MOGLIE è tornata!

Moglie è tornata! Sì, dopo alcuni anni di inattività il primo telaio realizzatomi da Michele (FM-bikes) è stato ri-assemblato. Correva l’anno 2005, mentre nascevano i primi social network in rete, Michele fasciava i fogli di carbonio che avrebbero dato alla luce la mia prima bicicletta non in metallo. Dopo più di dieci anni di acciaio, Columbus SLX prima e Zona poi, saltando il tanto temuto alluminio, era il momento di avvicinarsi alla nobile fibra impregnata di resina. Il colore era già scritto, come sempre una gradazione di viola. Un favore chiesi all’amico Michele, prima di iniziare i lavori, sul tubo obliquo non doveva esserci il suo marchio bensì la scritta “Moglie”. Lì per lì non fu molto d’accordo, poi Michi capì, ma un comprensibile dubbio lo attanagliava. “Perché Moglie e non Marina?”. Mi sentii in dovere di spiegargli questa stramberia. Tutto ebbe inizio il 10 settembre 1994 quando io e Marina decidemmo di metterci insieme. Fin da subito ella iniziò a chiamarmi “Moroso!” un po’ per gioco, un po’ per affetto. C’è chi usa cucciolo, amore, tesoro, stella, Marina per qualche strano motivo scelse “Moroso”. Piacque molto anche a me ed io stesso lo utilizzai nei suoi confronti. Suscitavamo ilarità nei nostri amici quando ci chiamavamo in siffatta maniera, ma a noi così piaceva. Dopotutto se Marina aveva deciso di stare con me proprio normale non poteva essere neanche lei! Arrivò il momento tanto atteso. Il 6 ottobre 2001 ci sposammo, a Mompiano nella chiesa di Sant’Antonino, la mia parrocchia. Continuavamo a chiamarci “Moroso” e “Morosa” suscitando ancor più ilarità in chi ci ascoltava. Qualche settimana dopo decidemmo di affrontare di petto la situazione. Eravamo cresciuti! Ora eravamo “Marito” e “Moglie”! Non fu difficile abituarsi ad i nuovi appellativi. Persino sui nostri cellulari, se si cerca in rubrica, i rispettivi numeri telefonici si trovano sotto la voce moglie e marito. “Michele ecco perché dovrai scrivere MOGLIE sulla mia bicicletta” – conclusi io – “e dovrai anche scrivere 06/10/01 sul tubo orizzontale vicino alla sella, che è la data di nozze!” Passarono gli anni e MOGLIE mi accompagnava nelle mie scorribande, per me averle dedicato la bicicletta era un poco come averla al mio fianco. Nel 2009 iniziai a lavorare per il distributore italiano delle biciclette Felt, per ragioni commerciali acquistai un telaio Z1 (top di gamma) e smontai i componenti da MOGLIE per montare la Felt. Decisi che sarebbe rimasta lì, in garage, con le sue ruote DT-Swiss RR1450 dai raggi laminati oro 24 carati, un’edizione limitata di soli 300 pezzi che potei acquistare facilmente lavorando per l’allora distributore italiano di DT-Swiss. Dentro di me cullavo il desiderio di poterla rimettere in strada. Ora siamo nel 2019, sono passati altri dieci anni. È stata costruita LINABATISTA con i pochi soldi ereditati dai miei nonni ed a loro è stata dedicata. Sono nati Alice e Matteo, da poche settimane è nata anche ALIMAT la nuova bicicletta tuttofare in acciaio con le loro date di nascita impresse sul tubo orizzontale. Ora è giunto il momento di smontare la Lynskey in titanio per donare lo splendido Campagnolo SuperRecord 11v a MOGLIE. Trovando un po’ di tempo in pausa pranzo o la sera dopo cena, scendo in garage per assemblare il telaio. Finalmente è pronto, ma siamo vicini al week-end e per il giro lungo del sabato è già pronta Alimat.

MOGLIE dovrà attendere ancora qualche giorno per essere collaudata su strada. Ogni volta che monto nuovi pezzi sulle mie biciclette ho sempre il terrore che qualcosa vada storto, che non funzioni a dovere. Eppure, il meccanico ciclista, è stato il mio lavoro per un paio d’anni, ma niente, quando si tratta delle mie specialissime mi sale sempre l’ansia. Lunedì 17 giugno, ore 5.55 del mattino, scendo in garage, attacco le luci (senza ormai non esco neanche di giorno!) e sono pronto per partire. Aziono il cambio, rapporto agile per salire la rampa e sono in strada. Posizione perfetta, mi sembra di non aver cambiato bici da sabato. MOGLIE è leggera rispetto ad Alimat, inoltre ho solo una camera d’aria e due leva-gomme nella borsina sotto-sella ed un solo portaborraccia.

