JEROBOAM 2021 (150KM MAGNUM)

Sabato 18 settembre ore 6:30 del mattino arrivo ad Erbusco in auto e mi dirigo verso i giardini dove è dislocata la partenza della Jerobaom 2021. Recupero il pacco gara e mi godo la brioches con caffè della colazione con tutta calma. La partenza sarà alle 7:30, ho tutto il tempo per preparare la bici. Verso le 7:00 il parco inizia ad affollarsi di bici ghiaiose, ovviamente la 3T Exploro, marchio sponsor dell’evento, la fa da padrone.

Mi si avvicina un ragazzo, Matteo, mi dice: “Tu sei il Mog?” Ovvio che sì, mi ha conosciuto leggendo il blog, dice che spesso nelle ricerche di itinerari in zona su google compaiono i miei articoli. Matteo è di Lodi ed insieme a tre suoi amici oggi percorrerà il lungo, i 300km che perlustreranno in lungo ed in largo la provincia di Brescia. Gli confesso che io non andrò oltre i 150km, devo chiudere l’evento in giornata e comunque non mi sento pronto per una due giorni così impegnativa anche perché, per la giornata di domenica, danno parecchia acqua. Finalmente poco prima delle 7.30 Niccolò Varanini e Mauro Raineri iniziano il briefing per spiegare i punti critici dei due percorsi che con sadico cinismo hanno preparato. Nel frattempo un non più giovane signore passa tra i partecipanti con un vassoio stracolmo di Asiago e speck da cui attingere avidamente più volte durante le spiegazioni del giro. Il morale di tutti è alto nonostante il cielo plumbeo non prometta nulla di buono neanche per stamattina, ma le previsioni non avevano detto che avrebbe piovuto solo nel pomeriggio? Si parte! Meno di un chilometro e siamo immersi in una splendida vigna, meno di un chilometro ed inizia a piovigginare. Il terreno è già umido dalla notte e con numerosi tratti fangosi a causa della forte pioggia di giovedì. Inizia uno slalom tra vigneti, boschi, single track che conducono il lungo serpentone della combriccola all’interno della Franciacorta, io mi defilo subito e resto nelle ultime posizioni. La pioggia aumenta, mi costringe ad indossare lo “spolverino” (per riparare il telefono) anche se lo tengo aperto per traspirare. Attraversiamo Adro, Nigoline, Colombaro la pioggia sempre più intensa ed il terreno sempre più pesante. Io che, in queste condizioni, sono impedito alla guida procedo lentamente ed un paio di volte percorro a piedi due brevi tratti particolarmente tecnici e scivolosi.

Giungo alle Torbiere di Iseo, le attraverso e mi fermo per una ripresa ed alcune foto. Oggi il panorama non è un granché, cielo grigio e goccioline di pioggia che formano numerosi anelli sugli specchi d’acqua della palude. Un po’ un peccato, ma anche così ha il suo fascino.

Proseguo nello slalom franciacortino dirigendomi verso l’erta di Fantecolo, scendendo poi a Camignone ed attraversando Rodengo. Finalmente sono alle porte di Gussago, sì finalmente perché sin da subito si vedeva che verso est e la città il cielo era chiaro e privo di pioggia. Sono passate ben più di due ore ed ho percorso solo 34km, manco fossi stato in salita, ma non mi scoraggio per mia fortuna conosco perfettamente il giro ed inoltre ora troveremo solo strade asciutte. Entriamo nella fase “cementata”, sì perché la particolarità del percorso da 150km saranno le “cementate pedalabili”. Si sale verso la Stella di Gussago attraverso la salita che porta a San Rocco e alle Cantorie. Una corta e cementata salita di circa un chilometro con rampe abbondantemente sopra il 20% di pendenza.

