Antica via Ponale e passo Tremalzo (Giro dei 4 laghi)

Sono le 5.36 del mattino di domenica 4 agosto ed io inforco la mia specialissima per un nuovo giro. È passato un mese dalla Maratona delle Dolomiti, questo è il periodo migliore per compiere i tour più lunghi. La gamba è ben allenata, cuore e polmoni hanno resistenza in abbondanza. Parto da Polpenazze mentre il sole sta sorgendo dietro il monte Baldo, un alone rossastro ben definisce il contorno del suo crinale.

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Oggi devo risalire tutta la gardesana fino a Riva. Poche distrazioni, una foto in Salò al duomo in cui sono stato battezzato, una a Villa di Gargnano per le celebri “bisse” (lunghe e affusolate imbarcazioni lacustri con voga veneta), una lungo la vecchia gardesana per mangiare anche un boccone e l’ultima a Limone per la ciclopista.

 

Poco più di cinquanta chilometri e giungo al bivio per il sentiero del Ponale posto all’inizio dell’abitato di Riva del/G. Un’ultima sosta barretta e prima delle otto attacco la prima salita di giornata. Questa primavera il sentiero è stato chiuso per lavori alle tubazioni che giacciono sotto di esso. Con l’occasione è stato rifatto lo sterrato, ora ben compatto e facilmente percorribile anche in bdc (bici da corsa). A quest’ora del mattino il traffico è pressoché nullo e posso scegliere le traiettorie migliori evitando tutte le buche.  Tra meno di due ore pullulerà di MTB elettriche e sarà tutta un’altra storia. Attivo la mia videocamera e riprendo il sentiero nelle sue parti più emblematiche (video integrale 9’28”). Mi fermo in un paio di occasioni per fotografare, ma la giornata è un po’ fosca e non limpida come due anni fa quando la percorsi con Rick (link).

 

Finito lo sterrato ancora un paio di chilometri mi separano dalla provinciale che sale in galleria da Riva, nel complesso 4,5 km di salita piuttosto pedalabili.

 

Mi immetto sulla via principale in direzione lago di Ledro. Ancora quattro chilometri di salita con pendenza compresa tra 5% e 8% e sono davanti al museo palafitticolo di Molina d/L.MolinaDiLedro Qualche didascalica istantanea a suggellare l’importanza di questo sito preistorico che ci ricorda l’evoluzione della nostra razza.

 

Una sosta nel parco alberato di fronte al lago per mangiare qualcosa e via seguendo la ciclabile sul lato sud del lago. Meravigliosa, un susseguirsi di saliscendi nel bosco a bordo lago, alcuni tratti di sterrato ben battuto, la impreziosiscono ancor di più. Alla fine del lago rientro sulla statale dell’Ampola, vedo la ciclabile alla mia sinistra una, due volte e decido infine di prenderla. In genere le piste in Trentino sono ben fatte anche per noi stradisti e così è anche stavolta. Ad un certo punto compare anche l’indicazione per passo Tremalzo, io la seguo pedestremente e mi ritrovo dentro una bellissima pineta. D’un tratto, la strada inizia a salire con pendenza ragguardevole, guardo la mappa del mio GPS e capisco che questa rotta mi immetterà sulla salita del Tremalzo ben dopo il primo tornante.

 

La pendenza continua a crescere fino al 25%, l’asfalto lascia il posto al cemento e nonostante questo il manto, ancora bagnato dal forte temporale notturno, è sdrucciolevole. La ruota posteriore slitta parecchio, sono costretto a scendere e percorrere un centinaio di metri a piedi. In totale saranno cinquecento metri prima di immettermi sulla classica salita del Tremalzo. Nonostante questa scorciatoia mi abbia fatto risparmiare più di un chilometro la salita è ancora lunga,  quasi dodici chilometri nel complesso. La pendenza è piuttosto regolare tra 7% e 10%. Questo significa che bisogna affrontarla con il rispetto che si porta alle lunghe ed impegnative erte alpine. Ad alleviare la fatica il meraviglioso panorama che si gode durante tutta l’ascesa. La prima metà della salita si snoda completamente sotto una pineta fresca ed ombrosa dove la temperatura scende fino a 17°C.

 

Dopo quattro chilometri abbondanti il bosco cede spazio ai primi alpeggi, la visuale si apre verso le montagne circostanti, il sole inizia a riscaldare l’aria ed io mi guardo estasiato attorno.

 

La sottile e sinuosa striscia di asfalto continua così, tra boschi e radure, con il suono dei campanacci delle mucche ad allietare le mie orecchie. Non è che non faccia fatica, ma pedalare su queste salite è così appagante che il tempo vola e mi ritrovo ad un paio di chilometri dal passo, immerso negli alpeggi, tra malga Tiarno di Sopra e Malga Tremalzo, senza accusare la minima stanchezza.

 

Ormai il passo è vicino, subito dopo l’ultimo tornante una piacevole sorpresa, la strada segue il crinale che si fa sottile, poco più di una decina di metri, alla mia destra il monte Baldo ed il lago di Garda, già offuscato dall’umida calura agostana, alla mia sinistra il Dosso dei Galli, il Cornone di Blumone ed infine l’Adamello. Sì, proprio il ghiacciaio dell’Adamello! Dai quasi 1.700m del Tremalzo l’orizzonte nord spazia fin lì!

 

Purtroppo, la vetta è già nascosta dalle classiche nuvole che si formano intorno a mezzogiorno sulle cime alpine. Arrivo al passo e proseguo un centinaio di metri sulla strada sterrata; è la strada militare che aggirato il monte scende a passo Nota, voglio dare un’occhiata, sogno di percorrerla con la gravel bike appena avrò più dimestichezza con i terreni ghiaiosi.