La direzione è quella del giretto di pausa pranzo (il Mog workout), Costalunga, i due strappi di via Valbottesa e via Monte della Valle per poi arrivare al Colle San Giuseppe. La partenza della mia salita preferita è proprio davanti alla chiesa dove mi sono sposato, così, mentre salgo, penso già a come scattare le fotografie per immortalare la rinata MOGLIE. Il telaio viola con le scritte e i raggi dorati sarà un tutt’uno con la cancellata del ristorante Castello Malvezzi riverniciato da poco con inserti anch’essi aurei.

E poi, gli scatti dinnanzi la chiesa di Sant’Antonino, nel viale alberato del sagrato. Il ricordo di quel giorno, dovrà essere l’ennesimo suggello del nostro matrimonio. Io che conduco la mia MOGLIE davanti al portone d’ingresso della chiesa. Io, che sono essenzialmente un fotografo istintivo, per una volta, sto studiando e pregustando tutta la scena.

La salita al “SanGiu” si trasforma in catarsi, ripenso alla felicità delle nozze, ma, soprattutto, alle difficoltà del matrimonio, alla mancanza d’intimità generata dalla creazione dei figli, bene inestimabile di ogni coppia, ma spesso foriero di ulteriori preoccupazioni. Al rischio di una crisi irreparabile. Alla forza, all’intelligenza che ci hanno consentito di parlare a cuore aperto e di ritrovarci con le stesse tristezze e con gli stessi desideri sopiti. Perché come dico sempre all’amico Carlo, se il mio istinto ciclistico mi porta a fare un giro e determinate fotografie è perché dentro di me la storia è già stata scritta. Anche questa volta il mio incedere, nuovamente, a fianco di mia MOGLIE verso la chiesa è una chiara allegoria della mia vita.

Grazie “Moglie” quella che ho sposato il 6 ottobre 2001 e da cui abbiamo ricevuto in dono Alice e Matteo. In saecula saeculorum!

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È nata AliMat!

Once upon a time… Nel settembre del 2018 si tenne il festival della bicicletta di Rimini. Il Mog vi partecipò per presenziare allo stand dell’azienda di abbigliamento che rappresentava (GSG Cyclingwear). Girando e curiosando per gli stand si imbattè in Michele, un suo vecchio amico, nonché telaista di fama internazionale. Già perché le FM-bike hanno oltrepassato l’oceano trovando distribuzione negli Stati Uniti con il suo cognome FAVALORO. Subito i due iniziarono un’intensa conversazione su mercato, strategie, scenari futuri per telai e biciclette. Poi, d’improvviso, Michele se ne uscì con un: “Ma perché non ti fai un nuovo telaio in acciaio, visto i percorsi che tracci!” Il Mog replicò: “Ho già il titanio!” – poi aggiunse – “Se mi fai un telaio da strada per disco con i passaggi ruota anche per un 650B X 38 che sia proporzionato ne parliamo. È un’idea che avevo già in mente da un po’; una bici e due coppie di ruote per andare ovunque”. Colpito e affondato! A Michele si illuminarono gli occhi: “Certo che posso farlo!” Passarono i mesi, fretta non ce n’era, i due si vedevano in officina e disquisivano. Quando, alla fine di novembre, il Mog entrò in officina con la sua Lynskey, una forcella Enve disc nuova acquistata da un altro amico Michele (il Bedo di Spaccabici) e un copertone 650B X 40. Il Mog esordì: “Prendi queste misure, io qui ci sto come in poltrona e poi mi allarghi il carro posteriore, ma non oltrepassare i 420mm di lunghezza che deve rimanere principalmente una bici da strada.” Come fosse facile! La risposta di Michele? Vi ricordate Frankenstein junior con Gene Wilder: “SI PUÒ FAAAAARE!” Passarono le festività natalizie e finalmente a febbraio si completò la serie di nove tubi.

Michele dovette, però, partire per gli Stati Uniti per esporre al NAHBS di Sacramento. Fretta non ce n’era. Si arrivò a Pasqua ed i tubi furono tagliati, messi in maschera, saldati e sabbiati. Il telaio c’era, ora bisognava verniciato.

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Ma quale tinta di viola volle cercare il Mog? Nel frattempo il sopracitato aveva sguinzagliato un altro artigiano D.O.P. per le sue due coppie di ruote. Era un altro amico e cliente il celeberrimo e stimatissimo (chiedere Yuri Ragnoli e tutto il Team Scott) Davide Coato di CYP wheels. Mozzi posteriori Powertap con misuratore di potenza, anteriori Bitex, cerchi carbon da 30mm tubeless per la strada e alluminio basso profilo tubeless per la ghiaia, raggi Sapim Cx. Ora era il momento di sollecitare anche lui per la consegna. A metà maggio il telaio ritornò nell’officina di Michele pronto e verniciato. Subito il Mog accorse per vederlo: bello, elegante e fine.

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Iniziò l’assemblaggio con un meraviglioso Campagnolo Record 12v, ma non idraulico. Nella sua follia, il Mog volle le impugnature tradizionali, più confortevoli a detta sua, mah! Fu così che vennero montate delle pinze Juin Tech semi idrauliche, su consiglio di Fabio (NovoBike), cioè con tiraggio a cavo e pompaggio a liquido.