Qui un’auto sponsorizzata 3T è ferma in mezzo alla strada ed i due ragazzi stanno consultando il telefono. Gli dico scherzosamente: ” Sì, sì siete sulla traccia; è la strada giusta.” Vedendo che la strada si stringeva e diventava sterrata si stavano ponendo dei dubbi. Li rassicuro e proseguo. Nel frattempo stanno arrivando due atleti spagnoli su delle 3T Exploro. Si fermano vicino all’auto e confabulano, evidentemente stanno testando sul campo dei prodotti nuovi. Beh quale terreno migliore di una percorso Jeroboam per provare le novità! Scollino alla Forcella e scendo verso Concesio, ora mi attende un gradevole tratto di Greenway la ciclabile delle Valli Resilienti (val Trompia e val Sabbia). Strade di casa, dopo l’avventura nella jungla franciacortina qui mi sento molto più a mio agio. Costeggiare il fiume Mella è sempre piacevole. Al Crocevia di Sarezzo esco dalla ciclabile e dirigo le mie ruote verso Lumezzane. So già questi saranno i 3km più brutti di tutto il percorso, non so perché non si sia optato per la meno trafficata valle di Sarezzo per giungere a Gazzolo di Lumezzane, ma tant’è e si sale. Osservo il magnifico panorama offerto dalle trafilerie di acciaio e dopo due chilometri in località Termine svolto a sinistra per inerpicarmi verso Gazzolo. Lumezzane è così, una grande strada principale che sale ad ampi tornati con pendenza dolce ed un’infinità di strade e stradine che la attraversano in verticale come fossero delle funicolari. In 2km guadagno quasi 200m e sono all’inizio della strada vicinale, al di fuori del centro industrializzato.

Inizia ora la vera salita alla Corna di Sonclino, sono 8,6km al 9,1% di pendenza che già così dicono tutto, ma il fatto che la strada alterni tratti asfaltati a tratti cementati fa capire subito che le pendenze in doppia cifra la faranno da padrone. Subito mi accoglie un bel rettilineo al 17%! Me lo ricordo bene, questa primavera a Pasqua sono salito in perlustrazione, anzi ho proprio ricalcato la traccia della Jeroboam fino a Binzago (Corna di Sonclino). La realtà è che l’autunno prima della pandemia vidi su Strava una traccia di Michele e Niccolò con il titolo “Test Jeroboam 150” o similare. La salvai per poterla percorrere in anticipo. A metà salita il CP1 (check point) con un piccolo ristoro, nulla di ché, ma giusto quello che serviva, panini con la marmellata, salatini e soprattutto coca-cola per tutti. Siamo una decina, qualcuno arriva e qualcuno parte, conversiamo con i ragazzi di 3T che presidiano il CP1. Alcuni partecipanti chiedono informazioni sulla salita, ma loro non sono del luogo e non la conoscono. Il sottoscritto sì e fa da Cicerone per tutti. Ripartiamo in ordine sparso, il caso vuole che abbia lo stesso passo di Fabio, iniziamo a chiacchierare e così scopro che è amico di Niccolò, che ha fatto il “Rally nelle Vally” questa primavera con lui e che avrebbe dovuto fare la 300km se non fosse stato per una cresima malandrina di domani, che a suo dire lo ha salvato perché la gamba non è delle migliori. Fabio, stranamente non è mai salito al Sonclino, glielo descrivo un po’ intanto che saliamo e lo invito a rifarlo in una giornata migliore dato che oggi dai 1.000m di quota in su siamo perennemente nelle nuvole e non si vede nulla di quei magnifici paesaggi che vidi io questa primavera. Infatti anche le mie soste fotografiche sono poche e per il puro gusto didascalico.

Arriviamo sul crinale, Fabio è con altri tre amici, si vestono per la discesa e partono, io scatto un paio di foto e riparto anch’io. Dopo la ripidissima discesa, dapprima vicino ai roccoli poi in mezzo al bosco, arrivo alla provinciale che porta al passo del Cavallo. Fabio e gli altri sono avanti qualche centinaio di metri. Lungo gli alti cavalcavia raggiungo Fabio, inizia la discesa con tre lunghe gallerie rettilinee. Il traffico quassù, fortunatamente, è quasi sempre scarso perché le poche auto che passano, sebbene sorpassino con molta distanza, sfrecciano regolarmente oltre i 100km/h. All’uscita dell’ultima galleria in un grande piazzale ghiaioso si svolta a destra per entrare in località Casale e riprendere lo sterrato. Alcuni iscritti sono fermi all’incrocio ad aspettare i compagni. Dico: “Finita la pacchia (intendendo la discesa).” Mi rispondono: “No dai ce n’è ancora un po’.” Mi giro: “Me lo dirai in cima al passo del Viglio!” Infatti questa bella carrabile sterrata, che fa parte anche del percorso della Conca d’Oro bike, dopo il primo tratto in piano inizia a risalire invece che scendere dritta a Binzago.