 

Ritorno sui miei passi mi fermo al rifugio ed osservo questo meraviglioso panorama a 360°. Faccio conoscenza con una coppia di emiliani in soggiorno sul lago di Ledro, sono saliti con le e-MTB (elettriche) e si accingono a scendere verso passo Nota per poi rientrare lungo le mulattiere a Molina di Ledro, bellissimo giro anche il loro. Intanto ne approfitto per mangiare e dissetarmi. Riprendo la bici e scendo a valle, sono passate da poco le undici del mattino, ma per me la giornata è ancora lunga. La discesa è ancora fresca e la mia splendida maglia manica corta in bioceramic (by GSG cyclingwear) mi consente di affrontarla senza antivento. Mi immetto sulla statale all’altezza del passo d’Ampola e dopo un corto falsopiano proseguo la discesa verso Storo. L’aria si fa sempre più calda, percorro la ciclabile del Chiese, splendida anch’essa, non fosse altro che mi evita la strada statale. Prima di Ponte Caffaro mi perdo un attimo e anticipo l’uscita dalla ciclabile, questo mi costringe a percorrere qualche chilometro in più, ma poco importa, ora la temperatura ha superato i 30°C ed io penso che, una volta costeggiato tutto il versante ovest dal lago d’Idro, dovrò affrontare la salita di Capovalle, quasi completamente esposta al sole. A mezzogiorno e mezzo, oltrepassato l’abitato di Idro, inizio la salita, celebre presso i triatleti in quanto percorso del temibile IdroMan. Al primo tornante sono costretto a fermarmi per un’istantanea didascalica, d’altronde se questo è il “giro dei quattro laghi” li devo fotografare tutti.

 

Salgo, Capovalle da Idro è abbastanza impegnativo, in tutto poco più di otto chilometri con media del 6%, ma quello che mi preoccupa un pochino è il lungo rettilineo dopo la galleria con pendenza costante tra 11% e 16% completamente esposto al sole.

 

La temperatura sale fino a 36°C, io procedo lentamente, ma con decisione. All’inizio dei tornanti raggiungo un ragazzo (di una volta come me) con una gravel.  Rompo il ghiaccio con un: “Credevo di essere l’unico pirla a salire a mezzogiorno sotto il sole da qui!” Mi risponde con simpatia: “Tranquillo, io sono sicuramente più matto ho anche già fatto un infarto (ndr in passato) e salgo comunque!” Vince lui a mani basse. Chiacchieriamo un poco, è partito da vicino Bergamo per venire a Gargnano, di chilometri ne farà tanti anche lui. Nonostante la simpatia sono costretto a lasciarlo, il suo passo è troppo lento, spero di ritrovarlo dopo la sosta in vetta per la discesa. Purtroppo, nonostante una lunga sosta alla fontanella di Capovalle per mangiare e idratarmi, non lo vedo scendere o mi sfugge, la fontana, in realtà, è leggermente defilata. Riparto, mi attende la discesa ed il lungo e stupendo falsopiano che costeggia il lago di Valvestino, il quarto del giro. L’aria resta calda, intorno a 30°C, anche mentre scendo. Giunto al lago mi fermo ad uno dei miei punti panoramici preferiti, da cui ho decine di scatti fotografaci presi in tute le stagioni.

 

Ancora qualche chilometro e sono a Navazzo, nuovamente in vista lago di Garda, il giro si sta per chiudere. Scendo veloce, l’aria è calda come quella che esce dagli asciugacapelli. Sono a Gargnano, finalmente in riva al lago, ci sono 34°C, giusto il tempo di attraversare anche Bogliaco e mi infilo, come sempre, nella “strada del golf” che mi porta a Cecina, sotto l’ombra di un boschetto. Ritorno sulla ss45bis poco prima di Toscolano, è molto tardi, già ho dovuto scrivere che sarei giunto a casa oltre il previsto, ma vorrei evitare di arrivare nuovamente lungo. Quindi via, pedalare a testa bassa, in meno di mezz’ora sono a Salò all’attacco delle Zette, è qui, dove la velocità cala sensibilmente ed il sole del primo pomeriggio picchia più forte, che raggiungo la temperatura più alta 38°C.  Bell’escursione termica dai 17°C della pineta del Tremalzo di stamattina ad ora ci sono più di 21°C di scarto! Ma io adoro il caldo ed anche a questi livelli ci convivo bene.

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Ora non mi resta che percorrere a ritroso anche la Valtenesi fino a Polpenazze, mia meta d’arrivo. Sono le 15.45 del pomeriggio con un quarto d’ora di anticipo sull’ora e mezza di ritardo entro dal cancello di casa. Sono quasi duecento chilometri (194) per 3.300m di dislivello in poco più di nove ore di pedalata, ma questi sono solo numeri, quello che resta è la meravigliosa strada del Ponale e soprattutto la scoperta di un’altra incredibile salita con panorami mozzafiato, il passo Tremalzo!

Dettagli tecnici su Strava: Cicloturistiforever!@Giro dei 4 laghi (Garda,Ledro,Idro, Valvestino) Ponale,PassoTremalzo,PassoSanRocco

Giro dei 4 laghi

Videogallery: Sentiero del Ponale integrale (9’28”) – Passo Tremalzo (2’09”)

Photogallery:

 

 

BresciaGravel 2018

Sono le 6.40 quando scendo da casa, ad aspettarmi Francesco che in bdc (bici da corsa) mi accompagnerà lungo il primo tratto di questa avventura gravel. Già, perché oggi sono iscritto alla prima edizione della BresciaGravel di 260km. Per me è un’esperienza inedita  e non so dove arriverò. Ci dirigiamo verso Gussago, luogo di partenza. Alle 7.00 precise siamo al centro sportivo, firmo e partiamo, chi la fa in gruppo aspetterà le 8.30, ma essendo “partenza alla francese” noi ci portiamo avanti, la giornata sarà lunga. Il percorso descrive un ampio cerchio attorno alla bassa bresciana costeggiando il fiume Chiese ad est e l’Oglio ad ovest; le asperità altimetriche si trovano tutte nella prima parte. Infatti, pronti via, si sale al Santuario della Madonna della Stella di Gussago.StellaDaGussago

Circa 2km, ma nell’ultimo chilometro la pendenza resta spesso tra il 12% e il 16%, saliamo con calma, la strada è ancora lunga. In vetta il primo di una serie indicibile di “momento selfie” che allieteranno questo mio percorso.

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Ripartiamo in direzione dei Campiani, un breve sterrato, non troppo rovinato, e si riprende l’asfalto. Scendiamo, Collebeato, Concesio, Nave e si inizia la seconda e più lunga salita di giornata, le Coste di S.Eusebio, salita lunga (9km) e pedalabile, da “rapportone”, ma non oggi con pneumatici da 700×38 e circa 15kg tra bici e borse.costenave

Arriviamo al passo con un tempo similare a quello che abbiamo nei nostri giri lunghi su strada e questo mi conforta. Scatta, ovviamente, il MS (momento selfie).