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Sembrava tutto pronto, ma mancavano le ruote per le regolazioni dei cavi. Qualche giorno più tardi, dopo forti pressioni, arrivò il messaggio WhatsApp di Davide, perlomeno le ruote da corsa erano pronte. Il Mog si precipitò in quel di Besozzo (Va) per ultimare il suo mezzo. I due, aiutati dalle sapienti ed esperte mani del papà di Davide, sudarono le proverbiali sette camicie per avere ragione dei Gp5000TL che, incautamente, il Mog aveva scelto di usare. Tornato in quel di Brescia il Mog terminò le regolazioni e si apprestò a nastrare il manubrio, ma, imprevisto finale, il nastro non c’era più in garage. Eppure il Mog era sicuro di averlo! Che fare? Ormai l’ora era tarda, ma di amici sparsi per la Lombardia il Mog ne aveva tanti ed il più vicino era Fabio, (Cicli Gandolfi) in città, a meno di due chilometri. Detto fatto, nastro preso e montato! Ora, dopo nove mesi di gestazione, AliMat era nata!img_20190529_1902112079253080716139699.jpg

Sono le 5,53 di giovedì 30 maggio, quando per la prima volta aggancio la mia scarpa ghiaiosa al nuovo pedale Ritchey da strada, quello che mi consentirà di usare scarpe da MTB per camminare in tutta tranquillità nelle mie escursioni ciclofotografiche. L’emozione c’è non lo nascondo, tanti dubbi, anche. Questi freni ibridi funzioneranno o non avrò abbastanza corsa dalle mie leve Campagnolo? L’assetto sarà quello giusto? Se in discesa non ho fin da subito quel feeling di sicurezza che ebbi con la Lynskey? Il nuovo manubrio ergonomico Cinelli saprà soppiantare la mia curva More 3T che mi accompagna da più di dieci anni (ne ho prese tre senza mai voler cambiare modello)? Mentre penso e mi arrovello sono già sui tornati della panoramica. Obiettivo arrivare a Landscape, il km 6 della Maddalena da cui scatto spesso le foto. In salita AliMat va bene, il cambio preciso e perfino silenzioso per essere un Campagnolo, ma in fondo a me un po’ piaceva quel suo essere ruvido. Arrivo, mi fermo, foto didascalica e giù in discesa, frenerò?img_20190530_0625513322456011111248091.jpg Sì frena, è strano, morbida, progressiva, senza bloccare eppure intensa, ma sono le prime frenate, le pastiglie ancora nuove, forse bisogna rodarle un po’. Oltrepasso i 60km/h, che per me è quasi una follia, e freno deciso. Sono in piazzale Arnaldo, ora AliMat, dopo la Madda, deve conoscere il Castello, altro luogo che frequenterà tantissimo in allenamento e non. Mi alzo sui pedali e spingo, passo i 500watt, si attiva la registrazione automatica del mio Xplova X5evo.

Entro in Castello e salgo al ponte levatoio della fortezza, luogo dove ho deciso di fare lo shooting fotografico alla mia nuova bicicletta.

Rientro a casa, per l’ordinaria amministrazione pre-scuola. Sto già pensando all’indomani, AliMat deve conoscere anche via Monte della valle, ma, soprattutto, il Colle San Giuseppe, quella salita che mi ha fatto innamorare del ciclismo. Venerdì 5,54 del mattino, riparto in direzione di Costalunga dove è sito il temibile strappo di Monte della Valle, 700m con pendenze spesso sopra il 14%. Oggi sono più rilassato e me la godo di più, salgo, ridiscendo, mi dirigo verso il colle. Pronti via, un po’ sui pedali, un po’ seduto, per provare le varie posizioni sul manubrio. In salita è tutto a posto, passato l’esame a pieni voti. Giunto in vetta non posso che fare un altro shooting fotografico davanti alla cancellata chiusa del castello Malvezzi ed al bellissimo roccolo lì vicino.

Inizia la discesa, il primo rettilineo è lungo, con buona pendenza, ma soprattutto senza incroci o passi carrai, mi lancio, AliMat scende veloce e ferma, sembra piantata nel terreno. Io supero, per la prima volta da anni, i 70km/h (70,3😂).

Vicino al tornante inizio a frenare, non rischio, ma la frenata mi piace sicura e progressiva (io non sono un discesista, quindi questo commento vale meno di zero). Sono quasi in ritardo, per cui “dritto per dritto” attraverso Mompiano e torno a casa, felice e soddisfatto.

Grazie Alice e Matteo per avermi dato la scusa, con i vostri nomi e date di nascita, per creare un terzo telaio personalizzato! Grazie a Michele e Davide per la realizzazione, ma anche a tutti i miei amici/clienti che hanno partecipato, supportato o sopportato questo mio progetto. Restate connessi perché non è ancora finita, qualcosa di strano deve ancora uscire dalla pentola!

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