Sabato 9 febbraio 2019, ore 7:43 parto per il primo giro “lungo” dell’anno. Le previsioni meteo danno una giornata di sole leggermente velato e con temperature al di sopra dello zero sin dalle prime ore del mattino. Si dice che la notte porti consiglio. La voglia di pedalate sporche che mi ha accompagnato lungo quest’inverno si scontra con il desiderio di una giornata al lago con clima mite. Così nasce un inedito giro “fusion” che le contempla entrambe. Esco dalla città e mi dirigo verso Botticino Mattina, la temperatura si abbassa e nei pressi di Caionvico come spesso accade raggiungo la minima (-1°C). L’obiettivo è salire a Molvina per poi percorrere di traverso tutte le cave di marmo fino a Gavardo. La prima salita mi porta nella frazione Gazzolo di Botticino, non è lunga, semplicemente un muro di un chilometro costantemente sopra il 10% ed un finale con massima sopra il 20%.
Oggi pedalo la ghiaiosa Linabatista ed il 24×32 mi viene in aiuto per mantenere, perlomeno, la pedalata agile. La fatica quella si sente sempre.
Il sole è ancora nascosto dalle vette dei monti Camprelle e Cavallo, l’aria umida e fredda, ciononostante io mi sono già scaldato. Un corto falsopiano ancora asfaltato mi conduce nel borgo di Molvina (frazione di Nuvolera). Curioso notare come questa località sia facilmente raggiungibile su strada asfaltata da Botticino, ma sia collegata solo da una brutta strada sabbiosa al comune di appartenenza.
Da qui inizia il percorso “sconnesso”, un paio di chilometri su strada ampia e sabbiosa mi conducono nel centro della zona di cava.
Questo enorme anfiteatro forato come un gruviera è equamente suddiviso tra i tre comuni di Botticino, Nuvolera e Serle. Per me ora inizia la seconda salita, questa è asfaltata anche se un copioso strato di polvere marmorea la ricopre per intero.
Sono 2,5km con pendenza media di 12%, anche qui spesso si supera il 15% e lungo i tornanti sul mio gps compare un paio di volte il 20%. Anche se sabato, in queste cave si lavora alacremente e lungo il percorso vengo sorpassato o incrociato da una decina di camion che lentamente salgono e scendono, io ancor più lentamente pedalo verso l’alto alla ricerca dei primi raggi di sole. Davanti a me vedo l’altopiano delle Cariadeghe già illuminato e riscaldato dalla nostra stella. Poco dopo anche la mia schiena inizia a riscaldarsi grazie ai suoi raggi, estraggo il telefono dalla tasca posteriore e mi scatto qualche istantanea “on action”, oggi indosso il mio nuovo casco Ked e voglio vedere come mi sta, perchè in fondo, ma molto in fondo sono anche un poco narcisista 🙂
Alla fine della salita su un grande curvone la strada si biforca e lascia il posto allo sterrato. Oggi svolto a destra e mi immetto nel “traverso” che in 2,0km piani mi condurrà nel centro dell’abitato di Serle.
La vista ora è straordinaria, nonostante una leggera foschia. Dall’alto dei suoi 500m s.l.m. questa strada domina completamente l’anfiteatro delle cave ormai illuminato anch’esso dal sole mattutino. Io, inevitabilmente, mi devo fermare per uno shooting fotografico.
Riparto, entro in Serle, scendo per un tornante lungo la provinciale che la attraversa e svolto a destra per prendere via Po. Questa insieme a via Piave fa parte di un percorso alternativo per giungere alle Cariadeghe in meno chilometri, ma con pendenze ben più arcigne. La devo percorrere solo per qualche centinaio di metri e la pendenza è costantemente sopra il 13%. Piego ancora a destra ed entro in un boschetto la cui strada sterrata è parecchio accidentata, quasi più adatta ad una mtb che ad una gravel, ma i miei nuovi Panaracer Gravelking SK tassellati mi vengono in aiuto.
Altri 2,0km di traverso mi condurranno a Marguzzo. A metà circa il sentiero carrabile incrocia la grande strada di sabbia rossa che sale e scende dalle cave di Serle, inevitabile anche in questo caso una sosta fotografica ad immortalare la Linabatista.