I primi seicento metri non presentano pendenze impossibili, al massimo 13%, ma gli ultimi 250m sono una scala anche oltre il 30%, per di più il vetusto strato di cemento è ormai scomparso ed affiorano qua e là le vecchie grate di ferro ormai arrugginite che vengono poste al di sotto delle cementate. Io conoscendo già il percorso scendo subito di bicicletta e proseguo a piedi, loro invece provano a farla in sella, ma nel giro di pochi metri sono costretti a desistere tutti. Dalla vetta del passo del Viglio la strada si fa di nuovo più larga e con un fondo migliore. Anche qui tra le piante ci sarebbero degli scorci di vista sui monti piuttosto carini, ma il grigiore del cielo appiattisce colori e profondità di campo.

A Binzago ci ricompattiamo tutti per una sosta idrica alla fontana. Ripartiamo, racconto a Fabio della bellezza dell’antico santuario di S.Lino, chiesetta del secolo XI e contenente affreschi del XV, che si trova a pochi metri dalla strada che stiamo percorrendo. Una volta raggiunto l’incrocio con le celebri Coste di S.Eusebio lascio scorrere la mia Esa alla massima velocità raggiungibile con i copertoni tassellati da 27’5. Vuole essere un po’ uno sfogo dopo quasi sei ore passate a velocità ridotte. Perdo il gruppo, ma so che verrò recuperato sulla prossima cementata che mi sta aspettando: Monte Ere. Prima di entrare in centro ad Odolo svolto a destra nella frazione di Cagnatico e poco dopo ancora a destra in una angusta stradina sgangherata. In realtà dopo soli cinquanta metri la strada diventa una bellissima cementata, ben tenuta e pulita. Questa via sale all’altopiano del monte Ere ed è circondata completamente dai roccoli di caccia.

Sono solo 3,5km, ma anche stavolta racchiudono al loro interno numerosi tratti con pendenza prossima al 20%. La gamba è stanca, ma gira bene. Diciamo che riesco a tenere una velocità minima dignitosa senza morire sui pedali. Il sole ha ormai fatto la sua comparsa. Sorpasso un danese in leggera difficoltà dovuta al suo peso. Alla fine della parte ripida, quando ormai sono entrato nell’altopiano, una coppia di “gente del posto” mi chiede cosa stiamo facendo, mi fermo e spiego di cosa si tratta, che è un evento e non una gara, insomma vince chi riesce ad arrivare vivo ad Erbusco. Riparto nella ripidissima ed esposta discesa verso Vallio mi concedo qualche fotografia pittoresca.

Arrivo a Vallio, scendo verso Gavardo, subito dopo la parrocchiale la traccia devia a destra per una bellissima ciclabile, sull’altro lato del torrente, che poi diventa un single-track divertente. Rientro sull’asfalto, mi fermo a riempire le borracce a Gavardo e riparto. La traccia sta per entrare nelle cave di marmo, questa è la novità di cui Niccolò pare essersi follemente innamorato, non so se più per la maestosità delle cave o dei mezzi movimento terra. In ogni caso mi trova pienamente d’accordo! Anch’io adoro le cave. Il primo tratto che conduce a Pospesio sembra essere una intro perfetta. Salitella dolce e breve, primi accenni di cave e di roccia scavata verticalmente, qualche ruspa e poi nuovamente immersi nel bosco su una stradina asfaltata che anche gli stradisti usano per collegare Gavardo alla salita di Serle senza frequentare la statale.

Oltrepassato Pospesio continuo a salire verso Marguzzo. Questa è una salita nota agli stradisti per essere ottimo terreno di allenamento non troppo lunga e non troppo impegantiva, a me dopo tutte queste cementate sembra di pedalare quasi in falsopiano, a renderla ancor più amena il paesaggio che alterna filari di cipressi a pendii di nuda roccia.

Verso la fine della salita svolto a sinistra al bivio per Sarzena ed entro nell’abitato di Marguzzo, da cui si gode un bel panorama sull’altopiano di Serle e sulla pianura.

