre la parte finale è completamente esposta al sole, le pendenze, comunque, non accennano ad addolcirsi se non in prossimità del rifugio omonimo. Giunto in vetta (1.400m s.l.m.) la vista si apre sulle Alpi bresciane, sulle cime del Baremone e del Dosso Alto. Sotto di me il lago d’Idro, ma l’afa estiva rende fosco lo sguardo verso il basso, il cielo sopra di me invece è di un blu intenso a metà tra il freddo cobalto ed il caldo turchese. Oggi va così, la giornata è splendida, ma l’aria non cristallina non consente una profondità di panorama; per cui, memore dell’ultima gara di fotografia con mia figlia Alice mi dedico alla botanica fotografando fiori, sono proprio un buontempone!

Riparto, ritorno a Capovalle, per evitare il traffico della gardesana decido di concludere il giro passando per il passo del Cavallino della Fobbia (1.090m). Per farlo bisogna percorre una fantastica stradina immersa nel bosco e dimenticata da tuttmadonnarioseccoi che passa sotto ad una chiesetta, il santuario della Madonna di Riosecco. Come tutti i santuari che si rispettino per raggiungerlo bisogna prima passare dall’infernale rampa di trecento metri al 16% di media con una punta del 21%. In tutto la salita che porta al Cavallino misura 3,7km con tre strappi ben oltre il 14% di pendenza, ed un paio

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Madonna di Riosecco

di tratti in leggera discesa. Arrivato al passo non mi resta che gettarmi in discesa verso Valdegagna per rientrare in Valsabbia. La strada è molto stretta e piuttosto sporca, l’asfalto non è dei migliori, non si può certo prendere troppa velocità se non si vuole rischiare di finire spiaccicati sul parabrezza di una delle poche autovetture che ivi sale. A dispetto di ciò il panorama di cui si gode durante la discesa è decisamente meritevole. Il sole è ormai alto e gli alberi del bosco riscaldati emanano i loro profumi più intensi. Io ne approfitto per respirare a pieni polmoni quest’aria salubre, tra poco sarò di nuovo in pianura in mezzo alle comodità della civiltà ed alle sue storture. Fine della discesa, Vobarno, svolta a destra e  poco dopo a sinistra per Pompegnino, evito così anche l’ultimo tratto di statale della val Sabbia. Tormini, Soprazzocco, Laghi di Sovenigo, Polpenazze, stradine secondarie meravigliose che mi conducono a casa nell’entroterra della Valtenesi, arrivato! Sono le 11:30, quasi in anticipo sulla tabella di marcia. Anche oggi soddisfatto per aver conquistato una nuova vetta!

Grazie papà Gino e Francesco senza di voi non mi sarei mai appassionato a questo sport!

Dettagli tecnici su: Navazzo-Moerna-P.so S.Rocco-M.Stino-Madonna Di Riosecco-Soprazzocco-L.di Sovenigo

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Valvestino tra i ghiacci!

Oggi, sabato 21 gennaio, parto con l’auto in direzione lago per un altro giro in bicicletta. L’idea è di quelle che fanno venire i brividi, in tutti i sensi. Questa volta parcheggio a Bogliaco, voglio accorciare il più possibile il tratto in pianura perché la salita e la discesa lungo la Valvestino saranno lunghe. Sì, quello che è uno dei miei giri estivi prenavazzoferiti oggi lo voglio affrontare, anche se in versione ridotta, in pieno inverno (vedi I sette borghi di Valvestino). Alle 8.30 aggancio il pedale e parto, la temperatura sul lago è di 3°C, inizio a salire verso Navazzo, salita regolare senza grosse difficoltà, ma di una discreta lunghezza 7,2km al 5,7%, intanto mi guardo attorno e godo della vista del mio lago anche oggi baciato da una splendida giornata di sole. Giungo a Navazzo la temperatura è scesa a 0°C, adesso inizia il divertimento, abbandonato il lago entro nella valle che porta alla diga di Valvestino, da qui in poi il sole sarà un ricordo lungo tutto il falsopiano. La temperatura inizia a scendere sotto lo zero, in meno di due chilometri sono già a -4°C, alla diga il gps segna -6°C e non cambierà lungo tutto il lago. Subito dopo la diga ecco che si apre il sipario su quello che speravo di trovare dopo queste settimane gelide; stalattiti di ghiaccio, innumerevoli stalattiti, altissime stalattiti, imponenti stalattiti, colonne d’organo di ghiaccio.

Il paesaggio è fiabesco, l’aria pungente, il silenzio glaciale, rotto sporadicamente dal motore di un’automobile in transito. Quasi mi perdo in questa sensazione di pace, ma il freddo alle mani mi riporta alla dura realtà. Ho commesso un madornale errore nel compiere l’intera salita con i guantoni, ora sono inumiditi dal sudore che a -6°C si sta ghiacciando anche all’interno, sento mignolo e anulare della mano destra bruciare. Decido di proseguire, senza fermarmi, fino al Molino di Bollone, là so di trovare il sole; rimando tutte le fotografie che vorrei scattare al mio ritorno. Come supponevo trovo il sole poco dopo l’ultimo ponte, mi fermo a Molino tolgo i guanti e ne approfitto per una breve camminata in cerca di fotografie memorabili. Le mani sotto i raggi del sole si scaldano, io indosso i sotto-guanti in seta che avevo custodito asciutti nelle tasche sperando di poter arrivare fino in cima con quelli.