Raggiungo Marguzzo e la strada torna asfaltata, ora devo scendere verso Paitone senza però arrivarvi. Poco prima del termine della discesa svolto a sinistra per mantenermi fuori dalle strade di comunicazione principali. Mi dirigo ora verso Pospesio altra minuscola frazione nascosta tra le colline marmoree che mi collega tramite una stretta strada nel bosco al più grande comune di Gavardo. Sono passati 18,0km da quando ho abbandonato le già poco trafficate strade di Botticino ed ora mi ritrovo a pochi passi dal mio lago avendo incrociato più camion da cava che automobili! Attraverso il paese, giusto un paio di chilometri e mi immetto nella ciclabile che porta in val Sabbia e a Salò. Bella, molto suggestiva, a fianco dell’argine del fiume Chiese; resa ancor più simpatica da un’allevamento che conta una ventina di conigli che spesso scorrazzano per i prati la mattina presto, da alcuni placidi cavalli che mangiano erba nei pressi dell’argine e da un numero indefinito di galline, oche e tacchini. La fine della pista coincide con l’inizio della salita per Peracque, più nota come “il Prandaglio” dal nome di una delle sue prime frazioni. Io, preferisco la versione completa, anche perché sono gli ultimi duecento metri per raggiungere Peracque quelli più tosti. Ancora una volta il mio Xplova X5 segna il 20% di pendenza massima.
In realtà, la salita è tutta piuttosto pedalabile e proprio alla fine si incattivisce giusto per far sudare un poco il meraviglioso panorama di cui si gode dai suoi 500m di altitudine. Una visuale completa del golfo di Salò. La foschia sul lago oggi mi impedisce di immortalare adeguatamente questo spettacolo. Mi fermo mangio qualcosa, bevo e riparto. Grazie alla bici ghiaiosa oggi posso proseguire invece di tonare dalla stessa strada in quanto l’asfalto qui finisce. Un breve tratto di un centinaio di metri in piano su una bella mulattiera ed inizia la brutta discesa verso Mezzane. In realtà sono meno di cento metri con pendenza tra 15% e 20% su sterrato e sassi. Un minuto in tutto, ad andare lentamente come me, ma impossibile da fare anche a piedi con delle tacchette da strada.
Raggiunto Mezzane proseguo nella discesa fino ai Tormini, dove preferisco la più discreta e poco trafficata via dei Mulini alla classica ss45bis per giungere in centro alla mia città natale. Sono quasi le undici di mattina, il lungolago è pieno di passanti che si godono la bella giornata ed io opto per non percorrerlo, invece risalgo la “fossa” che poi sarebbe Piazza Vittorio Emmanuele II, ma chiedete a qualsiasi salodiano come si chiami quella piazza e vi risponderà semplicemente “la fossa”. Arrivato all’altezza della tresanda Sant’Orsola svolto a destra ed in un battibaleno mi ritrovo davanti al Duomo (Santa Maria Annunziata).
Quante volte da bambino l’ho percorsa a piedi con la manina saldamente nella mano di mia nonna Lina o di mio nonno Batista. Non so perché, ma ieri quando ho deciso che sarei voluto uscire in solitaria e stamattina quando ho percepito forte il desiderio di passare da Salò qualcosa dentro di me sapeva che oggi doveva essere una giornata speciale. Ebbene sì a posteriori l’ho capito, era la prima volta che Linabatista passava per Salò nonostante i suoi quindici anni di vita. Per questo mi ha trascinato nel “tresandel” e poi davanti al grande salice del lungolago attraverso le cui fronde vedevo passare i battelli e gli aliscafi in gioventù. Potenza dell’inconscio! Meraviglioso abbandonarsi ad esso! Il giro non è ancora finito, ho un altro tarlo in mente. Sfruttando la ghiaiosa voglio arrivare sulla sommità del monte San Bartolomeo. Quindi proseguo verso Gardone Riviera per risalire il celeberrimo San Michele dal versante più dolce. San Michele è una delle salite invernali preferite dai cicloamatori bresciani, perché lunga meno di sei chilometri e con pendenza dolce e regolare, mai in doppia cifra e spesso attorno a 5%. A metà salita, da dietro, mi raggiunge una maglia Cicli Gandolfi, è Marco, mi saluta, e uno dei ragazzi della squadra con cui spesso mi intrattengo a chiacchierare quando passo dal negozio per lavoro. Mi fa i complimenti per il blog, lo ringrazio, parliamo un po’, io accelero per tenergli la ruota, ha un po’ fretta perché ha impegni nell’immediato dopopranzo. In vetta io mi fermo per riempire le borracce e ci salutiamo. Attraverso la frazione di Serniga e mi accingo a svoltare a destra per salire a San Bartolomeo. Salita breve, ma intensa anch’essa. I primi duecento metri sfiorano il 20% di pendenza massima ed il 14% di media, poi si quieta un poco. Dopo 1,2km si giunge all’omonima chiesetta, che è anche fine della strada asfaltata.