Si iniza a scendere verso Odolo e la val Sabbia, in paese prima sosta idrica. Raggiungiamo Sabbio C. e ci innestiamo nella ciclabile del Chiese che costeggia l’argine immersa in un bel bosco, il fiume qui è ancora impetuoso ed il suo fragore ci accompagna nella pedalata, la strada è quasi completamente asfaltata e dove non lo è, lo sterrato è molto bello, liscio e compatto. A Roè Volciano oltrepassiamo il Chiese su un ponte ciclabile, nuovo MS.

Ora siamo pronti per dirigerci verso la Valtenesi, a Villanuova sul Clisi si lascia la ciclo-pedonale e a sinistra si sale verso Soprazzocco. Torniamo sopra i Tormini in vista lago, purtroppo la mattinata è umida, afosa ed uggiosa ed il golfo di Salò, sotto di noi, si intravede appena. La traccia GPS ci riporta alla dura realtà buttandoci in mezzo ad un campo, attraversato quest’ultimo, ci troviamo di fronte un single-track che sale nel bosco. Per Francesco, in bdc, impensabile affrontarlo in sella, sono solo cinquecento metri e decido di farlo a piedi con lui, rientriamo sull’asfalto alle porte di Soprazzocco, poche centinaia di metri e si gira a sinistra nuovamente su sterrato ghiaioso, saliamo un tratto e decidiamo di separarci. Io proseguo lungo la traccia, Francesco ritorna sull’asfalto sperando di incontrarmi sulla cima del laghetti di Sovenigo. In realtà anche dopo i laghi la mia traccia abbandona velocemente la ciclabile della Valtenesi per insinuarsi in boschi e campi.

Siamo costretti a salutarci telefonicamente. Mi rimetto in viaggio certo che, lungo il percorso, troverò nuova compagnia. D’altronde siamo partiti per primi proprio per questo e già alcuni gruppetti mi hanno sorpassato. Questa zona la conosco bene, riesco ad orientarmi nonostante sia su sentieri che non posso percorrere con la bdc, oltrepasso il sito palafitticolo di Lucone di Polpenazze, attraverso le vigne di groppello, la traccia è molto precisa (complimenti all’organizzazione #bresciagravel e #lakivatrail).

Scendo a Castelletto e qui una sosta idrica al lavatoio mi consente di conoscere tre bergamaschi: Claudio, Stefano e Simone. Prima di Padenghe ritorniamo sulla ciclopista. Si chiacchiera ed intanto entriamo nell’omonimo castello, lo percorriamo per intero in senso orario.

Ci dirigiamo ora verso la salita della tenuta “Calvino” nel comune di Lonato. Qui, quando meno te lo aspetti, una voce da dietro chiede: “Tu sei Marco?” Mi volto, guardo il ragazzo con maglia di un team della val Trompia e replico: “E tu sei Salvatore!” Ci eravamo scritti su Strava già due anni fa ed un paio di volte aveva cercato di aggregarsi alle uscite di Cicloturisti!, ma per la mala sorte non ci era riuscito. Il gruppetto si è infoltito, la traccia prevede il passaggio da Drugolo, Sedena, Bedizzole, Ponte S.Marco e Calcinato, tutte zone che conosco ancora abbastanza bene, la strada ora è quasi sempre asfaltata o bianca. Io e Claudio siamo in testa e facciamo meglio conoscenza, scopro che è un fotografo e che la gravel lo ha riavvicinato alla bicicletta dopo che le granfondo lo avevano stancato anni fa; c’è subito sintonia tra noi. Manca poco alle 13.00 e nella piccola “mandria” al pascolo è cresciuto l’appetito. Vediamo un altro iscritto fermo ad una pizzeria da asporto, non esitiamo a fermarci e concederci una pausa per il pranzo. Io e Salvatore dobbiamo commemorare questo primo incontro con un MS.

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Entrambi abbiamo panini in abbondanza, ordiniamo solo il bere e finiamo il nostro pasto quando stanno per uscire le pizze dei bergamaschi. Decidiamo di comune accordo di partire e portarci avanti, tanto ci raggiungeranno. Da Montichiari inizia la parte a me meno nota, è vero che in automobile ho percorso tutte queste strade, ma gli argini e le piste della bassa non le conosco proprio.

Costeggiamo il Chiese fin quasi a Remedello, sono 18km di argine, saliscendi ripidi e ghiaiosi sotto le provinciali, e attraversamenti di campi di mais. In poche parole raggiungere i 20km/h senza spingere come dei forsennati è pressoché impossibile. In cambio godiamo della vista del fiume Chiese, che di tanto in tanto si increspa in corte roboanti rapide, dei suoi boschi e della loro ombra. Ci fermiamo più volte a fotografare e per un MF.

In questo frangente ci sorpassa il trio dei bergamaschi. Ci ricompattiamo poco fuori Isorella, ad un bar in zona industriale. Curioso vedere, come ogni volta che un iscritto, contraddistinto da una targa rosa sul manubrio, si fermi ad un bar, molti di quelli che ivi giungono si fermino anch’essi, rendendo il posto una sorta di check-point improvvisato. Che sia parte dello “spirito gravel” di cui tanto si parla nei social? Non lo so, ma penso che il bello stia proprio nel non voler definire e canonizzare questo movimento, per cui lascio queste sterili elucubrazioni esoteriche ad altri. Si procede ancora per venti chilometri attraversando Isorella, Gottolengo, Pralboino. Io e Salvatore notiamo un “tipo”, maglia bianca con “punti” rossi e blu, barba, non troppo alto, con il polpaccio sinistro completamente tatuato da disegni geometri, ma, decisamente con una gran gamba. Ci sorpassa più volte con scatti fulminei, salvo poi sbagliare uscita alle rotonde nella troppa foga. Anche un altro ragazzo effettua un doppio giro di rotonda a Gottolengo e chiosa: ” Mi piaceva e l’ho fatta due volte!” Lo affianco, guardo la bici, una splendida Salsa in titanio da gravel. Già mi è simpaticissimo! Chiacchieriamo, gli dico che io ho una Lynskey da corsa. Abita a Treviso, ma come Salvatore è di origine campana, si forma un terzetto e tale rimarrà per gran parte del percorso. Passiamo il 130km, un urlo di gioia ci accompagna, siamo a metà percorso e sono solo le 17.00!!! Arriviamo al fiume Mella che oltrepassiamo su un ponte ciclabile, ovviamente MS!

Dopo Seniga, lo sconfinamento in terra cremonese, oltrepassiamo il fiume Oglio sulla provinciale e ci ritroviamo a Scandolara Ripa d’Oglio, che scopro essere un borgo interessante con un bellissimo palazzo/castello circondato da un fossato. Ci fermiamo per fotografare e ripartiamo.