Riparto, ma non appena ritorno all’ombra, sulla strada che porta a Turano e Moerna, i guanti iniziano a raffreddarsi rapidamente; proseguo, entro nella parte più fredda della valle quella dove, anche nelle giornate più afose estive, si trova frescura.valveghiaccio24 In pratica la mia #omarzone (vedi Omar Di Felice). Sono costretto a fermarmi ad immortalare quel paesaggio che, d’estate, è una rigogliosa palude a bordo del rio ed ora un silente stagno gelato. Le dita della mano destra ardono dal freddo, io riparto sperando di ritrovare il sole almeno al bivio tra Magasa e Turano, scoprirò poi, analizzando i dati, che quello è stato il punto più freddo -9°C. Non ho mai pedalato a questa temperatura! Passo a fianco del vecchio ponticello a schiena d’asino in vista di Turano, ma non posso fermarmi per un’altra fotografia, serberò nella mia mente quest’immagine. Finalmente il bivio e con lui vedo comparire la luce del sole sulla prima rampa della salita per Armo, opto per questa breve deviazione che mivalveghiaccio23 consentirà un’istantanea su Turano, ma, soprattutto, di esporre le mie mani all’irraggiamento solare. Come uno ‘stream of consciousness’ joyciano mi martella nella mente la frase del Daitarn III: “Ed ora con l’aiuto del sole vincerò! Attacco solare! Energia!” correva l’anno 1980, ricordi di gioventù.  Dopo quasi dieci minuti, durante i quali mangio anche un fruttino, la temperatura delle mani è rientrata nella norma. Riparto, ma a mani nude, ora mi aspetta l’erta impegnativa di Persone-Moerna,moernadabivioarmo i primi 3km con pendenze sempre in doppia cifra, quindi velocità ridotta e riscaldamento dovuto alla fatica dovrebbero mantenere il freddo lontano dalle mie mani molto meglio dei guanti. Così avviene, mi fermo sotto all’abitato di Persone per immortalarlo con il mio telefono, oltrepasso il borgo e spedito mi dirigo verso la frazione di Moerna, ora le pendenze sono più dolci, la velocità aumenta sensibilmente, ma, complice il sole in fronte, le mani non si raffreddano quasi per nulla. valveghiaccio1Ormai sono vicino ai 1.000m (s.l.m.) e lo sguardo si apre sul panorama circostante. Che giornata meravigliosa! Attraverso il paese, la temperatura ora è vicina allo zero ed allo scollinamento decido di fermarmi per indossare guanti e sotto-guanti che avevo infilato nelle tasche posteriori lasciando le dita all’esterno per farle asciugare al sole.

 

Operazione riuscita! Ora l’indosso e sono caldi ed asciutti. Da qui in poi la strada, per me, sarà tutta in discesa attraversando prima Capovalle e poi rientrando sulla via dell’andata a Molino di Bollone. Sono ormai le 11.00 di mattina, sono (come spesso) colpevolmente in ritardo sulla tabella di marcia. Scrivo, imvalveghiaccio8manentemente, un messaggio a Marina: “Tutto a posto sono ora a Moerna, per le 12.30 sarò all’auto. Ti chiamo poi” e riparto. Dall’alto del vecchio confine con l’impero austro-ungarico fotografo l’abitato di Capovalle. La discesa è pulita, cioè non c’è ghiaccio, ma solo sabbia e sale, quindi grandi velocità non si possono comunque fare! Fortunatamente la strada è quasi completamente al sole, il che rende la sensazione di freddo della discesa molto blanda. Solo l’ultimo chilometro prima del bivio è nuovamente in ombra, in quanto incastonato nel fondo valle, qui l’ultimo assaggio di freddo di giornata. La strada che costeggia il lago di Valvestino è ora completamente al sole ed io posso scattare quelle foto che mi ero ripromesso al primo passaggio, la galleria ricoperta di ghiaccio, le colonne d’organo e gli scorci dalle colorazioni uniche sul lago.

Oltrepasso la diga, già pregusto il tepore dell’aria mitigata dal Benaco, ormai è quasi mezzogiorno ed il sole sta scaldando la riviera da quattro ore. Prima ancora di Navazzo inizio a percepire il cambio dell’aria; fresca sì, ma non più pungente. Dopo i primi tornanti, oltre alla vista stupenda del mio lago, il tepore ed il riverbero delle sue acque mi riscaldano. Il gps segna 5°C, ma la sensazione è quella di essere almeno a 10°C! Scendo veloce, ora la strada è pulita e si può stare tranquillamente intorno ai 50km/h senza rischiare nulla. Giusto un paio di fermate per fotografare il basso lago con il suo caldo riflesso del sole e l’abitato di Gargnano con il monte Baldo sul lato veronese del lago.

Sono le 12.30 arrivo all’automobile felice come poche volte. Per me, che mal tollero il freddo, l’essere riuscito a percorrere la Valvestino a -9°C è motivo di grande soddisfazione, anche perché questo mi ha consentito di vivere situazioni glacialmente meravigliose.

 

Dettagli tecnici: Cicloturisti!@Valvestino nel ghiaccio.

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