Al termine del paese abbandono l’asfalto e proseguo dritto verso la chiesetta di San Martino, ora ho davanti un bellissimo traverso ghiaioso che mi condurrà direttamente in centro a Serle, attraverso l’ampia strada dei cavatori di marmo. Immancabile la mia fermata a fotografare quello che per me è uno dei tornanti più belli che abbia mai percorso.

Riparto, una coppia di tornantini ripidi su sterrato molto smosso, direi quasi una pietraia, mi costringono ad un breve tratto a piedi. Ancora poche centinaia di metri e sono a Serle, mi fermo per una sosta, svuoto le scarpe dalla sabbia che iniziava a darmi troppo fastidio, mangio una barretta, bevo e riparto. Attraversato l’abitato la traccia mi conduce nella via del marmo per Nuvolera, la prima parte di questa strada percorsa solo da camion da cava e 4×4 di cacciatori si snoda in costa a 500m di altitudine con splendida vista sull’anfiteatro di cave di Nuvolera, un vero gruviera bianco.

Arrivato al bivio prendo, tramite una curva a gomito, la strada di sinistra che diviene subito asfaltata e scende al centro delle cave con un lungo rettilineo costantemente in doppia cifra. Passo sopra la pesa dei camion e dopo qualche curva mi ritrovo in fondo alla valle del marmo. Ora tocca risalire, ma invece che dirigere direttamente a Molvina la traccia ci spinge più in alto fino al Crosal. Prima, però, si passa davanti alla cava della “Ruspa zombiee”, d’obbligo la fermata e le fotografie.

Riparto, la sterrata che sale al Crosal è piuttosto breve, ma intensa. Fortunatamente la splendida giornata di sole di ieri ha asciugato completamente la sabbia e ci ha evitato di farla tutta a piedi come fossero sabbie mobili. Fin da subito si sente il rumore inconfondibile delle ruspe che stanno lavorando nell’ampia cava di destra.

Circa a metà salita si intravede un punto da cui salendo su un blocco di pietra si può guardare la cava. Mi fermo per osservare, sapendo già che dovrò fare il resto della salita a piedi, non se ne parla di riuscire a ripartire al 17% sulla sabbia. Lo spettacolo è meraviglioso, il rombo che proviene dal fondo della cava inquietante e merita foto e video.

Salgo a piedi le ultime centinaia di metri, mi raggiunge un gruppetto in cui riconosco una biker che mi aveva sorpassato questa mattina alle Torbiere. Subito dopo la vetta del Crosal, vetta per noi perché la strada sale ancora fino ad una cava, svoltiamo a sinistra e siamo al CP2. Purtroppo, essendo tra gli ultimi, troviamo solo i rimasugli (un paio di banane, qualche salatino e le goleador), ma cosa ancor più grave niente acqua. I due ragazzi ci dicono di averla già richiesta da un po’, ma il rifornimento non è ancora arrivato. Per me non è un problema conosco tutte le fontane della zona ed avevo saggiamente riempito le mie borracce a Gavardo, ma per chi viene da fuori ed era convinto di trovare acqua è stata una delusione. Ripartiamo alla spicciolata, scendiamo ripidamente su Botticino Mattina. Strade di campagna si alternano ad asfalto poco trafficato fino alle porte di Brescia. Entro dalla frazione S.Eufemia e il mio cervello, d’istinto, mi fa spingere forte sui pedali. Sono a pochi chilometri da casa e per me questa è una delle vie del rientro. Non guardo la velocità perché ho il monitor del mio Xplova fisso sulla traccia di navigazione, ma so per certo che la velocità resta sempre attorno ai 30km/h fino a piazzale Arnaldo, dove mi fermo per l’ultimo rabbocco di acqua. Passando per Brescia i tracciatori ci fanno, giustamente, scalare la facile e panoramica salita del castello. Alla rotonda in vetta ho anche la fortuna di avere il tifo. La mia Sorellina è li che mi aspetta. Sarei dovuto arrivare un paio d’ore prima, ma fortunatamente, grazie al GPS tracking della Endu gentilmente incluso nel pacco gara, ha potuto seguirmi passo passo ed essere aggiornata sul mio arrivo in città. Un saluto rapido e via verso gli ultimi 30km. Stima prevista per l’arrivo ad Erbusco poco prima delle 19.00. Attraverso la città sfruttando le ciclabili ed alla Fantasina seguo le indicazioni per la ciclabile Brescia-Paratico. La sfrutto per attraversare i comuni di Cellatica, Gussago e Castegnato percorrendo vie senza traffico e percorsi di campagna. Ora sono nuovamente in Franciacorta e nuovamente inizia lo slalom, stavolta non più nei boschi, ma tra i campi che costeggiano la ferrovia. Mi trovo a sorpassare e farmi sorpassare ancora dal mio amico danese in completo rosso con righe bianche. Ad un tratto la traccia scavalca la ferrovia Brescia-Iseo-Edolo. Mi fermo vedo al di là l’amico danese che risale in bici e mi fa cenno di scavalcare. Riguardo la traccia. Non ci posso credere devo proprio attraversare la ferrovia in mezzo ai campi. La vista è ampia da entrambi i lati, i treni che salgono in val Camonica sono veramente pochi e viaggiano a velocità ridicole, comunque è la prima volta in cinquant’anni che attraverso i binari senza passaggio a livello.