Abbiamo raggiunto il punto più meridionale del giro, ora risaliamo seguendo il corso del fiume Oglio, dopo Robecco al nuovissimo ponte in legno della ciclabile (Po-Tonale) rientriamo in provincia di Brescia. Sul ponte a schiena d’asino, ovviamente, un altro MS!

Eccoci al fatidico 161km qui si trova la trattoria Rosa Rossa di Monticelli d’Oglio, dove è organizzata la cena e la sosta notturna per chi vuole compiere l’impresa in due giorni. Noi ci fermiamo una mezz’ora per mangiare e sciacquarci, ritroviamo i tre bergamaschi, e molti altri ragazzi, tra cui il “tipo” che sta bevendo birra per reintegrare le maltodestrine. Leggo finalmente sul dorso della maglia la scritta “La popolare”, questo mi ricorda immediatamente dell’amico di penna Randonneur S’cioppàa che ha una diatriba aperta con gli acerrimi nemici della Popolare forse senza sapere neanche lui il perché. D’istinto mi viene da chiedergli se conosce Matteo (Randonneur), poi rifletto un attimo e per la paura di attirare, anche su di me, tutte le ire della Popolare me ne sto zitto e lo osservo mentre si scola le sue birre. Ripartiamo, attraversiamo Quinzano d’Oglio, il passaggio, stretto ed angusto, su di un ponticello vicino ad un mulino all’uscita del paese è occasione per un altro MS, questa volta nella foto siamo tutti e tre!

La traccia ora ci porta verso il castello di Padernello. Lungo queste strade asfaltate o bianche, si può fare un minimo di velocità ed io arrivo anche a 27km/h! Pier resta attardato, io ne approffitto per un nuovo MS.

Ci ricompattiamo e subito dopo appaiono davanti a noi due meravigliosi ponti di tronchi che ci stregano, ed è nuovamente MS!

Ripartiamo, Borgo San Giacomo, giù verso Villagana, qui al 168km il punto invisibile, segnalato, fortunatamente, molto bene da lunghe strisce arancio fluo appese ai rovi. Ci intrufoliamo sotto i rovi nel sottobosco, attraversiamo un ponticello e risaliamo dall’altro lato, il tutto a piedi, per non rischiare, il terreno è ancora un poco fangoso.

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Un bel campo arato ci si para davanti, noi, sempre a piedi, lo attraversiamo, scendiamo nel canale, riattraversiamo un altro ponticello e risaliamo su un prato da cui parte un bellissimo, quanto lentissimo, single-track in mezzo all’erba del sottobosco. Per fare 400m in linea d’aria avremo percorso più di un chilometro! Sono già le 19.30 e la luce fioca del crepuscolo, mi rende questi tratti particolarmente ostici sotto il profilo della vista. Finalmente usciamo da questo toboga, siamo ormai alle porte di Orzinuovi, un filare di pioppi lungo la strada bianca sovrastato dallo spicchio di luna appena sorta mi costringe all’ennesimo MS.

Entriamo in paese, la gente “normale” si appresta alle luculliane cene del sabato, noi, invece, abbiamo ancora una settantina di chilometri da percorrere.

All’uscita del borgo svoltiamo a sinistra verso la ciclovia che riprendiamo. Un chilometro dopo la traccia GPS dice che dobbiamo abbandonarla a sinistra per un altro toboga sull’argine. Ormai è buio i nostri fari illuminano comunque bene l’asfalto. Io esprimo le mie perplessità, ma i miei compagni di viaggio, già avvezzi a questo tipo di percorso, anche in notturna, non hanno esitazioni. Provo a seguirli, ma dopo trecento metri mi accorgo che perdo le loro ruote nonostante non stiano certo correndo. Non ce n’è! Faccio troppa fatica con gli occhi e perdo sicurezza, per non rallentarli e per la mia incolumità li saluto e torno sulla ciclabile. Ho bisogno di maggior dimestichezza, sull’asfalto sono abituato a pedalare anche nel buio profondo, ma nel bosco è proprio tutta un’altra cosa. Pazienza la mia traccia non sarà quella originale. Rientro culla ciclopista, in un paio di occasioni vedo la luce dei fari di Salvatore e Pier alla mia sinistra fare capolino nel fitto bosco, quasi fossero due lucciole impazzite.

A Rudiano, mi fermo sul marciapiede nella via principale, sono quasi le otto e tre quarti, mangio, scrivo qualche messaggio per rassicurare Moglie ed amici. Aspetto ancora un attimo nella speranza che arrivino i fari dei miei amici, da qui mi sembra di ricordare che la traccia prosegua fino a Palazzolo seguendo la ciclabile. Purtroppo sono ancora indietro, riparto seguendo i cartelli marroni della ciclovia Po-Tonale, evito le deviazioni per i municipi di ogni borgo. Sì, perché strada facendo, abbiamo scoperto che il percorso è sempre entrato nei centri dei paesi fino a raggiungere la casa del sindaco. Ora è veramente tardi, la mia traccia è già inficiata e non ritengo più necessarie queste deviazioni, passo anche Urago d’Oglio e Pontoglio, uno spicchio di luna rischiara flebilmente il cielo. Mi fermo in mezzo alla ciclo-pedonale, nel nulla e nel silenzio più completo, so solo che sono tra Pontoglio e Palazzolo nuovamente in traccia. È il MS con la luna, io e lei da soli, nella nostra intimità e nei nostri pensieri.

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Eccomi a Palazzolo, dovrei entrare in piazza sotto la torre, ma è transennata, sono passate le nove di sera, è allestita a festa con tavoli e panche, le persone “normali” si stanno già abbuffando. Decido di passare a dritta, ma dopo alcuni destra, sinistra, perdo un poco la direzione, decido di seguire la strada che conosco meglio “automobilisticamente” parlando. Arrivo a San Pancrazio, alla rotonda dell’autostrada prendo a destra per Adro. In paese ritrovo la traccia dell’organizzazione, ma vorrei accorciare il mio ritorno a casa passando dal Bellavista di Erbuso. Peccato che con il buio, non vedo l’incrocio a destra e proseguo anch’io verso Nigoline di Cortefranca su una parallela a quella della BresciaGravel. Ivì giunto svolto a destra per Timoline, mi fermo ad una fontana per riempire le borracce, mangio qualcosa, ma soprattutto bevo un “ciucciotto” al caffè, per mantenermi lucido. Per ora non ho avuto cali di concentrazione e vorrei evitarli anche in questi ultimi chilometri. Oltrepassata la cantina “Barone Pizzini” di Timoline la BresciaGravel devia a sinistra scendendo sulle passerelle delle torbiere d’Iseo, penso a quanto sarebbe stato bello attraversarle con la luce del tramonto o con la luce del mattino per quelli che ripartiranno domani da Monticelli. Io no, a quest’ora tarda, ormai abbandonato il percorso, ritorno a casa per la via che più mi si confà, non che siano meno chilometri, ma è quella che preferisco.