Come detto, oggi la ghiaiosa mi consente di proseguire ancora per 600m su strada ripida e sterrata fino ad arrivare ai 550m di quota della vetta del monte. Da qui una splendida vista verso la val Sabbia e le vette alpine, oggi un po’ offuscate da numerose velature. Girando la testa di 90° invece si possono ammirare le più vicine vette del Pizzocolo e del Baldo entrambe imbiancate dalla neve. Chiaramente in questa radura scatta l’ennesimo shooting fotografico di giornata.
Riparto, ma prima di ricongiungermi con la discesa del Serniga-SanMichele, mi devo fermare per uno scatto al mio lago, sarà anche una giornata fosca, ma almeno da qui, con il Baldo ed il delta di Toscolano-Maderno sullo sfondo un paio di fotografie le devo proprio fare.
Ora scendo, mi ricongiungo alla statale 45bis, qualche chilometro di sofferenza in mezzo alle automobili, ed ai Tormini svolto a sinistra per prendere la salita che porta nella frazione di Soprazzocco. Sono le 12.30 quando inizio la corta e breve salita, sono in ritardo, il messaggio a Moglie con il nuovo arrivo previsto è già stato inviato dalla vetta di San Bartolomeo. Sono stanco ed affamato, mi accorgo che in 75km ho acquisito 1.900m di dislivello positivo, quasi sempre con pendenze in doppia cifra. Decido di proseguire fino allo “scollinamento” per la sosta. Arrivato a Soprazzocco bevo l’ultimo ciucciotto di zuccheri ed il caffè liquido energizzato, qualche bel sorso di acqua fresca e gonfio la gomma posteriore, portandola da 2.5bar a 3.5bar. Ormai lo sterrato è finito ed un poco di scorrevolezza in più non guasta proprio. Riparto, ho ancora fame, sono decisamente prossimo ad una crisi di zuccheri, proseguo cercando il minor dispendio energetico. mi aiutano le strade poco trafficate che mi lasciano concentrare sulle sensazioni del corpo. Attraverso San Quirico, oltrepasso la Forcella del Cavallo, ultima brevissima asperità di giornata, mi dirigo verso Calvagese lungo un leggero falsopiano in discesa. Sfortunatamente si è alzato il vento ed anche parecchio, lo sento sibilare nelle orecchie, è piuttosto forte e frontale. Laddove si dovrebbero raggiungere i 40km/h in agilità, a fatica arrivo a 30km/h. Certo i 700×35 tassellati non aiutano, ma qui è proprio il vento che sta alzando un muro. A Prevalle mi fermo alla fontana per bere e riempire la borraccia, riparto, ma la musica non cambia: vento forte contro. Io procedo con tranquilla caparbietà tra i 23 ed i 27km/h fino a Mazzano dove abbandono la ciclabile per attraversare il paese. Uscito dal borgo svolto a destra e mi infilo in un’altra stradina consentita solo a velocipedi e residenti che passando dietro a Rezzato mi conduce in città. Un ultimo sforzo, salgo via Turati e sono a casa, l’orologio indica le 14:10. Tolgo le scarpe, entro e le appoggio insieme a Linabatista sul balcone. Sono piuttosto provato, apro la dispensa e vedo l’ultimo barattolino (150g) di marmellata di fichi fatto dalla mamma di Marco (mio cognato). Lo stavo serbando per un’occasione particolare, doveva essere un bel ricordo di lei. Lo apro, una decina di fette biscottate ed in meno di cinque minuti è finito. Mi sa proprio che ero in ipoglicemia! In fondo 110km con 2.100m di dislivello in poco meno di sei ore come girolungo dopo mesi che non superavo le tre ore di uscita non sono uno scherzo. Sono stanco, ma soddisfatto. Semplicemente grazie a questo giornata per le emozioni!
Dettagli tecnici su Strava: Cicloturisti!@ Cave, Peracque, S.Bartolomeo (un nuovo modo per arrivare nella mia Salò)
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