Risalgo in sella, vedo arrivare di gran carriera altri quattro ciclisti. Caccio un urlo: ” Dovete scavalcare i binari!” Mi guardano: “Ah ok, ma dove?” “Proprio qua!” rispondo io sorridendo. Siamo vicino a Calino, tengo il danese a vista in modo da faticare meno a seguire la traccia che continuamente ci sposta a destra, sinistra, dentro i campi o sulle stradine. Dietro di noi ricompaiono i quattro partecipanti arzilli, si vede che hanno la gamba e che sono alle mie spalle solo perché si sono goduti qualche pausa di troppo. Mi sorpassano in un tratto un po’ più tecnico salvo poi sbagliar strada all’incrocio successivo e ritrovarsi dietro di me. Proseguiamo in questa guisa tre o quattro volte. A questo punto il più spavaldo di loro mi dice: “Ho capito la tua tattica, tu vai tranquillo, tanto sai che noi sbagliamo strada e ci ritroviamo dietro di te.” Poi rivolto ad un suo compagno: “Ok adesso gli stiamo dietro, almeno non sbagliamo più ed arriviamo al traguardo.” Così iniziamo a conversare mi chiedono di che marca sia il mio Gps visto che il loro Garmin fa i capricci. Il sole è oramai basso sull’orizzonte, noi scendiamo a sud dell’autostrada per costeggiare da vicino il Montorfano per un chilometro, poi tramite un secondo sottopasso rientriamo in rotta per Erbusco.

Avviso i miei compari, che scopro essere bellunesi, che manca meno di un chilometro. Arriviamo, ci scambiamo i complimenti per l’avventura conclusa e sbrighiamo le pratiche burocratiche. Restituisco il chip, carico la bici in auto, tolgo casco e sottocasco, indosso la T-shirt Jeroboam del pacco gara e torno al parco per il buono pasto. Raramente mi fermo a mangiare dopo gli eventi, ma stasera sono quasi le 19.00 ed ho una fame incredibile. Rinuncio alla birra per una bottiglia di acqua fresca, dato che dovrò guidare di lì a poco e non posso rischiare la patente visto il lavoro che svolgo. Opto per la pasta al ragù, mi siedo ed attendo. In pochi minuti mi viene servita un ottima pasta super condita. La divoro, ringrazio e mi dirigo verso l’uscita. Intravedo Nicola il ragazzo di Belluno con cui ho condiviso gli ultimi chilometri, mi fermo a salutarlo e vado. Il giorno dopo Nicola, Fabio e Matteo si faranno vivi tramite i social, tre nuovi amici, tre nuove scuse per girare posti nuovi in gravel. Cosa resterà di questa mia prima esperienza “gravel adventure”? Tanta bella gente, lo spirito di gruppo, la voglia di conoscere luoghi nuovi. Una giornata dall’alba al tramonto in sella alla mia Esa, una bellissima storia da raccontare e tanta soddisfazione. Per la cronaca erano 150km e circa 3.000m di dislivello pedalati in quasi 10h.

Dettagli tecnici su KOMOOT : https://www.komoot.it/tour/492464420

oppure su STRAVA : https://www.strava.com/activities/5981979706/

Video dell’evento su YOUTUBE: https://www.youtube.com/watch?v=tW1rwZbfZrE

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