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Salita all’uscita di Provaglio d’Iseo

Provaglio d’Iseo, Monticelli Brusati, Ome, Padergnone, Ronco di Gussago si susseguono rapidi sotto le mie ruote, viaggio veloce ora in leggera discesa anche 35 km/h a volte.

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Eccomi all’ultima asperità di giornata lo strappo del cimitero di Gussago, mi alzo sui pedali e spingo, la gamba c’è ancora, 250w poi 300w. Sono contento, averla affrontata con questo ritmo pacato mi ha mantenuto in forze fino a qua e per me sono già 280km! Arrivo al GuSport, ci avevano chiesto di firmare comunque all’arrivo per far sapere che eravamo ripassati di lì. Firmo, anche se la mia non è esattamente la BresciaGravel, vorrei quasi scrivere qualcosa per segnalare il taglio, ma lo spazio sulla riga non c’è, ho un poco di fretta addosso, la testa sta pensando ai fatti suoi ed io riparto immediatamente verso Brescia. Arrivo alla Fantasina, evito la provinciale e mi infilo in ciclabile giusto il tempo di affrontare la salita, non voglio sentire le autovetture che mi passano a pochi centimetri perché la strada è stretta.

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Scollino rientro sulla strada. Pochi minuti, pochi chilometri e sarò a casa. Non ho completato la BresciaGravel, ma poco importa il giro lo ho fatto! Caspita se lo ho fatto 290km e 15h di bici! Non mi ero mai spinto così in là! Dall’alba a notte fonda! Sono felice come poche altre volte, pienamente soddisfatto! In più ho conosciuto nuovi pedalatori che, come me, hanno più passione che gamba! Grazie a Salvatore e Pier in primis, dai quali mi è spiaciuto separarmi; a Claudio, Simone e Stefano; al “tipo” della Popolare e alla perfetta traccia GPS dell’organizzazione. Come Cenerentola a mezzanotte sono davanti a casa. È l’ora dell’ultimo MS!

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Dettagli tecenici su Strava: Cicloturistiforever!@ BresciaGravel (o quasi…)

Videogallery: BresciaGravel 2018 (2’51”)

Fotogallery:

Monte Baldo e giro del Garda

Sono le 5.54 di sabato 8 settembre quando parto da Polpenazze per una nuova inedita salita, il rifugio Graziani sul monte Baldo salendo da Mori. Questa volta la traccia è già impostata sul mio gps; si tratta solo di seguirla e di confermare la bontà del tracciato scelto. Giusto il tempo di partire e l’irresistibile fascino della luna prima dell’alba mi costringe ad una repentina fermata.

Uno spicchio di luna è illuminato dal sole, ma il cielo limpido fa sì che il riflesso luminoso che la terra produce su di lei ne definisca tutta la circonferenza con un nitido anello. Spettacolo di rara bellezza che la fotocamera di un cellulare non riesce a cogliere appieno. Dentro di me penso che questo sia il segno premonitore di un giro solitario indimenticabile. Scendo le Zette verso Salò e mi affaccio al mio lungolago appena rischiarato dai bagliori solari alle spalle del Baldo. Lo osservo e penso: “Tra qualche ora sarò lì a percorrere il tuo crinale!”

Riparto e proseguo spedito verso Riva del Garda, cerco di tenere un ritmo regolare senza mai affaticarmi in modo da giungervi il prima possibile, ma abbastanza riposato. Dopo la consueta deviazione di Gargnano per evitare la prima stretta galleria mi reimmetto sulla statale, qui incontro un tirolese di Brunico che scopro sta andando ad affrontare la temibile Punta Veleno; già mi è simpatico! Discorriamo di itinerari e luoghi da visitare in bicicletta e, dopo aver attraversato la fantastica ciclabile di Limone, ci ritroviamo all’ingresso di Riva d/G. Lo saluto, per me è giunto il momento della prima sosta, sono appena passate le otto del mattino e faccio la mia prima colazione a base di barrette e fruttini.

Riparto, arrivo a Torbole, proseguo in direzione sud qualche centinaio di metri giusto per scattare un paio di istantanee didascaliche al monte Brione e al tunnel che porta l’acqua dell’Adige nel lago di Garda.

Ritornato sui miei passi seguo le indicazioni della ciclabile Torbole/Nago – Rovereto. Mi intrufolo nei vicoli acciottolati di Torbole e salgo con pendenza massima di 15% verso Nago.Su un curvone leggo la scritta “punto panoramico” che invita a salire alcune decine di gradini per giungere sulla sommità di uno sperone roccioso. Non esito, bici in spalla, salgo i gradini, arrivato in cima mi si offre uno splendido panorama di tutto l’alto lago, mi fermo contemplo e fotografo.

Ripenso al segno premonitore. Ritorno sulla rotta e salgo un lungo rettilineo al 12% con vista notevole sulla piana di Arco, alla fine del quale la strada si immette sulla statale per Rovereto, ma io inseguo i segnali della ciclabile e svolto a destra in centro a Nago. All’uscita del borgo la segnaletica mi porta in mezzo ai vigneti, si sale ancora un poco prima della dolce discesa verso Rovereto. Praticamente la ciclabile e costituita dalle strette stradine asfaltate dei vigneti collegate tra loro da veri e propri tratti di ciclabile costruita ad hoc.

Scopro che molti ciclisti in bici da corsa la percorrono per raggiungere il lago, in effetti data la difficoltà altimetrica del tracciato (da 65m si sale a 260m) non è esattamente idonea alle passeggiate con bambini piccoli. Anche questa deviazione si è rivelata una scelta vincente: zero traffico e paesaggio stupendo. Giungo alla periferia di Mori e svolto bruscamente a sinistra come indica il mio gps. Avevo trovato una strada alternativa per affrontare i primi chilometri che conducono a Brentonico in modo da evitare la provinciale sp3 che sale da Mori. Da qui il computer dice che mancano 20,5km ai 1.617m del rifugio Graziani. Il primo chilometro e mezzo sale lungo la montagna con pendenza tra 7% e 10%, arrivo nella frazione di Sano e capisco che dovrò faticare parecchio, il pendio del monte di fronte a me è completamente terrazzato a vigne, la strada che esce dal paese sale dritta come un fuso in mezzo ad esse.

Sono quasi 800m con pendenza media da Punta Veleno, il ciclo-computer segna più di 20% di inclinazione più di una volta e non scende mai sotto 15%.

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Su una curva più larga, intravedo lo spazio per fermarmi e poter ripartire, voglio immortalare questa strada e questo splendido paesaggio.

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Fortunatamente, da qui in poi, le pendenze della strada alternativa non saranno più così cattive, comunque quasi sempre attorno a 10%. Mi ricollego alla strada secondaria e poi alla sp3 proprio in procinto di entrare nel centro di Brentonico. Un piccolo saliscendi in paese mi consente di rifiatare un poco ed un incoraggiante cartello all’uscita del borgo con la scritta “pendenza 16%” mi fa subito ricordare che la salita al Graziani è nota per non essere una cosa semplice, bisogna conquistarsela! La strada è molto larga, in inverno è utilizzata per portare le autovetture degli sciatori a San Valentino dove ci sono i primi impianti, d’estate è preda delle automobili degli escursionisti che salgono al monte Altissimo e di un orda indescrivibile di motociclisti, soprattutto tedeschi. Forse sono più infastidito dal rombo dei motori che affaticato dalla salita che, comunque, continua a regalarmi splendidi panorami su Rovereto e sulla Vallagarina. Su un ampio tornante mi fermo all’ombra di alcune piante per fotografare il Baldo dal basso ed osservare la strada che devo ancora percorrere.

Ho percorso circa 8km di salita ed ho passato quota 800m da poco, la salita è ancora lunga. Riparto oltrepasso la piccola frazione di S.Giacomo, che scopro essere meta per lo sci di fondo, affronto una piccola discesa che mi fa perdere quasi cinquanta metri di quota, e riprendo a salire, d’ora in poi non ci saranno più tratti in contro pendenza per rifiatare.

Arrivo a S.Valentino e dopo l’innesto con la provinciale sp208 che sale da Avio la strada diventa stretta e si addentra in uno splendido faggeto. Ci siamo! Inizia la salita vera quella dai profumi e dalle viste di montagna. Alla fine del bosco la lingua di asfalto si fa largo scavando il suo percorso nella roccia, la similitudine con il tratto di gardesana che sale a Tignale mi viene spontanea. Mi fermo ancora per immortalare questo luogo di rara bellezza.

Riparto ormai ho oltrepassato i 1.200m e la vista si apre sugli alpeggi, sul monte Altissimo (2.078m), sulla cima Valdritta (2.218m) e su punta Telegrafo (2.200m), entrambe già attorniate dalle nuvole.

Una serie di tornanti mi portano al rifugio, la pendenza negli ultimi chilometri è sempre rimasta tra 7% e 10% a conferma che questa salita di venti chilometri è veramente tosta.

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Mi fermo davanti al rifugio giusto il tempo di qualche istantanea e di bere un “ciucciotto”.

Voglio arrivare il prima possibile alla bocca di Navene per poi scollinare il valico sotto a cima Valdritta. Conosco bene il Baldo (catena montuosa di origine vulcanica) la sua forma e, soprattutto, l’essere l’unico isolato rilievo sopra i 2.200m nella zona lo rendono un parafulmine eccezionale. Anche nelle giornate più terse durante la mattina l’umidità si accumula sopra le sue vette per creare temibili nuvoloni neri che dopo mezzogiorno possono dare luogo a temporali in quota. Arrivo a bocca di Navene, fotografo e mi gusto il panorama su Limone, sull’altopiano di Tremosine, sul monte Tremalzo e purtroppo distinguo perfettamente la macchia rosso bruna dell’incendio di due settimane fa in val di Bondo.

L’aria è frizzante sono sceso a quota 1.420m e devo risalire oltre i milleseicento metri in poco meno di quattro chilometri, preferisco ripartire subito e restare caldo, ma sarebbe stato fantastico soffermarsi a mangiare un panino proprio lì, al rifugio di bocca Navene, contemplando il lago. La strada sale dolcemente dapprima immersa nel bosco e poi sugli alpeggi assolati. Mandrie di mucche al pascolo, impreziosiscono il paesaggio, già di per sé incantevole, e allietano con il suono dei loro campanacci le mie orecchie. Io attraverso, mi fermo, osservo, fotografo, respiro e annuso il profumo di monte.

Il crinale e gli alpeggi del Baldo sono un vero spettacolo della natura è la tersa giornata settembrina li sta valorizzando appieno. Manca un chilometro al valico e la strada ricomincia ad incattivirsi sotto le mie ruote, la pendenza torna sopra il 10% con punta del 15% per poco più di cinquecento metri.

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È l’ultimo vero sforzo, poi sarà un infinita discesa fino a Peschiera d/G. Scollino, mi fermo su uno spiazzo ghiaioso, fotografo, mangio, indosso l’anti-vento senza maniche.

Sono all’ombra dei nuvoloni e la temperatura è scesa a 13°C. Il primo tratto di discesa è stretto, scavato sul fianco roccioso della montagna con pendenza compresa tra 13% e 15%. In queste condizioni di lugubre luce la strada intimorisce non poco. Passati i primi due chilometri di curve e contro curve il pendio roccioso lascia il posto a lunghi rettilinei immersi negli alpeggi, supero agevolmente i 65km/h, ma si sa il mio inconscio ha il limitatore di velocità inserito ed inizio a frenare. Le braccia e le mani iniziano a sentire il fresco nonostante sia tornato al sole. Il corpo invece è ben protetto dal gilet Breeze di GSG che ogni giorno che passa scopro essere sempre più versatile. Prima di Ferrara, al bivio, lascio la sp8 per tenere la destra e scendere verso Spiazzi da una strada più ombreggiata e per nulla trafficata.

Ce l’aveva fatta conoscere quasi vent’anni fa Francesco nell’ultima mia visita al monte Baldo salendo da Pazzon. Giunto a Spiazzi, famoso per essere il punto di partenza per le escursioni al santuario della Madonna della Corona, mi tolgo l’anti-vento, riparto, resto sulla destra su un’altra via laterale che mi fa evitare ancora un paio di chilometri di provinciale. Alle porte di Braga devo cedere e rassegnarmi a percorrere un tratto di strada principale. Il sole inizia a scaldare, a Pazzon tengo la sinistra ed invece di avvicinarmi al lago attraversando Caprino Veronese, punto diritto verso Rivoli Veronese dove la mia traccia mi consentirà di percorrere un tratto della celebre ciclabile Verona-Resia.

È quasi mezzogiorno e mezzo e questo fa si che il traffico sia minimo anche sulle provinciali. Dopo alcuni chilometri entro in ciclabile, nuovamente immerso nel bosco e nel nulla, come sempre le ciclabili vicino agli argini dei fiumi aumentano il dislivello del percorso con continui saliscendi, e questa non fa eccezione. A metà della salita più significativa su una curva è posto un cartello: “Punto panoramico”. Appoggio la bicicletta alla panchina e a piedi salgo lo sperone roccioso, di fronte a me la Vallagarina e l’Adige, fotografo e riparto.

Una piccola deviazione di un centinaio di metri mi porta sotto ad una delle pale dell’impianto eolico della bassa valle. Resto ipnotizzato dall’apparente lento incedere delle tre pale per un paio di minuti, poi dopo alcune istantanee riparto.

Percorro ancora alcuni chilometri di questa bellissima ciclabile ed all’altezza di Pastrengo la lascio per riportarmi sulle vie tradizionali. Sono costretto per alcuni chilometri, fino a Sandrà, su una strada che potrebbe essere trafficata, ma che l’orario del pranzo e la calura estiva, ci sono già più di 30°C, rendono scarsamente affollata. Seguendo la traccia svolto a destra su una strada secondaria immersa nuovamente nei vigneti, ma questa volta sono in pianura e non rischio brutte sorprese. Arrivo a Castelnuovo, passo a fianco del Gardaland Resort e sbuco a Cavalcaselle sulla ex-statale Verona Brescia. Attraverso Peschiera e non posso che fermarmi e fotografarmi sul ponte della fortezza.

Il centro brulica di turisti, l’estate sul lago non è ancora finita! Dopo tante ore passate nella pace e nella tranquillità vedere un poco di vita e di vivacità non guasta! Giusto qualche minuto ed all’uscita di Peschiera, lascio nuovamente il traffico per dirigermi verso Monzambano, obiettivo arrivare a Desenzano per le vie senza traffico delle prime colline moreniche. Passo davanti al santuario del Frassino, ma è troppo presto, riapre alle tre del pomeriggio ed io mi accontento di fotografare l’esterno.

Seguo la traccia, durante questo traverso percorro due brevissimi tratti di strada bianca, le colline moreniche sono piene di strade di questo tipo, lasciate senza asfalto, ma ben tenute e utilizzate soltanto da gente del luogo. Arrivo alla torre di San Martino della Battaglia celebre monumento che ricorda le guerre di indipendenza dall’Impero austriaco e dalla cui sommità, nelle giornate più limpide, si possono vedere distintamente, sia gli Appennini, sia i ghiacciai alpini. Mi fermo, cerco l’angolazione migliore con l’esposizione al sole della torre e mi scatto un vanitoso “selfie” di soddisfazione.

In fondo mancano pochi chilometri a casa ed è già tempo di resoconto. Lungo gli ultimi chilometri che da Desenzano mi conducono a Polpenazze attraverso la poco frequentata strada di Maguzzano, inizio a ripercorrere questa splendida giornata nella mia mente.

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Il segno premonitore ha avuto conferma, l’itinerario si è rivelato perfetto, senza traffico, con panorami sempre spettacolari, il meteo favorevole con cielo limpido, aria frizzante in montagna (13°C) e caldo afoso (34°C) sul basso lago. Alla fine, 190km e 3.123m di dislivello per uno spettacolo che è durato 8h 44′. Tutto gratuito, gentilmente offerto da madre Natura! Unico requisito richiesto un poco di allenamento e tanta determinazione. In assoluto uno dei miei giri meglio riusciti.

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Dettagli tecnici su Strava: Cicloturistiforever!@ Riding around Lake Garda, Climbing up to Mount Baldo

Videogallery: Ciclabile Torbole Rovereto (1’06”) Ciclabile Verona-Resia (0’52”)

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Passo Vivione e Croce di Salven

Oggi venerdì 24 agosto con Carlo partiamo in automobile verso la media valle Camonica, la meta di giornata è il passo del Vivione, una delle salite più belle dell’intera zona. Purtroppo per motivi logistici e di tempo sono trascorsi già cinque anni dall’ultima scalata. Il giro è collaudato, ma quest’anno voglio percorrere la ciclabile “TonalePò” per risalire la valle, in modo da evitare completamente il traffico stradale. Alle 8.13 siamo a Malegno dove ci sta già aspettando Marco U. (aka Furi) che ha preferito parcheggiare a Pisogne e scaldare un po’ la gamba. Scendiamo a Cividate Camune alla ricerca di un bar adiacente ad uno degli ingressi alla pista ciclabile. Due caffè, un cappuccio, una brioches e siamo pronti per partire. Ho impostato la traccia del percorso sul mio Xplova X5 in caso i cartelli fossero poco visibili. Il percorso ci accoglie subito con una meravigliosa e stretta galleria e con un suggestivo ponte sull’Oglio che ci sposta sulla sponda occidentale del fiume.

Proseguiamo, la giornata è di quelle autunnali, cielo plumbeo quasi ovunque e foglie sull’asfalto. La ciclabile si sposta a zig-zag tra campi e boschi con continui saliscendi. Fin da subito ci lascia intuire che non sarà una semplice strada di avvicinamento al passo, ma ci scalderà per bene i quadricipiti (video). Io, Carlo e il Furi chiacchieriamo e disquisiamo sul meteo, dovrebbe piovere nel primo pomeriggio e noi stiamo cercando di calcolare se riusciremo a rimanere asciutti. Prima di Capo di Ponte ancora un paio di sorprese ci aspettano, il guado su grandi pietroni di un piccolo torrente ed una splendida vista sulla Concarena, unico monte quasi sgombro da nembi e sovrastato dal cielo azzurro.

Nell’abitato di Capo di Ponte attraversiamo l’Oglio e ci riportiamo sul versante orientale, qui inizia una breve salita, ma con pendenza a tratti prossima a 18%. Al termine, mentre siamo immersi nel sottobosco, l’asfalto lascia il posto allo sterrato per un breve tratto. Un incanto! Nonostante la fatica di queste prime corte rampe di garage ci stiamo divertendo!

Arriviamo a Sellero, qui la strada ritorna sulla sponda occidentale e attraversa il centro storico del borgo con rampe decisamente impegnative, ad alleviare il tutto lo splendido fontanone di acqua fresca e gli scorci sul torrente Re, teatro del magnifico presepe con statue e abitazioni a grandezza naturale durante il Santo Natale.

Oggi noi ci accontentiamo di fotografare il corso d’acqua e le capanne, ma è facile immaginare quale spettacolo sia in inverno. Dopo aver rabboccato le borracce ripartiamo, la salita non è ancora finita e gli ultimi strappi già al di fuori della frazione di Novelle ci portano ad una caratteristica “Cima Coppi” posta a 500m s.l.m. Si tratta del punto più alto della parte di fondo valle della ciclabile. Noi non perdiamo certo l’occasione per un selfie irriverente e simpatico.

Si scende ora verso Forno Allione, qui lasciamo la ciclopista ed iniziamo la salita clou di giornata, il Passo del Vivione. Salendo dalla val Camonica è un’erta decisamente impegnativa, sia per la lunghezza 20km, sia per il dislivello totale poco più di 1.300m con pendenza media di 6,7%. Questo, però, non deve trarre in inganno, dopo alcune rampe sopra il 10% nella prima parte, sono gli ultimi 6km quelli più impegnativi. Quì la strada, attraversata tutta la valle seguendo il corso del torrente, inizia ad inerpicarsi sul costone della montagna con pendenze sempre sopra 8% e spesso in doppia cifra.PassoVivione Fino all’abitato di Paisco stiamo insieme chiacchierando, in seguito Carlo a qualche difficoltà in più e si stacca, lo aspettiamo al termine della splendida pineta di fondo valle alla fine di un rettilineo che termina con pendenza prossima a 15%.

Siamo pronti per lo shooting fotografico! Al termine di questo giro, in effetti, Carlo avrà un bel album di istantanee che lo ritraggono nei punti più panoramici e difficili delle salite. Ma quanto siamo bischeri! Proseguiamo, nuovamente compatti per qualche tratto, al passaggio della cascata una nuova fermata obbligatoria per fotografie. Difficilmente a fine agosto la si trova ancora così rigogliosa d’acqua, ma si sa quest’anno è stato particolarmente piovoso.

Si riparte, a due chilometri dal passo si sale sull’altopiano, di fronte a noi un piccolo stagno in cui si specchiano le nuvole ed il cielo blu. Alle sue spalle cumulonembi coprono le vette innevate del ghiacciaio dell’Adamello, peccato! Comunque, anche così, la vista è uno spettacolo!

Io ed il Furi percorriamo il lungo rettilineo che porta al rifugio del passo commentando che questi due chilometri ingannano sempre. Si vede il passo e sembra vicino, ma in realtà la pendenza non scende mai sotto 8% e duemila metri di strada sono lunghi! Arriviamo, le nubi si fanno più scure e minacciose, mangiamo una barretta, scattiamo qualche foto, arriva Carlo, lo immortaliamo con altre foto.

Decidiamo, con un poco di rammarico, di ripartire. Ci fermeremo per il panino in fondo alla discesa, quando saremo un poco più sicuri di non prendere acqua. La discesa verso Schilpario, è meravigliosa ed allo stesso tempo pericolosa, la strada nei primi chilometri è molto stretta, ci passano una bici ed un’auto, non di più. Le curve spesso sono cieche e bisogna usare molta prudenza.

Arrivati nel bosco la carreggiata si allarga un poco e ci dà più sicurezza, la velocità aumenta. Io mi attardo, al solito devo scattare alcune fotografie.

Ci ricompattiamo ad una fontana nel centro di Schilpario, un borgo molto frequentato in inverno da sciatori alpini, ma, soprattutto, dai fondisti. Anche d’estate l’escursioni in alta montagna e in arrampicata portano comunque turisti. Il Furi riparte, Carlo lo segue, io sto ancora riempiendo la seconda borraccia quando alzo la testa ed ho dei dubbi su dove siano. Chiamo Carlo, per sicurezza, e riparto. A Dezzo di Scalve inizia la seconda salita, ma prima di affrontarla ci fermiamo a mangiare un panino e bere un caffè; Carlo aveva proprio fame e non avrebbe mai iniziato la seconda salita senza aver mangiato qualcosa di un poco più sostanzioso di una barretta.

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Ripartiamo, attraversiamo il ponte ed iniziamo nuovamente a salire, la Croce di Salven è il punto più alto (1.108m) della strada che riporta in provincia di Brescia nel comune di Borno. Non è un’erta difficile, sono 8,8km con pendenza media di 3,8%, anche qui un lungo tratto in falsopiano maschera molto le reali pendenze che nei primi ed ultimi chilometri sono comunque da salita vera attorno a 7%.CroceSalven Circa a metà una coppia di amatori affiancano me ed il Furi, Carlo si era staccato di poco e saliva “del suo passo”. Ci avevano visti alla partenza della ciclabile a Cividate, hanno parcheggiato l’auto a Lovere, sul lago d’Iseo, ed hanno risalito per intero la valle. Mentre discorriamo amabilmente arriviamo in vetta. Io giro la bici e scendo un tratto incontro a Carlo, mi fermo in un punto che reputo panoramico per fotografare la valle di Scalve ed il passo. Scorgo da lontano la nostra splendida maglia da “Cicloturisti!”, decido di aspettare lì, e di ultimare lo shooting a Carlo.

Poco dopo lo “scollinamento” ci ricmpattiamo con il Furi, iniziamo la discesa attraverso Borno e Ossimo. La strada è molto larga, si scende in velocità, di fronte a noi lo spettacolo della valle e dell’Adamello. Io inevitabilmente mi fermo e fotografo, giunti a Malegno Carlo e Marco mi aspettano.

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Un saluto al Furi che prosegue in bici verso Pisogne cercando di scoprire se anche la parte a sud della ciclabile è bella ed interessante come quella che abbiamo percorso in mattinata. Io e Carlo siamo arrivati, carichiamo la bici in automobile, ora in valle il sole è tornato a splendere. Sono poco più di 90km con 2.300m di dislivello: corto ed intenso, ma soprattutto oggi abbiamo scoperto una bellissima ciclabile la “TonalePò”!

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Dettagli tecnici su Strava: Cicloturistiforever!@ Ciclabile Camuna ↗️↘️, Passo Vivione, Croce Salven

Videogallery: Ciclabile Camuna (2’30”)  –  Passo del Vivione (2’18”)  –  Croce di Salven (32″)

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